Intorno a "Sotto scacco" di Lorenzo Castellani (Liberilibri)

 


Ho un blog, sto su twitter, ho whatsapp, una mail, una carta di credito, pure sto maledetto Pass Covid e sono del tutto consapevole di essere pienamente coinvolto all'interno del sistema ma ogni giorno mi viene voglia di buttare tutto, di tornare a quando ero un ventenne e pagavo in contanti e non avevo il cellulare. Per ora non ho ancora un conto online e non ho alcun tipo di app per pagamenti. Non prendo mai cibo d'asporto coi delivery ma faccio acquisti online. Non ho abbonamenti a canali digitali e cerco ancora di pagare in contanti. Mi danno fastidio le telecamere quando entro nei paesi che scandagliano se ho pagato o no il bollo, l'assicurazione, la birretta. Mi sento una merda a regalare tutti questi dati sui miei spostamenti, acquisti, viaggi. Ormai sono vecchio per questo mondo. Tutti mi dicono che è comodo questo o quell'altro. Che non ti devi spostare. Che non devi andare in banca o in posta. Che non avremo bisogno di portafogli. Tutto per il nostro bene.

In questi giorni ho letto “Sottoscacco” un bellissimo saggio di Lorenzo Castellani (Liberilibri) che parla anche di questi argomenti (e di pandemia e di stato eccezione e dominio dei tecnici) e che si fa carne e voce di un pensiero genuinamente libertario e federalista (che non è solo un modello politico ma un modo per intendere le relazioni umane) insofferente a questo mite dispotismo tecnocratico e delle presunte eccellenze, sicurezze, felicità che ha abbracciato le nostre esistenze negli ultimi anni, a uno Stato che ci spia, normalizza, educa, modella, punisce, rinchiude, elargisce soldi per il nostro bene, per la nostra salvaguardia. Una vera boccata d'aria quella restituita da questo saggio di 115 pagine che purtroppo rimarrà inascoltata. Leggerlo mentre si aprivano le Olimpiadi invernali in Cina mi ha fatto ancora più male perché il modello comunistacapitalistastatalista (pensate al viso come strumento di disciplina/pagamento) che controlla, indirizza, dirige, assicura, protegge, rinchiude) è un baratro verso cui centimetro dopo centimetro, senza nemmeno accorgercene, corriamo il rischio di scivolare. E visto i tempi che corrono in tanti sarebbero pure contenti di vivere in un paese del genere. A uno come Grillo piacerebbe sicuramente e mi sa ma anche a tantissimi altri che hanno bisogno di essere cullati, condotti, protetti, organizzati, perfetti, che hanno il mito dello Stato, dell'organizzazione, dello sfruttamento, dell'ordine.

“Lo scrittore Aldous Huxley fu tra i pochi ad intuire che il potere contemporaneo non poteva accontentarsi di garantire la sicurezza, ma doveva comprendere e generare stabilità. Per le elites del nostro tempo è necessaria la garanzia della sicurezza individuale contornata dalla prevedibilità politica ed economica del sistema. Il pericolo insito in questa mentalità è proprio quello di una torsione verso modelli politici caratterizzati da un mite, ma assiduo dispotismo. Egli scrive nel suo romanzo Crome Yellow: “Noi uomini di intelligenza impareremo a imbrigliare le pazzie al servizio della ragione. Non possiamo più lasciare il mondo alla direzione del caso”, infatti “in passato non importava tanto; ma la nostra macchina moderna è troppo delicata. Ancora qualche colpo come la Grande Guerra, un altro Lutero o due, e l'intera impresa andrà in pezzi”; perciò “gli uomini di intelligenza devono unirsi, devono cospirare e prendere il potere dagli imbecilli e dai maniaci che ora ci dirigono. Devono fondare la Stato Razionale” in cui “gli esseri umani saranno separati in specie distinte, non secondo il colore dei loro occhi o la forma dei loro crani, ma secondo la qualità della loro mente e del loro temperamento. “ Per Huxley era questa la più credibile e distopica degenerazione del mondo moderno. Rispetto all'altro grande romanziere distopico George Orwell egli rimarcava una distanza: “La società descritta in 1984 è una società controllata quasi esclusivamente dalla punizione e dalla paura della punizione. Nel mondo immaginario dei miei racconti, la punizione è rara e generalmente mite. Il controllo quasi perfetto esercitato dal governo si ottine mediante il rafforzamento sistemato del comportamento desiderabile, mediante molti tipi di manipolazione quasi non violenta, sia fisica che psicologica, e mediante la standardizzazione genetica.” Ma Huxley andava anche oltre il potere manipolativo e comprendeva che le nuove rivoluzioni si sarebbero fatte paradossalmente nel nome della stabilità, della scienza e del benessere economico: “È per raggiungere la stabilità che compiono, con mezzi scientifici, l'ultima, persona, veramente rivoluzionaria rivoluzione.” Nel 1958 Huxley profetizzava - non in termini letterari ma sociologici – l'avvento di potenziali governi totalitari in un mondo scosso dalla crescente confusione economica e sociale. Ma forniva anche l'antidoto: “Solo un movimento popolare su larga scala verso il decentramento e l'auto-governo può arrestare l'attuale tendenza allo statalismo. Al momento non vi è alcun segno che tale movimento avrà luogo.” (pp. 94-95)

Lo penso anche io con grande tristezza. 

