Nessuno tocchi Caino - CANCELLATA LA PENA CAPITALE, IL DONO DI NATALE DELLO ZAMBIA

Nessuno tocchi Caino news

Anno 22 - n. 49 - 31-12-2022

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : CANCELLATA LA PENA CAPITALE, IL DONO DI NATALE DELLO ZAMBIA
2.  NEWS FLASH: CONVIENE A TUTTI SE DAL CARCERE USCIAMO MIGLIORI DI PRIMA
3.  NEWS FLASH: IL MINISTRO DEGLI ESTERI TAJANI CHIEDE ALL’IRAN DI FERMARE ESECUZIONI E REPRESSIONE
4.  NEWS FLASH: CARCERE: NESSUNO TOCCHI CAINO, CONTINUA IL VIAGGIO DELLA SPERANZA NEI LUOGHI DI PENA
5.  NEWS FLASH: RD CONGO: TRIBUNALI MILITARI CONFERMANO NOVE CONDANNE A MORTE
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


CANCELLATA LA PENA CAPITALE, IL DONO DI NATALE DELLO ZAMBIA
Sergio D’Elia su Il Riformista del 30 dicembre 2022

La legge che abolisce per sempre, non solo l’uso, ma il pensiero stesso della forca in Zambia è arrivata come regalo di Natale ai detenuti del braccio della morte. Quale modo migliore per festeggiare la Natività, la venuta al mondo dell’uomo delle buone novelle? “Non giudicare!”, ha detto, per non incatenare vittime e carnefici al ciclo assurdo della vendetta, del delitto e del castigo, della violenza e della pena. “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”, ha ammonito, per non ridurre i rapporti umani a storie di lapidazioni e il mondo a un mucchio di sassi. “Non uccidere”, ha esortato, neanche in caso di legittima difesa.
L’abolizione della pena di morte segna la vera fine dell’era coloniale. Lo Zambia restituisce al suo conquistatore quel che non era mai stato parte della propria cultura e tradizione millenarie. I coloni inglesi erano arrivati all’inizio del secolo scorso invertendo il senso di marcia, imponendo punizioni corporali, costruendo penitenziari e marchingegni patibolari. Degli usi e costumi dell’epoca rimane ora solo la guida a sinistra sulle strade, mentre il retaggio più sinistro, la forca eretta nel carcere di Mukobeko, è stato smantellato per sempre.
“Un inferno in terra” l’aveva definita un Presidente dopo aver visitato la prigione qualche anno fa. Quando l’ho visitata io, nel braccio della morte erano ammassate centinaia di condannati. Ne ho visti anche sei in una cella destinata in origine a ospitarne uno. Non avevo mai visto concentrato in uno spazio così ristretto e contro le leggi elementari della fisica e sulla dignità umana un tale carico di corpi e di sofferenza. Il pavimento della cella risultava completamente coperto dai due materassi stesi per terra. Dormire lì era una sfida e i detenuti erano costretti a fare i turni. Per la notte come bagno c’era solo un bugliolo da svuotare ogni mattina. Come rancio, una volta al giorno, sempre la stessa “sbobba” di fagioli, riso, polenta o pesce fritto. In una tale promiscuità la malattia di uno – tubercolosi, scabbia o Aids – diventava il destino di tutti. Con l’abolizione della pena di morte è stato abolito anche questo padiglione della morte. Rimane anc
 ora il carcere di Mukobeko. Il nome, nella lingua locale, significa “punizione”. In effetti, varcare la porta del carcere, anche solo per visitarlo, è una pena intollerabile.
Da quando lo Zambia è diventato indipendente nel 1964, sono state impiccate 53 persone. L’ultima volta nel gennaio 1997, quando l’ex Presidente Chiluba mandò alla forca otto detenuti nello stesso giorno. Da allora lo Zambia non ha giustiziato più nessuno grazie a una serie di moratorie e perdoni presidenziali inaugurati da Levy Mwanawasa, un cristiano battista convinto abolizionista. “Le persone non possono essere mandate al macello come fossero polli,” ha detto. Per questo nel 2004 gli abbiamo conferito il Premio “L’abolizionista dell’Anno”. La linea di Mwanawasa è stata poi confermata dai suoi successori Rupiah Banda, Michael Sata ed Edgar Lungu che si sono sempre rifiutati di firmare decreti di esecuzione, commutando centinaia di condanne a morte.
Il dono della vita offerto a Natale ai condannati a morte è anche merito nostro. Come “Nessuno tocchi Caino” e un po’ anche per conto del Signore che “pose su Caino un segno perché non lo colpisse chiunque lo avesse incontrato”, in Zambia siamo tornati più volte negli anni successivi per sostenere la linea del Governo a favore della moratoria delle esecuzioni in vista dell’abolizione della pena di morte.
L’attuale Presidente, Hakainde Hichilema, conosce bene il carcere di Mukobeko.
Nel 2017, accusato di tradimento, aveva trascorso centoventisette giorni in un camerone con oltre cento detenuti, dormendo sul pavimento e senza accesso a un bagno. Dal sottoterra infernale di Mukobeko è salito al palazzo più alto del Paese, ma non ha dimenticato la straziante situazione dei suoi ex compagni di sventura.
Per “contrastare il sovraffollamento delle carceri”, ha preso a graziare condannati e commutare pene. L’ultima volta, nel maggio scorso, ne ha graziati 2.045 e ne ha commutate 807.
Per progredire in direzione dello stato della vita e del diritto aveva promesso anche di chiudere il braccio della morte e di emendare il Paese dalle leggi arcaiche e antidemocratiche. Dopo sei mesi ha mantenuto la promessa.
Alla vigilia di Natale ha firmato l’abolizione della pena capitale e cancellato anche il reato “coloniale” di vilipendio nei confronti del capo dello Stato.
È la parabola felice di un Paese dove non abita più Caino. È anche una lezione di civiltà per il nostro dove, invece, si ragiona all’incontrario. Dove si fa di tutto per affollare le carceri, mantenere leggi arcaiche e regredire dallo Stato di Diritto.
Dove si ignora l’appello del Papa per un atto di clemenza natalizio e si maledice la Natività carcerando 700 “semiliberi”, ribadendo il “carcere duro” e il “fine pena mai”, la pena fino alla morte.

