Leggere Cormac McCarthy

 

Ho incontrato la bellezza di Cormac McCarthy nel 1996. Avevo 17 anni e mia madre mi regalò Meridiano di sangue. Stavo malissimo e quel romanzo mi stette accanto come un amico, un confidente, un profeta, un deserto di sangue.

Ho acquistato "Il passeggero" il giorno stesso che è arrivato nelle librerie e avevo cominciato a leggerlo appena tornato a casa capendo che avrei potuto leggerlo solo in un momento di pace assoluta, senza lavoro, senza altre occupazioni. Dall'inizio alla fine.

E così ho fatto ieri. Mi sono alzato alle 4 e 30 e ho letto, sottolineato, preso appunti. Mi sono fermato solo per andare in posta, fare un paio di chiamate e preparare da mangiare. 

L'ho adorato dall'inizio alla fine.  

Ma fare quello che ho fatto ieri ho mi ha reso ancora più insopportabile andare al lavoro stamani perché avrei voluto rimanere a casa e pensarci intorno, rileggerlo, assentarmi. E sento sempre più distanza dal mondo che frequento e dal mondo in generale.

Salvo alcune parti, il lungo dialogo intorno ai problemi sulla fisica, non l'ho trovato per niente ostico ma mi ha fatto anche del male perché è tutta una vita che mi chiedo perché devo continuare a vivere. 

Mi faccio del male a sopportare i giorni. 

Ne farei volentieri a meno dei giorni.

Ho ricordato dialoghi col rettore del collegio e il mio padre spirituale di allora intorno a Dio, la violenza, l'eternità, la morte e io che rispondevo che la morte mi ha sempre camminato affianco. Ancora oggi è la mia compagna di viaggio. Va così. E andrà così fino a quando per me andrà bene. Poi staccherò la spina.

Nicola Lagioia ha scritto quel pezzo: "“Il passeggero” di Cormac McCarthy è destinato a restare, a differenza di noi"

Un piccolo estratto:

"Non so cosa succederà. Non sono sicuro di volerlo. Sapere. Se potessi pianificare la mia vita non avrei voglia di viverla. È  probabile che non voglia viverla comunque. So bene che i personaggi della storia possao essere sia reali che immaginari e che quando saranno tutti morti non farà nessuna differenza. Se delle creature immaginarie muoiono di morte immaginaria saranno comunque morte. Uno pensa che si possa costruire una storia con quello che è stato. Manufatti. Un pugno di lettere. Un sacchetto profumato in un sacchetto della specchiera. Ma il cuore del racconto non è questo. Il problema è che il motore del racconto non gli sopravviverà. Mentre la stanza scivola nella penombra e il suono delle voci svanisce capisci che il mondo e tutto ciò che contiene presto cesseranno di esistere. Tu credi che ricomincerà da campo. Ti dirigi verso altre vite. Ma il loro mondo non è mai stato tuo." (pp. 298-299)

Commenti