"Exit Only - Cosa sbaglia l'Italia sui cervelli in fuga" di Giulia Pastorella (Laterza, prefazione di Federico Rampini)

 

Ho letto con grande piacere il bel saggio agile, liberale, senza peli sulla lingua e inutili piagnistei di Giulia Pastorella (vicepresidente di Azione e donna di straordinaria capacità e competenza) "Exit Only - Cosa sbaglia l'Italia sui cervelli in fuga" (Laterza, prefazione di Federico Rampini). Leggetelo, davvero, perché un quadro perfetto della situazione drammatica in cui vive un'Italia che se ne frega dei giovani, corporativa, che disdegna la meritrocazia, che affoga nella burocrazia, che si rifiuta di riformare l'università e il mondo del lavoro, che si rinchiude nei propri piccoli confini e nelle proprie certezze.

Mia sorella, egittologa, che oggi è la responsabile della sezione egizia del Museo Archeologico di Firenze non ha vissuto serenamente gli anni dell'Università Statale di Milano. Non ha mai sopportato le consorterie, l'odore di muffa, le leccate di culo, i servilismi, le parentele, i favoritismi... come quella volta che a un concorso a Milano il professore ritardo' l'inizio della prova perché la sua protetta era in ritardo... Ha cercato di fare il suo percorso a testa alta ed è anche per questo che ha fatto una fatica terribile a trovare la propria strada e sbocchi lavorativi (sarebbe stata un'ottima docente universitaria ma l'ambiente non faceva per lei), pur togliendosi tantissime soddisfazioni, avendo girato il mondo, parlando un sacco di lingue. 

Col senno di poi mi racconta spesso che avrebbe dovuto accettare le proposta che le avevano fatto alcune università straniere o anche di un suo "allievo" che adesso vive a New York ma per vari motivi (compreso gli affetti e il legame forte che sente per l'Italia) non se l'è mai sentita di lasciare la penisola. Mi dice pero' che se oggi fosse una studentessa farebbe di tutto per farsi qualche esperienza all'estero, soprattutto in Inghilterra. L'Inghilterra ha lasciato qualcosa dentro lei e me sin dal nostro viaggio durato un mese nel 1997. Capimmo che sarebbe stato un buon posto per noi viverci. E invece adesso io sto a Lugano e lei, con la residenza a Milano, prima è andata a Taranto e ora vive a Firenze e non fa che lamentarsi del mondo statale, della sua burocrazia insopportabile, della poca disponibilità di molti funzionari e lavoratori a cambiare, rinnovarsi, entrare nel Futuro.

La mia compagna ha girato parecchio: Nizza, Canarie, St Moritz e poi Lugano.

Certe volte io e la mia compagna ci diciamo che torneremmo in Italia ma c'è qualcosa che ci blocca ogni volta: dallo stipendio alla burocrazia, dalla sanità alla vita quotidiana, da questa sensazione che le cose non cambino mai e poi mai. Se arrivasse un'offerta buona potremmo anche accettare ma dipende di che tipo e dove.

Di sicuro io e la mia compagna non siamo due cervelli in fuga.... sorrido.

Trascrivo una parte della chiusura dell'introduzione di Giulia:

 


"Nel corso del tempo i governi di tutto il mondo hanno provato ad affrontare il fenomeno delle migrazioni qualificate attraverso approcci diversi. Il toolbox di politiche pubbliche a disposizione dei decisori è molto ampio: ci sono governi che provano a reclutare talenti dall'estero e altri che invece si limitano a cercare di trattenere quelli esistenti; alcuni paesi provano a valorizzare il network degli espatriati, mentre altri hanno cercato di imporre controverse tasse a compensazione delle spese per la formazione di chi poi se n'è andato. Come molto spesso avviene in situazioni complesse, la gran parte dei paesi non ha percorso strade univoche, ma ha provato in momenti diversi approcci differenti. Anche l'Italia ha sperimentato negli anni misure diverse. Le prime politiche per affrontare questo tipo di fenomeno risalgono addirittura alle università medievali, che già mille anni fa si contendevano gli studiosi piu' talenttuosi. Dal Regno d'Italia fino agli anni Duemila, con l'estensione del voto agli italiani all'estero, si fatica a contare i molti tentativi per cercare di contenere le migrazioni e costruire saldi legami con le comunità di compatrioti all'estero. Con vari programmi e incentivi fiscali, i governi hanno anche provato a favorire il rimpatrio di chi se n'era già andato, ma i risultati sono stati sempre piuttosto scarsi perché ci si è concentrati sul "sintomo", i cervelli in fuga, e non sulla causa della "malattia", ovvero il declino del nostro paese. 
Credo che la costruzione di un piano adeguato di misure per la gestione del fenomeno migratorio passi per la ricerca di cambiamenti strutturali di medio-lungo termine, capaci di innescare una dinamica positiva tra la creazione di nuovo capitale umano, la valorizzazione adeguata di quello esistente e l'attrattività verso i talenti esteri. Bisogna intervenire a livello universitario, con maggiori fondi alla ricerca e un'internazionalizzazione dell'offerta educativa; sul mercato del lavoro per dare maggiori e migliori opportunità a chi resta, affrontando lo skills mismatch, e incoraggiando gli stranieri di talento a scegliere il nostro paese. Infine, bisogna considerare la prospettiva europea, abbattendo le barriere alla mobilità per favorire la vera circolazione di talenti a beneficio di tutti i paesi del continente.
Quanto al Covid-19, che è stato definito da alcuni come la piu' efficace politica di controesodo, io sarei cauta. Anche se la pandemia ha momentaneamente fatto tornare a casa tanti giovani, non solo per motivi economici, ma perché ha ribaltato le priorità di molti, rimettendo al centro gli affetti e la qualità della vita, fatico a immaginare che avrà effetti di lungo periodo. Solo se chi ci governa saprà intervenire sui problemi strutturali del nostro paese sarà possibile trattenere chi è tornato, e magari attrarre nuovi lavoratori, la cui sede operativa si è smaterializzata grazie allo smart working. A mio parere, sbaglia chi fa il ragionamento contrario: la presenza dei "cervelli di ritorno" dall'estero rilancierà l'Italia. Si confondono causa e effetto, e si adottano le politiche sbagliate, magari cercando di porre nuovi freni all'uscita. Il mio augurio per il futuro è che questo atteggiamento non prenda pieda e che l'Italia diventi sempre piu' parte di quel network internazionale di "cervelli in circolo" che, grazie alla sua libertà di movimento, ha creato tanto valore nel tempo.

 Lascio qui un link di una conversazione fra l'autrice e Rampini dove viene ben spiegato questo libro e poi il link del twitter di Giulia

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