Ritornare al lavoro e Stratosphere e China Miéville

 

- che disco -

 

E alla fine lunedì sono tornato a lavorare. Fra mille incognite, sofferenze, dubbi, inquietudine. Ad agosto mi pagheranno solo le ore effettive di lavoro dal 24 al 31. Niente più lavoro ridotto. Niente più quel minimo di garanzie che mi avevano concesso, anche in maniera molto anomala. I prossimi mesi saranno durissimi ma è inutile piangersi addosso. È una vita che sono a un passo dal finire per strada. Per fortuna, dopo che mi avevano pure disdetto il contratto del parcheggio, sono riuscito a trovarne uno nuovo. La solita botta di soldi (almeno per i miei risparmi) ma meglio di niente. In questi giorni al cinema sono arrivati per fortuna più spettatori del previsto. E tutto è tornato a essere il consueto circo infernale e massacrante di ritmi impossibili da prendere o lasciare, di disponibilità continua, di vesciche sulle mani e decine di sacchi di popcorn, di camminate all'alba per andare a lavorare. Il corpo che trasuda l'olio dei popcorn. Vivo giorno per giorno. Non so com'è il film di Nolan e non mi interessa nemmeno vederlo. In una riunione asettica ho rivisto i colleghi e la mia solitudine è ormai quasi estrema. Non ho nulla da dire. Poco da condividere. Mi limito ad ascoltare. Ho la testa che scoppia.

Sento persone che mi dicono ma tu potresti... ecco, ribadisco, non mi interessa nulla del dibattito culturale intellettuale attuale o di scrivere su qualche sito o giornale, non mi interessa lavorare in quell'ambiente, me ne sbatto il cazzo dei patimenti della categoria degli scrittori contemporanei che magari non riescono a mangiare o altre robe del genere, non mi vedo a lavorare in una libreria e se l'avessi non ci farei mai presentazioni o altre cazzate del genere e manco ospiterei corsi di scrittura o di editoria o di giornalismo e nemmeno di falegnameria o cosmesi o pittura. Mi taccio per non essere cattivo. Ma ripeto: preferisco la mia straordinaria macchina dei popcorn a quel mondo.  

"Perdido Street Nation" è uno di quei romanzi che non smetto mai di consigliare e anche regalare a chi ama i bei romanzi e i romanzi che si muovono fra fantastico/fantascienza/distopie. Ho da poco preso in prestito "La fine di tutte le cose" (Fanucci, traduzione di Annarita Guarnieri) e mi sta piacendo, soprattutto mi permette di svagarmi un po' prima di dedicarmi a una serie di letture molto impegnative. Questo Architeutis dux che scompare mi ha fatto pensare a Grigori, la straordinaria piovra gigante de L'arcobaleno della gravità.

Cercatelo su internet se vi va quel polpo gigante. 

Una roba mostruosa.

Una come mia madre l'avrebbe subito volure cacciare per trasformarlo in cibo.
 


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