"La Ragazza A" di Abigail Dean (Einaudi, traduzione di Manuela Francescon) e no, non mi piace Vasco Brondi

 

Mi stuzzicava l'idea di leggere “La Ragazza A” di Abigail Dean (Einaudi, traduzione di ManuelaFrancescon) perché volevo scoprire come l'autrice fosse riuscita a descrivere il dramma di una ragazza sopravvissuta, insieme ai suoi fratelli, a un'infanzia/giovinezza vissuta (e l'unica a riuscire a scappare riuscendo così a mettere fine ad anni di sofferenze) prigioniera in una famiglia/casa degli orrori come molte di quelle che abbiamo conosciuto in questi anni (vi ricordate Natascha Kampusch?), con due genitori disperati e invasati di religione e teorie educative folli disposti a legare i figli a letto, a fargli abbandonare la scuola e a vivere in mezzo all'immondizia pur di proteggerli da un mondo pieno di contaminazioni e invece mi sono ritrovato a leggere un romanzo che mi ha ricordato alcune puntate di Criminal Minds (e non mi vergogno nel dire che durante la lettura ho pensato che la famosa serie statunitense fosse decisamente superiore a “La Ragazza A”), con quelle atmosfere pesanti ma patinate e ben confezionate per soddisfare l'appetito di un pubblico morboso (e anche desideroso di intrecci sentimentali e attori e attrici superfighi) e non sono mai riuscito a empatizzare con la protagonista e voce narrante Lex che, dopo la morte in carcere della madre (il padre si era avvelenato prima dell'arrivo della polizia), si ritrova a dover incontrare i fratelli e le sorelle, tutti adottati da famiglie diverse, per capire cosa fare dell'ultima casa di famiglia e della piccola eredità di cui sono entrati in passato.

L'incrocio fra passato e presente non ha nulla di particolarmente nuovo e anche il lento disvelamento di ciò che è accaduto a questa famiglia e dentro a quella casa è macchinoso, fin troppo esplicativo e per niente angosciante, appassionante e non riesce mai a turbare, commuovere, affascinare nemmeno quando mostra per esempio le ferite nell'anima dei due fratelli, Ethan e Gabriel. Tutto appare fin troppo ben confezionato, levigato, ogni passaggio è costruito per non accendersi mai, per non deflagrare in faccia al lettore conducendolo in territori inesplorati .

L'autrice mi ha convinto poco anche nella costruzione letteraria della protagonista ormai divenuta adulta e dei suoi fratelli e sorelle (il personaggio migliore di tutto il romanzo è quello di Delilah che non ha mai rinnegato il suo amore per i genitori e vive da anni nell'ambiguità) e solo nel finale riesce a far sentire al lettore tutto il peso dell'orrore vissuto, delle bugie che Lex e i suoi fratelli e sorelle sopravvissuti si sono dovuti inventare per non crollare definitivamente e riuscire mantenere un briciolo di speranza, di un passato che non sembra mai andarsene e che ha lasciato ferite che non cessano mai di sanguinare e distruggere ogni possibilità di tornare alla vita. 

Un'opera che, duole dirlo, diverrà presto una serie tv e per come è stata scritta era ovvio che ciò accadesse. 

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E cosa leggo oggi al lago? Comincio unsaggio di Giulio Meotti che dopo mesi e mesi di attesa son riuscito a prendere in prestito in biblioteca:

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In questi giorni un paio di persone mi hanno fatto una testa grande come una casa con l'ultimo disco di Vasco Brondi, parlandomene benissimo. Per tenerle buone ho provato ad ascoltare qualche pezzo e ho mollato subito. Li ho trovati insopportabili. Una lagna indigeribile. Nei suoi primi dischi c'erano delle canzoni anche interessanti ma sulla lunga distanza non l'ho mai retto e sono andato a riascoltare anche quelle e non ce l'ho fatta a proseguire nell'ascolto. Adesso ha sta posa del mezzo guru, vate, cantautore che proprio non sopporto.

Stessa cosa vale per Zerocalcare. Mi dispiace, non ce l'ho faccio. Mi annoia tantissimo.

Meglio i The Go-Beetwens:

 





Commenti

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. La penso come te su Vasco Brondi. L'ultimo ho provato ad ascoltarlo ma è veramente insopportabile. Però fa figo, fa alternativo, fa intellettuale, ti fa "quello che capisce le cose che gli altri manco vedono..."
    Zerocalcare invece lo trovo un grande artista, non sono un suo hooligan ma riconosco l'enorme talento.

    Non c'entra una mazza ma sti ultimi giorni ho visto 2 film svizzeri che mi sono piaciuti e t'ho pensato. Sono; Love me Tender, e Il Demolitore di Camper.

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    1. Ciao Simone, guarda mi è capitato anche di leggere una sua intervista e cazzo non mi sembra proprio che sia il nuovo De Andrè o nemmeno qualcosa di punk. Su Zerocalcare diciamo che anche per me ha tantissimo talento ma non ci riesco proprio a leggerlo... comincio e poi mi annoio. Come magari, salvo un paio di film, mi accade con Kubrick. So che è un grandissimo regista ma non è nelle mie corde.

      I due film svizzeri sono molto belli. Dove li hai recuperati? Online?

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    2. L'arte è molto spesso una questione di corde...

      Il Demolitore l'ho trovato on line, mentre Love me tender su AmazonPrime. Mi colpì la magnifica locandina, poi la trama m'intrigava molto. Nel cinema (come un po' in tutto in verità) mi piace che la ricerca parta da me. Mi piace scavare, spulciare, farsi chiamare dai film, come si faceva una volta senza tutte ste cazzo di piattaforme che ti propinano quello che loro vogliono. Ma questo è un altro discorso. Due bei film cmq. Come magnifico anche quello di Cognetti che non ho perso al cinema.

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    3. Quello di Cognetti vorrei vederlo anche io. Quei due film svizzeri sono bellissimi sul grande schermo e quella locandina madonnia mia quanto mi gira i coglioni che una mia ex collega me l'ha scippata...

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