I clienti del cinema che detesto + Giardini di Mirò + Sanguina ancora

 

E in questa giornata di merda che bello ascoltare un nuovo pezzo dei Giardini di Mirò

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Al cinema non lavoro quasi mai a contatto col pubblico, anche sel'ho fatto per tanti mesi in passato. Salvo giornate di particolare affluenza, anteprime, visioni mattutine, eventi mi limito a lavorare nell'ombra pulendo il cinema, preparando i popcorn, ricevendo materiale. Ma di clienti ne vedo tantissimi  comunque. Mi chiedono informazioni a cinema chiuso, li incontro nella vita di tutti i giorni e poi li incontro quando mi capita di lavorare a contatto con loro, come domenica scorsa. C'è tutta una tipologia di clienti che tendenzialmente detesto. Lo so che non dovrei scriverne ma lo faccio lo stesso. Tanto per farmi volere bene. Ecco qua sotto una lista con le tipologie clienti che non mi piacciono. Ed è una dedica a una ex collega alla quale voglio un bene dell'anima.

Ecco qui:

- le donne/ragazze che si tagliano le unghie e si spazzolano i capelli in sala
- quelli che si lamentano del prezzo del biglietto o del cibo e tu cerchi di spiegargli le ragioni dei prezzi e quelli ti danno del ladro/mafioso/capitalista/sfruttatore/venduto/mentecatto e poi piangono per le paghe da fame
- quelli che si lamentano dei prezzi dopo essere scesi dal Maserati oppure parlano delle due settimane di vacanze in Liguria o dei corsi di vela dei figli o del cibo biologico che hanno mangiato a pranzo
- quelli che si lamentano dei prezzi e poi lasciano bottiglie su bottiglie ancora intonse e gettano tutto il cibo in sala 
- molte, tantissime madri
- molte, tantissime madri che organizzano compleanni al cinema
- quelli che piangono perché non si fanno film come una volta e poi ti dicono di apprezzare i film di Albanese
- gli organizzatori di eventi che mi/ci trattano spesso come una merda assoluta
- i critici/giornalisti che sono pieni di spocchia e ci trattano con una sufficienza da vomito
- gli ex colleghi e le ex colleghe che fanno fatica a salutarti perché ormai sono diventati qualcuno nella società
- io che non so perché ci lavoro ancora
- gli studenti delle scuole d'elite che lasciano dei macelli impressionanti in sala
- quelli che ti dicono "Dovreste vietare la consumazione dei popcorn e di altre schifezze in sala" e quando gli rispondi che senza quel cibo il cinema praticamente non starebbe in piedi e loro si mettono a parlare di cinema indipendenti e io scuoto la testa e loro mi danno del coglione, di quello che ammazza il cinema di qualità, di quello che pensa solo al profitto e io penso che dovrebbero solo andare a cagare
- gran parte dei cinefili e spettatori di film indipendenti che arrivano in sala
- tutti gli imbucati (amici di questo o quell'altro o appartenenti alle solite cricche del cazzo) che arrivano con biglietti a scrocco e sono spesso amanti di film indipendenti
- quelli che ti dicono perché come sottofondo (abbiamo un semplice nastro con i successi del mondo e molti classici) non mettiamo musica jazz, alternativa, rock, latino americana, classica, metal, dub, disco, trash, d'autore
- quelli che quando gli spieghi che i parcheggi davanti sono della TPL (per semplificare il servizio bus della città) non ci credono e ti dicono che facciamo la cresta e tu gli fai leggere la scritta sul biglietto che hanno preso e non ci credono lo stesso e ti dicono che è un mondo di mafiosi
- quelli che si portano il sushi da casa e lo lasciano tutto in sala e alla mattina c'è una puzza terribile
- quelli che perdono di tutto e ti danno del ladro se non glielo ritrovi e li posso anche capire ma a tutto c'è un limite
- quelli che non ci credono che facciamo i popcorn in casa e tu gli dici abbiamo una macchina che la fa sotto e "Sono io che li faccio signora" e loro "Non ci credo proprio, mi porti di sotto" e io scuoto la testa spiegandogli che non posso e mi becco del cafone e dell'imbroglione
- quelle che gettano gli assorbenti nel water
- quelle che incollano gli assorbenti alle piastrelle
- quelli che svuotano l'immondizia di casa nei nostri bidoni
- quelli che ti pisciano sulla porta d'ingresso
- quelli che ti svuotano il posacenere della macchina nel parcheggio
- quelli che ti incollano gli adesivi nei bagni e non sanno che ci sono coglioni come me che poi dovranno toglierli
- quei genitori che quando inviti i loro figli a non toccare lo schermo ti danno dell'assassino
- quegli spettatori che anche dopo la fine dei titoli di coda non vogliono lasciare la sala e se ne fregano di te che stai aspettando di pulire la sala
- quelli che vogliono la pizza (gliela fai trovare ma la vorrebbero all'ananas), gli hamburger, gli hotdog, il cinese, il giapponese, l'indiano, la torta fatta dalla nonna, la pasta alla carbonara, la luganighetta, il bratwurst
- molti dei lavoratori dei servizi catering
- quelli che ti chiedono perché non rispondiamo al telefono e io gli mostro gli orari di apertura e loro scuotono la testa e io gli chiedo "Signora ma lei si lamenta se trova l'ufficio chiuso alle 20 di sera?". Siamo alle 7 di mattina. Un cinema.
- quelli che ti vorrebbero aperti 24 ore su 24 e poi scopri che vogliono un mondo piu' lento, equo, rispettoso dei lavoratori e dell'ambiente. Giuro che mi è successo...
- quelli che perdono borracce del cazzo e le rivogliono solo perché hanno il logo di qualche festival del cazzo per fare i fighi quando fanno le escursioni a fotografare i ghiacciai che si sciolgono
- quelli che Fai schifo a prescindere
- quelli che vogliono darti dei consigli e non sanno nemmeno di cosa stanno parlando e provi a interagire con loro e niente, non c'è verso
- le signore bene che vorrebbero quasi che gli massaggiassi i piedi mentre stanno vedendo il film
- quelli che fanno le strade di popcorn in sala come Pollicino
- quelli che non capiscono mai che dovrebbero rispettare un po' di più chi lavora per il loro divertimento e pulisce la merda che lasciano
- quelli che quando ti vedono stanco, stravolto non gliene frega nulla ma niente di niente di te e di noi

