"Il battito fantasma" di Emma Glass (ilSaggiatore, traduzione di Elisa Pantaleo)

 

"Mi allontano dal vetro. Rimango di sasso. La pizza nello stomaco risale lungo l'esofago. Vedo il papà venire verso di me con una giacca rossa, le mani infilate in tasca, avvolto da spettrali spire di fumo blu. Mi giro, facendo perno sulle gambe vacue e vacillanti e guardo di nuovo dal vetro. La sedia è vuota. Premo il viso contro il vetro, strizzando gli occhi nell'oscurità. La sedia è completamente vuota. La luce del televisore disegna alcune strie sul crespuscolo sfoderabile in vinile. Il verde splende spettrale. Niente nero, niente forme piene, niente sagome chine con il viso nell'ombra. Non era il padre, non era chi pensavo. Il battito fantasma del mio cuore mi rimbomba nelle orecchie. C'era qualcuno nella stanza. C'era qualcuno su quella sedia. E se anche non è più seduto, dev'essere ancora nella stanza, in un angolo, al buio. Il bambino dorme indisturbato." (pp. 115-116)

Un romanzo devastante  e straziante è "Il battito fantasma" di Emma Glass (ilSaggiatore, traduzione di Elisa Pantaleo), già autrice dell'incredibile "La carne" (ilSaggiatore, traduzione di Franca Cavagnoli). Un romanzo fatto della carne e della pelle spezzata, arrossata, malata, trasparente dell'infermiera Laura. Fatto dei massacranti turni di notte in un reparto pediatrico dove i bambini lottano quotidianamente contro malattie che non lasciano scampo, inseguendo la possibilità di una guarigione fra le braccia di una madre distrutta dal dolore e le sostanze che gocciolano nei loro corpicini martoriati attraverso tubi, cateteri, tettarelle, sguardi, parole, siringhe, abbracci, carezze. Fatto di incontri spettrali nelle stanze d'ospedale, sulle banchine della metropolitane, nei sogni agitati e negli incubi che non lasciano scampo e infradiciano le lenzuola di spossatezza. Fatto di gentilezze improvvise, di corvi che ti beccano il cranio, di padri addormentati davanti a uno schermo immobilizzato in una scena cruenta di un videogioco, di un nuovo appartamento dove provare a far ripartire la propria vita insieme a una collega che sa come farti sorridere.

Uno splendido romanzo scritto da una grandissima scrittrice.

 

 

Mentre lo leggevo ho ripensato spesso a quel piccolo grande capolavoro poco conosciuto di Martin Scorsese che è "Al di là della vita" e alle mani di una giovane tirocinante infermiera che mi accarezzarono il viso quando finii al Pronto Soccorso dopo aver tentato di suicidarmi a colpi di giorni di digiuno e alcool. Le ricordo appoggiarsi sulle mie labbra quando scoppiai a piangere e dissi a quella bellissima infermiera, Non voglio tornare a casa.



Commenti

  1. Mi dispiace, porcamiseria, per quei tuoi ricordi tristi, che però ti hanno mostrato quanto la vita non faccia sempre schifo, se è vero come è vero che esistono tante belle persone. Un gesto, anche un solo gesto, a volte vale più di tante parole.

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