NESSUNO TOCCHI CAINO - BATTISTI PRENDA ESEMPIO DA PANNELLA: UNA BATTAGLIA NON VIOLENTA NON PUÒ ESSERE FINO ALLA MORTE

NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS

Anno 21 - n. 26 - 26-06-2021

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : BATTISTI PRENDA ESEMPIO DA PANNELLA: UNA BATTAGLIA NON VIOLENTA NON PUÒ ESSERE FINO ALLA MORTE
2.  NEWS FLASH: COMUNICATO STAMPA DI NESSUNO TOCCHI CAINO SU AMBROGIO CRESPI
3.  NEWS FLASH: PENA DI MORTE, BIDEN TENTENNA: ‘IO DICO NO, MA SE INSISTETE…’
4.  NEWS FLASH: YEMEN: TRE GIUSTIZIATI DAGLI HOUTHI PER STUPRO E OMICIDIO
5.  NEWS FLASH: IRAQ: 13 CONDANNE A MORTE PER TERRORISMO
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA : DESTINA IL TUO 5X1000 A NESSUNO TOCCHI CAINO


BATTISTI PRENDA ESEMPIO DA PANNELLA: UNA BATTAGLIA NON VIOLENTA NON PUÒ ESSERE FINO ALLA MORTE
Sergio D’Elia su Il Riformista del 25 giugno 2021

Ho deciso di aderire allo sciopero della fame a staffetta per Cesare Battisti promosso da Folsom Prison Blues e coordinato da Umberto Baccolo ed Elisa Torresin. Sperando – forse, contro ogni speranza – che lui cambi il segno e il senso della sua lotta. Un digiuno – per motivi politici o per motivi di salute – non può essere fatto contro qualcuno o contro qualcosa, meno che mai può essere “fino alla morte”. Quindi, aderisco per chiedere a Cesare Battisti di convertirlo in sciopero “fino alla vita”, la sua vita, la vita dei suoi carcerieri, in poche parole, la vita del diritto.
Braccato in giro per il mondo come la più grave minaccia alla pace e alla sicurezza del nostro paese. Catturato come un criminale di guerra in uno dei paradisi penali per i veri criminali di guerra. Deportato in Italia in spregio a regole e convenzioni sui diritti umani. Esposto alla gogna e al pubblico ludibrio nel passaggio coatto sotto le forche caudine di Via Arenula e del Viminale. Sottoposto al regime di isolamento in un carcere sperduto e privato dei significativi contatti umani che le Regole di Mandela considerano essenziali per evitare la tortura dei detenenti e la pazzia del detenuto. Alla fine, tolto dall’isolamento e messo in socialità – ironia della sorte o legge del contrappasso – insieme a detenuti per terrorismo di matrice islamica.
Cesare Battisti è il “tipo d’autore” perfetto per un processo in contumacia che continua anche quando la contumacia è finita. È un caso emblematico di uso integrale e spietato del “diritto penale del nemico” che ha segnato il regime di emergenza che, al di là di ogni emergenza, vige in Italia da quasi mezzo secolo. Ma, di fronte a tanta ingiustizia e inimicizia, la risposta non può essere di segno uguale e contrario: la lotta “fino alla morte” contro la morte per pena; l’arma di un corpo morto scagliato contro il nemico che lo ha sequestrato e deprivato dei più elementari sensi umani.
Il carcere è strutturalmente un luogo di pena, dolore, deprivazione. Non può essere migliorato. A voler essere umani va solo abolito. Ciò nonostante, anche – innanzitutto – in carcere, di fronte ai “cattivi” è giusto diventare “buoni”. Capire che, nel dare corpo alle idee di giustizia, di pace e di libertà, occorre operare prefigurando nell’oggi il domani che vuoi realizzare. Capire che i mezzi devono essere coerenti coi fini, che il corpo occorre darlo alla felicità, al dialogo, all’amore, alla gente e al diritto, non immolarlo, il corpo altrui e il proprio, sull’altare di un’etica del sacrificio e della morte, liberatrice e redentrice.
Fare lo sciopero della fame “fino alla morte” è l’opposto della nonviolenza, è la continuazione della violenza con altri mezzi. Non v’è coerenza, non vedo coraggio. L’unica coerenza che occorre osservare in sé ed esigere dagli altri non è quella di chi non cambia mai idea, sentimenti, comportamenti. È quella che crei e t’imponi tra mezzi e fini. L’unico coraggio che bisogna avere nella vita non è quello di combattere fino alla morte, ma quello di amare fino alla vita… anche del tuo nemico.
Così Marco Pannella interpretava lo sciopero della fame: un atto d’amore, unilaterale, gratuito, nei confronti dell’avversario, del potere dal quale esigere il rispetto, non della tua volontà, ma delle sue stesse leggi. Questa è la nonviolenza che ho capito: la forza sottile e invisibile, tagliente come la luce di un laser e dura come un filo d’acciaio, che distingue e tiene insieme, che rispetta e lega le persone più diverse. La nonviolenza è la forza del cambiamento, della coscienza, del dialogo, dell’amore, non è mai “contro” qualcosa o qualcuno, ma sempre “per” e “con”.
Quando – nel mondo che ti circonda e nel tuo mondo interiore – sembrano prevalere disperazione, indifferenza e rassegnazione, è allora che devi essere tu stesso speranza e perciò creare, anticipare la fine dell’isolamento, essere la realtà diversa che vuoi per te e per le persone che ami e ti amano.
Su questo, Ambrogio Crespi ha realizzato un’opera straordinaria, “Spes contra Spem – Liberi dentro”, che racconta il mondo carcerario dove vige ancora l’isolamento e il “fine pena mai”, il 41 bis e l’ergastolo “ostativo”. Le storie dei condannati a vita testimoniano che il carcere può annientare ma anche rigenerare, può essere un luogo e un tempo in cui ci si può perdere per sempre, ma anche il luogo e il tempo in cui è possibile ritrovarsi per sempre, rinascere a nuova vita.
Sul senso – creativo, il contrario di mortifero; religioso, l’opposto di diabolico – del digiuno, Mariateresa Di Lascia ha scritto parole bellissime che, Cesare, ti regalo. “Non si può usare in politica uno strumento come il digiuno senza avere amore per l’avversario, senza avere la consapevolezza che la crescita, se ci sarà, avverrà dentro e fuori di noi… Il successo di un digiuno in terapia come in politica è legato alla capacità di liberare la parte migliore di sé, di perdonare e di perdonarsi, di percepirsi come protagonista autentico della propria vita, in una parola: di amare”.
Per saperne di piu' : https://www.ilriformista.it/battisti-prenda-esempio-da-pannella-una-battaglia-non-violenta-non-puo-essere-fino-alla-morte-229839/

