Nessuno tocchi Caino: CARCERE: L’UNICA RIFORMA POSSIBILE È L’ABOLIZIONE

Nessuno tocchi Caino News

Anno 22 - n. 35 - 24-09-2022

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : CARCERE: L’UNICA RIFORMA POSSIBILE E’ L’ABOLIZIONE
2.  NEWS FLASH: CONDANNATA A CINQUE MESI, EVELYN CHIUSA IN CELLA PER UN REATO PRESCRITTO
3.  NEWS FLASH: MARCHE 2022: IL VIAGGIO DELLA SPERANZA CONTINUA
4.  NEWS FLASH: LA GUINEA EQUATORIALE ABOLISCE LA PENA DI MORTE
5.  NEWS FLASH: IRAN: MAHSA AMINI PICCHIATA E UCCISA DALLA POLIZIA PER INOSSERVANZA DELLE NORME SUL VELO ISLAMICO
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


CARCERE: L’UNICA RIFORMA POSSIBILE E’ L’ABOLIZIONE
Diego Mazzola* su Il Riformista del 23 settembre 2022

L’impagabile Gherardo Colombo, in una trasmissione televisiva, ha definito sé stesso “abolizionista del sistema penale”. Anche noi, come Colombo, auspichiamo una riforma del Sistema Giustizia in un quadro che finalmente non parli di “pene alternative”, ma di “alternative al sistema penale”. È forse giunto il momento di dare seguito al “soggetto politico” caldeggiato da Luigi Manconi che preveda il superamento del sistema penale e, con esso, di quello carcerario. Ricordo che Altiero Spinelli, già nel 1949 sulla rivista “Il Ponte”, scriveva: «Più penso al problema del carcere e più mi convinco che non c’è che una riforma carceraria da effettuare: l’abolizione del carcere penale».
Del resto furono molte le personalità che si espressero per l’abolizione della vergogna del carcere penale, ovvero della “vendetta di Stato”. Soprattutto oltre i nostri per molti versi angusti confini nazionali. Solo per fare qualche esempio, devo ricordare che Thomas Mathiesen ha trascorso molti anni della sua vita a ripetere che «la ‘prigionizzazione’ è l’opposto stesso della riabilitazione, ed è l’ostacolo maggiore sulla strada del reinserimento». Mathiesen, deceduto nel 2021, fu anche direttore dell’Istituto di ricerca sociale dell’Università di Oslo e uno dei fondatori dell’Associazione norvegese per la riforma penale. Egli chiede a noi tutti, perché continuare a segregare cittadini dal momento che il carcere è una delle più «grandi e distruttive Istituzioni della società moderna»?
Prima di lasciarci egli fu anche uno dei firmatari del manifesto di “No Prison”, di Livio Ferrari e Giuseppe Mosconi.
C’è un intero mondo che ha pensato all’abolizione del carcere come alla precondizione per un salto in avanti dell’umanità verso una società migliore. Mi basta ricordare Alain Brossat con il suo “Scarcerare la società”, Louk Hulsman con il suo “Pene perdute” o Nils Christie con il suo “Il business carcerario, ovvero la via occidentale al Gulag”.
Se su un tema di questo genere non si cimenta la forza di un movimento transnazionale ad hoc, temo si corra il rischio di rallentare il processo abolizionista in tempi tali da permettere ancora troppe vittime di questa vera e propria barbarie e il rischio di altrettante illusioni totalitarie. Temo sia per la solida attitudine al provincialismo di casa nostra che ancora si voglia ignorare il lavoro che continua a essere svolto da I.C.O.P.A. (International Conference on Penal Abolition).
Di straordinaria importanza è stato anche il lavoro di Michael Zimmerman (“The Immorality of Punishment”) e, mi dicono, di Fay Honey Knopp che negli USA scrisse “Instead of Prisons”.
Come risultato di questo impegno nel 1981 i quaccheri canadesi raggiunsero una posizione comune sull’abolizione del carcere con un documento di opposizione al penalismo e al modello retributivo. Anche per loro il sistema carcerario è sia una causa sia un effetto della violenza e dell’ingiustizia sociale. Noi siamo pronti a fare nostre quelle tesi, perché ce ne siamo fatti una ragione, morale ancorché politica.
A costo di ripetermi ricorderò che il Cardinal Martini era solito dire che «Qualsiasi pena [afflittiva] ha la distretta della pena di morte e della tortura, e che già il pensiero di affliggere un altro essere umano è intollerabile e perverso».
È sempre più evidente come l’incarcerazione di esseri umani, al pari della loro resa in schiavitù, è intrinsecamente immorale ed è distruttiva tanto nei confronti dei detenuti quanto nei confronti dei detenenti. I dati ufficiali ci dicono che non è in ambienti come le carceri che si garantisce sicurezza ai cittadini, proprio perché in essi si demolisce il senso stesso della dignità personale. La libertà personale può essere sospesa solo per il tempo strettamente necessario allo scampato pericolo e al reinserimento sociale del reo, e solo in luoghi aperti al controllo democratico.
Confermando la tesi di Hulsman per la quale è necessaria la partecipazione delle Istituzioni, alla “politica” resta la responsabilità del fare. Tra le cose da fare, ad esempio: perché escludere una “riforma radicale” che si concentri sull’abolizione del concetto di “pena” ovvero della sofferenza e della punizione – della tortura legale di coloro che hanno trasgredito alle regole – per consentire un progetto di reinserimento consapevole nel tessuto sociale? Perché non dedicare molta più attenzione alla teoria e alla prassi della nonviolenza per introdurne la visione anche nel Sistema Giustizia, per un confronto civile in ogni genere di contenzioso, anche in quello tra Stato e cittadino?
Per parte mia, sapendo che “il cattivo” non esiste, sono anni che spero che perfino Topolino non debba sempre confrontarsi con il solito Gambadilegno, supponendo che “delinquenti si è per sempre”, e che anche quelle avventure possano essere costruite intorno a una fantasia di nonviolenza.
* Consiglio direttivo di Nessuno tocchi Caino