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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

CONVIENE A TUTTI SE DAL CARCERE USCIAMO MIGLIORI DI PRIMA
Massimo Zanchin* su Il Riformista del 30 dicembre 2022

Crediti e debiti, bene e male, vittime e prigionieri. È ora che finisca il tempo della bonaccia. È arrivato il tempo di capire che siamo sulla stessa barca, è arrivato il tempo di issare le vele perché, ne sono certo, è questo il tempo di un vento nuovo, il vento portatore di una vera e nuova giustizia. Deve finire il tempo dell’afflizione, della punizione come unico mezzo di deterrenza e giustizia. Deve finire il tempo dei luoghi comuni, dei pregiudizi, delle umiliazioni, delle pene e delle torture.
La fase esecutiva di una pena parte dal dispositivo di condanna. Sul mio dispositivo vi è questa frase: “si condanna il reo al fine pena MAI”. Il MAI scritto in stampatello maiuscolo, in grassetto. Ora: il giudice pretende un po’ troppo. Insomma, avesse scritto “fino all’ultimo respiro”, la condanna poteva essere attuabile, a meno che quel giudice sia convinto che esistano carceri anche nell’aldilà, e che nel giorno del mio trapasso possa sostituirsi a Dio sedendo sull’assise per giudicarmi di nuovo. A mio avviso, quel giudice nel dispositivo non avrebbe dovuto scrivere “si condanna alla pena”, quanto piuttosto “al miglioramento”.
Un crimine, anche se commesso per vendetta, viene comunque perseguito attraverso la legge. Se togli la vita a una persona, anche se per vendetta, rimane sempre un crimine. Allo stesso modo, se ti appropri della vita di una persona, anche se per vendetta, crimine resta. Quando un giudice condanna al fine pena MAI, trasforma una richiesta di giustizia da parte della comunità in un vero e proprio crimine di vendetta: persegue un crimine commettendo un altro crimine. La differenza è solo una. Lo Stato si sente legittimato in forza del 4bis, quindi il suo è un crimine non punibile (anche se lo stesso 4bis è stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale).
Pensateci: in Iran è legittimo soffocare le proteste pacifiche con l’uso della forza più spietata e disumana, arrivando persino a uccidere i manifestanti. Ma, pur se legittimo, non vuol dire che sia giusto. Non sempre la legittimità può dare la licenza di commettere un crimine contro un essere umano. E quando un giudice dispone quella pena firma sì, con il suo nome, ma lo fa anche a nome vostro, a nome della comunità. Vestendosi con abiti da sadico assetato di vendetta, quel giudice crede di farsi interprete del desiderio della comunità di voler infliggere pene e torture al reo per tutti i giorni che vivrà come risarcimento per il torto subito. È questo il vero senso di giustizia che serve, che è utile al vostro bene? Ma da quando il vostro bene può essere figlio del male?
I prigionieri che hanno sbagliato, o ritenuti tali, sono vostri, sono esseri umani che vi appartengono, ed è un vostro diritto vi vengano restituiti migliori di prima. Lo Stato ve lo deve. È ora che finisca il tempo delle strumentalizzazioni per mantenere in vita l’utilitaristico allarme sociale. È ora di finirla di spacciare la propaganda della vendetta come unico mezzo per la lotta alla mafia. Il fenomeno del male non si può abolire, tantomeno si può convertire in bene con la tortura. Il male si esprime attraverso le persone, ed è trasformando e migliorando le persone che lo si può isolare e sconfiggere, sottraendogli i suoi strumenti. Date, piuttosto, ai prigionieri mezzi e occasioni di fiducia affinché diventino esseri umani migliori. L’attuale metodo è anacronistico. Non ci appartiene più. Questo è il tempo per sviluppare un pensiero nuovo, che mira a trasformare lo scarto in materia prima, le persone in esseri umani.
E ai parenti delle vittime cosa raccontiamo? Dove li mettiamo? Quale conforto si può dare alla sofferenza per l’ingiustizia subita? Io credo che il male, quando aggredisce e distrugge le nostre vite, non ha volto. E non sarà dalle pene altrui che avremo beneficio per noi. Una cosa è la giustizia, un’altra la vendetta. Comprendo e rispetto la sofferenza di chi ha subito un torto, e bisogna vestirsi di coraggiosa umiltà per poterlo sinceramente abbracciare. Si sa, non possiamo modificare il passato, ma scegliere come andare avanti sì, e una scelta giusta è giusta davvero solo quando è libera, e per essere libera è utile avere tutto il nutrimento informativo e formativo.
La vera forma del male è l’atto, non la persona che compie quell’atto. Ed è per questo che si deve migliorare per elevare l’animo del reo, perché un giorno possa riabbracciare la comunità che ha ferito, e la comunità sia pronta ad accogliere quell’abbraccio. Lo stato ha il dovere di mettere in atto questo
approccio, ha il dovere di fornire gli strumenti che rendano possibile quell’abbraccio, interrompendo una propaganda dell’afflizione come unico mezzo di giustizia. Il terreno è fertile, ne sono certo. Questo è il momento di essere padri del nostro tempo, il momento giusto per gettare il seme del cambiamento, il momento per fondare una giustizia nuova.
* Ergastolano detenuto a Opera
Per saperne di piu' :

