Nessuno tocchi Caino - CONTINUA IL VIAGGIO DELLA SPERANZA NEI LUOGHI DI PENA IN CALABRIA

Nessuno tocchi Caino News

Anno 23 - n. 33 - 23-09-2023

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : CARCERE: NESSUNO TOCCHI CAINO, CONTINUA IL VIAGGIO DELLA SPERANZA NEI LUOGHI DI PENA IN CALABRIA
2.  NEWS FLASH: LAGER E FUCILAZIONI IN COREA DEL NORD: UN REGIME FONDATO SUL TERRORE
3.  NEWS FLASH: PAZIENTE PSICHIATRICO, INCOMPATIBILE COL CARCERE. MA PER LUI C’È POSTO SOLO LÌ
4.  NEWS FLASH: MYANMAR: LA GIUNTA MILITARE CONDANNA A MORTE QUATTRO PERSONE PER OMICIDIO
5.  NEWS FLASH: USA: LE MULTINAZIONALI FARMACEUTICHE RESTRINGONO ULTERIORMENTE SULLE INIEZIONI LETALI
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


CARCERE: NESSUNO TOCCHI CAINO, CONTINUA IL VIAGGIO DELLA SPERANZA NEI LUOGHI DI PENA IN CALABRIA
E’ iniziato il 19 settembre con la visita al carcere di Rossano il “Viaggio della speranza” nei luoghi di pena organizzato da Nessuno tocchi Caino (presenti i dirigenti Rita Bernardini, Sergio D’Elia ed Elisabetta Zamparutti) in collaborazione con le Camere Penali.

Il giro in Calabria prevede tappe negli istituti di Rossano, Castrovillari, Crotone, Catanzaro, Locri, Palmi-Laureana, Reggio Calabria (Arghillà e S. Pietro), Vibo Valentia, Paola e Cosenza dove, nelle intenzioni degli organizzatori, il “visitare i carcerati” non è solo un’opera di misericordia, ha lo scopo anche di ascoltarli, verificare le loro condizioni di vita materiale e raccontarle, ma soprattutto infondere fiducia e speranza in chi rischia di prevalere sfiducia e disperazione, come testimonia il numero dei suicidi che anche in questo anno aumenta giorno dopo giorno.
Dopo le visite in carcere si svolgeranno conferenze nel corso delle quali verranno presentati i risultati e le proposte di superamento di una realtà, quella carceraria, che sempre più appare fuori controllo, fuori legge, fuori dal tempo e fuori dal mondo.
Concluse le tappe di Rossano, Castrovillari, Crotone e Catanzaro, il calendario del “Viaggio della speranza” così prosegue:

LOCRI - Sabato 23 settembre
Ore 10 - Visita al Carcere
Ore 16 - Conferenza “L’art. 27 della Costituzione: aspettative tradite, esempi virtuosi e… speranze”
Planteria Orto Urbano
Lungomare Locri, lato sud

PALMI-LAUREANA – Lunedì 25 settembre
Ore 10 - Visita al Carcere di Laureana di Borrello
Ore 13 - Visita al Carcere di Palmi
Ore 16 - Conferenza “Il carcere è punizione. Di pena ‘rieducativa’
si muore ogni giorno”

REGGIO CALABRIA - Martedì 26 settembre
Ore 10 - Visita al Carcere di Arghillà
Mercoledì 27 settembre
Ore 10 - Visita al Carcere di S. Pietro
Ore 16:30 - Conferenza “Il viaggio della speranza: visitare i carcerati”
Palazzo San Giorgio Salone dei Lampadari

VIBO VALENTIA - Giovedì 28 settembre
Ore 10 - Visita al Carcere
Ore 16 - Conferenza “Reinserire è meglio che punire”
Sala Consiglio Provinciale Vibo Valentia

PAOLA-COSENZA - Venerdì 29 settembre
Ore 10 - Visita al Carcere di Paola
Sabato 30 settembre
Ore 10 - Visita al Carcere di Cosenza
Ore 16 – Conferenza “2023: Carcere, pena, tortura”
Tribunale di Cosenza, Biblioteca COA

