NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS - PENA DI MORTE, ALL’ONU CRESCE IL FRONTE DEL NO

 


NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS

Anno 20 - n. 48 - 19-12-2020

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : PENA DI MORTE, ALL’ONU CRESCE IL FRONTE DEL NO
2.  NEWS FLASH: ‘MAMMA PERCHÉ NON POSSO PIÙ ABBRACCIARE PAPÀ?’ LA DOMANDA INNOCENTE DELLA FIGLIA DI UN DETENUTO
3.  NEWS FLASH: IRAN: RINVIATA L'ESECUZIONE DI AHMADREZA DJALALI, GIUSTIZIATO IL GIORNALISTA RUHOLLAH ZAM
4.  NEWS FLASH: USA: ‘RAPPORTO DI FINE ANNO’ DEL DEATH PENALTY INFORMATION CENTER
5.  NEWS FLASH: BANGLADESH: 10 CONDANNE A MORTE E 5 ALL’ERGASTOLO PER OMICIDIO
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


PENA DI MORTE, ALL’ONU CRESCE IL FRONTE DEL NO


Elisabetta Zamparutti su Il Riformista del 18/12/2020

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha chiesto a gran voce la moratoria delle esecuzioni capitali. Lo ha fatto mercoledì sera (16 dicembre) quando 123 Stati, sui 193 membri dell’ONU, hanno votato la Risoluzione che chiede siano sospese impiccagioni, fucilazioni e decapitazioni in modo da andare verso l’abolizione definitiva della pena di morte. I rimanenti Stati sono andati in ordine sparso: 38 contrari, 24 astenuti e 8 assenti. Positivo che, per la prima volta, due Paesi mediorientali, la monarchia di re Abd Allāh II di Giordania e il Libano, abbiano votato a favore. Lo hanno fatto insieme a Gibuti e Corea del Sud.
E poi, come un magnete, la Risoluzione ha richiamato a sé il voto favorevole di 4 Stati – le Filippine del “cattivo” Rodrigo Duterte, il Congo, la Guinea e Nauru – che la volta precedente avevano votato contro. Va apprezzato anche chi ha voluto andare incontro alla Risoluzione passando da un voto contrario all’astensione, come lo Yemen e lo Zimbabwe del Presidente Mnangagwa con cui tanto abbiamo dialogato. Certo, alcuni Stati, 6, sono passati a un voto contrario nonostante si fossero precedentemente astenuti o avessero votato a favore. Ma sono certa che si recupereranno. Perché l’abolizione della pena di morte è un processo inesorabile e ogni volta che la Risoluzione va al voto guadagna consensi. Questa volta, l’ottava, ne ha guadagnati due rispetto al 2018 quando 121 Paesi votarono a favore. Ne ha guadagnati una ventina rispetto al 2007 quando per la prima volta il testo fu approvato con 104 sì.
Questa Risoluzione è una pietra miliare dell’abolizione della pena di morte e un fiore all’occhiello dell’Italia che nel mondo è riconosciuta per questa battaglia grazie alla quale brilla ancora un riflesso di patria e culla del diritto. Una battaglia nella quale anche il Ministro Di Maio si è riconosciuto e si è impegnato, con la Vice Ministra Marina Sereni, per assicurarne il successo.
La concepirono poche persone, Marco Pannella, Sergio D’Elia, Maria Teresa di Lascia, quando nel 1993 fondarono Nessuno tocchi Caino. Scelsero Caino, il colpevole per eccellenza per far dire al mondo: basta pena di morte! Fecero avverare la profezia biblica che vuole Caino trasformarsi in costruttore, in questo caso costruttore di un nuovo diritto umano, quello a non essere uccisi per mano dello Stato.
Convinsero così nel 2007 il Governo italiano a dar seguito alle richieste unanimi del Parlamento italiano ed europeo a presentare la Risoluzione con un’azione nonviolenta che comportò per Pannella uno sciopero della sete di quasi otto giorni a cui poi aggiunse, insieme a D’Elia, uno sciopero della fame di tre mesi. Si trattò di aiutare a far superare più che la resistenza dei Paesi mantenitori, quella del conformismo sostenuto da prestigiose ONG per cui l’abolizione sarebbe stata meglio della moratoria e che comunque il mondo non era pronto a votare neppure la moratoria.
Oggi la Risoluzione arriva in un mondo in cui assistiamo, da un lato, a decisioni colme di grazia come quella del Presidente della Tanzania John Magufuli che nel giorno dell’Indipendenza, il 9 dicembre, ha commutato tutte le 256 condanne a morte. Dall’altro, all’impiccagione in Iran di liberi pensatori come di recente quella di Ruhollah Zam. Si tratta dunque di usarla questa risoluzione, di usarne la forza politica, la forza morale e chiedere sempre a quei Paesi che ancora mandano sul patibolo uomini e donne di fare la grazia di non farlo più. Perché la pena di morte è un ferro vecchio della storia, un anacronismo intollerabile di cui l’umanità si deve liberare. Perché Caino più che farlo penzolare al cappio è meglio per tutti che diventi costruttore di città.

