Nessuno tocchi Caino - PENA DI MORTE, STORIA DELLA LEGISLAZIONE IN ITALIA

NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS

Anno 21 - n. 34 - 18-09-2021

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : PENA DI MORTE, STORIA DELLA LEGISLAZIONE IN ITALIA
2.  NEWS FLASH: QUANTI COMUNI SONO STATI SCIOLTI PER MAFIA IN ITALIA
3.  NEWS FLASH: IRAN: TRE DONNE IMPICCATE NEL CARCERE DI RAJAI SHAHR
4.  NEWS FLASH: VIRGINIA (USA): GRAZIA POSTUMA PER SETTE UOMINI DI COLORE GIUSTIZIATI NEL 1951
5.  NEWS FLASH: COREA DEL NORD: FUNZIONARI COINVOLTI IN OMICIDI, TORTURE E POSSIBILE GENOCIDIO CONTRO CRISTIANI
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


PENA DI MORTE, STORIA DELLA LEGISLAZIONE IN ITALIA
Pasquale Hamel su Il Riformista del 17 settembre 2021

La legislazione italiana sulla pena di morte costituisce – nel periodo a cavallo fra l’ultimo quarto del XIX e la prima metà del XX secolo – un autentico e ininterrotto laboratorio politico che, a dispetto della profonda arretratezza del Paese, lo ha collocato all’avanguardia rispetto alle grandi democrazie europee.
L’unificazione dello Stato, culminata con la proclamazione del Regno d’Italia nel 1861, fin dall’inizio pose alla nuova entità istituzionale tutta una serie di problemi, in gran parte di difficile soluzione e, fra questi, l’avvertita necessità di darsi una legislazione unitaria per l’intero territorio. Non è, infatti, un caso che un illustre giurista – Vincenzo Miglietti guardasigilli del governo guidato da Benedetto Ricasoli del 1861 – avesse più volte affermato che “le libertà non allignano nel tronco del disordine: l’unità nazionale si cementa e si consolida con l’unità delle leggi”.
Ma l’unificazione della legislazione si presentava come operazione ardua e densa di rischi, anche perché comportava la difficile operazione di comporre anche quello che, all’apparenza, era incomponibile. Un caso eclatante, in questo senso, riguardava proprio il tema della pena capitale che, dopo la buriana napoleonica, era stata reintrodotta o confermata, con modulazioni diverse – in Piemonte, ad esempio, la legislazione del 1857 ne aveva fortemente limitato i casi in cui era considerata applicabile – in quasi tutti gli ex stati preunitari, con la felice eccezione del Granducato di Toscana, dove era stata abolita il 30 aprile del 1859 richiamando la riforma del 1786, voluta da un principe illuminato come lo fu il granduca Pietro Leopoldo.
Il mantenimento o meno della pena di morte fu quindi al centro di un vasto dibattito animato, soprattutto, da giuristi come Pietro Ellero, Francesco Carrara, promotori del “Giornale per l’abolizione della pena di morte” e Pasquale Stanislao Mancini che ne chiedevano, senza tuttavia successo, l’abolizione. La decisione finale fu dunque di confermare nell’ordinamento del nuovo Stato la pena di morte ma, con una decisione salomonica, come scrive il giurista Giovanni Tessitore che all’argomento ha dedicato uno dei suoi studi più importanti, si fece della Toscana un’isola giuridica privilegiata al cui interno, a differenza che nel resto d’Italia, la pena capitale, continuò a non essere prevista.
Ma proprio l’anomalia Toscana sarà il tallone d’Achille dei fautori della abolizione della pena capitale. Gli abolizionisti ne faranno infatti un esempio affermando che, dati alla mano, in Toscana l’assenza di tale strumento repressivo piuttosto che incentivare i reati li aveva addirittura ridotti. Negli anni che seguirono, le condanne alla pena capitale comminate dai tribunali del Regno ammontarono a 392 ma quest’altissimo numero venne ridimensionato dai provvedimenti di clemenza sovrana che interessarono 351 casi, per cui il totale delle esecuzioni si ridusse, alla fine, a sole 41.
Naturalmente la scelta operata dopo il 1861 non riuscì a spegnere il vivace dibattito che continuò ad essere animato dagli abolizionisti e che vide, sempre in prima fila, il già citato Pasquale Stanislao Mancini e un altro giurista e protagonista del Risorgimento come Giuseppe Pisanelli. I tempi erano tuttavia maturi per un ripensamento e un primo passo avanti in direzione dell’abolizione coincise – dopo la morte del padre della patria, così era stato consacrato alla storia re Vittorio Emanuele II – con l’ascesa al trono del di lui figlio, Umberto I. Nel 1876, venne infatti emanato un provvedimento di clemenza che riguardò ben 55 condannati a morte e, seppur in maniera tacita ad esso seguì una sorta di moratoria nella applicazione della pena di morte. Da quel momento, infatti, non vennero eseguite più condanne alla pena capitale anche se di espungere definitivamente dall’ordinamento detta pena non se ne parlò e questo perché in Parlamento era presente una consisten
 te e bellicosa opposizione.

