Nessuno tocchi Caino - ABBATTERE LA COLONNA INFAME: DALLA SARDEGNA UNA LEZIONE

Nessuno tocchi Caino News

Anno 22 - n. 38 - 15-10-2022

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : ABBATTERE LA COLONNA INFAME: DALLA SARDEGNA UNA LEZIONE
2.  NEWS FLASH: ‘IMPAZZIRE: L’UNICA LIBERTA’ CHE TI E’ CONCESSA IN CARCERE’
3.  NEWS FLASH: ARABIA SAUDITA: AMNESTY DENUNCIA RISCHIO DI IMMINENTE ESECUZIONE PER TRE MINORI
4.  NEWS FLASH: GIORNATA MONDIALE CONTRO LA PENA DI MORTE: LE UCCISIONI EXTRAGIUDIZIALI IN IRAN
5.  NEWS FLASH: SINGAPORE: ONG RENDE NOTA UNDICESIMA ESECUZIONE DA INIZIO ANNO
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA : ROMA: 15 OTTOBRE MANIFESTAZIONE DAVANTI AMBASCIATA IRANIANA


ABBATTERE LA COLONNA INFAME: DALLA SARDEGNA UNA LEZIONE
Antonio Coniglio su Il Riformista del 14 ottobre 2022

In quei luoghi cinti dalle querce di sughero, ove la natura mai esanime sa sempre accogliere e perdonare lo straniero che abbracci l’isola, pare fosse sorto una volta un tempio consacrato a Castore e Polluce, i dioscuri nati per andare in soccorso di chiunque avesse bisogno. Proprio in quelle campagne nel cuore della Gallura, nelle quali avevano modellato il proprio nido d’amore, Fabrizio De André e Dori Ghezzi vennero sequestrati e trasferiti sulle alture impervie del Supramonte. Ne nacque una delle liriche più intime e struggenti di sempre: “Hotel Supramonte”. Perché finanche una prigione può divenire luogo ospitale e un’esperienza drammatica tramutarsi in un magnifico gioco di bassi, archi e violini. Il segreto è capire, comprendere, ascoltare. Se capita anche perdonarsi, perdonare, a guisa di ciò che fece il cantautore genovese con quei malcapitati banditi sequestratori.
È l’elogio della giustizia riparativa, che sa ri-cucire, prendersi cura, scacciare l’odio e la vendetta, ritrovare la verità e rimettere a posto le cose. La condizione è che si sappiano “cambiare le lenti”, come insegnava Howard Zehr, e si capisca, una volta per tutte, che non vale proprio la pena accontentarsi di un diritto penale migliore ma occorre radbruchianamente uscire da una visione carcero centrica, reo centrica, andando alla disperata ricerca di “qualcosa di meglio del diritto penale”. Si salvano vite, di uomini e di interi popoli. Cosa sarebbe stata invero la Storia se Nelson Mandela, come il Conte di Montecristo, fosse stato irretito dai tarli di Robben Island, e non avesse ricostruito il nuovo Sudafrica intorno a una giustizia capace di curare le ferite? Se il mondo fosse una eterna Norimberga, una sequenza di tribunali speciali, un vortice senza fine di retribuzione, un anelito mortifero e impenitente alla legge del taglione? Cosa sarebbe stata per esempio la storia del Sudafrica se si fosse scelto di punire gli aguzzini dell’apartheid secondo una logica uguale e contraria o, all’opposto ma con le medesime conseguenze nefaste, si fosse ritenuto di dare un colpo di spugna irenista, rinunciando alla verità senza la quale non si può ritornare pienamente alla vita?
La giustizia riparativa è un percorso eracliteo, mai coatto, impregnato di fatica e di coraggio. Serve rinunciare alla dea bendata, a quella giustizia ieratica e impersonale incapace di ascoltare le vittime e di accompagnare i carnefici in un reale percorso di assunzione di responsabilità. È l’opposto della “Colonna infame” che finge di ascoltare l’altro, offrendo il sangue dell’autore del reato, trasformando infine quest’ultimo in un mero strumento di indagine, riducendo tutto alla colpa e al martirio. È capitato, per uno strano gioco del destino, che in quei luoghi della Sardegna, colorati di verde e marrone, a Tempio Pausania – ove De André seppe scacciare la vendetta barbaricina – si sappia declinare quotidianamente la giustizia riparativa. Tempio Pausania, come riconosciuto dalla ministra Cartabia a giugno, è un modello: la prima città riparativa d’Italia, una delle sei città riparative d’Europa.
Protagonista di questo percorso straordinario, capace di legare comunità e carcere, è una donna penetrante e passionale che insegna psicologia giuridica all’università di Sassari: Patrizia Patrizi. È capitato pure che la professoressa Patrizi, iscritta a Nessuno tocchi Caino, sia stata appena nominata a capo del Comitato Esecutivo del Forum Europeo di Giustizia Riparativa. Proprio la Sardegna – da Tempio Pausania a Sassari, da Nuoro a Oristano e a Cagliari – è stata una delle tappe del “viaggio della speranza” di Nessuno tocchi Caino nel 2022. Il logos illuministico di Patrizia Patrizi dalla Sardegna si irradia allora in Europa. È rivolto a costruire un mondo olistico, in grado di disfare l’ingiustizia e di superare le separazioni, ove responsabilità è accountability – non rispetto della norma positiva fine a sé stessa ma consapevolezza delle conseguenze sociali delle proprie azioni. Dove verità forensi, narrative, degli autori dei reati e delle vittime, si incontrano nell’ascolto. Perché il mondo ha un disperato bisogno di dialogo, di “Spes contra spem”, di sperare contro ogni speranza.
Con un approccio diabolico, che divide, che riduce la vita alle categorie del manicheismo, tutto sarebbe hobbesianamente “bellum omnium contra omnes”: una guerra di tutti contro tutti. “Due famiglie disarmate di sangue si schierano a resa e per tutti il dolore degli altri è dolore a metà”, cantava tristemente De André in “Disamistade”. “Disamistade” in sardo significa faida, inimicizia. Giustizia riparativa è invece quella rivoluzione culturale copernicana che sostituisce ai codici barbaricini, alle tavole della legge, patto di non indifferenza, amore e nonviolenza. È consegnare agli altri la nostra storia, quella luminosa e quella buia. Costruendo un mondo, come fece Sergio D’Elia all’Ergife Hotel quando consegnò Prima Linea al Partito Radicale, che ci restituisca una tecnica della speranza e una educazione sentimentale. Al servizio della vita.