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Per saperne di piu' : https://www.ilriformista.it/pena-di-morte-allonu-cresce-il-fronte-del-no-183722/

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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

‘MAMMA PERCHÉ NON POSSO PIÙ ABBRACCIARE PAPÀ?’ LA DOMANDA INNOCENTE DELLA FIGLIA DI UN DETENUTO
Rita Bernardini su Il Riformista del 18/12/2020

Due lettere spiegano, forse meglio di qualsiasi studio in materia, cosa sia l’affettività negata a chi ha un genitore detenuto. La prima l’ho ricevuta il 15 dicembre da una ragazza che oggi ha 22 anni. Quando suo padre era detenuto aveva solo 11 anni. Lo incontrai nel 2010 quando era ristretto nel carcere di Messina e io ero deputata. Rimasi sconvolta perché a quest’uomo, invalido, avevano dato una carrozzina troppo larga per muoversi nella cella stretta ove erano sistemati altri 5 detenuti. Per andare nello squallido gabinetto era costretto a strisciare per terra per poi a fatica arrampicarsi sulla tazza del wc.
In aula a Montecitorio presi la parola per dire a un allibito Ministro della Giustizia: «voi costringete un disabile in carrozzina (peraltro divenuto disabile a seguito del trattamento ricevuto in carcere) a strisciare per terra per andare in bagno!». Anni dopo, quando il padre era stato scarcerato, andai a casa sua, in un paesino sperduto della Campania. Trovai una famiglia splendida: “lui”, che si stava riprendendo dal trauma della detenzione; la moglie, una giovane e colta donna che gli era stata a fianco nonostante le distanze e i pochi mezzi; le tre figlie tutte studentesse a pieni voti, tra le quali la ragazza che mi scrive oggi e che il giorno del nostro incontro aveva 15 anni.

Se papà è in carcere e tu hai solo 11 anni.

«Non so se si ricorda di me. Avevo solamente quindici anni quando venne a trovare me e la mia famigliola. Lei è stata ed è tuttora un punto di ispirazione, una persona che non smetterò mai di ringraziare per quello che ha fatto e che non smetterò mai di ammirare, perché vedo che continua a combattere una battaglia infinita contro quelli che sono gli ORRORI delle carceri italiane. Quando penso di averLa incontrata (insieme al carissimo Marco Pannella) e abbracciata al tempo, mi si riempie il cuore di orgoglio, di gioia, di forza perché so che qualcuno che crede nei propri PURI ideali c’è ancora. So che una categoria abbandonata, giudicata e spesso condannata ingiustamente può trovar voce nella sua! Inarrendevole Rita Bernardini.
Il suo nome è una luce per le persone che vedono solo il buio anche quando fuori splende il sole, la sua sola esistenza è una coperta per tutte quelle persone che tremano il freddo, lontano dalle famiglie, dagli affetti, da tutto ciò che amano. Chiusi in un BUCO dal quale usciranno, secondo i calcoli e la lentezza della “Giustizia” italiana, tra molti, ma molti anni. Ricordo quando io dovevo stare lontana da mio padre. Era proprio la sera della vigilia e quando vedevo tutto il mondo festeggiare insieme, io me ne stavo buttata sul divano a stringere lettere e caramelle ricevute da quel posto che volevo demolire con tutta me stessa. Volevo solo riaverlo tra le braccia. Volevo ricevere il suo affetto e dormire tra le sue mani gigantesche… Poi un giorno, una luce. Lei. Grazie. Non la dimenticherò mai. La abbraccio immensamente forte e spero di poterla ancora incontrare».
L’altra lettera è stata spedita il 13 dicembre da E.D.R., una madre con una bambina piccola il cui padre è ristretto nel supercarcere di Tolmezzo ove si è sviluppato un focolaio che ha contagiato pressoché tutti i detenuti al Covid-19. È una madre consapevole dei diritti del minore e dei danni che subisce la sua bambina a causa del mancato rispetto della normativa italiana e delle convenzioni internazionali sottoscritte dal nostro Paese.