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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

COMUNICATO STAMPA DI NESSUNO TOCCHI CAINO SU AMBROGIO CRESPI
Il tribunale di sorveglianza di Milano ha disposto il differimento della pena di Ambrogio Crespi in attesa della decisione sulla istanza di grazia. Ha ordinato la sua immediata scarcerazione dopo l'udienza di ieri in cui sono intervenuti gli avvocati Simona Giannetti e Marcello Elia. Lo apprendiamo – scrive Elisabetta Zamparutti - mentre con Sergio D'Elia, Rita Bernardini e Maria Fida Moro stiamo arrivando a Milano per il laboratorio #Spescontraspem a Opera con i detenuti protagonisti del film capolavoro di Ambrogio Crespi. Credo che questo sia il modo migliore per onorare questa ordinanza espressione di quello stile e statura di giudici credibili come ha detto il Ministro Marta Cartabia nel ricordare il giudice Rosario Livatino ucciso dalla #mafia e di recente beatificato.
Per il Comitato di Nessuno tocchi Caino per Ambrogio Crespi, presieduto da Andrea Nicolosi, con Sabrina Renna segretaria e Antonio Coniglio portavoce, la decisione dei giudici milanesi è il riconoscimento dell’autenticità del modo d’essere di Ambrogio Crespi chiaramente orientato alla nonviolenza e al rispetto dei valori umani fondamentali.
(Fonte: Nessuno tocchi Caino, 23/06/2021)
Per saperne di piu' : https://www.ilriformista.it/ambrogio-crespi-scarcerato-e-un-esempio-di-lotta-alla-mafia-229436/

PENA DI MORTE, BIDEN TENTENNA: ‘IO DICO NO, MA SE INSISTETE…’
Valerio Fioravanti su Il Riformista del 25 giugno 2021

