"30 aprile 1993 Bettino Craxi. L'ultimo giorno di una Repubblica e la fine della politica" di Filippo Facci (Marsilio Editori) + Sergio Moroni
L'ho letto tutto d'un fiato "30 aprile 1993 Bettino Craxi L'ultimo giorno di una Repubblica e la fine della politica" di Filippo Facci (Marsilio Editori) e in alcune parti mi sono pure commosso. Avevo 14 anni ma visto che nella mia famiglia si è sempre respirata tantissima politica (un ramo della mia famiglia paterna è sempre stato socialista e ancora oggi mia zia Angelina, 90 anni, vota ancora Partito Socialista Italiano) sapevo bene cosa stesse accadendo in Italia e non solo, sapevo quanto ormai la nostra Repubblica fosse arrivata a un punto di non arrivo di sfascio politico, morale, economico, che l'intreccio perverso fra politica ed economia era ormai qualcosa impossibile da sostenere (potrei far parlare mio padre, mio zio e i miei parenti sull'intreccio perversa fra industriali/partiti/sindacati/amministratori locali), che il contesto internazionale era radicalmente cambiato ma sin dall'inizio di Tangentopoli provai repulsione per i titoli di giornale, per i giustizialisti, per gli avvisi di garanzia usati come forche, per i forcaioli, per quelli che sventolavano cappi, per il Pool di Milano, per le manette esibite, per Di Pietro, per Paolo Brosio, per le dirette di Emilio Fede, per i lanciatori di monetine, per i fascisti, per Leoluca Orlando, per i programmi di Funari e Lerner e per tutto ciò che ne è conseguito e che vediamo anche oggi e che fa la fortuna di partiti politici, giornali, televisioni, social.
Posso solo ringraziare Filippo Facci per aver ricostruito splendidamente il clima barbaro e becero di quei giorni, i titoli di giornali, le dichiarazioni dei politici, per aver ricordato un'epoca, certo piena di contraddizioni e ombre e scandali, ma dove ancora esisteva la Politica.
Un estratto:
"Il linciaggio di un uomo politico come Bettino Craxi, in un paese come l'Italia, suonò invece da autoassoluzione di massa per milioni di mandanti che per generazioni avevano potuto votare, accettare, legittimare, e che ora volevano bruciare anche i loro vizi nazionali, le elargizioni a pioggi, il debito morale e pubblico - poi attribuito a Craxi - e insomma, ciò che l'Italietta compromissoria aveva accumulato nei decenni. "Vogliono il rogo, non un processo", dirà Craxi. Chi era senza peccato scagliò la prima moneta di infinite. Qualcosa cambiò per sempre. Ciò che venne dopo non fu più politica: furono le forme della sua assenza. La tecnocrazia. L'illusione della società civile. La pan-penalizzazione integrale del vivere quotidiano. Il neopopulismo. Persino una medicalizzazione coattiva della cittadinanza, con un netto restringimento delle libertà costituzionali: qualcosa che è ben lungi dal vedere la fine - mentre scriviamo - ma che ha messo ancor più fuori gioco, se possibile, i partiti intesi come rappresentanti della fisiologia democratica. Le piazze, in futuro, non avrebbero più avuto neppure le monetine da tirare, e non solo per un indubbio impoverimento del paese, ma perché le piazze sarebbero diventate virtuali, e l'odio e l'invidia sociale, avrebbero nascosto la mano nella solitudine domestica: la famosa folla solitaria. Doveva comunque succedere, probabilmente: il mondo è cambiato dappertutto. Ma solo da da noi è cambito in questo modo, con una cosiddetta "rivoluzione" a fare da abbrivio. Di tutte le profezie attribuite a Bettino Craxi, forse la più trascurata è contenuta proprio nel suo discorso alla Camera del 29 aprile 1993, giorno precedente alla scena del Raphael:
"Una rivoluzione: così sono stati definiti e così molti concepiscono gli avvenimenti di casa nostra. Può darsi. Però allora e bene essere consapevoli che una rivoluzione è di per sé sempre una grande incognita e una grande avventura. Ma, soprattutto, una rivoluzione senza un ceto organico di rivoluzionari è destinata solo a distruggere e a preparare un fallimento certo. C'è stata violenza nell'uso del potere giudiziario, nell'uso dei sempre più potenti mezzi di comunicazione. C'è stato un eccesso di violenza nella polemica politica, nella critica, nel linguaggio e nei comportamenti. E la violenza non può far altro che generare violenza nei giudizi, nei sentimenti, nelle passioni, negli animi." (pp. 9-10)
Tra l'altro proprio oggi ci sarà questo evento:
E voglio chiudere con uno spunto anche personale di cui avevo già parlato nel mio blog. Parlai molto con mio zio Antonio, morto nel 1997 e consulente del lavoro e socialista/repubblicano, di queste questioni e lui mi diceva: Questi son tutti una massa di ipocriti, in particolare quelli che da un giorno all'altro non si sono più chiamati comunisti e la gente Andrea, gli industriali, gli statali... megli lasciar perdere. E fu lui a parlarmi di quanto accaduto a Sergio Moroni, del suo suicidio.
E ripropongo questa splendida lettera di Sergio Moroni e sempre ringrazierò sua figlia Chiara (peccato che abbia abbandonato la vita politica) per la sua battaglia di giustizia, verità e libertà.
"Egregio Signor Presidente,
La politica nazionale fa schifo da decenni. Rivoltare tutto su un uomo solo ha fatto comodo a tantissimi, molti dei quali ancora bazzicano e devastano l'ambiente. Ma da qui a rivalutare Bettino o anche solo a difenderlo, ci corre davvero molto, a mio avviso. Prima dell'eccesso giudiziario, c'era stato un altro eccesso, che stava divenendo incredibile, vergognosa, normalità .
RispondiEliminaCerto ma si è voluto risolvere un problema strutturale, figlio anche della fine dei blocchi, con una serie d'inchieste spettacolarei che per certi versi io giudico anche pretestuose e fumose. Craxi è figlio anche di quell'epoca e trovare una via alternativa al blocco comunista e a quello democristiano non era semplice in Italia. Commise un sacco di errori sicuramente ma credo che bisogna inserirli nel contesto storico ma credo anche che la sua idea di andare verso il Presidenzialismo, di trasformare la Costituzione, eliminare il bicameralismo perfetto e credo che abbia avuto ragione col taglio della scala mobile che fu un'idea spinta, e mi piace ricordarlo, da Ezio Tarantelli che per questo venne poi ucciso dalle Brigate Rosse. Poi certo il sistema era marcio ma vuoi mettere la classe politica di allora con quella attuale. A me è capitato di frequentare da piccolo le sedi del Partito Socialista e di incrociare anche alcune persone che scrivevano sull'Avanti e su Mondo operaio e alcune poi le ho conosciute invecchiando e insomma c'è un abisso. C'erano le scuole di formazione, tanta cultura. Tutto quel mondo è stato spazzato via. Nei giorni scorsi mi è capitato di accendere la tv e c'erano politici di governo e opposizione e poi Cirino Pomicino (.............) e porca miseria la differenza di spessore culturale, preparazione e visione d'insieme fra lui e il resto della combriccola era quasi esasperante. Gli altri non sapevano quasi rispondere alle domande che ponevano.
EliminaComunque ho vissuto quegli anni da ragazzino e ho maturato proprio allora la mia lontananza da una certa forma di giustizia, informazione, giornalismo, televisione che ormai sono diventate la normalità.