"Le malerbe" di Keum Suk Gendry-Kim (Bao, traduzione di Mary Lou Emberti Gialloreti)



Sono innumerevoli le atrocità dimenticate della Seconda Guerra Mondiale e di tutte le guerre e quella delle comfort women coreane costrette a prostituirsi dall'esercito giapponese è una di queste atrocità dimenticate, celate, nemmeno troppo prese in considerazione. Eppure basterebbe leggere il commovente la graphic novel “Le malerbe” di Keum Suk Gendry-Kim (Bao, traduzione di Mary Lou Emberti Gialloreti) per accorgersi di trovarsi di fronte a un vero e proprio crimine di guerra perpetrato dall'esercito imperiale giapponese nei territori occupati e nello stesso Giappone. Bambine, ragazzine, figlie, sorelle, madri non solo coreane ma anche malesi, birmane, thailandesi, cinesi trasformate in prostitute per soddisfare i soldati. Donne considerate sin da bambine come delle disgrazie. Come delle braccia per contribuire all'economia di famiglia. Come vagine a disposizione del maschio che combatte per la gloria dell'impero, della nazione, del proprio cazzo, del campo da coltivare. Donne, esseri umani strappate alle loro famiglie, rapite, vendute per due soldi e trasformate in oggetti. Donne stuprate, picchiate fino a perdere conoscenza, donne disposte a picchiarsi il ventre con dei sassi pur di perdere il figlio indesiderato, donne che si ammalavano di malattie veneree, derise, sfruttate, senza nome. Donne costrette a far sesso anche durante il ciclo. Nient'altro che dei veri e propri oggetti sessuali. Merce di scambio. Donne che nemmeno dopo la liberazione potranno trovare conforto perché verranno rifiutate dalle loro famiglie, dai vicini, dallo stato. Donne. Solo donne. Donne come rifiuto. Peggio di una bestia. Cos'altro sono le donne se non oggetti di piacere, braccia per stirare, cucinare, occuparsi di casa, figliare, servire?


L'autrice con questa graphic dai toni cupissimi, ribelle, sfrontata, dai forti contenuti politici (ma mai in termini didattici), tesa alla ricerca di giustizia e verità ha il grande merito di farci vivere le emozioni e le sofferenze di quelle bambine costrette a 40 rapporti sessuali al giorno, che perdono l'utero, che vengono picchiate per anni.

Una graphic novel di una potenza visiva devastante (anche quando racconta della strage di Nanchino del 1937), che mi ha conquistato in maniera inaspettata e figlia della bellezza di una biblioteca, che si fa carico di una richiesta di giustizia che risale dai cimiteri piena di sangue, lividi e cadaveri dagli uteri profanati di queste donne ormai diventate anziane che raccontano timidamente le propri storie. Sale dai cuori squarciati di queste donne che hanno vissuto orrori indicibili e che pretendono giustizia e ascolto.

“Le malerbe” è un'opera che per me dovrebbero leggere tutti, ovunque, ma soprattutto i maschi di oggi, ieri, l'altro ieri e domani e dopodomani che ancora pensano che una donna sia un pompino, che una prostituta per strada sia una libera professionista o che postare i video di una ex compagna sia un gesto scanzonato da accompagnare con qualche birra, che gli uomini sono una categoria a parte con degli impulsi naturali che in un modo o nell'altro devono liberamente soddisfare, che ai soldati e ai mariti e ai fidanzati debba essere concesso tutto e che se le donne si lamentano sono solo delle troie.

Fermatevi almeno una volta.

Almeno per un attimo, lasciate stare la birra e la telefonata alla mamma o il messaggio al collega.

Leggetela questa graphic novel.

E poi rileggetela

Seguite la storia di questa bambina che finisce in un bordello.

La leggete, ci pensate sopra, poi ne parliamo.

E non me ne frega un cazzo se passo per uno stronzo prete del cazzo. Un moralista di merda. E che palle. Noi maschi lo sappiamo come stanno le cose. O forse mi sbaglio. Ne ho conosciuti tanti di uomini che non si vergognano, anzi godono, di esprimere apprezzamenti sessuali verso le colleghe. Colleghe che poi spesso li adorano perché sono i maschi alfa di un mondo malato.

Quanto vorrei un giorno discutere di tutta la merda che ho ascoltato sotto le docce negli spogliatoi di scuola e dei campi sportivi, sui treni, nei luoghi di lavoro e di tutti gli insulti che ho ricevuto nella mia vita dai giovani maschi nerboruti perché non facevo parte del gruppo, perché non trattavo le femmine come delle cretine senza cervello.

Fidatevi, e perdonatemi per lo sfogo sopra, leggetelo "Le malerbe" e regalatelo alle vostre figli e ai vostri figli.



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