Nessuno tocchi Caino - ESECUZIONI SHOW, I TALEBANI APRONO GLI STADI PER IL RITO DELLA PENA DI MORTE

Nessuno tocchi Caino News

Anno 22 - n. 47 - 17-12-2022

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : ESECUZIONI SHOW, I TALEBANI APRONO GLI STADI PER IL RITO DELLA PENA DI MORTE
2.  NEWS FLASH: IRAN, L’OPPOSIZIONE AL REGIME NON DEVE DIVIDERSI
3.  NEWS FLASH: ONU: ASSEMBLEA GENERALE APPROVA MORATORIA UNIVERSALE DELLE ESECUZIONI
4.  NEWS FLASH: ETIOPIA: AGENTE DI POLIZIA FEDERALE CONDANNATO A MORTE PER OMICIDIO
5.  NEWS FLASH: SOMALIA: TRIBUNALE MILITARE CONDANNA A MORTE MILIZIANO AL-SHABAAB
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


ESECUZIONI SHOW, I TALEBANI APRONO GLI STADI PER IL RITO DELLA PENA DI MORTE
Sergio D’Elia su Il Riformista del 16 dicembre 2022

Tornati al potere in Afghanistan un anno e mezzo fa, il 7 dicembre scorso i Talebani sono tornati a fare i Talebani secondo i loro usi e costumi fuori dal tempo e fuori dal mondo. Hanno riaperto uno stadio, non per giocare a pallone ma per mettere in scena la legge del taglione. Per il macabro rito della prima volta che segna il ritorno di quelli di una volta, hanno allestito una cerimonia inaugurale degna di un’apertura dei campionati del mondo.
La tribuna d’onore dello stadio di Farah era riservata a leader talebani e magistrati di alto livello, alcuni arrivati addirittura dalla capitale Kabul. Erano presenti, tra gli altri, alcuni giudici della Corte Suprema, il Ministro degli Esteri Amir Khan Muttaqi, quello degli Interni Sirajuddin Haqqani, il Ministro per la promozione della virtù e la repressione del vizio Mohammad Khaled Hanafi, il vice Ministro dell’Economia Abdul Ghani Baradar.
Il grande evento non era legato alla calciomania indotta dai Mondiali in corso in Qatar. La leadership talebana e centinaia di spettatori erano nello stadio per assistere alla brutale esecuzione di una persona. Erano lì per celebrare il ritorno al passato, alla legge del Qisas: la regola simmetrica della “restituzione dello stesso tipo”, del rispondere al sangue col sangue, alla morte con la morte.
Sugli spalti c’erano i tifosi della Sharia, a centrocampo il condannato a morte, un uomo di nome Tajmir, figlio di Ghulam Sarwar, residente in un villaggio della provincia di Herat. Cinque anni fa, aveva ucciso un uomo di nome Mustafa, residente nella vicina provincia di Farah. Dopo averlo ammazzato, gli aveva portato via la moto e il cellulare. Secondo la legge islamica, la famiglia della vittima può scegliere tra la morte e il perdono. Talebani misericordiosi hanno supplicato la madre di Mustafa di graziare Tajmir “per amore di Dio”, ma lei ha insistito per la sua esecuzione. “Deve essere ucciso e seppellito come lui ha fatto con mio figlio”. A eseguire la condanna è stato proprio il padre della vittima che ha sparato all’uomo tre colpi di arma da fuoco.
Prima dell’esecuzione è stato emesso un avviso che pubblicizzava l’evento e chiedeva a tutti i cittadini di recarsi al campo sportivo. Mancava solo Haibatullah Akhundzada, il leader supremo dell’Emirato islamico d’Afghanistan che non si mostra mai in pubblico, vive nell’ombra e governa con l’assenza. A metà novembre, aveva emesso un editto con cui ordinava a giudici e funzionari statali maggior rigore nell’applicazione della Sharia, anche con esecuzioni di piazza, frustate, lapidazioni per reati più o meno gravi o del tutto inesistenti, furto, sequestro, ma anche adulterio. Da lì a poco e nelle settimane successive si sarebbero moltiplicati gli eventi di persecuzione e le punizioni corporali nei confronti di ladri e criminali comuni, donne adultere e cittadini accusati di comportamenti “immorali”.
Il portavoce dei Talebani, Zabihullah Mujahed, ha respinto le critiche internazionali e ha fatto ricorso a concetti di sovranità giurisdizionale, garantismo processuale e relativismo culturale per giustificare la barbarie dell’atto compiuto nella provincia di Farah. “La sentenza di Dio onnipotente contro un assassino è stata esaminata da tre diversi tribunali dell’Emirato in modo molto dettagliato e ripetuto”, ha dichiarato. È stata poi sottoposta al parere della guida suprema che dopo averla analizzata con “la massima cura” e averne discusso in modo “esauriente con un folto gruppo di studiosi, alla fine, ne ha ordinato l’attuazione”.
La prima esecuzione pubblica da quando nell’agosto 2021 i Talebani sono tornati al potere, è un punto di svolta nel rapporto con la comunità internazionale. All’inizio avevano promesso di garantire i diritti delle donne e delle minoranze. Poi hanno cominciato a limitare diritti e libertà, fino a imporre un divieto all’istruzione delle ragazze oltre la prima media. Con la sfacciata e rivendicata esecuzione a Farah, i Talebani hanno rotto gli argini della prudenza e del pudore nel mostrare il vecchio volto oscurantista.
Il giorno dopo l’esecuzione, ventisette persone sono state frustate in pubblico a Charakar, capoluogo della provincia di Parwan, come punizione per presunti reati di adulterio, furto, droga e altri crimini. Diciotto uomini e nove donne sono stati fustigati ciascuno dalle 25 alle 39 volte nel corso di un raduno pubblico di gente del posto. Funzionari talebani hanno fatto una predica per dire dell’importanza e la bellezza della legge della Sharia. Gli oltranzisti più conservatori non si curano più di come sono visti agli occhi del mondo. Il loro sguardo è rivolto al passato islamico, all’antico piccolo mondo afghano.

