"L'incendiario" di Jan Carson (Giulio Perrone Editore, traduzione di Leonardo Taiuti)



Suo padre non si è più ripreso dal trauma. Ormai però il corpo di Lucy si è abituato a diventare una barca. Ha quasi sedici anni e ci ha fatto il callo e questa cosa delle ossa che cigolano e della pelle che si tende all'inverosimile, tanto che ha smesso di tenere il conto delle volte che le capita. È una maledizione. E una sorta di benedizione. Senza non saprebbe più chi è. Non saprebbe da dove cominciare. A che scopo diventare una barca? Lucy ancora non l'ha capito. Secondo lei ha qualcosa a che vedere con l'altto di trasportare: persone, problemi, oggetti grossi e ingombranti. Si rifiuta di considerarsi sventurata. Ma sarebbe bello che ci fosse un nome per quello che è, una parola con cui indicare quel suo stadio intermedio.” (pp. 211-212)


Sono rimasto felicemente sorpreso dal bellissimo romanzo di Jan Carson ”L'incendiario” (Giulio Perrone Editore, traduzione di Leonardo Taiuti) vincitore dello European Union Prize for Literature 2019.

Onestamente mi sarei aspettato tutto un altro romanzo. Avevo letto (di sfuggita) che avrei trovato Belfast, i Troubles, il Dodici luglio coi suoi falò e mi ero fatto una certa idea di quello che avrei trovato e invece il romanzo mi ha travolto, sorpreso, sconvolto in maniera del tutto inaspettata, trasformandosi in uno dei miei libri preferiti del 2020.

Dentro ci sono sì le meraviglie della capitale dell'Irlanda del Nord, le ferite aperte di un conflitto solo ufficialmente concluso, una memoria mai veramente condivisa di cui è stato ampiamente scritto, raccontato nei film e in musica ma soprattutto ci sono sirene che non promettono nulla di buono, lo sguardo protestante, Bambini Sventurati capaci di volare o con delle ruote al posto dei piedi o a forma di barca, incendiari e due protagonisti incredibili che s'incontreranno nella disperazione: Sammy con alle spalle un passato di violenza e che pensa di avere un figlio maligno incendiario responsabile di una serie di Fuochi Alti a colpi di Firestarter dei Prodigy che stanno bruciando Belfast e Jonathan, un dottore mai amato dai genitori e con una vita di solitudine, che incantato da una sirena finisce per avere una figlia, Sophie, che teme possa diventare una sirena come la madre e rovinargli la vita.

Non lo so ma in questo libro ho respirato le atmosfere di Stephen King, le storie di Aimee Bender, Shilley Jackson, Judy Budnitz e tutto quel filone di Realismo Magico che tanto amo, le leggende irlandesi che si perdono nella notte dei tempi, i ragazzini di Stranger Things, la gioia iconoclasta di Joker, famiglie in frantumi che vorresti abbracciare e ricomporre e scomporre all'infinito, X Files, le maschere di Guy Fawkes/ V per Vendetta e tanto tanto altro a creare uno strano ed esplosivo miscuglio di delicatezza e ferocia, di freddo glaciale e lacrime. Perchè in fin dei conti questo romanzo di Jan Carson, con un finale veramente da brividi, è una stupenda riflessione su quanto sia difficile andare avanti lasciandosi alle spalle le ferite del passato che continuano a violentarci, un apologo della diversità che sfugge ai nostri occhi figli di una razionalità oprrimente, un dipinto della nostra esistenza che non ci dà scampo con le sue sofferenze e prove da superare ogni giorno, una descrizione al limite dell'affronto di cosa significa essere genitori e di quanto sia difficile amare, essere amati e conoscere e aprirsi all'incontro con gli altri.

Un romanzo che è quella parola d'amore che dobbiamo accettare di ascoltare quando viene pronunciata.

C'è scritto che la voce di una sirena è fatta per distruggere, che provoca naufragi, follia, morte cruenta. Scavo nei ricordi e penso alla madre di Sophie – prima la voce sconosciuta al telefono, poi i suoi strilli penetranti come graffi sul vetro – durante il sesso, e capisco che le creature come lei sono capaci di rendere concreta ogni sorta di calamità. A saperlo prima, avrei fatto come Odisseo, mi sarei tappato le orecchie con la cera per non udire il canto allettante, o come Orfeo, che suonava la sua melodia per resistere alla tentazione. Ma mi conosco troppo bene, paragoni del genere non mi si confanno. Non sono una persona coraggiosa, e poi avevo troppa fame di compagnia. Dovesse ricapitare domani stesso, so che mi porterei comunque la cornetta all'orecchio e rimarrei in ascolto. Prenderei la macchina e guiderei fino a Castlereagh Road, fino al suo appartamento al quarto piano. Sarei ben lieto di distruggermi ancora una volta nel suo letto.” (pag. 134)


(Nuovamente questa canzone perché sono in fissa con loro)

Commenti

Post più popolari