A proposito di scuole aperte o chiuse

 


Si sta ancora parlando di scuole da aprire o da tenere chiuse, di contagi nelle scuole o fuori dalle scuole, di studenti come diffusori del virus, di DAD, dell'impatto sulla psiche dei ragazzini, sui ritardi/difficoltà di apprendimento, di mezzi pubblici, sulla differenza di classe che si amplierà e molto altro.

In tutta questa situazione a me viene solo da scrivere che le scuole superiori/università chiuse hanno un impatto diverso se vivi in una metropoli/città/cittadina o se invece vivi in provincia e in un paesino come quello dove sono cresciuto di 4000 abitanti. 

Per me andare al Liceo a Lecco non è stato solo frequentare una scuola (non mi è mai piaciuto andare a scuola) ma salire su un treno affollato di studenti e pendolari dove ho vissuto avventure di ogni genere e dove ho conosciuto ragazzi e ragazze che sono entrate nel mio cuore; è stato vivere la Città in modo diverso da come facevo prima. Lecco era la città  dove andavo coi miei genitori per andare a vedere un film, fare shopping ma non la conoscevo e mi ha permesso di respirare e di uscire da quella prigione che era il mio paesino. La scuola mi ha permesso di esplorare il mondo, di lasciarmi alle spalle la mia famiglia, la cappa dei soliti sguardi, il conformismo.

Certo andavo al mare, in montagna, mi avevano portato in Svizzera ma ero sempre e comunque coi miei genitori, in vacanza. Niente a che vedere con la scoperta del Nuovo Mondo.

Da quando sono sceso la prima volta dal treno Lecco è diventata la mia città dove dopo la scuola mi aggiravo, entravo nelle biblioteche, nelle librerie, girovagavo coi miei compagni e compagne, entravo nei bar, mi sedevo in riva al lago. 

Capii che non avrei mai potuto trascorrere il resto della mia vita a Costa Masnaga. 

 

Andare a scuola fu per me incontrare ragazzini e ragazzine di tutte le classi sociali della Valsassina, del lago, della Brianza che corre verso Vimercate, dell'Olginatese, della mia Brianza oggionese. 

È stato scoprire il mondo, vivere emozioni difficilmente ripetitibili. 

C'è anche tanta, tantissima, sofferenza in quegli anni e non è mai passata ma anche tonnellate di sorrisi, abbracci, amori, musica, libri, film. Ricordo ancora con gioia i momenti di attesa in stazione insieme al mio gruppetto di disperati trascorsi a fumare, guardare le ragazze, sfogarsi, darsi appuntamento prima di disperdersi verso le rispettive scuole.

Certo il mondo è cambiato, ci sono i social e in molti si sta sviluppando quasi un rigetto per le città.

Ecco, io se fossi un ragazzino non riuscirei mai a vivere in un mondo del genere.

Finirei ancora piu' schiacciato dalla depressione, dalla mia famiglia, dal paesino, dal conformismo.



Commenti

  1. Sarei d'accordo su tutta la linea se il non andare più scuola ed il rimanere relegato nel tuo paesino, fosse una decisione irrevocabile e l'inizio di un nuovo stile di vita.
    Ma qui stanno cercando di ripristinarla quella vita che con tanto entusiasmo esalti, quelle sensazioni di meraviglia che tutti vorremmo poter riprovare a brevissimo.
    Ora è tempo di sacrifici, che stiamo facendo solo a pezzetti e bocconi perché ci sono troppe suscettibilità che si urtano, troppi portafogli che si svuotano.
    Bisogna portare pazienza, pazienza vera, a mio avviso.

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    1. Ciao Franco, personalmente sono molto stanco e faccio parte di quelli che a causa di questa Pandemia hanno sofferto molto umanamente (x morti, eccetera) e anche economicamente visto che rispetto al 2020 ho perso metà dei guadagni (x fortuna la Confederazione ci ha dato qualche soldo) e il 2020 era un anno di trasformazioni x me e la mia compagna. E non siamo persone che guadagnano tanto visto che io ho un contratto a ore e faccio le pulizie e i popcorn e la mia compagna lavora a servizio (in regola) presso una ricca famiglia.
      Spero di uscire presto da questa situazione.
      Ho scritto queste due righe perché ho pensato a quanto avremmo sofferto io e mia sorella in questa situazione visto che siamo sempre stati tutti e due insofferenti alla vita di paese. Durante il primo lockdown ero da mio padre in Italia e ho avuto modo di parlare con alcuni adulti che mi raccontano del disagio dei propri figli e figlie. Tramite mio padre mi sono informato sulla loro situazione e mi hanno detto che non riescono piu' a gestirli, sono diventati intrattabili e fisicamente non possono fare nulla perché ormai da tempo fra scuola, sport e amici non avevano piu' contatti col paese.
      Tutto qui.
      Sinceramente credo che io sarei letteralmente impazzito.
      E questo vale per me, poi ognuno ha il suo posto dove riesce a vivere bene. Per quanto mi riguarda non potro' mai piu' tornare a vivere in un paesino come il mio. Sai cosa mi manca del mio paesino super industriale? Le fabbriche aperte e quelle chiuse, i piccoli capannoni degli artigiani, i camion sulla strada principale, gli operai, gli elettricisti, le ciminiere. Lo so, sono un po' matto ma quando ero un ragazzino o scappavo in biciletta lontano verso i laghetti della zona oppure facevo il giro del paese costeggiando tutte le fabbriche e spiandoci dentro.

