"Il collegio" di Tana French (Einaudi, traduzione di Alfredo Colitto) + Boygenius
Ieri, aspettando la pioggia e con la gatta addormentata accanto a me sulla scrivania, ho letto tutto "Il collegio" di Tana French (Einaudi, traduzione di Alfredo Colitto). Un bel mattone di 650 pagine (una sfrangiatina di un duecento pagine sarebbe stata forse necessaria ) ma ieri non avevo voglia di fare altro che leggere e sperimentare piatti vegani quando è stata ora di pranzo.
Sinceramente ho trovato questo romanzo un'occasione persa perché la parte migliore non è per niente l'indagine per stabilire la verità (confesso di aver azzeccato la responsabile abbastanza facilmente) a proposito dell'omicidio di uno studente trovato morto con la testa fracassata nel parco di un collegio femminile d'elite a Dublino, anche se i dialoghi, in particolare quelli degli interrogatori alle otto studentesse sospettate, sono scritti benissimo, ma quella relativa alla vita nel collegio coi drammi, le ripicche, la violenza, i sogni, i segreti inconfessabili, le rivalità, la quotidianità delle stanze in condivisione, i primi amori, le famiglie lontane da non deludere mai, i corpi che cambiano, i pomeriggi liberi davanti a un centro commerciale che Tana French tratteggia meravigliosamente restituendo al lettore il microcosmo, pieno di ombre e contraddizioni, di un Collegio femminile e l'incanto e i drammi di quell'età feroce, bellissima, violenta e indimenticabile che è l'adolescenza.
Ho trascorso cinque anni, non da interno perché l'internato era stato cancellato da qualche tempo, in un Collegio per "ricchi" che andava dalle elementari al Liceo. Il 90 per cento dei miei compagni e compagne e degli studenti del Collegio appartenevano al ceto alto borghese e industriale della zona e si conoscevano e frequentavano da sempre. Non fu semplice inserirsi e scoprii subito che l'ambiente del Collegio era decisamente diverso sia dalle medie che avevo frequentato sia dal classico statale di mia sorella e dal resto delle scuole pubbliche frequentate da amici e amiche. Era ed è un luogo diverso (basta entrarci una volta e capire che l'atmosfera è diversa), apparentemente perfetto ma pieno di contraddizioni, zone buie, meschinità, rivalità sotterranee ma soprattutto tantissime fragilità da nascondere per non farsi prendere per il culo e non dimostrarsi inferiori rispetto a sorelle, fratelli e genitori che avevano frequentato precedentemente il Collegio e non meritevoli dell'ambiente a cui appartenevano sin dalla nascita. Non sono stati anni facili, anzi davvero durissimi, per alcuni miei compagni e compagne semplicemente non sono mai esistito visto da dove arrivavo (ero un semi proletario, vestito male, senza soldi e che non sapeva sciare), altri e altre li ho conquistati e mi hanno conquistato negli anni, da tutti i professori e professoresse ho ricevuto tantissimo. Ancora oggi se cammino per Lecco è e sarà sempre un piacere stringere la mano al figlio di un industriale che ha trovato la sua strada dopo tante peripezie, di un avvocato che ha amato i miei libri, di un'avvocata dalla quale mi farei difendere subito, della donna di CL che anche dopo tanti mi dicono che sia ancora bellissima, del figlio di baristi che si è buttato in politica.
Un giorno mi piacerebbe scriverne.
Chissà...
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