“Mamma, perché non posso più abbracciare Papino?”

«Oggi è una data come tante per i soliti personaggi che negano l’esistenza di problemi importanti. Un’ulteriore sofferenza per tutti quei minori che quotidianamente sono intrappolati in un sistema che non gli appartiene e dal quale dovrebbero essere tutelati. Bambini, minori, anime innocenti che si trovano a vivere senza i loro legami fondamentali da mesi e mesi. Affrontare “l’affettività” all’interno di quattro mura e per il poco tempo che è concesso, ha delle ripercussioni sulla crescita del bambino. Ma quando tale situazione, al di fuori delle sbarre, si protrae per tempi che non possono essere definiti, il tutto diventa realmente assurdo. È impossibile pensare di parlare di “legami e relazioni”, quando ci si trova dinnanzi a uno schermo o dietro un telefono. Come si pensa di poter dare delle risposte certe a questi bambini? Come si pensa di poter colmare il vuoto che da quel maledetto mese di marzo è nei loro cuori? Ci siamo trovati in situazioni disastrose.
  Giorni trascorsi nella tortura, con contagi esponenziali neanche presi in considerazione.
Se questo per voi è Giustizia, va bene così. Considerate però, che dietro a ogni detenuto, c’è una famiglia e in questa famiglia spesso ci sono minori. Riuscite a dare una risposta alla domanda posta da mia figlia? Riuscite a dare “una fine” a tutta questa situazione? Come si possano tappare gli occhi, non considerando affatto il futuro del nostro paese: I NOSTRI FIGLI. Ricordiamoci che dentro gli occhi di ogni bambino, c’è spensieratezza, innocenza, semplicità, purezza e, un mare di sogni e desideri di felicità! Il nostro compito è sostenerli e accompagnarli in questo cammino, tutelandoli nella crescita. Il vostro, è quello di restituirgli il diritto di avere un padre o una madre e poterseli vivere con relazioni stabili. È previsto da una legge dello Stato, non solo da diversi articoli della nostra Costituzione. L’art. 28 dell’Ordinamento penitenziario prevede infatti che “particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei det
 enuti e degli internati con le famiglie.”»
Per saperne di piu' : https://www.ilriformista.it/mamma-perche-non-posso-piu-abbracciare-papa-la-domanda-innocente-della-figlia-di-un-detenuto-183623/?refresh_ce