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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

‘IMPAZZIRE: L’UNICA LIBERTA’ CHE TI E’ CONCESSA IN CARCERE’
Raffaella Stacciarini su Il Riformista del 14 ottobre 2022

Ogni volta come la prima. La prima cosa a cambiare quando si mette piede in un carcere è la luce: si entra in un mondo altro illuminato da una luce diversa, livida e parassita, che s’attacca alle pareti, agli oggetti, alle persone. Impregna e uniforma tutto.
A fine settembre con Nessuno tocchi Caino, Cellula Coscioni Marcuzzo e i rappresentanti delle camere penali di Ascoli Piceno siamo entrati nella Casa Circondariale di Marino del Tronto (Ascoli Piceno), ultima tappa del “Viaggio della speranza” negli istituti penitenziari marchigiani per verificare le condizioni di detenzione e fornire ai detenuti dettagli sulla recente circolare sui colloqui diramata da Carlo Renoldi, capo del DAP.
Nel microcosmo del carcere cambia la luce, ma non la società, che si traspone netta nella separazione tra le sezioni: la media sicurezza sovraffollata da storie di disperazione e povertà, e quindi tossicodipendenti e stranieri; l’articolazione salute mentale che cura (poco e male) chi dovrebbe essere curato altrove; la sezione protetti che protegge i detenuti dimenticandoli; l’alta sicurezza popolata per lo più da persone compassate e preparatissime, come se in qualche modo subdolo il male fosse correlato al livello culturale o spingesse ad accrescerlo per fronteggiare vita e processi.
Nel penitenziario di Marino del Tronto poco o nulla resta di quel ventaglio di attività propedeutiche al reinserimento sociale e alla riparazione del reato presenti fino a cinque anni fa: i percorsi di alfabetizzazione per stranieri, la scuola media e il biennio superiore, i corsi professionali, la pet therapy, il teatro, il cineforum, l’orto sociale interno, le giornate ecologiche.
Oggi nessuna attività formativa, nessun accesso allo studio, scarse e mal retribuite possibilità di lavoro interno, celle con sei persone progettate per tre, celle per una persona con una persona che ha due ore d’aria al giorno, l’aria di un corridoio coperto da un reticolato che riflette l’ombra dell’acciaio – pure l’ombra ti ricorda dove sei. Rimangono cappella e palestra, simulacri spaziali dell’espiazione del peccato e della produzione di endorfine funzionali a una più sopportabile sopravvivenza.
Come si fa a convivere col nulla, e di quello vivere per tutta la durata della detenzione? A chi o a cosa serve? Di certo non alle finalità rieducative e riabilitative della pena stabilite in maniera chiara dalla nostra Costituzione. Né alla società né al reo. «L’unica libertà che il carcere concede è quella di impazzire», dice un detenuto della media sicurezza.
Quello di Ascoli è un caso critico – acuito dalla presenza/assenza di una direttrice sostituta che ha già la guida dell’istituto di Fermo e dal personale penitenziario perennemente sotto organico – ma simboleggia la spia di un malessere generalizzato e diffuso.
Per le carceri italiane il bilancio del 2022 è tragico, mai tanti suicidi come nei primi nove mesi dell’anno: 67 persone si sono tolte la vita, di queste 3 a Marino del Tronto; l’ultimo in piena estate, ad agosto, un ragazzo di 37 anni da poco dimesso dal reparto psichiatrico dell’ospedale di San Benedetto del Tronto dopo l’ennesimo tentativo di farla finita.
