"La gang" di Graeme Armstrong (Guanda, traduzione di Massimo Bocchiola) + altre cose

 

Avevo delle aspettative, ma non troppe, su “La gang” di Graeme Armstrong (Guanda, traduzione di Massimo Bocchiola e che peccato che non si mantegano molto più spesso, io opterei per sempre, i titoli originali perché “The Young Team” è davvero molto più bello, evocativo, stradaiolo rispetto al titolo italiano e come fare a non pensare ai Mogwai e a quel loro disco che ha segnato la mia vita) e infatti ciò che mi aspettavo l'ho trovato (violenza, linguaggio musicale, radiografia della vita delle gang, ritmo che pompa e ci sono effettivamente pagine che sono bellissime) e ciò che sapevo che non mi avrebbe sorpreso e incuriosito (sono un lettore forte e alla fine non riemergo per niente sconvolto da questi romanzi, anche perché mentre leggevo pensavo a un mio carissimo amico di una vita fa che mi chiamava spesso quando finiva in qualche rissa per andarlo a raccoglierlo con gli occhi pesti e i vestiti pieni di sangue e vomito) non l'ho trovato ma ci ho trovato invece anche qualche passaggio (quelli sul riscatto, rifarsi una vita, i dialoghi familiari, le scene scolastiche più standard, un indigesto moralismo) che mi sono risultati indigesti e mi hanno lasciato perplesso e che mi hanno decisamente annoiato.

Era partito come un'esplosione e mi aveva rapito ma pagina dopo pagina il romanzo è appassito fra le mie braccia

Che peccato che l'autore abbia scelto per questa storia di strada, di risse, di gang, di quartieri in decadenza, di amore, di morte, di fine di tutto, di droga una Storia con tutti i suoi risvolti scontati anche se sono drammatici e feroci, le soluzioni, gli epiloghi, gli addii, proprio come in un qualsiasi dramma che si rispetta e che accontenta il lettore.

Perché in fin dei conti da questi romanzi super violenti, durissimi tantissimi lettori vogliono ricevere un messaggio, il Messaggio, la Morale, la Via d'Uscita, vogliono dormire tranquilli, immergersi in realtà che non vivranno mai e vivere l'Esperienza. Esperienza di cosa? Dovete provare a prendervi un calcio in pancia o finire steso per terra dopo qualche giorno di due pacchetti di sigarette al giorno, alcool a tutto spiano, concerti, zero ore di sonno, una figa che non sei riuscito a scoparsi o che provi a scoparti in mezzo a tanti altri che dormono, chiacchierano, si fanno, scopano pure loro. Ecco, certe volte in questi romanzi di “vita vera” ci trovo tanto, troppo senso estetico, tanta roba patinata e poca passione, poca carne, poca letteratura. O forse sono cresciuto con Hubert Selby Jr, Pedro Juan Gutiérrez, Bukowski che avevano quello stile, quel senso del ritmo, quella durezza, sfrontatezza leggerezza e una profondità di sguardo che ancora oggi mi lasciano senza fiato.

Lo so che l'autore ha vissuto nelle gang e che ne ha passate di tutti i colori ma un conto é la Vita che uno ha vissuto e che merita tutto il rispetto e l'ascolto possibile ma la Letteratura è un'altra questione.

Di incendiario ci ho trovato ben poco ne "La gang" e forse dovevo fidarmi di me stesso quando, il giorno che l'ho acquistato, il commesso (rasta e classica veste da alternativo di sinistra), mi ha detto "Voglio leggerlo anche io!".

A differenza di quello splendido romanzo che è "Storia di Shuggie Bain", che pure questo è ambientato a Glasgow. 

"Altri libertini" di Tondelli vale mille di libri come "La gang".

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E sto scrivendo queste righe in attesa delle decisioni che martedì verranno prese dalla Confederazione. La situazione è grigia, per non dire nera. Per chi come me lavora nel settore culturale, intrattenimento, ristorazione le prospettive non sono buone, anzi pessime. Mi auguro che non vengano prese misure che riguardino distanziamento, limitazione delle sale, divieto di consumo perché questo significherebbe per me rimanere senza lavoro e per il cinema per cui lavoro una vera  e propria catastrofe perché é proprio durante il periodo invernale e natalizio che il Cinema vive e io guadagno soldi, essendo un lavoratore a ore. Anche perché già ora la situazione non è certo delle migliori.