IRAN: RINVIATA L'ESECUZIONE DI AHMADREZA DJALALI, GIUSTIZIATO IL GIORNALISTA RUHOLLAH ZAM

E' stata rinviata l'esecuzione in programma in Iran all'alba del 16 dicembre 2020 di Ahmadreza Djalali, il ricercatore di 48 anni dell'Università del Piemonte Orientale di Novara.
E’ stato invece giustiziato il 12 dicembre il giornalista dissidente Ruhollah Zam, in una località sconosciuta, con l'accusa di "corruzione sulla terra".
Ahmadreza Djalali si trova nel braccio della morte della prigione di Evin.
È la terza volta che la pena viene sospesa e questo fa sperare che stiano procedendo le trattative diplomatiche per uno scambio di prigionieri a cui nei giorni scorsi il Governo iraniano si era detto disponibile, pur non facendo un accenno diretto al caso del medico iraniano naturalizzato svedese.
Il suo avvocato a Teheran ha avvertito la moglie Vida Mehrannia che si trova a Stoccolma che l'esecuzione del 16 dicembre è stata sospesa e prolungato lo stato di isolamento nel carcere di Evin: «Non ho altre informazioni».
Anche il ricercatore e collega Luca Ragazzoni ha specificato che non ci sono, per ora, dettagli su quanto avverrà nei prossimi giorni.
Il medico, che ha lavorato a Novara all'Upo dal 2011 al 2015, fino a poco prima dell'arresto, è detenuto dal 25 aprile 2016 con l'accusa di spionaggio a favore di Israele.
La scorsa settimana si è svolta una maratona accademica internazionale di 25 ore, organizzata dall'Upo di Novara, per chiedere la sospensione della condanna. A favore di Djalali si sono schierati scienziati e universitari, la diplomazia europea e le principali organizzazioni internazionali per i diritti umani.
L’esecuzione di Ruhollah Zam è stata condannata con la massima fermezza da Iran Human Rights, che chiede ora una risposta forte da parte della comunità internazionale.
Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore e portavoce di IHR, ha dichiarato: "L'esecuzione di Ruhollah Zam è un crimine e le autorità della Repubblica islamica devono essere ritenute responsabili. Oltre ad essere una punizione crudele e disumana, è stato giustiziato per aver gestito un giornale, che non è un crimine in nessuno stato con standard minimi di libertà di parola.
Il rapimento, il negargli il giusto processo e un processo ingiusto sono gli altri crimini della Repubblica islamica nel caso di Zam".
Secondo l'agenzia di stampa della magistratura “Mizan”, l'attivista politico e direttore del canale Telegram di AmadNews, Ruhollah Zam, è stato giustiziato all'alba del 12 dicembre. Il rapporto non specifica il luogo esatto dell'esecuzione. Secondo il rapporto, il tribunale preliminare aveva considerato 13 capi di imputazione contro Ruhollah Zam come casi di “corruzione sulla terra” e lo aveva condannato a morte su questa base. L’8 dicembre NtC aveva ripreso la notizia data da IHR che la Corte Suprema iraniana aveva confermato la condanna a morte. l’8 dicembre infatti, l'agenzia di stampa statale ISNA pubblicava le dichiarazioni rilasciate dal portavoce della magistratura, Gholamhossein Esmaili, nel corso di una conferenza stampa tenutasi online. Esmaili aveva detto che la condanna a morte di Zam era stata confermata dalla Corte Suprema. Esmaili aveva spiegato: "La Corte Suprema ha esaminato il caso più di un mese fa, e ha confermato il verdetto".
