"Bye bye vitamine!" di Rachel Khong (NNE, traduzione di Silvia Rota Sperti)
Ci vuole una grande delicatezza a raccontare di un padre ai primi stadi dell'Alzheimer. Raccontare per un anno in forma diaristica. E raccontare quando sei appena uscita piena di ferite e dubbi da una relazione sentimentale. E raccontare quando molli la tua casa e per un anno ti trasferisci nella casa della tua famiglia, insieme a tuo padre e a tua madre che è distrutta dalla situazione. E raccontare di una vita quotidiana scandita dagli incontri con vecchi amici e amiche, da tutti quei rituali che contraddistinguono le giornate di chi vorrebbe prendersi cura dei propri cari malati e trovare la soluzione a quella malattia, la cura che possa riportare indietro le lancette del tempo, il piatto pieno di sostanze miracolose capaci di restituirgli il cervello perduto (magari evitando l'alluminio e riempirsi di vitamine e magari meduse). E raccontare di un padre che non è stato uno stinco di santo, che è stato un alcolizzato, che ha tradito tua madre anche poco prima di ammalarsi, che è un uomo pieno di sè, narcisista, prepotente, devoto alla sua carriera da insegnante (il posto l'ha perso e la figlia e gli ex allievi s'inventeranno un corso fantasma per tornare a farlo insegnare) ma che ti dona un taccuino dove ha segnato tutti i momenti più belli di quando eri bambina. E raccontare di come lui comincia a dimenticare le parole, a confondersi, a vagare nudo per le strade del quartiere, a farsi travolgere da attacchi di rabbia che lo portano a distruggere tutto ciò che trova a portata di mano. E raccontare di quei momenti di felicità familiare che sbocciano all'improvviso, delle risate che non si possono trattenere, dei piccoli gesti di amore che possono cancellare, almeno per qualche, tutto il dolore passato e la morte che sta arrivando.
Ecco, Rachel Khong ci è riuscita perfettamente nel bellissimo romanzo d'esordio “Bye bye vitamine” (NNE, traduzione di Silvia Rota Sperti), senza mai cedere al sentimentalismo spiccio o alla tragedia ricattatoria fatta olo di pagine nere e tonnellate di sfighe e riuscendo, con delicatezza e una cura meravigliosa dei tempi narrativi, a dare voce a una figlia colma di amore e dubbi sulla propria esistenza che osservando il padre spegnersi lentamente decide di condividere con lui gli ultimi suoi mesi di opaca lucidità, di assorbire le sue emozioni e il suo affetto, di conservare il passato e vivere il presente a un passo da un futuro senza più quella sua voce, quel suo corpo, quei suoi abbracci, quelle sue lacrime, quelle sue menzogne, quei ricordi.
Deve essere bello, e poi mi piacciono i diari. Ne ho letto uno nel fine settimana, le api d'inverno. Bello.
RispondiEliminaè un romanzo di una delicatezza incredibile nel descrivere la malattia di un padre vissuta attraverso gli occhi di una figlia
EliminaBene vedo se lo trovo in biblioteca
Eliminami farai sapere
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