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"Che senso ha, oggi, nel 2021, leggere Dostoevskij?
Perché una persona di venti, o di trenta, o di quaranta, o di settant’anni dovrebbe mettersi, oggi, a leggere, o a rileggere, Dostoevskij?
Ecco.
Domanda che non mi mette minimamente in imbarazzo.
La mia risposta è: non lo so.
Io, qualsiasi domanda mi si faccia, rispondo quasi sempre, come prima cosa, che non lo so. Poi, delle volte, vado avanti.
In questo caso, se mi si chiedesse che senso ha, oggi, nel 2021, leggere, o rileggere, Dostoevskij, direi che non lo so.
Poi andrei avanti.
E direi che c’è un personaggio secondario di Delitto e castigo, che si chiama Svidrigajlov, che a un certo punto dice che non c’è niente di più difficile della franchezza e niente di più facile dell’adulazione.
E che se nella franchezza c’è anche solo un centesimo di nota che suona falso, si avverte subito una stonatura, e ne viene fuori una scenata.
Mentre l’adulazione, anche se è tutto falso, sino all’ultima nota, riesce comunque sempre gradita, e la si ascolta non senza piacere; sarà pure un piacere grossolano, ma è pur sempre un piacere, dice Svidrigajlov.
E io, quando ho riletto quella pagina, ho pensato a uno scrittore italiano col quale siamo stati anche un po’ amici, fino a quando non ho scritto una recensione di un suo romanzo, il quale scrittore, quando eravamo un po’ amici, mi ha raccontato che, nel palazzo dove abitava lui, c’era un portiere analfabeta, che non sapeva né leggere né scrivere, e che, tutte le volte che usciva un romanzo, di questo scrittore, il portiere lo fermava e gli diceva «Dottore, il suo ultimo romanzo: bellissimo».E lui, questo scrittore, che è una persona molto intelligente, e sensibile, e di una moralità specchiata, mi verrebbe da dire, e che sapeva benissimo che il suo portiere era analfabeta, quando sentiva così, mi ha raccontato, era contento.
Era un così bel modo, di cominciare la giornata.
Quindi: il senso di leggere Dostoevskij io non lo so, so che Dostoevskij, anche se non lo leggiamo, ci ha detto, nelle cose che ha scritto, come siam fatti prima ancora che venissimo al mondo, e poi so, bene o male, cosa è successo a me, quando ho cominciato a leggerlo, Dostoevskij.
" (pp. 7-8)

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