A giugno, il Mizan Online, l’organo di stampa ufficiale della magistratura iraniana, aveva scritto che l'udienza finale del processo a Zam si era tenuta il 9 giugno 2020. In quell’occasione l’uomo si era dichiarato colpevole di "insulti ai funzionari governativi e incitamento alla rivolta", e di "sostegno a persone già condannate per attentato alla sicurezza”.
Contro l'attivista politico sono state mosse anche altre accuse tra cui "un diffuso coinvolgimento in danneggiamenti del sistema economico" e "azione contro la sicurezza interna ed esterna della Repubblica islamica".
A luglio, Mizan Online aveva scritto che il tribunale preliminare aveva dichiarato colpevole Zam, e aveva citato il portavoce della magistratura, Esmaili, il quale aveva affermato che "la corte ha considerato 13 capi di imputazione contro Ruhollah Zam come casi di corruzione sulla terra e lo ha condannato a morte".
Oggi si apprende che la lista completa delle imputazioni mosse a Zam comprendeva: "crimini contro la sicurezza internazionale ed esterna dello Stato, pubblicazione in maniera diffusa di notizie false, assistere nella distruzione, aiutare a danneggiare il sistema economico dello stato, danneggiare la sicurezza nazionale interna ed esterna, spionaggio per i servizi di intelligence di un paese della regione, spionaggio per i servizi segreti francesi dall'inizio del 1397 (primavera 2018) fino al suo arresto, cooperazione con il governo ostile degli Stati Uniti contro la Repubblica islamica nella seconda metà di Esfand 1396 (seconda settimana di marzo 2018 secondo il calendario occidentale) fino al suo arresto, associazione e collusione con l'intento di commettere crimini contro la sicurezza interna ed esterna, partecipando ad attività di propaganda contro il sistema della Repubblica Islamica a favore di gruppi e organizzazioni dissidenti, partecipando a ingannare e incitare le persone
 alla guerra e alle uccisioni tra il dicembre 2017 e il Gennaio 2018, partecipando alla raccolta di informazioni classificate con l'obiettivo di perturbare la sicurezza nazionale, insulto alle sacralità dell'Islam, acquisizione di proprietà con mezzi illegittimi e denunce penali presentate contro di lui da persone fisiche e giuridiche".
Ruhollah Zam, il cui canale Telegram al suo apice ha avuto oltre un milione di visualizzatori, aveva lo status di rifugiato e un permesso di soggiorno in Francia. Era stato arrestato durante un viaggio in Iraq nell'ottobre 2019 e successivamente trasferito in Iran. Il giorno dopo che le Guardie rivoluzionarie avevano annunciato la notizia dell'arresto di Zam, il quotidiano francese Le Figaro ha riferito che il signor Zam era stato attirato a visitare Baghdad con il pretesto di incontrare l'ayatollah Ali Sistani, leader sciita iracheno a Najaf, dove era stato arrestato.
(Fonti: NovaraToday, La Stampa, 16/12/2020; IHR, 12/12/2020)