A morire sono per lo più giovani dietro le sbarre per reati minori o in condizioni di fragilità psicofisica. Con la chiusura degli OPG, infatti, una grossa mole di detenuti con patologie psichiatriche è stata dirottata negli istituti, un travaso che ha svelato nel tempo l’inadeguatezza dei livelli essenziali di assistenza da parte del sistema penitenziario. Con loro fanno il paio i detenuti tossicodipendenti, che rappresentano circa il 30% del totale e hanno difficile accesso alle misure alternative, peraltro spesso inadeguate al corretto trattamento sanitario, rischiando di compromettere il percorso di recupero sociale dell’individuo.
Nonostante la situazione di per sé emergenziale, il futuro sulla carta non sembra promettere alleggerimenti della popolazione carceraria. Giorgia Meloni ha rimarcato la necessità della certezza della pena, si è già dichiarata contraria ad amnistia e indulto e per risolvere il problema sovraffollamento – che in Italia sfiora il 108% - ha rilanciato la popolarissima e antipopolare proposta di costruire nuove strutture per la detenzione, senza spiegare con quali fondi, in quali tempi e dove. La certezza della pena c’è sempre, è sulla sua umanità e sui diritti chiusi in cella che bisogna continuare a vigilare.

ARABIA SAUDITA: AMNESTY DENUNCIA RISCHIO DI IMMINENTE ESECUZIONE PER TRE MINORI
Tre minorenni al momento del reato rischiano di essere presto impiccati in Arabia Saudita, ha denunciato Amnesty International in occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte del 10 ottobre.
Negli ultimi mesi – precisa Amnesty - un tribunale d’appello ha confermato le loro condanne a morte, emesse al termine di processi gravemente irregolari.
Nel febbraio di quest’anno la Commissione saudita per i diritti umani aveva comunicato ad Amnesty International che le esecuzioni per “reati commessi da minorenni” erano state sospese e che tutte le condanne a morte di questo genere erano state commutate.
“Condannare a morte per reati commessi a un’età inferiore a 18 anni è una chiara violazione del diritto internazionale dei diritti umani. Le autorità saudite hanno promesso di porre fine all’uso della pena di morte in casi del genere, ma in realtà almeno tre giovani rischiano che sia posta fine alla loro breve esistenza”, ha dichiarato Diana Semaan, direttrice ad interim di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.
“Chiediamo al re dell’Arabia Saudita di non ratificare le loro condanne a morte, sospendere tutte le esecuzioni in programma e ordinare nuovi processi che siano in linea con gli standard internazionali e che non terminino con nuove condanne a morte”, ha aggiunto Semaan.
Tra giugno e ottobre, i tribunali sauditi hanno confermato le condanne a morte di Jalal al-Labbad, Abdullah al-Darazi e Abdullah al-Huwaiti.
In particolare, la condanna capitale di al-Labbad è stata confermata il 4 ottobre.
Altri due imputati, attualmente sotto processo, rischiano lo stesso verdetto. In tutti e cinque i casi, l’età del presunto reo era compresa tra 14 e 18 anni.
Dopo l’arresto, i cinque giovani sono stati tenuti in isolamento anche per periodi di nove mesi e per tutta la durata del carcere preventivo non hanno avuto accesso agli avvocati. Quattro di loro hanno subito torture affinché rendessero una “confessione”.
Quattro dei cinque prigionieri appartengono alla minoranza sciita della Provincia Orientale. Sono stati condannati o sono accusati di reati di terrorismo per aver preso parte a manifestazioni anti-governative o aver partecipato ai funerali di persone uccise dalle forze di sicurezza.
(Fonti: AI, 10/10/2022)
Per saperne di piu' :