Fine prima puntata – continua
Per saperne di piu' : https://www.ilriformista.it/pena-di-morte-storia-della-legislazione-in-italia-248212/

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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

QUANTI COMUNI SONO STATI SCIOLTI PER MAFIA IN ITALIA
Pasquale Simari su Il Riformista del 17 settembre 2021

Lo scorso 26 agosto il Consiglio dei Ministri ha deliberato il commissariamento per infiltrazioni mafiose di tre comuni calabresi – Rosarno, Nocera Terinese e Simeri Crichi – raggiungendo il ragguardevole risultato di 11 consigli comunali sciolti dall’inizio dell’anno.
Da quando, nel 1991, questo strumento “eccezionale” di contrasto alla criminalità organizzata è stato introdotto nell’ordinamento giuridico italiano, sono stati ben 362 i decreti di scioglimento per mafia di un ente. In base a quanto emerge dalle accurate statistiche pubblicate sul sito dell’associazione antimafia Avviso Pubblico, sino a oggi solo 23 di questi decreti sono stati annullati dai giudici amministrativi. Si tratta di un dato impressionante, che molti utilizzano come riprova della validità e dell’efficienza dell’istituto disciplinato dall’art. 143 del Testo Unico degli Enti Locali.
In realtà, l’analisi delle numerose decisioni adottate dai Tribunali Amministrativi Regionali e dal Consiglio di Stato consente di comprendere come l’esito dei giudizi risulti fortemente influenzato da due fattori: da un lato, l’ampio margine di discrezionalità di cui godono gli organi governativi nel valutare la sussistenza dei presupposti per lo scioglimento; dall’altro, la forte limitazione del diritto di difesa che subiscono le Amministrazioni “sciolte”, stante la sostanziale impossibilità di effettuare accertamenti circa la fondatezza, nel merito, degli elementi indiziari che sorreggono il decreto dissolutorio.
Con riferimento ai presupposti, è acclarato che, per sottoporre un Comune a commissariamento, non occorre che si accertino effettive infiltrazioni o concreti tentativi di condizionamento dell’azione amministrativa da parte della criminalità organizzata. Tanto il Ministero dell’Interno quanto la unanime giurisprudenza amministrativa ritengono, difatti, che la misura dello scioglimento abbia “natura preventiva” e, quindi, possa essere utilizzata ogni qualvolta appaia “più probabile che non” che un ente locale sia stato “infiltrato” o corra il pericolo di essere “condizionato” dalle mafie.
Diversamente da quanto si è portati a credere a causa di eccessive semplificazioni giornalistiche, è raro che un Comune venga sciolto perché sono state riscontrate vere e proprie infiltrazioni mafiose all’interno del Consiglio Comunale o della Giunta. Ciò in quanto, secondo il Consiglio di Stato, “l’accertata e notoria diffusione nel territorio della criminalità organizzata e le precarie condizioni di funzionalità dell’ente si configurano come condizioni necessarie e sufficienti per disporre lo scioglimento del Consiglio Comunale”.
Ma non basta. Perché alla grande discrezionalità di cui gode il Ministero dell’Interno nella individuazione delle situazioni sintomatiche del pericolo di “infiltrazione” o di “condizionamento”, si affianca l’estrema angustia del sindacato del giudice amministrativo che, secondo la tesi ormai maggioritaria, non può estendersi oltre il profilo della logicità delle valutazioni che sorreggono il decreto di scioglimento.
Peraltro, se ormai anche soltanto “un atteggiamento di debolezza, omissione di vigilanza e controllo, incapacità di gestione della macchina amministrativa da parte degli organi politici, che sia stato idoneo a beneficiare soggetti riconducibili ad ambienti controindicati”, viene considerato valido motivo di scioglimento di un Consiglio Comunale, non può sorprendere l’incredibile incremento dei commissariamenti registrato nel corso degli ultimi anni (ben 166 dal 2010 ad oggi), né l’esistenza di decine di enti già sciolti due o tre volte, come appunto il Comune di Rosarno, con il non invidiabile record detenuto dal Comune di Marano di Napoli, che nello scorso mese di luglio ha visto la terna commissariale insediarsi per la quarta volta.
E il fatto che, secondo i giudici amministrativi, la “ragionevole conclusione di un più che probabile condizionamento mafioso” possa essere raggiunta dal Ministero dell’Interno “anche a discapito della volontà, e del contributo, dei singoli amministratori”, e vi sia la possibilità di dare peso anche “a situazioni non traducibili in addebiti personali, potendo rilevare, ai fini dello scioglimento, i semplici vincoli di parentela o di affinità, i rapporti di amicizia o di affari e le notorie frequentazioni”, consente di comprendere come, in molte occasioni, il commissariamento di un Comune sia vissuto come ingiusto non solo dai diretti destinatari del provvedimento ma anche dalla stessa cittadinanza.
D’altro canto, a fronte della mancanza di un effettivo contraddittorio nella fase istruttoria e della segnalata compressione del diritto di difesa in quella processuale, non appare affatto rassicurante il principio recentemente enunciato dal Consiglio di Stato secondo cui, trattandosi di provvedimento disposto con “decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’interno, formulata con apposita relazione di cui forma parte integrante quella inizialmente elaborata dal prefetto, è lo stesso livello istituzionale degli organi competenti ad adottare il decreto di scioglimento a garantire l’apprezzamento del merito e la ponderazione degli interessi coinvolti.”
Quanto tutto ciò sia conforme ai principi costituzionali e alle regole dello Stato di Diritto è davvero difficile da comprendere.
Per saperne di piu' : https://www.ilriformista.it/quanti-comuni-sono-stati-sciolti-per-mafia-in-italia-248242/?fbclid=IwAR1bwUeJtHVlYWj1qKOWGZiOv2Py0EqeRCZsc_hcYWTGGkEF3-dXinCgrJg