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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

IRAN, L’OPPOSIZIONE AL REGIME NON DEVE DIVIDERSI
Roberto Rampi su Il Riformista del 16 dicembre 2022

Parliamo del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, dei Mojahedin del Popolo e di Maryam Rajavi. In questi giorni drammatici per il popolo iraniano, di lotta e di speranza, dopo mesi di una protesta che è la più lunga e la più diffusa da quando esiste il regime dei mullah, dovremmo essere tutti concentrati su come aiutare davvero questo popolo a ottenere libertà, democrazia, sviluppo e restituire a quel grande Paese lo spazio che la storia e la geopolitica gli assegnano.
Purtroppo si stanno facendo sentire invece anche le prime diatribe all’interno della resistenza e della diaspora. E sono cresciuti da più parti i distinguo, gli attacchi e a volte anche falsità e offese verso una parte importante di questo movimento di resistenza. Si tratta del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, dei Mojahedin del Popolo e della Presidente Maryam Rajavi, che è stata addirittura oggetto di una pesante e inaccettabile violenza alla manifestazione romana di sabato 10 dicembre organizzata dal Partito Radicale dove insieme a parole false e ingiuriose si è dovuto assistere a una sua immagine a testa in giù con delle corna dipinte, degna delle peggiori manifestazioni del regime.
Ora, è del tutto legittimo non riconoscersi nel Consiglio Nazionale, non riconoscere e non apprezzare la sua guida, ci mancherebbe. Ma anche senza dover pensare a infiltrati e provocatori, che pur non sarebbero una sorpresa, in situazioni come questa è inaccettabile non solo questo tipo di attacco ma un serpeggiante ostracismo verso questa importante organizzazione. Già in passato ho ascoltato giornalisti e commentatori italiani e stranieri dirmi che potevo parlare di Iran se però stavo ben attento a tenere le distanze da questo gruppo. E un collega che ricopriva un ruolo di primo piano nella passata legislatura ha cercato di impedirmi e mi ha sconsigliato di ospitarlo in Senato e mi ha rimproverato per aver fatto parlare “una terrorista”.
Ho avuto modo di conoscere personalmente queste persone e in particolare i moltissimi italiani che aderiscono a questo movimento, conosco le loro storie e le loro professioni, le loro letture e le loro passioni. Ho partecipato ai raduni e visitato il loro campo in Albania, in compagnia di colleghi progressisti e conservatori di ogni parte del mondo, tra cui esponenti di primissimo piano della politica mondiale.
Vorrei tra l’altro ricordare che le stesse accuse di terrorismo si basano sull’inserimento in “liste nere” superato da ben 12 anni e frutto di un cedimento al regime iraniano dei Paesi occidentali che in quegli anni teorizzavano la trattativa. Queste liste hanno visto nel tempo entrare e uscire organizzazioni a seconda delle valutazioni e delle opportunità politiche. E del reso chi meglio di noi sa che durante un regime si creano organizzazioni “partigiane”, come le nostre Brigate Garibaldi, che sono considerate naturalmente terroriste dal regime stesso, ma di cui celebriamo le gesta da oltre 70 anni. Molti di loro sorridono alla accusa di islamomarxismo che pur può avere anche un fondamento storico e non si capisce perché dovrebbe costituire un problema essendo analoga a quella di molti partiti al governo dei principali Paesi europei.
Ora la piattaforma democratica del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana è chiara, disponibile a chiunque la voglia leggere, diffusa nelle loro manifestazioni.
Il programma da loro pubblicamente perseguito prevede: l’abolizione della repubblica islamica, sostituita con una repubblica democratica; l’abolizione della religione di Stato e la libertà di culto; la fine della legge islamica, la Sharia; la parità dei sessi in ogni ambito della società; l’abolizione dello sfruttamento sessuale delle donne; libertà di parola, associazione, espressione; la laicità dello stato e l’esclusione del clero sciita da ogni carica politica; il diritto di scegliere il proprio abbigliamento, in particolare se indossare o non usare il velo islamico; un sistema avanzato di solidarietà sociale, soprattutto nei confronti delle vedove e degli orfani; l’implementazione dei diritti umani, con l’abolizione della tortura e della pena di morte; la promozione di un Islam moderato, democratico, moderno e anti-fondamentalista; l’alleanza con i paesi occidentali e il riconoscimento dello Stato di Israele, accanto al sostegno dello Stato di Palestina.
Mettiamo quindi una parola chiara. Oggi serve che tutte le forze democratiche favoriscano la libera espressione del popolo iraniano, il ritorno alla democrazia, la possibilità per tutti di esserne protagonisti. Saranno gli iraniani a scegliere, domani, da chi si sentono meglio rappresentati. Ne discuteremo, certo, a Teheran, in un Iran finalmente liberato dalla violenza e dalla cappa di morte dell’attuale regime che, nella crisi drammatica che sta affrontando, è pronto a tutto, anche a insidiare pericolose fratture negli oppositori di cui nessuno di noi deve diventare strumento.
Per saperne di piu' :

