"Dada, Ascona e altri ricordi" di Friedrich Glauser (Edizioni Casagrande, traduzione di Gabriella de'Grandi, postfazione di Christa Baumberg)
“Mi pare che ci sia un'altra grande differenza tra la giovane generazione di oggi e la nostra di allora: noi non siamo mai stati soggetti all'incanto dei grandi slogan, ci divertivano, ma annusavamo la menzogna che vi nascondeva. Oggi? Pensate ai fronti e frontarelli, alle leghe e leghine giovanili. Credete che si reggano tutti su delle convinzioni? Può darsi, io non voglio sospettare nessuno. L'unione, il contatto gomito a gomito è forse bello, e se non è qualcosa di bello, è comunque comodo. Certo, lo sviluppo della nostra civiltà spinge verso l'azione di massa, la massa avrà qualcosa da dire – ma dice qualcosa, la massa? La massa dice quello che vogliono i capi. Di noi nessuno è diventato un capo anzi, uno; e la sua storia è così divertente che voglio raccontarla. C'era un baltico, un essere piccolo e miope dalle lenti spesse, lo chiamavano Feo. Era due classi prima di noi, ma dotato di un'intelligenza così acuta che lo tolleravamo. Per via di uno scandalo fu allontanato dalla “casa”. Veniva dai dintorni di Riga. Poco tempo fa un conoscente mi ha raccontato questa storia: dopo la caduta degli zar un barone baltico, il piccolo sottotenente della guardia Ungern Sternberg, fuggì in Mongolia. Si mise alla testa di alcune tribù, divenne il supremo dio della guerra, sì, dio della guerra (solo ai baltici possono venire idee simili). Non comandava né meglio né peggio di un dio, e il suo massimo piacere era quello di dare del filo da torcere ai signori della falce e martello. Finché questi si decisero, e molto prosaicamente fucilarono il supremo dio della guerra dei mongoli. Ebbene, in compagnia di questo Ungern Sternberg c'era un omino che doveva chiamarsi Feodossieff, e che doveva avere la funzione di un grande sacerdote. Si trattava del nostro Feodossieff? Se era lui, ha costitutio l'esempio più eclatante dell'individualista, l'individualista che tutt'al più può risolversi per un cameratismo a due. Dimostrando così che la pedagogia individuale dei collegi rurali era fruttuosa, anche se il frutto era alquanto singolare.” (pp 25-26)
Ogni tanto arrivano quei libri che ti risolvono le giornate, le settimane, i mesi. Funzionano come una medicina, un abbraccio, una mano tesa per rialzarti strada, un biglietto per altri mondi, uno schiaffo in pieno volto, un calcio nel culo e in questo periodo di merda con la fine del lavoro ridotto e lo stipendio ridotto al lumicino mi servono libri, dischi, film che mi diano una scossa, mi facciano sentire bene, mi offrano qualche ragione per immaginare un domani.
“Dada, Ascona e altri ricordi” di
Friedrich Glauser (Edizioni Casagrande, traduzione di Gabriella
de'Grandi, postfazione di Christa Baumberg) è proprio uno di questi
libri e il migliore in assoluto fra i titoli che ho letto dell'autore
svizzero. Un libro in cui Glauser ripercorre tutta la prima parte
della sua vita, quella insomma prima del successo ottenuto grazie al personaggio
del sergente Studer, piena di avventure, drammi, episodi
e incontri straordinari.
Mentre lo leggevo ho ripensato a Emanuel Carnevali e alla sua vita disperata fra le cucine d'America e la fine in un ospedale ma anche alle atmosfere de Alla Ricerca del tempo perduto (Proust era un autore amatissimo da Glauser) sin già della prima righe di questo libro: “La sola cosa durevole che conserviamo della nostra giovinezza sono le immagini, sopite in noi. A volte non è che un odore, una canzone, un sapore a destarle. Ma poi d'un tratto le vediamo con chiarezza quasi accecanti, incomporabilmente limpide e distinte, e solo tramite loro, tramite quelle immagini rivivono le sensazioni di un tempo. Allora è possibile che a poco a poco ci torni alla mente l'evento legato a un'imamgine, non con la stessa forza di allora, perché è stato sepolto dagli anni; eppure ci resta il ricordo del timore impaziente che avevamo provato a quel tempo. È dolce e amore, come un forte caffè turco. A volte può essere bello andare “alla ricerca del tempo perduto”), a molte pagine di Charles Bukowski e ho ripensato a come mi prendono i ricordi quando sto seduto sulla panchina o chiuso in casa, ai miei anni in collegio dove ho trovato me stesso perdendomi, ai miei amici perduti, alle cazzate che ho fatto, alle mie stupide dipendenze, ai lavori di merda che ho svolto e continuo a svolgere, a tutte le volte che lavo le pentole della macchina dei popcorn, ai cessi che ho lavato dal vomito, al mio amore assoluto per la letteratura, ai sacchi dell'immondizia, alle paghe da fame, all'ansia che mi ha sempre trasmesso la mia famiglia, al non sentirmi mai a mio agio nel mondo intellettuale, alla noia dei salotti e degli ambienti alternativi, a tutti quei tizi e tizie che parlavano di rivoluzione con la pancia piena, agli hipsters, agli alternativi e ai punk che mi hanno sempre rotto i coglioni, ai reazionari che credono ancora di poter decidere per me e a quelle persone che mi dicono “Non sembri depresso, non sembri star male perché quando racconti del cinema o del passato poi aggiungi sempre qualcosa di ironico, divertente, leggero...” ed è anche per questo che mi sono ritrovato in Glauser-
C'é tanto tantissimo dolore in questo libro eppure Glauser non te lo fa mai pesare. Lui ti parla di se stesso, non si vergogna nel mostrarti il lato positivo di persone che non avresti mai pensato che diventassero tue amiche, ti mostra il sorriso che sta vicino alla perdita di un lavoro e l'umanità degli amici che ti stanno affianco mentre stai malissimo, ti mostra quel momento in cui ti siedi al pianoforte e fai restare a bocca aperta le persone e non hai un soldo in tasca, ti trasmette la bellezza della letteratura, della poesia sbattendosene letteralmente il cazzo dei tromboni che recitano ogni giorno la parte dell'artista, del rivoluzionario, del genitore rompicazzo, del moralista.
Si sta bene e ci si commuove leggendo questo libro.
Cercatelo se vi va.
È un gioiello di pura bellezza.
Il tuo amore per il bello si esalta proprio quando sei circondato dalla miseria, lo cercherò questo dadaista ribelle - solo leggendo da te mi sconvolge la sua vita irrequieta e tosta - animato dall'amore per l'arte e per il bello ricercare con tenacia e passione, perché credo solo queste ti salvino dall'affondare e non ricercare più l'aria sopra di te.
RispondiEliminaE splendidi i Notwist in coda!
Grazie Franco. Peccato che sia morto solo a 42 anni.
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