Il Viaggio della speranza in Calabria è organizzato da Nessuno tocchi Caino in collaborazione con l’Osservatorio Carcere dell’UCPI e le Camere Penali di Rossano, Castrovillari, Crotone, Catanzaro, Locri, Palmi, Reggio Calabria, Vibo Valentia, Paola e Cosenza

Per informazioni
335 8000577

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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

LAGER E FUCILAZIONI IN COREA DEL NORD: UN REGIME FONDATO SUL TERRORE
Sergio D’Elia su L’Unità del 17 settembre 2023

Il 6 settembre scorso il capo della Corea del Nord Kim Jong Un ha realizzato un altro suo piccolo sogno. Il capo misterioso del Paese più misterioso e impenetrabile al mondo, che si vede e non si vede, compare all’improvviso e poi sparisce di nuovo, ha esposto in pubblico il suo nuovo giocattolo atomico.
Il “sottomarino tattico da attacco nucleare” era in fase di sviluppo da anni e, finalmente, il “grande uomo nato dal paradiso” lo ha varato in una cerimonia presso il cantiere navale di Sinpho. È già pronto all’uso, potrà effettuare “attacchi sia preventivi che di ritorsione” ed è destinato a contrastare le “flotte d’invasione” statunitensi e sudcoreane, ha affermato Kim in un discorso davanti ai suoi migliori marinai immobili come statue nelle loro impeccabili divise e in testa il cappello più largo di una padella. Ai suoi militari Kim dona belle divise e sottomarini carichi di armi nucleari pronte alla guerra.
Ai suoi bravi sudditi vieta gli usi e i costumi dell’odiato Sud. Per i cattivi, il regime è ancora più duro. Il solo pensare, parlare, vestire sudcoreano comporta i lavori forzati, la pena di morte e la morte per fame.
Qualche giorno prima della bella mostra dell’ultimo gioiello nucleare, una folla di 25.000 persone è stata radunata a forza all’aeroporto di Hyesan per assistere allo spettacolo del giorno: nove persone giustiziate dal plotone di esecuzione. Il loro crimine? Contrabbando di carne bovina. Le nove persone gestivano un giro illegale di compravendita di circa 2.100 mucche di proprietà del governo, le macellava e distribuiva la carne a mercati e aziende, incluso un ristorante nella capitale Pyongyang.
Il piccolo aeroporto di Hyesan ha una sola pista circondata da dolci colline. Quel giorno c’erano abbastanza persone che hanno assistito alla scena della sparatoria da coprirle tutte. La folla è stata circondata dalla polizia, dai soldati e da altro personale di sicurezza e costretta a restare per tutta la durata dell’evento. Prima dell’esecuzione, i rappresentanti dell’esercito hanno allestito uno speciale tribunale militare.
Nell’arco di un’ora, hanno rivelato i dettagli sul crimine di ogni persona. Erano coinvolti nel traffico bovino il capo della stazione di quarantena veterinaria della provincia di Ryanggang, un venditore presso l’ufficio di gestione commerciale provinciale, un funzionario agricolo, un direttore di un ristorante a Pyongyang e un giovane studente universitario che aveva fatto finta di non vedere mentre prestava servizio a un posto di blocco di sicurezza sulla strada per Pyongyang.
Nel verdetto è stato scritto che “le mucche sono necessarie per arare i campi e coltivare, ma i colpevoli, macellandole, hanno ostacolato la produzione di grano del Paese e sconvolto la società”. In un paese afflitto da carenza alimentare cronica, il crimine era grave e imperdonabile. “Sono traditori della patria, non c’è posto dove seppellirli nel nostro paese, né in cielo né in terra, e nemmeno lo sterminio di tre generazioni basterebbe a sanare l’offesa”. Dopo di che, i sette uomini e le due donne, che avevano atteso alla farsa processuale legati a pali di legno, sono stati fucilati da un plotone militare di tiratori scelti dell’esercito. Ogni volta che c’è un’esecuzione pubblica, il regime di solito obbliga a partecipare allo spettacolo tutte le persone di sana e robusta costituzione presenti nell’area circostante.
A Hyesan non è stato diverso: le fabbriche, le fattorie e i mercati sono stati chiusi e tutti coloro di età compresa tra 17 e 60 anni in grado di camminare hanno ricevuto l’ordine di presenziare.
Non esistono statistiche ufficiali sulle esecuzioni in Corea del Nord. La pratica della pena di morte è coperta dal segreto di stato. Le poche fonti di informazione sono i nordcoreani che sono riusciti a fuggire al Sud e hanno raccontato che le fucilazioni hanno registrato una rinascita sotto il governo di Kim Jong Un, dopo una breve tregua negli anni
2000, quando il paese stava cercando di edulcorare la propria immagine internazionale negli ultimi anni del governo di suo padre Kim Jong Il.
Tra un Kim e l’altro la differenza sembra stare in due articoli: l’indeterminativo Un per il giovane Kim, il determinativo Il per suo padre. Per il resto nessuna differenza nella continuità di una dittatura totalitaria di stampo stalinista che dura da quasi ottanta anni all’insegna del culto della personalità intorno alla dinastia Kim.
Che Kim il giovane continui a essere, come è stato Kim il vecchio, una costante e seria minaccia alla pace e alla sicurezza mondiale è noto a tutti. Meno nota – e forse più seria – è la costante minaccia alla pace e alla sicurezza dei suoi stessi cittadini, il suo personale “equilibrio fondato sul terrore”: quello dei campi di concentramento e dei plotoni di esecuzione.