Quando Joe Biden ha prestato giuramento come 46º presidente degli Stati Uniti, gli oppositori della pena di morte avevano festeggiato. Sembrava che gli Stati Uniti avessero il loro primo presidente abolizionista. In campagna elettorale Biden aveva promesso che avrebbe fermato le esecuzioni federali, proposto una legislazione per abolire la pena di morte a livello federale, e incentivato economicamente quelli stati che avessero seguito l’esempio. Aveva riconosciuto che il sistema di pena di morte dell'America è pieno di errori e di ingiustizie. "Poiché non possiamo assicurarci che questi casi siano corretti ogni volta", aveva twittato il candidato Biden, "dobbiamo eliminare la pena di morte."
Biden è entrato in carica il 20 gennaio e durante i “primi 100 giorni”, quelli che di solito vengono utilizzati per emanare i provvedimenti impopolari in modo che l’elettorato abbia il tempo di dimenticarli prima delle elezioni successive, ha firmato decine di ordini esecutivi con cui ha oggettivamente invertito molte delle politiche dell'amministrazione Trump. Ma, ora che dall’inizio del mandato sono trascorsi 5 mesi, Biden è rimasto in silenzio sulla pena di morte. Attivisti e organizzazioni temevano che porre fine alla pena capitale non fosse più una priorità di Biden, che chiaramente rivolgeva la sua attenzione ad altre parti della sua agenda.
Ma il 14 giugno, il silenzio e l'inazione si sono conclusi con una sbalorditiva inversione di posizione. Invece di annunciare la fine dei processi capitali federali o una moratoria sulle esecuzioni federali, il Dipartimento di Giustizia ha chiesto alla Corte Suprema di “cassare” l’annullamento di una condanna a morte.
Il caso è quello di Dzhokhar Tsarnaev. Tsarnaev, ceceno di religione musulmana, non aveva compiuto 20 anni quando, nel 2013, assieme al fratello maggiore Tamerlan, poi ucciso in un conflitto a fuoco, aveva collocato una bomba lungo il percorso della maratona di Boston, uccidendo 3 persone. Gli atti di “terrorismo” sono “reati federali”, e i pubblici ministeri devono seguire, per via gerarchica esplicita, le indicazioni che arrivano dal Dipartimento di Giustizia, l’equivalente del nostro Ministero della Giustizia.
In Italia, dove i Radicali tentano per l’ennesima volta di riproporre la cosiddetta “separazione delle carriere”, che i pubblici ministeri “obbediscano” al ministro sembra una cosa sembra strana. Ma gli americani in queste cose sono logici, lineari: se la “pubblica accusa” deve essere, appunto, “pubblica”, allora è bene che rappresenti la maggioranza politica del paese (che in qualche misura risponderà delle proprie posizioni alle successive elezioni), non l’opinione di un singolo funzionario statale. Detto questo, tutto il mondo è paese, e anche negli Stati Uniti quando serve “l’indipendenza della magistratura” torna utile. Ma andiamo con ordine.
Tsarnaev venne condannato a morte nel maggio 2015, diventando il più giovane dei 46 detenuti nel braccio della morte federale.
La condanna a morte è stata annullata il 31 luglio 2020 dalla Corte d’Appello federale, che per alcuni errori procedurali, in primis non aver voluto prendere in considerazione eventuali attenuanti, aveva stabilito che nei suoi confronti fosse “sufficiente” l’ergastolo senza condizionale. Per un detenuto così giovane può voler dire 60 anni di carcere speciale, o più.
L'amministrazione Trump lo scorso autunno aveva impugnato l’annullamento, e ora che il caso è di imminente discussione, è toccato all’amministrazione Biden scrivere le motivazioni del ricorso. Il 15 giugno mattina i media “liberal” hanno riportato ampi stralci delle motivazioni, e tutti hanno commentato con estremo disappunto, alcuni con sarcasmo, che per toni, retorica, e conclusioni, le motivazioni non si distaccano minimamente da come le avrebbe fatte Trump. In serata il vice-portavoce della Casa Bianca, Andrew Bates, ha tamponato il tamponabile, o almeno ci ha provato. Ha emesso un comunicato in cui indica che in “mezza dozzina di casi” l’Amministrazione Biden ha dato mandato ai propri procuratori di ritirare le richieste di pena di morte avanzate dall’amministrazione precedente, che Biden personalmente è contrario alla pena di morte, ma nel caso Tsarnaev si è ritenuto di “rispettare l’autonomia del Dipartimento”. Va bene. Ora sappiamo che Biden è “contrario alla pena di morte, ma se gli altri insistono…”


