Brevissimo su "Addio, Sweet Mister" di Daniel Woodrell (NNE, traduzione di Marcella Dallatorre) + Mondaze

 


Tre giorni fa ero entrato in libreria per acquistare una raccolta di racconti (ce l'avevano ma non sono riusciti a trovarla fra gli scaffali ma la recupero nei prosismi giorni) ma alla fine sono uscito con l'incredibile, durissimo, malinconico, morboso, spiazzante romanzo del mio amato Daniel Woodrell: "Addio, Sweet Mister" (NNE, traduzione di Marcella Dallatorre), che chiudo il consigliatisismo ciclo di West Table, composto anche da "La versione della cameriera" e "Tomato Red"). Per uno come me che non è una gran bella persona e che ha avuto un rapporto morboso, difficile, violento, struggente con la propria amata madre leggerlo è stato anche volermi fare un po' del male perché Woodrell ti spezza in due (non sbaglia proprio un cazzo in questo romanzo) quando ti racconta del rapporto fra questo ragazzino ciccione e la sua madre che se ne sta con un balordo in mezzo a un buco di culo di mondo, sognando un mondo diverso. Una madre che tratta il proprio figlio come un ometto, un angelo, un confidente, un marito, una spalla, un giocattolino. Un figlio che vive devotamente per la madre e che cerca di difenderla in tutti i modi dall'orrore del mondo e che farebbe di tutto, anche commettendo le azioni peggiori possibili, pur di non lasciarla andare e rimanere solo. Quando l'ho terminato avevo gli occhioni gonfi di lacrime perché non ho saputo odiarlo questo ragazzo per quello che ha fatto. Ecco, lo so, ha commesso qualcosa di spregevole ma per certi versi l'ho anche amato perché oggi farei di tutto per avere anche solo per un giorno qui vicino a me mia madre, per portarla al lago, per vedere un film insieme, per mostrarle quanto sono diventato bravo a cucinare, per farle vedere la nostra gatta a lei che li amava follemente e anche solo per litigare, cinque minuti, e vedere i suoi occhi riempirsi di rabbia e poi d'amore.




Che cazzo di bel disco.

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