PAZIENTE PSICHIATRICO, INCOMPATIBILE COL CARCERE. MA PER LUI C’È POSTO SOLO LÌ
Alessandra De Filippis su L’Unità del 17 settembre 2023

Giuseppe Pepe è un detenuto psichiatrico. Tecnicamente non è neanche un detenuto, poiché dichiarato parzialmente incapace di intendere e di volere e incompatibile con il regime carcerario. Quindi è semplicemente un cittadino, fragile, del quale lo Stato si deve prendere cura, avendo commesso reati a causa della sua patologia. Per ordine del Tribunale dovrebbe stare, sin dal lontano 4 luglio, in una Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), struttura presente in solo quattro città, ovvero, in attesa della REMS, in una Comunità Riabilitativa Assistenziale Psichiatrica (CRAP) dedicata a pazienti autori di reato. Purtroppo, trattandosi di un paziente psichiatrico, mesi fa aveva creato danni nella CRAP ove si trovava ed è stato classificato come “violento”. Perciò era stato trasferito nell’infermeria del Carcere di Bari, dal quale è stato trasferito a Trani, dopo essere arrivato a colluttazione con un infermiere.
Come suo difensore mi sono subito interessata (agisco pensando sempre a cosa farei io, se ciò che vedo per lavoro capitasse a me…) per fare in modo che, in attesa della REMS, che ha tempi biblici di attesa, fosse trovata una CRAP.
La triste realtà del rapporto inesistente tra aree sanitarie delle carceri e detenuti, per gli psichiatrici diventa un girone infernale, a seguito dei danni creati dal DPCM del 2008, che ha spostato la competenza delle aree sanitarie delle Carceri alle ASL, ove la burocrazia, già deleteria per la cura dei cittadini liberi, per i detenuti diventa “speriamo che vada tutto bene”, e per gli psichiatrici azzera ogni intervento!
È iniziato un vero e proprio ping-pong di competenze, per l’individuazione della CRAP, tra la medicina penitenziaria e il CSM di Bari, i cui uffici hanno semplicemente comunicato ai giudici che le strutture da loro richieste non hanno posto. Ho segnalato che non si stava eseguendo un ordine dell’Autorità Giudiziaria, e ho incontrato di persona i dirigenti di questi uffici, e Giuseppe è diventato un paziente ancora più scomodo, avendo un difensore che si impegna per scardinare l’assurda burocrazia che fa diventare le persone fragili e già private della libertà, niente altro che numeri statistici e pacchetti da trasferire. Hanno tutti ripetuto che Giuseppe è un violento, per giustificare la mancanza di posti nelle CRAP dedicate.
Hanno scaricato le colpe alla Regione Puglia, finché la Regione non mi ha chiaramente spiegato che i posti nelle CRAP ci sono, ma che non è sua competenza individuarli. Il posto dipende dalla volontà di chi dirige le strutture, che decide di non accettare alcuni pazienti quando sono un po’ più problematici.
In piena estate, quando tutti erano in ferie, Giuseppe è stato trasferito, letteralmente come un pacchetto, presso il Reparto Osservazione Psichiatrico (ROP) del Carcere di Lecce, dove, invece di essere curato, è semplicemente sedato. Ma Giuseppe, con tutte le sue difficoltà, anche mentali, non è completamente scemo, e quando capisce che lo vogliono sedare in modo massiccio, reagisce. E quando reagisce viene messo nella “stanza liscia” per punizione, con buona pace della legge che ha disposto la chiusura degli OPG, e la cura di Giuseppe diventa quasi un crimine contro l’umanità!
Gli operatori dei ROP, poi, non hanno le stesse competenze degli operatori delle CRAP, e non è neanche giusto che Giuseppe sia tranquillizzato grazie alla buona volontà degli operatori del carcere e alla possibilità di fargli chiamare più spesso famiglia e difensore!
La segnalazione fatta da me a Tribunale, DAP, medicina penitenziaria, CSM e Regione, in cui ho evidenziato che tutto ciò non sia nient’altro che un caso di cura e di giustizia negate, non ha sortito alcun effetto.
Segnalazione che ho così concluso: “Lo scrivente è tristemente consapevole che quanto finora denunciato potrebbe non sortire alcun effetto, e non garantire al Sig. Pepe le cure per lui necessarie, a causa della burocrazia che spesso rende inefficaci anche le più elementari aspettative dei cittadini, ma confida che quanto scritto resti agli atti nella denegata ipotesi che il Paziente possa peggiorare, fisicamente e psichicamente, a causa del mancato riconoscimento dei suoi diritti sanitari, peraltro confermati e garantiti dall’Autorità Giudiziaria”.
Concludo con una amara domanda, forse senza risposta: che cosa farebbero coloro che sono preposti a garantire la cura di Giuseppe, se si trattasse di loro o di qualche loro parente, e, soprattutto, che cosa fareste voi lettori, se si trattasse di voi o di un vostro parente?

