"Il caos da cui veniamo" di Tiffany McDaniel (Atlantide, traduzione di Lucia Olivieri) + A Minor Place

 


"Non ero pronta a perdere Trustin. Volevo che fossimo ancora due bambini che mangiano il gelato insieme la domenica e che scavalcano ogni recinto per poter essere dalla nostra parte preferita dello steccato. Era così sbagliato che proprio lui tra noi dovesse trovare l amorte. Proprio lui, che era quello che meno aveva peccato. Eppure noi restavamo, diavoli viventi accanto a un angelo senza vita. Trustin non aveva gridato la prima volta che era caduto. Né la seconda. Né c'era stato nessuno che potesse farlo per lui. Eravamo tutti in acqua a giocare mentre lui moriva. Immagino fosse per questo che io e i miei fratelli non avevamo il coraggio di guardarlo. Fissavamo altrove, qualcos'altro: le fronte sulla nostra testa. Le lucciole e i loro brevi lampi. Sembrava che quegli insetti luminosi vivessero in un altro universo, mentre noi eravamo incatenati a terra. Quelle luci, un po' come nostro fratello, non ci era concesso di raggiungerl, perché troppo remote, elevate, distanti. Non tornammo mai più a nuotare nella cisterna. Nè in nessun altro posto, tutti insieme, dopo quella notte che nostro padre sollevò nostro fratello tra le braccia per portarlo via. Al suo posto, a terra, rimasero soltanto le foglie che gli avevo incolalto alle spalle. Le guardai e piansi. È così che gli angeli perdono le loro ali, pensai. È così che i ragazzini muoino in una notte d'estare, costringendo padri in lacrime a portarli a casa tra le braccia." (pp. 270-271)

Di sangue, favole, violenza, magia, letteratura, sesso, famiglie disastrate, peccato, ricordi, sassi, stelle, morte è intriso "Il caos da cui veniamo" (Atlantide, traduzione di Lucia Olivieri) in cui Tiffany McDaniel racconta la storia della madr, Betty Lou Howard, e della sua famiglia confermando ancora una volta di essere una straordinaria scrittrice, senza mezze misure e capace di osare come pochi altri e con una potenza e uno stile che ti rendono impossibile mollare la lettura. 

Una storia ambientata fra i primi anni '50 e i primi anni '70 del ventesimo secolo, a Brethead, Ohio, e grazie alla voce unica di "Bitty" ci addentriamo nelle spire di una famiglia numerosa frutto dell'unione fra un indiano che vive di lavori saltuari e con un cuore pieno di storie da raccontare e una ragazzina stuprata quotidianamente dal padre che divenuta madre alterna esplosioni di gioia a stanze piene di buio, depressione e alcolismo. Bitty è una delle piu' piccole dei fratelli, chiamata dall'amatissimo padre "Indianina", e attraverso i suoi occhi, i suoi racconti affonderemo in un mondo di povertà, di razzismo ("lo sporco indiano" che è quasi peggio di "sporco negro"), misoginia, semplicità, profondo Sud, di speranza, di luce, di voglia di abbandonare tutto: il fratello maggiore, Leland, che ha una relazione con la sorella Fraya, fino al punto di metterla incinta; Hawkthorne col talento da musicista e che cerca in tutti i modi di nascondere la propria omosessualità; l'altra sorella, Flossie, che sogna di diventare una star a Hollywood e che invece diventerà un'attrice pornografica e una tossicodipendente; il fragilissimo Trustin che ama disegnare e che non sembra destinato a superare la giovinezza e soprattuto questi due genitori, Landon e Alka, innamoratissimi ma pieni di dolore, segreti, che tradiscono e che mentono, che non hanno soldi ma che farebbero di tutto per i propri figli. 

Bitty vede, osserva tutto, ascolta, scrive, si ribella, non comprende appieno cosa accada nella sua famiglia, piange, urla, diventa complice silenziosa di orrori indicibili ma cerca sempre di non darsi per vinta, di restare pura, lottando per un futuro diverso e migliore rispetto alla quotinianità in cui è costretta a vivere e dove non sembra esistere una possibilità di riscatto.

