Jonsi, tossiche, Natale, la gatta Emma, Modern Baseball, Camp Cope, Field Harmonics e Hubert Selby Jr

 

Stanotte stavo guardando questo video di Jonsi mentre la tossica che vive nell'appartamento sotto di me non la smetteva di ridere e parlare con la sua ospite temporanea. M si droga da decenni e si vede. Prima che si trasferisse nel nostro palazzo erano quindici anni che la vedevo per strada, al parco, su una panchina. Non smette mai di parlare e cantare. Quasi sicuramente viene da una famiglia benestante. Ogni volta che ci incontriamo per le scale mi saluta sempre, chiede come sto, mi tiene la porta aperta. La sua ultima ospite (restano qualche giorno per poi andarsene) è un'altra tossica, una ragazza di colore con delle trecce lunghissime. Le sostanze non hanno ancora cancellato del tutto la sua bellezza. Ma la sua voce è sempre rauca, da vecchia, come se si fosse bruciata completamente le corde vocali. Dal primo giorno che ho cominciato a lavorare al cinema non c'è giorno che io non l'abbia vista fuori dal Denner, sul bus diretto in centro, su una panchina fuori dal cimitero, dentro al Piccadilly per le sigarette. Un sorriso. Un buon lavoro. Un, Ce l'hai una sigaretta. Delle tue dieci birre me ne daresti due. Quando l'ho vista ieri mi sono accorto di quanto è dimagrita in questi mesi e di come le sue mani siano piene di ascessi e cicatrici. Avrei voluto prendergliele e accarezzarle. Una volta un dottore mi ha detto che sono un tossico mancato. Un altro mi ha detto che ho tutti i ritmi di un alcolizzato. Un altro mi ha detto che ho un cervello della grandezza di un acino d'uva. Un altro mi ha chiesto se non penso di essere già morto. Di sicuro in questi 41 anni ho maltrattato parecchio il mio corpo. Ci sono giorni che me lo chiedo spesso se non sto vivendo in un'altra vita. Se tutto non sia un sogno. Quello che vedo nello specchio mi fa schifo, orrore, paura. Ma sono io. Anche perché da sempre mi è venuto difficile vivere. Fare vita sociale mi distrugge. Per fortuna questo Covid 19 mi regala un Natale senza parenti. Senza chiacchiere. Senza pranzi. Solo io e la mia compagna. Già l'idea che mi arriveranno alcune videochiamate mi fa salire la birra dallo stomaco. Per consolarmi leggo, provo a scrivere, mi faccio compagnia con la mia gatta Emma, una trovatella che abbiamo adottato da una decina di giorni e che è una dolcezza infinita, gli occhi e le parole della mia compagna, Hubert Selby Jr, le birre, il lago, i chilometri a piedi senza mai aprire bocca per parlare.



E ieri quando ho ascoltato questa canzone ho trovato cosa mi serviva per il mio romanzo.


(Done)

Commenti

  1. C'erano due tossiche nella comunità dove ho fatto il tirocinio che dovevano essere state due bellissime donne. Quella bionda sembrava una bambola finita sotto un camion. La Rossa, con i lineamenti più rudi, poteva essere una soubrette. Mi facevano tanta tristezza.

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