"Havel. Una vita" di Michael Žantovský (La nave di Teseo, traduzione di Lorenzo Matteoli e Andrea Terranova)
È quasi una vita intera che sono affascinato dalla figura di Václav Havel. Per la forza e la bellezza de i suoi testi, in particolare "Il potere dei senza potere" a cui ritorno spesso per sentirmi meno solo, per il suo antitotalitarismo e la lotta contro la dittatura comunista in Cecoslovacchia, per la difesa dei diritti umani, per i suoi difetti, per il suo non essere perfetto e integerrimo (tante volte disse che avrebbe sopportato al massimo 5 anni di carcere... e ne basta anche solo uno per piegare una persona), per la sua curiosità, per il suo amore per le donne e per l'alcool, per la sua delicatezza, per la sua voglia di vivere, per il senso di colpa sulle sue origini sociali, per la sua ironia. Per aver contribuito a quel magnifico testo che é la Charta 77 edatto da Václav Havel, Jan Patočka, Zdeněk Mlynář, Jiří Hájek e Pavel Kohout. Quanto manca uno come lui in un'epoca come questa di nazionalismi, attacco ai diritti umani, fili spinati, di dittature tollerate e viste come partner o nemmeno definite come dittature (una certa sinistra continua a considerare alcuni paesi “democratici” o custodi della rivoluzione mentre una certa destra apprezza regimi come quelli di Putin).
Ho letto la splendida biografia di “Havel. Una vita” di Michael Žantovský (La nave di Teseo, traduzionedi Lorenzo Matteoli e Andrea Terranova e con una straordinariaprefazione di Stefano Bruno Galli di cui riporto un piccolo estratto: “Il post-totalitarismo al quale si riferisce Havel è un regime dalla fisionomia non più totalitaria. Ma il drammaturgo ci spiega che la Ceco-Slovacchia non si configura più come una dittatura classica, perché ha comunque un sistema politico che ricalca il modello imposto da Mosca. È un ordine politico che h auna funzione escatoligica e assume le sembianze di una religione secolarizzata. Incide sull'uomo al quale chiede un sacrificio davvero molto elevato: “l'abdicazione alla propria ragione, alla propria coscienza, alla propria responsabilità. Così il sistema si appoggia alla libertà individuale. E costringe l'individuo che intende riconquistarla e riapproppriarsene a provare - in modo davvero assurdo – paura. Soprattutto la paura di parlare e intrecciare relazioni con gli altri membri della comunità. Si tratta di una comunità che nella percezione di Havel è fondamentale. “Il primo embrione,” ha scritto il drammaturgo, “di un'autentica socialità si ha nel momento in cui le persone che partecipano all'evento teatrale cessano di essere soltanto un gruppo e diventano una comunità.” È in quel momento che la semplice “presenza” collettiva muta in “partecipazione” collettiva e si trasforma in un “incontro esistenziale.” pp. 19-20) che ripercorre tutta la vita del politico, drammaturgo, dissidente cecoslovacco in modo passionale e puntigliosa senza mai però diventare agiografia e mettendo in risalto molti degli aspetti contraddittori di Havel, i suoi sbagli, le sue cadute regalando al lettore il ritratto di un uomo complesso, straordinariamente affascinante e purtroppo poco ricordato, letto e studiato ai giorni nostri.
Personalmente ho ricevuto molti spunti sia dal punto di vista
strettamente politico (per il piccolo mio impegno personale nella
questione dei diritti umani e in generale in quel mondo complicato e astioso che è la politica) ma anche
per quanto riguarda la mia scrittura e onestamente questo mi ha stupito. Credevo che leggendo questa biografia avrei conosciuto tutti quegli aspetti della vita di Havel che mi era ignoti e che avrei ricevuto spunti su questioni politiche, su come
impostare una lotta nonviolenta, sull'attualità del messaggio di
Havel e invece ci ho trovato anche un forte sprone a continuare a
scrivere, a non demordere, a non darmi per vinto, a correggermi e a
scrivere, scrivere, scrivere fregandomene dei fallimenti e delle strade sbarrate.
E poi la relazione fra Havel e Olga mi ha ricordato tanto quella fra me e la mia compagna.
Consigliatissimo a tutti quelli che hanno a cuore la libertà, la letteratura, il teatro e non sopportano le dittature e non vorrebbero vivere in mondi ammantati da spettri che si aggirano per l'Europa, fantasmi, purezza, chiusure, guerre, violenza.
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