"Sarò ricordata per quello che ho fatto. E per quello che non ho fatto. Sarò ricordata per il mio caos. Vorrei avere teorie migliori. Vorrei poter srotolare il mio personaggio, lavarlo e sbiancarlo e appenderlo ad asciugare al sole come un grande lenzuolo bianco. Ma ci sono cose da cui non è possibile lavarci." (pag. 347)

Un romanzo che ricorda una favola nera (e ovvio tutto quel filone gotico e southern) e solo grazie alla maestria dell'autrice riusciamo a non storcere il naso davanti ai troppi fatti dolorosi, alle troppe morti, alle troppe sfighe di questa famiglia e aggiungo, anche all'eccesiva lunghezza. È come se questo libro fosse una pozione magica, un filtro d'amore che ti fa precipitare in un altro mondo, ti permette di vedere qualcosa che prima non avresti mai visto. È una gigantesca splendida favola con un lieto fine doloroso che ti spezza il cuore. 

Mi ha ricordato il volto di mia madre quando mi raccontava le favole sedute affianco a me sul letto. Il volto triste, una sigaretta accesa e Hansel e Gretel (una delle favola che volevo sempre ascoltare anche se mi faceva tanta paura) che vivevano nella sua splendida voce. Io la guardavo e ogni volta mi sembrava che stesse per piangere ma io mi addormentavo e durante il sonno era come se avessi la sua mano sulla testa a proteggermi da tutti gli incubi. Non sempre quella mano riusciva a proteggermi e talvolta mi svegliavo di notte per bere qualcosa e la trovavo affacciata alla finestra del soggiorno che fumava in vestaglia mordendosi le unghie. È una delle immagini più belle e più tristi di mia madre che mi porterò sempre nel cuore.

"Mi si inginocchiò davanti. Non volevo guardare le lacrime negli occhi di mia madre, ma lei mi prese il viso con entrambe le mani costringendomi a fissarla mentre diceva: "La notte che sei nata tu, tuo padre ha contato tutte le stelle. Gli ci è voluta la notte intera, fino al mattino, ma le ha contate tutte, dalla prima all'ultima. E ha fatto la stessa cosa ogni volta che è nato uno dei tuoi fratelli e una delle tue sorelle. Se gli chiedi quante stelle c'erano in cielo la notte che è venuto alla luce Leland, ti dirà il numero esatto, aggiungendo che erano cinque in meno dalla notte in cui è nata Fraya. La notte di Hawkthorne la luna era più luminosa e si vedevano meno stelle, ma sempre più di quando è venuta alla luce Flossie, che ne ha avute meno di tutti voi. E Trustin, be', lui è nato in quella notte di stelle cadenti. Ma tu, chissà perchè.... quella notte, Bitty, c'erano più stelle di tutte. Ci sono uomini che sanno con precisione l'ammontare del proprio conto in banca. Altri ricordano quanti chilometri ha percorso la macchina e quanti ancora può farne. C'è chi sa a memoria le medie di lancio del suo giocatore di baseball preferito, o quanti soldi gli ha fregato lo zio Sam. Tuo padre non sa nessuna di queste cose. Gli unici numeri che ha in testa Landon Lazarus sono quelli delle stell che splendevano la notte che sono nati i suoi figli". Mentre le nostre lacrime cadevano ai nostri piedi, mia madre mi disse: "Non so te, ma io credo che un uomo che in testa ha i cieli stellati dei bambini che ha procreato è un uomo che merita l'amore dei figli, soprattutto quello con più stelle di tutti." (pp. 258-259)




Commenti

  1. Vorrei recuperarlo, infatti ce l'ho in lista da tanto tempo.
    Mesi fa lessi L'estate che sciolse ogni cosa e mi piacque veramente tanto.
    Non sembra, ma Tiffany McDaniel è molto letta qui in Italia.

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    1. Anche quello mi è piaciuto tanto. Mia sorella stravede x lei e mi ha detto che si sente sempre messa a nudo quando la legge.

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