Uno dei miei romanzi dell'anno: "Morire in California" di Newton Thornburg (SUR, traduzione e postfazione di Tommaso Pincio)

 

Oggi ero libero. Sono sveglio dalle 2 e mezza di stanotte. Ieri mi sono addormentato verso le 22. Mi sono alzato e ho cominciato a leggere questo romanzo mi ha travolto dall'inizio alla fine. Mi sono preso una breve pausa mattutina ma quasi le 400 pagine sono volate via con un carico di dolore addosso che quando l'ho finito ho bevuto un paio di birre. In testa mi sono saliti come una scarica di violenza, orrore, sogni, follia, ossessione John Wayne/Ethan Edwards in Sentieri Selvaggi di John Ford che cerca per anni la nipote Debbie e George Scott/Jake Van Dorn in Hardcore di Paul Schrader che va a Los Angeles per cercare sua figlia Kristen. Due film e attori e registi che amo alla follia.

Immediatamente questo romanzo entra a far parte dei migliori romanzi letti quest'anno e negli ultimi anni.

Lascio solo le ultime righe della postfazione di Tommaso Pincio:

"Perdere un figlio è certamente una disgrazia che potrebbe capitare a chiunque, come è fin troppo verosimile che chiunque di noi verrebbe travolto dal dolore. Viene però da chiedersi quanto ci sia dell'uomo comune nella reazione di David Hook, nel suo improvvisarsi investigatore al posto della polizia. Sotto questo aspetto, il padre di Morire in California conserva infatti i crismi della letteratura di genere, sembra ancora un personaggio prima che persona, un personaggio che incarna l'americano ideale, l'uomo che si fa da sé e fa da sé, in particolare quando c'è da farsi giustizia. Il romanzo trova tuttavia una sua grandezza e diversità nella dimensione filosofica di chiara discendenza dostoevskiana; vi aleggiano domande che probabilmente ognuno di noi si porrebbe in una situazione analoga, domande che riguardano i delitti e i loro castighi. Perché tanta fame di verità? È davvero impossibile, come pensa Hook, seguitare a vivere senza sapere? Ma soprattutto: qual è il prezzo e quale l'utilità della conoscenza? Sapere come sono andati i fatti potrà restituirci chi abbiamo perduto? E quanto sollievo può concretamente darci la giustizia e fino a che punto la reclamiamo soltanto quale forma socialmente accettabile di vendetta? Sono queste domande - domande che almeno all'inizio il padre di Morire in California non sembra porsi ma che noi lettori vediamo montare già nelle prime pagine per poi deflagrare nello straziante finale del libro - ad aprire una crepa nel personaggio, a renderlo persona, nostro simile, e a fare del romanzo un giallo il cui vero mistero è quel tormento dell'anima chiamato dolore."

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