ONU: ASSEMBLEA GENERALE APPROVA MORATORIA UNIVERSALE DELLE ESECUZIONI
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 15 dicembre 2022 ha approvato la nona risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali.
125 i voti a favore, (3 in più rispetto al 2020), 37 contro (uno in meno rispetto al 2020) e 22 astenuti (erano 24 nel 2020).
La via liberale e antiproibizionista della moratoria che Nessuno tocchi Caino ha scelto di percorrere e proporre in tutte le sedi internazionali, ha dimostrato di essere la via maestra per superare ostacoli apparentemente insuperabili e aprire porte altrimenti inaccessibili.

ETIOPIA: AGENTE DI POLIZIA FEDERALE CONDANNATO A MORTE PER OMICIDIO
Un agente della polizia federale etiope è stato condannato a morte il 12 dicembre 2022 da un tribunale militare a Jigjiga per l'uccisione a colpi di arma da fuoco di un deputato del Somali, la regione somala dell’Etiopia, avvenuta a fine ottobre.
Il tribunale militare dalla Zona Fafan, nella regione del Somali, ha riconosciuto l'agente colpevole dell’omicidio intenzionale di Juweria Subcis e lo ha condannato a morte ai sensi del Codice penale etiope.
Juweria Subcis, membro del comitato centrale del Partito della Prosperità al governo e membro del Parlamento dello stato regionale del Somali, fu uccisa all'interno dell'aeroporto Garad Wilwal nella capitale regionale Jigjiga il 25 ottobre.
Secondo i testimoni, l'agente avrebbe aperto il fuoco all'interno dell'aeroporto, uccidendo Juweria Subcis e ferendo altre cinque persone.
Dopo la sparatoria, la polizia regionale del Somali ha annunciato che l'agente era stato arrestato.
Abdirashid Mohammed, un membro del gabinetto regionale del Somali, è rimasto gravemente ferito nella sparatoria.
Mohammed ha affermato che l’uccisione di Juweria sia stata volontaria, essendoci stato un disaccordo tra gli agenti federali e la parlamentare e che l'agente di polizia ha agito di propria iniziativa. Mohammed ha aggiunto che l'omicidio non era di natura politica.
Anche la sorella di Juweria, Fowsia Musse, un'organizzatrice della comunità americana, e suo figlio di 14 anni, sono rimasti gravemente feriti.
Musse è tornata negli Usa con i suoi due figli più piccoli, dopo aver subito l'amputazione di una gamba.
In Etiopia la pena di morte può essere eseguita solo con il consenso scritto del presidente e le condanne capitali sono spesso commutate in ergastolo.
Una condanna a morte è applicabile ai sensi del Codice penale del Paese per crimini come omicidio, terrorismo, tradimento e alcuni reati militari. I detenuti vengono giustiziati mediante impiccagione o fucilazione praticate dalla Forza di Difesa Nazionale Etiope.
(Fonti: MENAFN- SomTribune, 12/12/2022)

SOMALIA: TRIBUNALE MILITARE CONDANNA A MORTE MILIZIANO AL-SHABAAB
Un tribunale militare di Mogadiscio il 12 dicembre 2022 ha condannato a morte un membro di al-Shabaab, mentre il governo somalo intensifica le operazioni contro il gruppo islamista nella regione centro-meridionale del Paese.
Secondo una dichiarazione del tribunale, il miliziano Mohamed Abdulle Nur avrebbe partecipato a un attacco contro l'aeroporto internazionale Adan Abdulle di Mogadiscio il 23 marzo 2021.
In precedenza, lo scorso anno, elementi armati di al-Shabaab hanno attaccato una base militare vicino all'aeroporto internazionale della capitale somala, causando la morte di almeno cinque persone, tra cui due aggressori.
Al-Shabaab ha rivendicato la responsabilità dell'attacco al campo vicino all'aeroporto di Mogadiscio, precisando di aver sparato colpi di mortaio nel campo, dove hanno sede le forze di peacekeeping dell'Unione Africana (AMISOM), le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali.
La sentenza del tribunale arriva mentre le forze somale, sostenute da milizie locali, intensificano le operazioni contro i combattenti di al-Shabaab nelle regioni centro-meridionali.
Le forze alleate avrebbero liberato decine di città.
(Fonti: Halbeeg News, 14/12/2022)
 

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