"Decameron Project. Ventinove racconti dellla pandemia selezionati dagli editore del New York Times Magazine" (NNE Editore) e il mio anno di Covid

 

Non è molto facile per un innamorato come me di racconti trovare nuove e interessanti raccolte in libreria e in biblioteca e per questo motivo mi sono dovuto accontentare di leggere in questo giorno di Pasqua "Decameron Project. Ventinove racconti dellla pandemia selezionati dagli editore del New York Times Magazine" (NNE Editore). Ho scritto accontentare perché la raccolta mi ha soddisfatto molto parzialmente. Tra l'altro sono racconti che sono stati scritti durante e dopo il primo lockdown mentre arrivati ad aprile 2021 non sembra che a breve non ne usciremo veramente e i lockdown, morti, lacrime, misure liberticide, ospedali pieni, strategie fallimentari proseguono imperterriti. Quelli che ho preferito sono "Riconoscimento" di Victor Lavalle (traduzione di Katia Bagnoli) ambientato in un palazzo che si svuota durante il Covid e che racconta di un'amicizia fra due solitudini, "Un cielo così azzurro" di Mona Awad (traduzione di Gaja Cenciarelli) con una donna che vive il suo compleanno di dolore e rinascita, "Appunti clinici" di Liz Moore (traduzione di Ada Arduini) che racconta splendidamente di come questa pandemia sia entrata in tante famiglie riempiendole di paure aggiuntive e "La cantina" di Dina Nayeri (traduzione di Velia Februari) con una famiglia iraniana che vivendo l'inizio del lockdwon a Parigi ricordano la propria giovinezza durante il conflitto con l'Iraq. Il resto, salvo alcuni passaggi, mi ha lasciato quasi indifferente.

A lettura ultimata ho riguardato il primo quaderno degli appunti e dei pensieri sparsi. Ci sono alcune pagine relative proprio a quest'anno segnato dal Covid. 

E quest'anno, fra le mille cose, è stato segnato:

- da un primo lockdown in casa con mio padre che è stata un'esperienza utile ma anche distruttiva, frustrante e che ha riaperto vecchie ferite

- da parenti e tante persone che conoscevo che hanno perso la vita per il Covid e anche mio cognato per poco non ci ha lasciato la pelle pure lui. A una di queste persone, Dario, avevo promesso, poco prima che tutto chiudesse, che gli avrei portato dei dadi Knorr dalla Svizzera. Mi voleva tanto bene e mi piaceva tantissimo parlare con lui di Svizzera e mia madre. Se n'è andato in due giorni. Eva, mia cugina suora missionaria che per anni è stata in Congo e malata di tumore, sta combattendo contro il Covid proprio in questi giorni e la sua vita è appesa a un filo

- dalla crisi del cinema dove lavoro, il licenziamento di tanti colleghi e la perdita in un anno della metà dei soldi guadagnati l'anno scorso con conseguente blocco e cancellazione di alcuni progetti e proposte di lavoro...

- dalla depressione che è tornata a farsi sentire violentemente 

- dalla lontananza da Milano 

E molto altro.

Conosco persone che sostanzialmente sono andate avanti come sempre, che hanno lavorato, che non hanno perso soldi, che non sono state toccate da lutti.

Per me è stato un anno durissimo e nemmeno i prossimi mesi saranno semplici.

 

 

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