USA: ‘RAPPORTO DI FINE ANNO’ DEL DEATH PENALTY INFORMATION CENTER

Le esecuzioni e le condanne a morte scendono negli Stati Uniti ai minimi storici nel 2020, anche se il governo federale aumenta le esecuzioni.
In un anno diverso da qualsiasi altro che ha caratterizzato dalla chiusura di molti tribunali a causa dalla peggiore pandemia in più di un secolo, da un risveglio nazionale sulle questioni di giustizia razziale, e un comportamento storicamente aberrante da parte del governo federale, le esecuzioni e le condanne a morte negli Stati Uniti sono cadute ai minimi storici. Il profondo calo delle condanne a morte e delle esecuzioni statali è stato senza dubbio un sottoprodotto della pandemia, ma anche prima che la pandemia colpisse, la nazione era in linea, per il sesto anno consecutivo, con il calo di condanne ed esecuzioni.
Il Colorado è diventato il 22° stato ad abolire la pena di morte e 2 stati, Louisiana e Utah, hanno raggiunto i 10 anni senza esecuzioni.
Di conseguenza, più di due terzi del paese, 34 stati, hanno abolito la pena capitale o non hanno compiuto un'esecuzione da più di un decennio. L'Oklahoma, lo stato che ha effettuato il terzo maggior numero di esecuzioni nell'era moderna, ha segnato cinque anni dalla sua ultima esecuzione. In contee che rappresentano il 12% del braccio della morte della nazione sono stati eletti, a novembre, nuovi procuratori riformisti che si sono impegnati a non usare mai la pena di morte o a perseguirla con parsimonia. La ripresa delle esecuzioni federali dopo 17 anni con una frenesia di esecuzioni senza precedenti ha segnato un valore anomalo nel 2020, poiché per la prima volta nella storia della nazione, il governo federale ha eseguito più esecuzioni di tutti gli stati dell'Unione insieme.
"A fine anno, più stati e contee si erano mossi per porre fine o ridurre l'uso della pena di morte, sono state inflitte meno nuove condanne a morte rispetto a qualsiasi anno precedente da quando la pena capitale è ripresa negli Stati Uniti negli anni '70 e gli stati hanno eseguito meno esecuzioni che in qualsiasi momento negli ultimi 37 anni", ha affermato Robert Dunham, direttore esecutivo del DPIC e autore principale di" The Death Penalty in 2020: Year End Report". "Quello che stava accadendo nel resto del paese ha dimostrato che le politiche dell'amministrazione non erano solo fuori passo con le pratiche storiche dei presidenti precedenti, ma erano anche completamente fuori passo con le pratiche statali odierne". 17 persone sono state giustiziate nel 2020, rispetto alle 22 del 2019. Solo cinque stati - Alabama, Georgia, Missouri, Tennessee e Texas - hanno compiuto esecuzioni quest'anno e solo 1, Texas, ne ha condotte più di 1. Il numero totale di esecuzioni è stato il più basso dal 1991 e, a livello statale, si è raggiunto il numero minore di esecuzioni dal 1983.
Le esecuzioni si sono interrotte completamente a livello statale a luglio per preoccupazioni di salute pubblica legate al COVID-19. Tuttavia, nel mezzo di una pandemia sempre più grave, il governo federale è andato avanti con le esecuzioni che hanno contribuito a un'epidemia nella Prigione Federale di Terre Haute, infettando almeno nove membri delle squadre di esecuzione federali, e diversi avvocati e almeno un religioso. Entro la fine del 2020, il governo federale aveva condotto più esecuzioni civili in cinque mesi rispetto a qualsiasi altra presidenza nel 20° o 21° secolo, compiuto le prime esecuzioni da un presidente uscente in 130 anni, e programmato più esecuzioni di quante ne siano mai avvenute in un periodo di transizione presidenziale nella storia degli Stati Uniti.
Il DPIC prevede che, per fine anno, ci sarà un record minimo di 18 nuove condanne a morte, un calo del 45% rispetto al precedente record minimo di 31 nel 2016. A causa della pandemia, questi numeri non sono significativi per valutare le tendenze a lungo termine. Tuttavia, la maggior parte delle condanne sono state inflitte nei primi 3 mesi del 2020, davanti ai tribunali di tutto il paese che hanno ritardato i processi a causa della pandemia, ed era già evidente in quel momento che il 2020 era sul ritmo per essere il sesto anno consecutivo con meno di 50 nuove condanne a morte. (Per “nuove” condanne si intende che non siano condanne emesse anni prima, annullate, e poi riemesse).
Solo 7 stati hanno emesso condanne a morte quest'anno: Florida (7), California (5), Texas (2), e 1 in Arizona, Mississippi, Ohio e Oklahoma.
Continua…
Per leggere tutta la notizia usa il link riportato sotto
(Fonte: Death Penalty Information Center, 16/12/2020)
Per saperne di piu' : http://www.nessunotocchicaino.it/notizia/usa-rapporto-di-fine-anno-del-death-penalty-information-center-60320439

BANGLADESH: 10 CONDANNE A MORTE E 5 ALL’ERGASTOLO PER OMICIDIO

Un tribunale di Chattogram, in Bangladesh, il 13 dicembre 2020 ha condannato a morte 10 persone e altre cinque all’ergastolo nel caso dell’omicidio di Amjad Hossain, ex presidente del consiglio dell’unione di Satkania, nel sotto-distretto di Sonakania, avvenuto 22 anni fa. Altri quattro accusati nel caso sono stati assolti.
Il verdetto è stato emesso dal giudice AKM Mozammel Haque del tribunale di Chattogram.
Amjad Hossain fu ucciso a colpi d'arma da fuoco il 3 ottobre 1999.
Sua moglie, Syeda Raushan Akhter, presentò una denuncia di omicidio presso la stazione di polizia di Satkania il giorno successivo, nei confronti di 20 persone.
Il caso fu indagato per la prima volta dalla polizia di Satkania, poi fu passato al Dipartimento Indagini Penali (CID) per ordine del Ministero dell'Interno.
Dopo un lungo lavoro, la polizia del CID presentò un documento di accusa il 22 dicembre 2000.
Uno dei 20 imputati nel caso è morto nel corso del processo, mentre altri nove sono latitanti.
(Fonti: Daily Bangladesh, 13/12/2020)

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