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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

CONDANNATA A CINQUE MESI, EVELYN CHIUSA IN CELLA PER UN REATO PRESCRITTO
Fabio Falbo* su Il Riformista del 23 settembre 2022

La sentenza è stata emessa “in nome del popolo italiano”, ma il popolo italiano non è a conoscenza di quello che succede nella vicenda personale e penale di Witanacy De Oliveira, alias Evelyn. Ve la racconto io.
Evelyn viene tratta in arresto a fine agosto in seguito a una condanna a mesi cinque di reclusione risalente al 2007 per una patente falsa. La prescrizione massima per questo reato è di anni sette e mesi sei e la sentenza definitiva è del 10 marzo del 2018. Come si può conciliare il diritto con il vissuto penale e carcerario di Evelyn, se la stessa è detenuta per un reato prescritto a una pena di mesi cinque? Il “popolo italiano” è a conoscenza della ratio e dello strazio della norma? Perché, a distanza di molto tempo dal fatto, viene meno sia l’interesse dello Stato a punire il fatto-reato, sia la necessità di un processo di riabilitazione e reinserimento sociale del reo. Il carcere, dovrebbe costituire l’extrema ratio, invece oggi è la soluzione anche alle malefatte della giustizia che arriva dopo tanti anni e dopo che una persona ha cambiato vita, Stato, si è rifatta una famiglia e vive nella legalità.
Cesare Beccaria nel “Dei delitti e delle pene’’, parlando della ‘‘prontezza della pena” affermava: «quanto la pena sarà più pronta e più vicina al delitto commesso, ella sarà tanto più giusta e tanto più utile». Sono passati due secoli e francamente di prontezza, giustizia e utilità della pena non se ne vede traccia sulla terra di Beccaria, la Patria del Diritto.
L’avvocatessa Arianna Liguori ha preso questo caso a cuore rivolgendosi sia al Giudice del fatto che a quello della persona, facendo capire che vi è una esecuzione illegittima della pena per un reato estinto da prescrizione. Che è estremamente urgente intervenire per il rispetto, anche in questo caso, dei principi di extrema ratio, adeguatezza e proporzionalità. Sarebbe umiliante per il nostro Paese portare anche questa assurda storia davanti alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, se si pensa alla gravità dell’attuale sistema carcerario italiano, al numero dei suicidi che quest’anno ha raggiunto livelli mai visti prima, al sovraffollamento carcerario, al costo giornaliero anche economico della detenzione. Ripeto: sarebbe mortificante rivolgersi al vicino di casa per tentare di avere giustizia quando i danni sono già stati irrimediabilmente prodotti e non più risarcibili.
È giusto ricordare chi era Evelyn e chi è ora. La vita non è stata semplice per lei. Prima dell’anno 2007 viveva in Italia e svolgeva la professione di escort. Dopo l’illecito risalente a quindici anni fa, Evelyn ha voluto cambiare vita e Paese, si è rifatta una nuova vita, nel 2014 si è sposata, ha regolarmente pagato un canone d’affitto con la clausola dell’acquisto di un immobile in Spagna. Da allora, ha lavorato nella legalità. Prima della privazione improvvisa della sua libertà, frequentava un corso di formazione nell’arte gastronomica. La cultura è stata una manna dal cielo che ha dato valore alla sua nuova vita. Questo corso culinario è stato interrotto dall’assurdità dell’esecuzione di una pena fuori oltre ogni termine di prescrizione e senso di riabilitazione.
Evelyn ora abita a Rebibbia, sezione Venere del braccio G8, e rimpiange il corso che volgeva al termine, in lacrime lo definisce affascinante, istruttivo e impegnativo. Non le lasciava spazio ad altre distrazioni. Ogni suo minuto libero era volto ad allenarsi tra i fornelli.
Purtroppo oggi il suo sogno di cucinare è infranto, come sono infranti tutti i progetti di avere un lavoro e una casa. Evelyn rischia di non fare in tempo a uscire dal carcere per continuare a pagare le rate del mutuo, con il rischio di perdere tutto. In Spagna se non vengono pagate tre rate di fila si perde casa e tutto ciò che è stato pagato.
Evelyn non vuole più ripercorrere la sua prima vita. La vittoria più grande per lei è stata quella di riabbracciare la legalità, il rispetto per il prossimo e il conforto di tutti quelli che hanno creduto nel suo cambiamento. Evelyn è una cittadina residente in Europa da prima della sentenza definitiva, non si è mai sottratta a una qualsiasi responsabilità. Ha continuato a viaggiare dopo la sentenza definitiva. È stata a Milano nel giugno del 2018, a Torino a fine 2019, con i relativi pernottamenti in hotel. A giugno del 2021 ha viaggiato in Turchia con partenza dal Portogallo.
Un bel giorno, tornata in Italia, l’hanno fermata e portata a Rebibbia. Evelyn è stata giudicata, condannata a cinque mesi e sbattuta in carcere “in nome del popolo italiano” che non era a conoscenza della caduta in prescrizione del suo reato e della sua rinascita a nuova vita.
* detenuto a Rebibbia, Consiglio direttivo di Nessuno tocchi Caino