MYANMAR: LA GIUNTA MILITARE CONDANNA A MORTE QUATTRO PERSONE PER OMICIDIO
Quattro uomini della cittadina di Bogale, nella regione di Ayeyarwady, nel Myanmar, sono stati condannati a morte per aver ucciso un sospetto informatore militare, hanno riferito i residenti a Radio Free Asia il 14 settembre 2023.
Il tribunale distrettuale di Pyapon ha emesso le condanne capitali il 12 settembre nei confronti di Zaw Win Tun, Naing Wai Lin, Min Thu Aung e Pyae Sone Phyo, dopo più di un anno di indagini.
"Durante la festa dell’acqua nel quartiere sei della municipalità di Bogale, una donna che prestava i soldi e con una forte voce, Thuzar Gyi, è stata uccisa a colpi di arma da fuoco nel mercato", ha detto un residente della township, che ha rifiutato di fornire il proprio nome per paura di ritorsioni.
I quattro uomini sono stati portati nella prigione di Pathein, hanno detto i residenti.
Dopo il colpo di stato del febbraio 2021, sono quattro le persone giustiziate nel Paese dopo aver ricevuto una condanna a morte.
Includono il leader studentesco di Generazione-88 Kyaw Min Yu (noto come Ko Jimmy) e Phyo Zayar Thaw, rapper e deputato della Lega Nazionale per la Democrazia, il partito che aveva vinto nel 2020 e che ora è interdetto dal partecipare alle elezioni.
La giunta militare fa sempre più affidamento alla pena di morte per reprimere il dissenso, accusando di omicidio gli attivisti pro-democrazia.
Il 30 novembre dello scorso anno, un tribunale militare di Yangon ha condannato a morte sette studenti dell’Unione Studentesca dell’Università di Dagon in relazione all’omicidio di un ex militare.
Escludendo i quattro uomini condannati questa settimana, secondo l'Associazione di Assistenza ai Prigionieri Politici sono 146 le persone condannate a morte dopo il colpo di stato.
(Fonti: RFA Burmese, 14/09/2023)