IRAN: TRE DONNE IMPICCATE NEL CARCERE DI RAJAI SHAHR
Tre donne sono state impiccate nel carcere di Rajai Shahr, a Karaj, l’8 settembre 2021.
Secondo un conteggio tenuto da women.ncr-iran, con queste tre esecuzioni, il numero di donne giustiziate in Iran dal 2013 sale a 121, una media di 15 l’anno negli ultimi otto anni.
Iran Human Rights aveva precedentemente riferito che tre uomini non identificati erano stati giustiziati nella prigione di Rajai Shahr l'8 settembre. Nuove informazioni ottenute il 13 settembre rivelano che quel giorno anche un altro uomo e tre donne sono stati giustiziati nella stessa prigione.
Delle quattro esecuzioni di cui si è appreso, l’uomo è stato identificato come Abdul Rahim Khani.
Fonti hanno riferito a IHR che Khani era stato condannato a morte per "una tonnellata e mezza di eroina".
"Le tre donne sono state giustiziate alcune ore dopo gli uomini e molto probabilmente erano state condannate per omicidio", hanno riferito le fonti di IHR.
Al momento di scrivere le fonti ufficiali iraniane hanno annunciato solo l'esecuzione di un prigioniero accusato di omicidio. Secondo il sito Tabnak, era stato accusato di omicidio nel corso di un non meglio precisato “falso incidente”.
(Fonte: IHR)


