"Queste mille colline" di A. B. Guthrie (Mattioli 1885, traduzione di Nicola Manuppelli)

 


Eravamo giovani all’epoca” proseguì il nonno, “è così lo era anche il paese. A un uomo piace crescere insieme alla propria terra. E quando è cresciuto, gli piace che sia cresciuta anche la sua terra.” La voce si interruppe lasciando che la vecchia mente riflettesse su quelle parole. “Forse gli piace o forse no. Ma fu un periodo turbolento.” (pag 17)

"Queste mille colline" (Mattioli 1885, traduzione di Nicola Manuppelli) è un'altro splendido romanzo western di A. B. Guthrie al pari, se non superiore a mio avviso, de "Il grande cielo" (Mattioli 1885) che narrava del viaggio di un giovane alla scoperta della Frontiera o de "Il sentiero del West" (Mattioli 1885) con le fatiche dei pionieri per raggiungere l'Oregon, senza dimenticare la raccolta di racconti "L'ultimo serpente" (Mattioli 1885). 

Se nei due precedenti romanzi l'Ovest era descritto e vissuto come un territorio vergine da esplorare, colonizzare e liberarlo con ogni mezzo dalle popolazioni native, con "Queste mille colline" Guthrie ci porta nel 1880, quando ormai l'Ovest è stato quasi interamente colonizzato, l'Oregon che sembrava un terreno ostile è stato pacificato e gli spazi di libertà si sono ristretti, i nativi sono stati praticamente sconfitti e costretti a marcire nelle riserve, raccontandoci del giovanissimo Lat Evans che decide di lasciare la propria famiglia e fattoria nell'Oregon per cercare fortuna in quel Montana dove si dice esistano ancora spazi sconfinati, avventura, possibilità di diventare qualcuno. Aggregatosi a una carovana nel giro di quasi una decina d'anni Lat avrà tutta la possibilità di coronare i propri sogni: conducendo mandrie, scontrandosi e confrontandosi, con gli indiani (bellissime e commoventi tutte le pagine che li riguardano), incontrando personaggi di ogni genere, innamorandosi della bellissima e dolcissima prostituta Callie che difenderà fino alla fine, fino a diventare uno degli uomini più in vista e apprezzati nell'intero Montana e indicato come possibile senatore. Ma. C'è un ma. Perché questo romanzo non è un romanzo sui trionfi, seppur apparentemente potrebbe sembrarlo, ma sulle cadute, sulla solitudine, sugli sbagli, sulla cattiveria, sulla fragilità, sui sogni che diventano miseria e lutti, sul sogno americano costellato di crimini, affarismo spietato, moralismo feroce, compromessi feroci. 

Lat, anche se invecchiato e segnato dalle difficoltà e dagli errori, è rimasto un uomo semplice, un sognatore, un uomo che vorrebbe solo vivere in pace con la sua famiglia e gli amici, vivere di quello che sa fare, delle proprie bestie, dei propri principi ma il mondo intorno a lui sta diventando qualcosa che non gli appartiene, sempre più feroce e spietato, normalizzante, senz'anima, tanto da portarlo quasi a crollare.

Con "Queste mille colline" Guthrie mette la parola fine in maniera malinconica a un sogno, a una leggenda, restituendoci tutto il fascino degli uomini che hanno costruito una nazione e sono morti nella prateria, fra le montagne, congelati, impiccati, dimenticati.

"Il vento era forte, così forte che Evans dovette tenersi stretto il cappello mentre tornava a casa. Quel vento sem- brava persino voler spazzare via le stelle, imbrattarle con le sue scorie. Nella testa di Evans non c’erano altro che scorie, brandelli e polvere di vecchie tempeste, sollevate di nuovo dal vento che stava soffiando. Niente era importante. Tutto era stato detto. Presente e passato si fondevano. Le vecchie ferite si riaprivano. Un uomo ci provava. Lui non aveva smesso di provarci. Essere giusti, si disse, ma essere giusti solo per dei validi motivi. Regolare i conti, si disse, ma solo se prima avesse regolato i conti in sospeso con se stesso. Impossibile andare oltre. Era quasi troppo esausto anche solo per camminare."(pag. 324)

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