IL MINISTRO DEGLI ESTERI TAJANI CHIEDE ALL’IRAN DI FERMARE ESECUZIONI E REPRESSIONE
Antonio Tajani, da Ministro degli Esteri, dà continuità e concreta attuazione al suo ultradecennale impegno per la moratoria delle esecuzioni capitali in vista dell'abolizione della pena di morte. Con Nessuno tocchi Caino ci siamo trovati insieme, e ancora lo siamo, nel difendere la vita, con la libertà e la democrazia.
Ha fatto bene Antonio Tajani a convocare l'Ambasciatore iraniano a Roma per chiedergli la sospensione delle condanne a morte, il blocco immediato delle esecuzioni, la sospensione della repressione violenta delle manifestazioni e anche l'apertura di un dialogo con i manifestanti. Quanto accade in Iran, per anni primatista mondiale per numero di esecuzioni, bene spiega come nei Paesi in cui principalmente si concentra la pena di morte, cioè quelli illiberali e totalitari, la soluzione definitiva del problema, più che alla lotta contro la pena di morte, attiene alla lotta per la democrazia, l’affermazione dello stato di diritto, la promozione e il rispetto dei diritti politici e delle libertà civili.
(Fonti: NTC, 29/12/2022)

CARCERE: NESSUNO TOCCHI CAINO, CONTINUA IL VIAGGIO DELLA SPERANZA NEI LUOGHI DI PENA
Finisce il 31 dicembre del 2022 con la visita a Regina Coeli e ricomincia il 2 gennaio del 2023 con il Laboratorio “Spes contra Spem” a Opera il “Viaggio della speranza” nei luoghi di pena organizzato da Nessuno tocchi Caino (presenti i dirigenti Rita Bernardini, Sergio D’Elia, Elisabetta Zamparutti, Roberto Giachetti e Umberto Baccolo) in collaborazione con le Camere Penali.
Il giro nei primi giorni del nuovo anno prevede tappe anche negli istituti di Novara, Torino, Varese, Busto Arsizio e Parma dove, nelle intenzioni degli organizzatori, il “visitare i carcerati” non è solo un’opera di misericordia, ha lo scopo anche di ascoltarli, verificare le loro condizioni di vita materiale e raccontarle, ma soprattutto infondere fiducia e speranza in chi rischia di prevalere sfiducia e disperazione, come testimonia il numero dei suicidi che nel 2022 hanno raggiunto livelli mai visti nella storia italiana.
Dopo le visite in carcere si svolgeranno conferenze nel corso delle quali verranno presentati i risultati e le proposte di superamento di una realtà, quella carceraria, che sempre più appare fuori controllo, fuori legge, fuori dal tempo e fuori dal mondo.
Questo è il calendario delle visite in carcere e delle iniziative programmate:

ROMA - Sabato 31 dicembre 2022
Ore 21 - Visita al Carcere di Regina Coeli
Con Rita Bernardini, Roberto Giachetti, Alessandra Impallazzo.