VIRGINIA (USA): GRAZIA POSTUMA PER SETTE UOMINI DI COLORE GIUSTIZIATI NEL 1951
Il governatore della Virginia Ralph Northam ha graziato “a posteriori” sette giovani uomini di colore che erano stati condannati a morte da giurie di soli bianchi e giustiziati in Virginia settant'anni fa con l'accusa di aver violentato una donna bianca. Dopo anni di attivismo da parte di familiari e altri sostenitori che hanno fatto pressione per un'azione governativa, Northam ha annunciato la grazia postuma il 31 agosto 2021, sorprendendo i familiari e gli avvocati che avevano un appuntamento con il governatore per perorare la causa, ma non sospettavano che la procedura fosse già stata approvata.
Northam ha emesso grazie separate per ciascuno dei sette uomini: Francis DeSales Grayson, Frank Hairston Jr., Howard Hairston, James Luther Hairston, Joe Henry Hampton, Booker T. Millner e John Clabon Taylor. "È stato uno dei giorni più belli della mia vita", ha detto Pam Hairston, che è imparentata con molti degli uomini e ha trascorso decenni a sostenere il loro caso.
Riconoscendo che le esecuzioni degli uomini, che all’epoca divennero noti come "i 7 di Martinsville", erano state un prodotto del razzismo sistemico, Northam ha detto: "Si tratta di correggere i torti".
Rudy McCollum, ex sindaco di Richmond che è imparentato con due degli uomini, ha affermato che “questa azione era attesa da tempo, la ferita delle famiglie può finalmente rimarginarsi con la chiusura di questa vicenda attraverso il riconoscimento da parte del Commonwealth che a questi uomini era stato negato un giusto processo solo a causa del colore della loro pelle”.
Nel 1949 i “7 di Martinsville” furono accusati di aver violentato una donna bianca, e interrogati dalla polizia senza avvocati. Sotto la minaccia di essere rilasciati, e quindi linciati dalla folla inferocita, tutti hanno confessato di essere coinvolti nello stupro. Dopo una serie di processi superficiali davanti a giurie tutte bianche e tutte maschili, ognuno è stato condannato a morte. Furono giustiziati nel 1951 nella più grande esecuzione di massa per stupro nella storia degli Stati Uniti.
Nel gennaio 2021 McCollum aveva dichiarato al DPIC: "Lo scopo dei linciaggi, e credo anche di azioni giudiziarie come quella di cui stiamo parlando, fosse quello di inviare un messaggio alla comunità nera… Questa è stata solo un'altra azione per inviare un messaggio che se oltrepassi il limite, faremo in modo che… l'intera comunità riconosca che … ci saranno conseguenze”.
"Ho sentito alcune persone dire: 'Perché stiamo rivangando queste cose?”, ha detto Faye Holland, direttrice della Martinsville 7 Initiative, che ha sostenuto la grazia. “Non stiamo “rivangando”. Questa cosa è in piedi da 70 anni, e nessuno ci ha mai fatto niente".
"Anche se questi provvedimenti di clemenza postuma non entrano esplicitamente nel merito della colpevolezza dei sette, servono come riconoscimento da parte del Commonwealth dal momento che questi uomini sono stati processati senza un adeguato processo, e hanno ricevuto una condanna a morte su base razzista, non applicata allo stesso modo agli imputati bianchi", si legge nella dichiarazione di Northam.
“Tutti meritiamo un sistema di giustizia penale che sia giusto, equo e che faccia bene il suo dovere, non importa chi sei o che aspetto hai. Sono grato ai sostenitori e alle famiglie dei Martinsville Seven per la loro dedizione e perseveranza".
In risposta alle grazie, la filiale della Virginia del NAACP ((National Association for the Advancement of Colored People, probabilmente la più importante associazione statunitense per i diritti civili) ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che "decenni dopo che il Commonwealth ha processato e giustiziato questi giovani senza un giusto processo, l'annuncio da tempo atteso di oggi è un passo nella giusta direzione verso la giustizia".
Dal 1900 fino a quando nel 1977 la Corte Suprema degli Stati Uniti ha vietato la pena di morte per reati in cui nessuno è stato ucciso, la Virginia ha giustiziato 73 uomini o ragazzi neri con l'accusa di stupro, tentato stupro o rapina. Nello stesso periodo, nessuna persona bianca è stata giustiziata per nessuno di questi crimini. E in tutta la sua storia, la Virginia non ha mai giustiziato nessun bianco per aver violentato una donna o una ragazza di colore.
McCollum ha detto al DPIC: "Se vogliamo veramente andare avanti come società, dobbiamo riconoscere che quando vengono commessi errori, è necessario correggerli. Ma non possono essere corretti, a meno che non ci sia un'ammissione".
Il direttore del DPIC, Robert Dunham, ha definito le esecuzioni dei Martinsville 7 "una manifestazione del linciaggio del terrore razziale attraverso il sistema legale". "I processi farsa dei Martinsville Seven di fronte a giurie tutte bianche e tutte maschili hanno incarnato l'uso della pena di morte come strumento suprematista bianco di oppressione razziale e hanno incarnato il legame tra linciaggio, segregazione e pena di morte", Dunham detto all'UPI.
"L'abolizione della pena di morte da parte della Virginia è stato un evento storico per porre fine all'eredità di queste ingiustizie razziali", ha affermato Dunham. “Ma il caso dei Martinsville 7 è importante anche per un’altra ragione: la grazia è una scusa formale e un riconoscimento che le vite delle persone che sono state vittime del livello più alto di oppressione razziale, le vite dei loro familiari e le vite di tutti nella comunità nera hanno valore. Le loro vite contano. E anche l'atto di riconoscere questo è importante”.
(Fonte: DPIC, 31/08/2021)