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  2. 𝐸𝑐𝑐𝑜, 𝑖𝑜 𝑠𝑒 𝑓𝑜𝑠𝑠𝑖 𝑢𝑛 𝑟𝑎𝑔𝑎𝑧𝑧𝑖𝑛𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑟𝑖𝑢𝑠𝑐𝑖𝑟𝑒𝑖 𝑚𝑎𝑖 𝑎 𝑣𝑖𝑣𝑒𝑟𝑒 𝑖𝑛 𝑢𝑛 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑔𝑒𝑛𝑒𝑟𝑒.
    Selvatico e ribelle com'ero, sarei impazzito pure io. Sono anche troppo bravi e pazienti i ragazzi di oggi.

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    1. Abbiamo la stessa indole Lucien. Pensare che un ragazzino non possa uscire dal proprio paesino "senza una valida motivazione" mi fa star male. Chissà quante multe avrebbero dovuto pagare i miei genitori.....

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  3. Io, com'è come non è, mi sono rivista negli occhi e nelle parole di uno dei ragazzini delle "mie" medie, quelle dove sto lavorando. Lui voleva rimanere a casa. Lui in classe parla con tutti poco, e appena può sgattaiola a parlare con noi bidelli. Lo sgridano anche, senza chiedersi come mai un bimbo così chiacchierone non ha voglia di stare coi suoi compagni. Non sono mai stata granché socievole, non so se alle medie avrei sofferto molto nello stare a casa... Anzi. Col tempo mi sono ammorbidita, sì, se penso al liceo un anno in stand by mi avrebbe fatto perdere molte sfumature di quella età particolare.

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    1. Non ho mai amato andare a scuola e sono da sempre una persona molto molto schiva e solitaria e trascorro ancora oggi molto tempo in casa a leggere ma ho sempre vissuto come una gabbia sia la mia famiglia che il paesino dove vivevo. Non ho mai avuto amici nel mio paesino, solo e semplici compagni di scuola e di squadra di calcio e mi ha sempre messo ansia e disgusto entrare nei baretti o nei negozietti del mio paese. Salire sul treno mi permise di aprirmi, di scoprire e farmi scoprire e di cominciare a mettere le basi per potermene andare. Ma la depressione me la porto sempre dietro.

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  4. Se ripenso agli anni di scuola a Lecco, uno dei ricordi più pregnanti sono i viaggi in treno. Mentre in classe eri obbligata a relazionarti con persone e fare cose e ascoltare lezioni che non ti interessavano, in treno ti riappropriavi del tuo libero arbitrio: scegliere con chi stare, parlare o stare zitta ... quello che mi piaceva di più fare era guardare fuori dal finestrino e, nel viaggio di ritorno, sonnecchiare tra un raggio di sole e l'altro, cullata da quella bella ninna nanna che è lo sferragliare del treno e il rassicurante movimento ondulatorio dello stesso.

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    1. Ciao Silvia, la penso come te. Raggiungere Lecco col mitico Besanino a nafta è stato fantastico e ancora oggi adoro viaggiare in treno. Che scuola hai frequentato a Lecco?

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  5. Risposte
    1. Grande. Da lì sono uscite persone splendide che mi hanno voluto tanto bene

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  6. Alle magistrali ai miei tempi insegnò un prof eccezionale, Salvatore Giujusa.
    E tu che scuola frequentasti?

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    1. Ciao, ho frequentato lo Scientifico nel Collegio Alessandro Volta. Non ho mai capito perché i miei genitori mi ci mandarono. Ricordo ancora lo sguardo di schifo verso la nostra Uno grigia. Ma rifarei tutto da capo.

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