"La Svizzera. Il Paese più felice del mondo" di François Garçon (Armando Dadò editore, traduzione di Christine Fornera Wuthier)
Sono legato da sempre alla Svizzera. Sono cresciuto a venticinque chilometri dal confine di Chiasso e per tanti anni è stato abituale accompagnare mio padre quando superava la dogana per fare benzina o per portarci a Campione d'Italia o Lugano per fare scorta di sigarette, cioccolato, dadi, cartoline. Tante volte da Chiavenna o salendo da Tirano siamo andati a St Moritz o Davos. Trascorremmo anche qualche giorno di vacanza visitando il Liechtenstein, salendo fino a Zurigo, le cascate dello Sciaffusa e sulla via del ritorno una spruzzata di neve sul Gottardo e ricordo ancora di quella vacanza un bar di Coira con una gentilissima cameriera italian. Con gli anni poi ho imparato a conoscerla anche da un punto di vista letterario, culturale, musicale e me ne sono letteralmente innamorato. Il mio amore per il federalismo e Carlo Cattaneo mi ha portato poi necessariamente a interessarmi della Svizzera e molte volte ho il sogno irrealizzabile che le province di Lecco, Sondrio, Varese, Como diventino nuovi cantoni della Svizzera. Alla fine poi in Svizzera ci sono finito per amore e lavoro e grazie alla Svizzera, al Cinema e alle persone che ho conosciuto a Lugano sono riuscito a rifarmi una vita e a lasciarmi alle spalle una parte della mia vita che mi stava soffocando e ho cominciato a vivere questo Stato dall'interno. Come tutti i paesi/nazionalità vive di una interminabile serie di insopportabili stereotipi mentre invece la Svizzera nasconde un sacco di sorprese, qualità e, visto che nessuno è perfetto, anche tanti difetti. Sicuramente adoro il suo sistema politico improntato sul federalismo, con uno Stato molto leggero e la pratica del referendum su tutti i temi, i suoi aiuti sociali (l'aiuto economico/sociale che ricevono in Svizzera le famiglie con figli è qualcosa che le famiglie italiane si sognano), il mondo del lavoro è decisamente migliore di quello italiano (la disoccupazione funziona molto bene anche se è severissima) ma soprattutto ho imparato ad apprezzare, da esterno, il suo sistema scolastico (ma questo vale che nel mondo lavorativo) e permette la possibilità di una continua riqualifica e vede nell'apprendistato uno dei suoi cardini fondamentali. Non l'apprendistato in sala italiana che non funziona ma un percorso serio di formazione che comincia subito dopo le medie e che si fonda su un virtuoso rapporto fra scuola e lavoro e sarebbe bene che prima o poi la scuola italiana si decisa a guardare con meno spocchia e maggiore curiosità ai sistemi scolastici svizzero e tedesco perché porterebbe tanti benefici prima di tutto agli studenti e alle loro famiglie.
Ho scritto queste due righe perché in questi giorni ho letto “La Svizzera. Il Paese più felice del mondo” di François Garçon (Armando Dadò editore, con l'opportuna introduzione di Mauro Baranzini, traduzione di Christine Fornera Wuthier), il primo di una lunga serie di saggi sulla Svizzera (ma ci sono anche romanzi, soprattutto di Glauser) e, sebbene sia già un po' invecchiato su alcuni temi (il saggio è del 2016 e per esempio sono arrivati il Covid e il salario minimo e le questioni ambientali sono entrate stabilmente a far parte del dibattito politico), ci ho trovato tanti spunti di riflessione, grazie anche a uno stile molto agile e che non annoia mai, e ancora oggi non lo so se veramente la Svizzera è il Paese più felice al mondo ma sicuramente è uno Stato che prima di essere attaccato o ridotto semplicemente a cioccolato, fondue, banchieri, Heidi e le sue caprette andrebbe invece conosciuto e studiato nella sua complessità (c'è una vita culturale in Svizzera che è veramente incredibile) per capire cosa si potrebbe imparare su temi come Federalismo, Referendum, Fiscalità, Scuola e mondo del lavoro.