COREA DEL NORD: FUNZIONARI COINVOLTI IN OMICIDI, TORTURE E POSSIBILE GENOCIDIO CONTRO CRISTIANI
Funzionari della Corea del Nord hanno commesso omicidi, torture e atti che potrebbero costituire genocidio contro alcuni gruppi di persone, inclusi i cristiani, ha rivelato un rapporto pubblicato il 20 luglio 2021.
Le evidenze fornite indicano che il regime nordcoreano abbia ucciso residenti nel Paese, torturato prigionieri politici, sia coinvolto nel traffico sessuale e abbia praticato aborti forzati e infanticidi dal 2014 al 2021, ha scritto l’intergruppo parlamentare sulla Corea del Nord del Regno Unito in un documento di 91 pagine.
È stato inoltre scoperto che lo stupro, oltre alla moderna schiavitù, è in Corea del Nord all'ordine del giorno e che gran parte delle violazioni dei diritti umani si concentrano sui cristiani e su coloro la cui discendenza era per metà cinese.
La Corea del Nord prevede la pena di morte per omicidio premeditato, traffico di droga e terrorismo, sebbene le persone audite dalle autorità del Regno Unito abbiano affermato che le autorità governative praticano esecuzioni pubbliche per reati molto meno gravi.
Nel 2014, un fuoriuscito ha affermato di aver assistito all'uccisione pubblica di un uomo che diffondeva film sudcoreani a Hyesan, nella provincia di Ryanggang.
Altri hanno detto di aver assistito a un'esecuzione simile per la stessa accusa nel 2017.
Altri ex residenti nordcoreani hanno detto alle autorità del Regno Unito che "ci sono stati casi in cui la pena di morte è stata eseguita per aver posseduto una Bibbia, distribuito volantini di propaganda e praticato atti di superstizione".
In tutto, il Rapporto ha rilevato 1.479 casi di esecuzioni pubbliche dal 2000 al 2020, mentre 443 esecuzioni segrete, molte delle quali avvenute nei campi di prigionia, hanno avuto luogo nello stesso arco di tempo.
Il Rapporto ha rivelato che il regime pratica anche violenza e sfruttamento sessuale.
"Alcune donne che sono state detenute hanno riferito di aver subito o assistito a violenza sessuale, compreso lo stupro nelle strutture di detenzione e per gli interrogatori", afferma il Rapporto. "Gli intervistati hanno affermato che gli agenti della polizia, della polizia segreta e dell'ufficio del pubblico ministero, per la maggior parte incaricati di svolgere interrogatori, hanno toccato i loro volti e i loro corpi, compresi i loro seni e fianchi, attraverso i loro vestiti o mettendo le mani dentro i loro vestiti. Hanno detto che erano impotenti poiché il loro destino era nelle mani di questi uomini".
Le autorità britanniche hanno anche scoperto che le donne nordcoreane che cercano di fuggire dal Paese vengono portate via con falsi pretesti, incluso il lavoro, per essere invece trasferite a scopo sessuale in Cina. Gli esperti hanno ipotizzato che la situazione persista a causa della "mancanza intenzionale da parte del governo cinese di fornire strumenti legali per i fuggitivi nordcoreani affinché richiedano asilo".
"Le donne e le ragazze nordcoreane sono particolarmente vittime del traffico sessuale e del commercio del sesso", aggiunge il Rapporto.
"Le vittime vengono solitamente portate via dalla Corea del Nord con false offerte di lavoro e successivamente vendute come spose o schiave sessuali in Cina e in altri paesi del sud-est asiatico. Le vittime vengono portate al confine e poi trasportate in case, bordelli o presso acquirenti".
(Fonti: Washington Examiner, 26/07/2021)
Per saperne di piu' : https://www.appgnorthkoreainquiry.com/

 

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