"Questa tempesta" di James Ellroy (Einaudi, traduzione di Alfredo Colitto)
Quasi 850 pagine quelle di "Questa tempesta" (Einaudi, traduzione di Alfredo Colitto) divorate in un giorno e mezzo di lettura intensiva. Occhi affaticati. Stomaco a pezzi. Troppi caffè. Un sacco di cazzate dette e pensate. Sono anni che James Ellroy mi tiene compagnia nei miei luoghi oscuri. Nutro verso di lui una vera e propria ossessione. Una devozione quasi religiosa la mia. Un abbraccio liberatorio sono tutti i suoi libri. Tutte le mie sofferenze, le mie paranoie, i miei lutti, i miei amori, le mie immense contraddizioni, le mie ferite, il mio sangue dentro le sue storie, i suoi personaggi. L'ho aspettato questo romanzo con la stessa trepidazione erotica che mi ha portato a trovare e leggere tutti i suoi libri pubblicati in Italia. L'ho amato ancora di più proprio in mesi/anni quando tutto sembra costretto a sosttostare a canoni di purezza, di normalità, di anestizzato, cloformizzato, di ipocrisia. Leggere Ellroy per me significa liberarsi da tutta questa merda. Perché Ellroy se ne frega di tutto questo bla bla bla che imperversa in tv, sui giornali, sui social. Scrive quel cazzo che ha voglia. Senza paura. Non si fa problemi a far parlare i suoi personaggi come cazzo vuole. A dipingere scenari di una ferocia che sono veri e propri calci nel culo. Se ne frega di passare per razzista, misogino, omofobo, reazionario, fascista, pazzo, furbo, amico dei poliziotti, paranoico, violento. Non gliene frega un cazzo di salotti e letteratura alta e bassa. Di mettersi dalla parte giusta o da quella sbagliata della Storia. Non gliene frega un cazzo di essere un cazzo di romantico che scrive di fica. A lui interessa scrivere. Scrivere noir, storie d'America, storie di strada, storie di cazzi, storie di fica, storie di sangue, storie giappe, chiamatele come volete. Non gliene un frega un cazzo di non scrivere il romanzetto noir che liscia il pelo alla congrega di intellettuali/giornalisti/politici/comparse che stanno tutti i sacrosanti giorni in tv, sui social a parlare di tutto e di niente. Avrei voluto raccontarvelo questo romanzo che arriva dopo "Perfidia". Raccontarvi di Kay Lake, di Dudley Smith, di lingotti d'oro, di quell'alcolizzato di Bill Parker, di fumerie d'oppio, di Orson Welles spione, della Claire morfinomane, di divise e pugnali nazisti e complotti ma ho preferito non farlo. Tutto sprecato. Parole sprecate. Ellroy non le merita. Uno dei pochi scrittori viventi che riescono ancora a farmi stare da Dio.
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