MARCHE 2022: IL VIAGGIO DELLA SPERANZA CONTINUA
FOSSOMBRONE
martedì 20 settembre
Ore 10 – visita al Carcere

PESARO-URBINO
mercoledì 21 settembre
Ore 10 Visita al Carcere di Pesaro
Ore 15.30 – Conferenza “Carcere: luogo di privazione della libertà e anche della salute e della vita”
Sala del Consiglio Provinciale “W. Pierangeli”,
Pesaro


ANCONA
giovedì 22 settembre
Ore 10 – visita al Carcere di Ancona Montacuto
Venerdì 23 settembre
Ore 10 – visita al Carcere di Ancona Barcaglione
Ore 15:30 – Conferenza “Carcere: discarica sociale o luogo di rieducazione” Tribunale di Ancona, Aula 8.

FERMO-MACERATA
Mercoledì 28 settembre
Ore 10 – visita al Carcere di Fermo
Ore 16 – Conferenza “Carcere: alzare nuove mura o abbattere le vecchie”
Università di Macerata, Dipartimento di Studi Umanistici, Aula Magna.

ASCOLI PICENO
Giovedì 29 settembre
Ore 10 – visita al carcere di Marino del Tronto
Ore 15:30 – Conferenza “Misure alternative per contenere la recidiva”
Palazzo dei Capitani (Sala dei Savi), Piazza del Popolo.


Il Viaggio della speranza nelle Marche è stato organizzato da Nessuno tocchi Caino, dal Coordinamento delle Camere Penali Marchigiane e dall’Osservatorio Carcere dell’UCPI in collaborazione con le Camere Penali di Ancona, Ascoli Piceno, Fermo, Macerata, Pesaro e Urbino.
Per saperne di piu' :