GIORNATA MONDIALE CONTRO LA PENA DI MORTE: LE UCCISIONI EXTRAGIUDIZIALI IN IRAN
L'omicidio arbitrario di Daryoush Alizadeh, avvenuto l'8 ottobre 2022 nella città iraniana di Sanandaj, è stato scioccante nel senso che stava suonando il clacson della sua auto a sostegno dei manifestanti. Poi, all'improvviso, una agente gli ha sparato alla testa. In un incidente simile a Mashhad una giovane donna ha perso la vita dopo essere stata colpita al collo da un agente.
I due incidenti rendono evidente la cruda realtà in Iran, dove il regime al potere non si preoccupa minimamente della vita delle persone. Daryoush Alizadeh e la donna non identificata a Mashhad sono state vittime di omicidi arbitrari in Iran, una pratica comune.
Alla vigilia della giornata mondiale contro la pena di morte, Iran HRM desidera richiamare l'attenzione sulla triste realtà degli omicidi arbitrari in Iran, che supera di gran lunga il numero delle esecuzioni compiute nelle carceri. Sebbene anche le condanne a morte eseguite su verdetti ufficiali siano esse stesse considerate arbitrarie a causa di processi e procedure legali non eque.
L'alto numero di condanne a morte in Iran ha sempre suscitato grande preoccupazione. Tuttavia, l'aumento del numero di esecuzioni nel 2022 è particolarmente allarmante. 450 esecuzioni da gennaio a settembre 2022, 366 esecuzioni nel 2021 e 225 nel 2020.
Continuano a mancare dati ufficiali sul numero totale di condanne a morte comminate e sul numero di esecuzioni compiute. La maggior parte dei reati puniti con la pena di morte non supera la soglia dei "reati più gravi", "che riguardano solo i reati di estrema gravità che comportano uccisioni intenzionali".
Le sostanziali carenze del quadro giuridico e del sistema giudiziario, che non soddisfano i requisiti degli articoli 6 e 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici al diritto alla vita e al diritto a un equo processo, e di conseguenza rendono la maggior parte se non tutte le esecuzioni in Iran una privazione arbitraria della vita.
Nel suo rapporto al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite nel luglio 2022, il professor Javaid Rehman, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Iran, ha scritto: "l'entità della privazione arbitraria della vita nella Repubblica islamica dell'Iran è fonte di seria preoccupazione. Da un lato, il quadro giuridico nazionale giustifica l'arbitraria privazione della vita in alcuni settori, come i vasti motivi per l'imposizione della pena di morte e l'uso della forza da parte delle forze di sicurezza in modi incompatibili con il diritto internazionale.
“In altri ambiti, le violazioni sono il risultato di pratiche e atti contrari allo stesso quadro giuridico nazionale, come il ricorso alla tortura, la mancanza di accesso tempestivo alle cure mediche in detenzione e la mancata adozione di misure adeguate a far fronte alle condizioni generali della società che possono dar luogo a minacce dirette alla vita o impedire alle persone di godere del loro diritto alla vita con dignità”.
Oltre alle uccisioni perpetrate nelle carceri, le forze di sicurezza dello Stato e le forze dell'intelligence hanno il via libera per aprire il fuoco su civili disarmati in qualsiasi momento.
Nel caso delle recenti proteste in Iran, la maggior parte delle persone uccise o ferite è stata colpita alla testa o al torace, il che indica l’intenzione di uccidere da parte delle forze statali, che è una violazione dei diritti umani fondamentali.
Anche nelle proteste del novembre 2019, l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, aveva osservato lo stesso schema nel prendere di mira i manifestanti.
Nella sua dichiarazione del 6 dicembre 2022, la signora Bachelet ha affermato di aver ricevuto rapporti dall'Iran che indicavano che "le forze di sicurezza sparavano alle spalle di manifestanti disarmati mentre stavano scappando e sparavano ad altri direttamente in faccia e agli organi vitali, in altre parole sparavano per uccidere. Si tratta di chiare violazioni delle norme e degli standard internazionali sull'uso della forza e gravi violazioni dei diritti umani".
Occorre aggiungete a questi, i numerosi casi in cui le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco su facchini, trasportatori di carburante, venditori ambulanti, ecc.
Questa è stata la prassi del regime iraniano da molti anni, che deve essere affrontata dalla comunità internazionale e dai difensori dei diritti umani e dalle organizzazioni.
In questa giornata mondiale contro la pena di morte, Iran HRM coglie l'opportunità per invitare funzionari ed esperti competenti a prendere provvedimenti urgenti per fermare le uccisioni arbitrarie in Iran, che privano i cittadini iraniani del loro diritto alla vita.
(Fonte: iran-hrm, 09/10/2022) 