MILANO - Lunedì 2 gennaio 2023
Ore 14 – 16, Carcere di Opera: Laboratorio “Spes contra spem”.

NOVARA - Martedì 3 gennaio 2023
Ore 11 - Visita al Carcere di Novara
Con Rita Bernardini, Sergio D’Elia, Elisabetta Zamparutti, Umberto Baccolo, Roberto Casonato, Ermir Lushnjari, Alessandro Brustia, Federico Celano, Teresa Luana Nigito, Maria Giovanna Fadda.
Ore 15:30 - Conferenza stampa presso lo studio dell'avv. Alessandro Brustia, Presidente della Camera Penale di Novara, Via Fratelli Rosselli 4.

TORINO - Mercoledì 4 gennaio 2023
Ore 11 - Visita al Carcere di Torino-Lorusso e Cotugno
Con Rita Bernardini, Sergio Rovasio, Sergio D'Elia, Elisabetta Zamparutti, Umberto Baccolo, Edmondo Bertaina.

VARESE - Giovedì 5 gennaio 2023
Ore 11 - Visita al Carcere di Varese
Con Rita Bernardini, Sergio D’Elia, Elisabetta Zamparutti, Umberto Baccolo, Mauro Guglielmini, Ermir Lushnjari, Gianluca Franchi, Fabio Margarini. Sarà presente la deputata di Italia Viva Maria Chiara Gadda.
Ore 16 – Conferenza “Basta morte per pena!”, Palazzo Estense (Sala consiliare)
Con Davide Galimberti, Fabio Margarini, Roberta Manfroi, Gianluca Franchi, Rita Bernardini, Maria Chiara Gadda, Sergio D’Elia, Don Giuseppe Pelegatta, Umberto Baccolo, Elisabetta Zamparutti.

BUSTO ARSIZIO - Venerdì 6 gennaio 2023
Ore 11 - Visita al Carcere di Busto Arsizio
Con Rita Bernardini, Sergio D’Elia, Elisabetta Zamparutti, Umberto Baccolo, Mauro Guglielmini, Ermir Lushnjari, Samuele Genoni, Lorenzo Parachini, Cristina Toffolo De Piante, Mercedes Ariza. Sarà presente la deputata di Italia Viva Maria Chiara Gadda e il Cappellano David Maria Riboldi.

PARMA - Sabato 7 gennaio 2023
Ore 11 - Carcere di Parma: Laboratorio “Spes contra spem”.

Per informazioni
335 8000577

RD CONGO: TRIBUNALI MILITARI CONFERMANO NOVE CONDANNE A MORTE
Otto militari e un civile hanno ricevuto la conferma delle condanne a morte nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo, in base a documenti giudiziari diffusi il 27 dicembre 2022.
In un caso presso l'Alto tribunale militare di Bunia, due colonnelli, altri tre soldati e un civile il 26 dicembre sono stati condannati alla pena capitale per l'omicidio di due lavoratori cinesi del settore dell’estrazione dell’oro.
Tutti gli imputati sono stati giudicati colpevoli di omicidio e associazione a delinquere, compresi i colonnelli Mukalenga Tsendeko e Kayumba Sumahili.
Altri tre soldati che nello stesso caso erano stati condannati a 10 anni di carcere sono stati assolti.
I due ufficiali sono stati accusati di aver organizzato un attacco a un convoglio che trasportava quattro lingotti d'oro, 6.000 dollari in contanti e lavoratori cinesi nell’area di Irumu, nella provincia di Ituri.
Il convoglio, di ritorno da una miniera d'oro, fu attaccato in corrispondenza del villaggio di Nderemi il 17 marzo 2022. Due lavoratori cinesi morirono e il loro autista civile restò ferito.
In un caso distinto, il più alto Tribunale militare della Repubblica Democratica del Congo ha condannato a morte il tenente colonnello Marcel Kaligamire e due soldati per "appropriazione indebita di munizioni di guerra destinate a operazioni militari".
Altri quattro soldati e tre civili accusati nello stesso caso hanno ricevuto la condanna capitale ridotta a 10 anni di carcere, mentre altri due civili sono stati condannati a cinque anni.
Secondo l'accusa, le munizioni sono state vendute dalla Cooperativa per lo Sviluppo del Congo (CODECO), che dal 2017 semina violenza nella zona dei giacimenti auriferi della provincia di Ituri.
Il gruppo politico-religioso è stato accusato di aver ucciso un gran numero di civili negli ultimi anni nell'Ituri, che è in "stato d'assedio", insieme al vicino Nord Kivu, dal maggio 2021.
Condanne a morte vengono emesse regolarmente nella Repubblica Democratica del Congo ma sono sistematicamente commutate in ergastolo.
(Fonti: AFP, 28/12/2022)

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