“Nella teoria liberale, qualsiasi autorità deve rimanere sussidiaria, altrimenti detto, “essere interpellata solamente quale sostegno all'autorità che ciascuna esercità da sé. La sussidiarietà, prima di essere un principio di distribuzione delle competenze, è concepita come principio il cui scopo è il rispetto dei diritti individuali e comporta, di conseguenza, una logica di regressione del potere politico rispetto alla società civile”. Una società giusta e ben gestita conferisce agli individui poteri decisionali che in altri sistemi sarebbe loro preclusi. Perché confidare al livello superiore ciò che può essere risolto meglio, a minor costo e più rapidamente a un livello più basso? È questa la sussiarietà. Essa riduce i gradini gerarchici e i sovraccosti legati allo sterile accumulo di istanze di decisione. A proposito di sussidiarietà e dell'assegnazione ed esecuzione dei compiti statali, l'articolo 43 della Costituzione elvetica stabilisce chiaramente che “la Confederazione assume unicamente i compiti che superano le capacità dei cantoni o che esigono da parte sua un disciplinamento uniforme”. Quando il lubrificante della sussidiarietà permea tutti gli incarichi statali, i costi dell'intervento pubblico sono più contenuti, la sua reattività migliore e la sua efficacia superiore. Agli antipodi di questo principio di governo troviamo l'esercito di Franceschiello in cui si accalcano i dirigenti, tutti alla pari e tutti decorati delle stesso gallone e paralizzati dalla paura dell'idea di dover prendere una decisione, perciò sempre differita.” (pp. 131-132)
Sempre per Dadò rinnovo l'invito a leggere “Liberalismo” di Natalia Ferrara (uno dei miei libri del 2020), politica del PLR che apprezzo molto e che avrei sognato come presidente della sezione ticinese ma al suo posto è stato letto Alessandro Speziali. Spero prima o poi di poter organizzare un'intervista con lei.
Mi fai conoscere, da fonte fidata, un lato diverso della Svizzera. Confesso che io cred(ev)o abbastanza ai pregiudizi. Ho conosciuto qualche svizzero tremendo e mi alimentato questo malpensiero nei confronti di questo popolo.
RispondiEliminaFacile pensarlo, tutti viviamo insomma un po' di pregiudizi e spesso sono solo cazzate. X dirti, io poi adoro gli inglesi.
Eliminae aggiungo che, ma non accadrà mai, appena ne avessi la possibilità prenderei la cittadinanza svizzera
Eliminaamo la svizzera ma questo già lo sai, e sai anche che non appena varca il confine italo-svizzero mio marito sostiene che gli si aprano i polmoni. lui ci andrebbe anche per una gita in giornata, io invece non amo stare ore in auto. il libro quindi me lo segno, in coda a quelli che sto leggendo per lavoro.
RispondiEliminaLo so, condividiamo lo stesso amore. Quest'estate ho scoperto un po' l'Oberland bernese con le bellissime gole dell'Aare e anche alcune zone verso La Chaux-de-Fonds dove invece ero stato per questioni legate al cinema. Ma tu cosa fai di lavoro?
EliminaMi occupo di inserimento lavorativo disabili;
EliminaRicordo una mini vacanza a interlaken, in campeggio, con i marmocchi e La jungfrai che ci osservava con quel suo profilo severo.
Posto di sciuri, ma bellissimi ricordi.
Capisco bene, per un italiano puo' essere davvero uno shock venire in Svizzera. Anche per me che lavoro qui non è semplice andare in questi posti, che tra l'altro sono anche parecchio in crisi a causa di questa situazione. Ho lavorato per tanti anni in una cooperativa per disabili e ho conosciuto persone come te che collaboravano con noi cercando di trovare il percorso giusto (diciamo che da noi si formavano, una sorta di luogo ponte) per un eventuale inserimento lavorativo. In particolare sono felice per il mio amico Fabio, che ha tutta una storia particolare e dolorosa, che dopo la Cooperativa fu inserito in una industria metalmeccanica in produzione e dopo tanti è ancora li', che lavora e si è inserito perfettamente fra gli operai.
EliminaPurtroppo, sovente la persona con disabilità non ha vita sociale, quindi l'ambiente di lavoro diventa l'unico spazio di socializzazione.
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