E questo saggio ha un finale bellissimo.

Ma per conoscerlo mi sa che ve lo dovete leggere voi.

 

E in questi giorni sto lavorando poco per colpa del tempo, dei tagli, della mancanza dei film e ho riguardato alcune puntate dei Chicago P.D. e mi piace molto. Sempre quell'impostazione, ok, ma il sergente Voight è davvero fico e alcune "storie" non sono male.

 

E questo è un disco bellissimo:

 



Commenti

  1. Ciao Andrea, ti capisco quando dici "Ho un blog, sto su twitter, ho whatsapp, una mail, una carta di credito, pure sto maledetto Pass Covid e sono del tutto consapevole di essere pienamente coinvolto all'interno del sistema ma ogni giorno mi viene voglia di buttare tutto". Anch'io scrivo sul web e anch'io ho la tentazione a volte di buttare via tutto e l'ho fatto, ma poi mi sono pentita e ho riaperto il blog e però avevo perso alcune cose carine che ero riuscita nel mio piccolo a scrivere, quindi ti dico di resistere alle tentazione di "damnatio memoriae". In questo periodo sto leggendo JDSalinger e mi chiedo lui che cosa avrebbe fatto. Magari, se lui fosse uno scrittore oggi in questi tempi, al posto di inviare i suoi racconti al New Yorker magari li pubblicherebbe sul web per avere un maggiore controllo...o forse no, ma comunque, e del tuo discorso mi limito alla parte relativa a quello che dici su blog e twitter, se uno non è sui social, come fa a essere conosciuto ?(ammesso che uno ci tenga a far conoscere quello che scrive, magari uno vuole usare il blog o twitter o altro solo per liberarsi, per sfogarsi e simili. Oppure uno decide di scrivere solo per se stesso, ma io a questa cosa non credo, secondo me chi scrive vuole essere letto. Ciao. Marta

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    1. Ciao Marta, ormai il mondo è completamente cambiato, sono nato nel '79, ormai sono vecchissimo, e forse hai ragione tu e seppure io pensi tutto il peggio possibile del mondo editoriale a me piace l'idea di un filtro, di un editing, di una scelta e mi piace che esistano riviste online, siti che pubblicano racconti scegliendoli, cercando un'idea. Poi magari fanno schifo ma... E chi scrive vuole essere letto, è vero, ma tanti vogliono solo essere letti, apprezzati per stimolare il proprio narcisismo.

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  2. Può darsi. A me invece viene in mente Martin Eden che voleva scrivere per avere l'amore di Ruth

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    1. C'è di tutto. C'è chi scrive anche x liberarsi di una vita. Del dolore. Altri perché stanno bene nel raccontare storie. O x rabbia. Il problema x me è che tanti che scrivono oggi non hanno voglia di imparare, ascoltare. Tutti vogliono solo pubblicare. L'importante è esserci.

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    2. A proposito della tua frase sul narcisismo di chi vuole essere pubblicato , in tanti casi è vero, hai ragione tu, però se uno mette tutto se stesso nella scrittura, non è legittimo da parte sua aspirare a un riconoscimento ? Infine, sul perché si scrive, Sylvia Plath diceva "I write only because there is a voice within me that will not be still" , da: Letters home pag 35

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    3. La penso come lei, Marta. Ohi grazie x tutto quello che stai scrivendo in questi commenti perché Salinger e la Plath sono parte della mia vita.

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    1. Ho letto il messaggio che hai cancellato. Mi dispiace per la situazione. Continua a scrivere e non farti mettere i piedi in testa.

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    2. Grazie x empatia, cosa che io noto nella mia vita a molti manca, ho scritto a caporedattrice e ancora non ha risposto. Quando lavoravo in ufficio come segretaria io mi imponevo anche se ero presa dal lavoro di rispondere alle persone che volevano raggiungere il principale o che inviavano i cv, per esempio, invece nella mia vita la stessa empatia e attenzione e rispetto che cerco sempre di avere , non la vedo negli altri verso di me

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    3. è il minimo Marta avere un po' di empatia e rispetto anche sul lavoro. Anche io devo ingoiare parecchia schifezza al lavoro e non solo al lavoro.

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