LA GUINEA EQUATORIALE ABOLISCE LA PENA DI MORTE
La Guinea Equatoriale ha abolito la pena di morte, ha annunciato la tv di stato il 19 settembre 2022 citando una nuova legge firmata dal presidente Teodoro Obiang Nguema Mbasogo.
La pena capitale è stata "totalmente abolita" nella nazione dell'Africa centrale ricca di petrolio dopo che il presidente ha firmato un nuovo codice penale, condiviso su Twitter dal vicepresidente.
L'ultima esecuzione ufficiale nel piccolo Paese è avvenuta nel 2014, secondo Amnesty International, ma le ONG internazionali e le Nazioni Unite accusano regolarmente il regime di sparizioni forzate, detenzioni arbitrarie e torture.
"Scrivo in maiuscolo per suggellare questo momento unico: "LA GUINEA EQUATORIALE HA ABOLITO LA PENA DI MORTE ", ha twittato il vicepresidente Teodoro Nguema Obiang Mangue, uno dei figli del presidente e considerato il suo probabile successore.
Un giornalista della tv di Stato ha definito l'evento "storico per il nostro Paese" in un breve annuncio al termine di un telegiornale.
Il provvedimento entrerà in vigore entro i 90 giorni successivi alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dello Stato ed è stato preventivamente approvato dal parlamento, dove tutti tranne uno dei 100 parlamentari rappresentano il partito al governo.
Il presidente Obiang, 80 anni, ha trascorso più di 43 anni al potere, un record mondiale se si escludono le monarchie.
La Guinea Equatoriale possiede notevoli risorse di petrolio e gas, ma la stragrande maggioranza dei suoi 1,3 milioni di abitanti vive al di sotto della soglia di povertà, secondo la Banca Mondiale.
(Fonti: AFP, 19/09/2022)

IRAN: MAHSA AMINI PICCHIATA E UCCISA DALLA POLIZIA PER INOSSERVANZA DELLE NORME SUL VELO ISLAMICO
Mahsa Amini è morta il 16 settembre 2022 in ospedale dopo essere stata picchiata dalla polizia iraniana per inosservanza delle norme sul velo islamico.
La giovane curda, 22 anni, anche soprannominata Jina, o Zhina, era entrata in coma poche ore dopo essere stata arrestata dalla Polizia Morale (un corpo di polizia incaricato di far osservare i precetti morali e di costume della Sharia, una specie di “buoncostume” islamica) il 14 settembre.
Secondo le dichiarazioni di testimoni oculari, la giovane Amini è stata uccisa a causa della violenza usata contro di lei dagli agenti della pattuglia della Polizia Morale.
Considerando i tentativi delle autorità della Repubblica islamica di giustificare questo crimine e ricordando la pratica del governo di coprire altri crimini di stato, Iran Human Rights chiede la formazione di una missione conoscitiva internazionale.
IHR chiede al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite di assumere una posizione forte che costringerà la Repubblica islamica ad accettare una missione conoscitiva sotto la supervisione delle Nazioni Unite.
Il direttore di IHR, Mahmood Amiry-Moghaddam, ha dichiarato: "Indipendentemente dalla causa ufficiale della morte annunciata dalle autorità, la responsabilità dell'omicidio di Mahsa Amini ricade su Ali Khamenei come leader della Repubblica islamica, Ebrahim Raisi come capo del governo, e delle forze di polizia sotto il loro comando”.
Mahsa Amini era una ragazza di 22 anni di Saqqez (Kurdistan) che si era recata a Teheran con la sua famiglia per visitare dei parenti, quando è stata arrestata dagli agenti della Guidance Patrol il 14 settembre. Poco dopo, secondo i resoconti ufficiali, è svenuta all’interno della stazione di polizia di Vozara, ed è entrata in coma.
Secondo le testimonianze dei testimoni, e come si vede in un filmato diffuso sui social, Mahsa è stata picchiata dagli agenti al momento dell’arresto, al momento di essere caricata su un furgone della polizia, e poi probabilmente anche all’interno della stazione di polizia.
Il 15 settembre, la Polizia della Repubblica Islamica ha rilasciato una dichiarazione vaga, sostenendo che Mahsa aveva sofferto di un "problema cardiaco improvviso". Nelle dichiarazioni ai media, la sua famiglia ha sostenuto fermamente che la giovane non avesse problemi di salute, e che fosse sottoposta a forti pressioni da parte delle forze di sicurezza.
L'agenzia di stampa IRIB ha anche affermato che Mahsa fosse svenuta improvvisamente, pubblicando un filmato tratto dalle telecamere di sicurezza della stazione di polizia che, con vistosi tagli, si assume ritragga Mahsa. Tuttavia, le riprese del suo arresto e di ciò che è accaduto nel furgone della polizia devono ancora essere pubblicate.
Ribadendo che la versione degli eventi della Repubblica Islamica è inaffidabile, Iran Human Rights chiede la costituzione di una missione conoscitiva internazionale. La comunità internazionale deve ritenere la Repubblica islamica responsabile dei crimini commessi contro i suoi cittadini.
(Fonte: IHR)

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