Mi auguro che la Confederazione, effettivamente troppo timida e confusa nelle ultime settimane, non perda pero' la sua volontà di fare appello alla responsabilità individuale, di rispettare il federalismo e di evitare ogni deriva centralista, punitiva e chi sta scrivendo queste righe, fra non molto andrà a farsi la terza dose, ma la bellezza della Svizzera è di essere diversa dagli Stati che la circondano, anche nei suoi difetti e limiti.

Tutto qui.

Poi certo se mi dovessero licenziare non piangerò perché tutti i cicli arrivano fisiologicamente a conclusione e probabilmente anche la mia stagione al cinema sta volgendo al termine.

Aggiungo un'ultimissima considerazione visto che si sta avvicinando Natale:

Che bello vedere oggi Lugano, di domenica, piena di persone e bambini che fanno acquisti, si divertono, muovono, si fermano a bere una birra o un Prosecco o un vin brulé, rsi rilassano sulle panchine fronte lago abbracciati e scattando foto, siedono ai tavolini scaldandosi con una cioccolata calda o mangiando una pizza fuori tempo massimo, sognano Babbo Natale e fanculo a tutti quei preti che si mettono a dire che non esiste e che due coglioni tutte queste robe e c'é gente che é pure contenta.

Io pensavo che Babbo Natale era mia nonno che arrivava con la sua vecchia Cimati.

Io e la mia compagna che ci muoviamo come fantasmi per gli ultimi acquisti anche se non festeggiamo Natale ma per esaudire i sogni di mio padre, mia sorella e mio cognato che sono dei veri e propri fissati per le festività e ricorrenze. E c'é da dire che non vedo mia sorella e mio cognato da quasi un anno e mezzo e non so nemmeno se li rivedrò a Natale e quando li rivedrò a tavola è probabile che finiremo per litigare e discutere con toni troppo accesi.

Piccoli regali.

Speriamo che piacciano.

Il lago era bellissimo ma tenere a bada la depressione oggi era un esercizio quasi impossibile.

Comprare i regali per mio zio che si è appena ripreso da un'operazione al cuore mi ha fatto piangere perché ho pensato a tutti quegli anni che abbiamo trascorso senza mai parlarci.

In fin dei conti non ho ancora scritto quello che avevo promesso a lui e a mia zia.

Gli anni trascorrono inesorabili ed era una promessa che voleva essere un modo per chiedere perdono.

Ci son volte che penso che sarebbe stato meglio morire molti anni fa per non arrivare a stare esattamente come stavo quando pensai per la prima volta a suicidarmi.

La stessa indifferenza per questo mondo.

Adesso quasi mi faccio schifo perché anche adesso quando mi guardo allo specchio vedo anche ordini permanenti, affitto, assicurazione auto, bollo auto, posto auto, spesa, miserie quotidiane, persone che anni fa non avrei mai accettato anche solo di tenermi a un metro di distanza.

Ho qualche pagina stampata sul tavolo.

La bocca piena di discussioni che mi fanno schifo.

Mi sento lo sporco che mi scende nello stomaco.

E poi mi volto e vedo la mia compagna che sistema gli scaffali delle librerie mentre beve mezzo bicchiere di cognac in attesa di mettersi a prepare con la sua solita grazia i pacchetti regalo che domani dopo il lavoro cercherò di lasciare a casa di mio padre. Mi guarda e mi rivolge una domanda sullo stile di Philip Roth e mi consiglia, per provocarmi vista la mia ansia costante, esercizi per migliorare la respirazione e la sua voce è bellissima come la prima volta che mi telefonò e mi disse “Ciao, sono Eva”.

Quei suoi occhi verdissimi, pieni di dolore e comprensione e violenza, che mi lasciano sempre senza fiato.

“Più che il futuro, i giovani sono la replica noiosa del passato.” (Nicolás Gómez Dávila)

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