SINGAPORE: ONG RENDE NOTA UNDICESIMA ESECUZIONE DA INIZIO ANNO
Singapore ha impiccato un detenuto il 7 ottobre 2022, hanno reso noto attivisti locali contro la pena di morte. Si tratta dell’11° persona giustiziata da inizio anno nella città-stato del sud-est asiatico.
“Un'esecuzione è avvenuta oggi a Singapore. I nostri pensieri e la nostra solidarietà sono con i cari della persona giustiziata", ha twittato l'ONG locale Transformative Justice Collective, che mantiene i contatti con i parenti di alcuni condannati a morte e registra le esecuzioni, che non sono annunciate dalle autorità.
“La pena di morte non ripara i danni né protegge le persone; provoca solo più angoscia e sofferenza. Chiediamo una moratoria immediata delle esecuzioni a Singapore, in vista dell'abolizione", ha affermato all'inizio di questa settimana.
Con quest'ultima esecuzione il numero dei detenuti messi a morte quest'anno è salito a 11, tutti da marzo, un ritmo senza precedenti da più di un decennio nella città-stato, che ha suscitato critiche da parte delle Nazioni Unite e della comunità internazionale .
Secondo la coordinatrice del Transformative Justice Collective Kirsten Han, questo tasso di esecuzioni - tutte per traffico di droga - non si vedeva almeno dal 2010 e le cifre annuali erano in diminuzione dai massimi degli anni '90, quando le impiccagioni potevano superare le 70 all’anno.
Gli attivisti avvertono che ci sono ancora più di 50 persone nel braccio della morte, saturato a causa del blocco delle esecuzioni nei primi due anni della pandemia di Covid-19, che ora si traduce in un'accelerazione delle impiccagioni.
(Fonti: EFE, 07/10/2022)

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I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA


ROMA: 15 OTTOBRE MANIFESTAZIONE DAVANTI AMBASCIATA IRANIANA

Nessuno tocchi Caino con il Partito Radicale manifesta a sostegno del popolo iraniano e delle donne iraniane. La manifestazione si svolge sabato 15 ottobre alle ore 17:00 davanti l’Ambasciata iraniana, via Nomentana 361, a Roma.


VOGHERA: 21 OTTOBRE CONFERENZA ‘BASTA MORTE PER PENA!’

Venerdì 21 ottobre 2022 ore 17:00 Sala Convegni “Maffeo Zonca”, palazzo “Ex Anagrafe”, via Emilia 6 a Voghera.
Conferenza di Nessuno tocchi Caino e della Camera Penale di Pavia
BASTA MORTE PER PENA!

Saluti
Paola Garlaschelli – Sindaco di Voghera / Daniele Salerno – Presidente del Consiglio comunale di Voghera / Daniele CEI – Presidente Camera Penale di Pavia

Modera
Umberto Baccolo – Consiglio Direttivo di Nessuno tocchi Caino

Intervengono
Nicola Affronti – Capogruppo UDC Voghera / Alberto Assanelli – Vice Presidente Camera Penale di Pavia / Marcello Bergonzi Perrone – Avvocato, coordinatore municipio 5 Azione Milano / Rita Bernardini – Presidente di Nessuno tocchi Caino / Mariarosa Carisano – Past President Camera Penale di Pavia / Valeria Chioda – Vice Presidente Camera Penale di Pavia / Sergio D’Elia – Segretario di Nessuno tocchi Caino / Eleonora Grossi – Delegato Carcere del Direttivo Camera Penale di Pavia / Francesca Timi – Direttivo della Camera Penale di Pavia / Aurelio Torriani – Assessore al Bilancio ed ex Sindaco di Voghera / Elisabetta Zamparutti – Tesoriere di Nessuno tocchi Caino

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