YEMEN: TRE GIUSTIZIATI DAGLI HOUTHI PER STUPRO E OMICIDIO
Centinaia di persone si sono radunate il 16 giugno 2021 nella capitale yemenita Sanaa per assistere all'esecuzione di tre uomini: due condannati per lo stupro e omicidio di un minorenne e il terzo per gli omicidi delle sue tre figlie.
Si tratta della prima esecuzione pubblica a Sanaa dall'agosto 2018, quando i ribelli Houthi spararono a tre uomini e appesero i loro corpi a una gru per aver violentato e ucciso un bambino.
Il 16 giugno, tre prigionieri in uniformi carcerarie blu sono stati portati nella piazza centrale di Tahrir (Liberazione) dove un boia in tuta militare verde e guanti neri li ha fatti stendere a faccia in giù su un tappeto rosso prima di sparargli alla schiena con un fucile d'assalto Kalashnikov AK-47.
I ribelli sostenuti dall'Iran hanno aumento gli sforzi per combattere la criminalità nelle aree sotto il loro controllo, che includono la maggior parte del nord del Paese.
I prigionieri giustiziati il 16 giugno erano stati riconosciuti colpevoli di crimini particolarmente gravi.
Ali Abdullah al-Noami, 40 anni, era stato dichiarato colpevole di aver fatto morire le sue tre figlie in un serbatoio d'acqua dopo una lite con sua moglie, mentre Abdullah Ali al-Mukahali, 38 anni, e Mohammed Abdullah Arman, 33 anni erano stati condannati per aver stuprato e ucciso un bambino di otto anni di nome Mohammed al-Haddad.
Le esecuzioni sono avvenute davanti a una grande folla di spettatori, alcuni dei quali hanno filmato l’accaduto con i loro telefoni cellulari e videocamere.
Dopo gli spari, un medico ha rapidamente controllato ogni corpo per assicurarsi che fossero tutti morti.
I ribelli Huthi controllano la capitale Sanaa e diverse aree del nord nonostante l’intervento militare di sei anni della vicina Arabia Saudita e dei suoi alleati a sostegno del governo.
Il conflitto ha spinto il Paese sull'orlo della carestia in quella che le Nazioni Unite definiscono la peggiore crisi umanitaria del mondo.
(Fonti: AFP, Daily Star, 16/06/2021)


IRAQ: 13 CONDANNE A MORTE PER TERRORISMO
Tredici persone sono state condannate a morte in Iraq dopo aver confessato la loro appartenenza allo Stato Islamico (Isis), ha comunicato il 24 giugno 2021 il Consiglio Giudiziario Supremo.
Le tredici condanne capitali sono state emesse dal Tribunale Penale di Karkh, a Baghdad, secondo cui gli imputati avrebbero ammesso di essere implicati in attacchi terroristici avvenuti durante il Ramadan del 2019.
Il comunicato ha aggiunto che gli imputati sono stati condannati ai sensi della Legge Antiterrorismo del 2005.
Secondo l'articolo quattro della Legge, chiunque sia ritenuto colpevole di aver commesso un crimine di terrorismo viene condannato a morte, con l'ergastolo comminato a coloro che aiutano o nascondono i responsabili di atti terroristici.
Dall'ascesa dell'ISIS nel 2014, migliaia di persone sono state detenute in tutto l'Iraq per sospetti legami con gruppi terroristici, incluso l'ISIS, mentre centinaia di prigionieri sono stati giustiziati.
Sono almeno 41.049 le persone detenute in Iraq, di cui 22.380 con accuse legate al terrorismo, secondo un documento ottenuto lo scorso 17 gennaio dall’agenzia Rudaw dal Dipartimento per la Riforma del Ministero della Giustizia iracheno.
Diversi condannati per terrorismo sono stati impiccati in Iraq negli ultimi mesi.
(Fonti: Rudaw, 24/06/2021)

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