USA: LE MULTINAZIONALI FARMACEUTICHE RESTRINGONO ULTERIORMENTE SULLE INIEZIONI LETALI
Secondo un articolo di The Intercept del 14 settembre, quattro produttori di forniture mediche si rifiutano di vendere le loro attrezzature là dove ci sia il sospetto che vengano utilizzate nelle esecuzioni con iniezione letale. Questa limitazione potrebbe ostacolare ulteriormente la capacità degli Stati di compiere esecuzioni, poiché numerose aziende farmaceutiche hanno già imposto restrizioni alla vendita dei farmaci “letali” che le amministrazioni penitenziare utilizzano per uccidere i condannati.
Alle società che non vogliono fornire i farmaci, ora si aggiungono Baxter International Inc., B. Braun Medical Inc., Fresenius Kabi e Johnson & Johnson. Queste aziende, che sono anche produttrici di farmaci “letali”, sviluppano e producono anche forniture mediche tra cui cateteri, sacche per flebo e siringhe, che vengono utilizzati anche nei protocolli di iniezione letale.
Secondo la portavoce di Johnson & Johnson Joshina Kapoor, J&J "sviluppa innovazioni mediche per salvare e migliorare vite umane... Non consentiamo l'uso dei nostri prodotti per iniezioni letali durante la pena capitale".
Fresenius Kabi, una società con sede in Germania focalizzata sulla produzione di dispositivi endovenosi, ha detto ai giornalisti che avrebbero chiesto il sequestro di tutti i dispositivi acquistati da amministrazioni penitenziarie sospettate di condurre esecuzioni.
B. Braun Medical, anch’essa con sede in Germania, “proibisce ai suoi distributori con sede negli Stati Uniti di vendere prodotti alle carceri per le esecuzioni”.
Baxter International, una società sanitaria negli Stati Uniti, ha confermato che la sua dichiarazione del 2017 che vieta l’uso dei loro prodotti nell’iniezione letale si estende alle loro apparecchiature mediche, non solo ai farmaci che producono.
Nel 2011, Hospira, un'azienda farmaceutica ora parte di Pfizer, e unico produttore di sodio tiopentale, un barbiturico utilizzato per l'anestesia nelle esecuzioni, ha cessato la produzione di questo farmaco, indicando tra i motivi della chiusura della linea di produzione anche la preoccupazione per il suo utilizzo nelle esecuzioni negli Stati Uniti.
Nello stesso anno, l’Unione Europea votò per vietare la vendita e il trasporto di tutti i farmaci utilizzati per le iniezioni letali negli Stati Uniti, inclusi il sodio tiopentale e il pentobarbital, un altro barbiturico comunemente usato.
Ciò ha reso difficile per molti stati procurarsi farmaci per le esecuzioni e, a causa di questa difficoltà, molti stati hanno tentato di acquistare farmaci da altri stati o di produrli per conto proprio.
Nel 2013, l’amministrazione penitenziaria del Missouri ha donato a un dipendente 11.000 dollari per recarsi in Oklahoma e acquistare pentobarbital, mentre diversi altri stati si sono rivolti a farmacie o piccoli laboratori che tentano di replicare i farmaci utilizzati nell’iniezione letale.
Fresenius Kabi ha già contestato l’uso improprio dei suoi prodotti da parte dello stato, facendo causa al Nebraska nel 2018 per aver acquistato i suoi farmaci da utilizzare nell’iniezione letale. All’epoca l’acquisto era avvenuto dopo l’avvertimento lanciato nel 2012 dall’azienda secondo cui eventuali tentativi di aggirare le restrizioni avrebbero costretto l’azienda a porre limitazioni anche nelle vendite agli ospedali per gli usi consueti.
Matt Kuhn, portavoce di Fresenius Kabi, ha affermato che la società non è a conoscenza di alcuno stato che utilizzi i loro prodotti in esecuzioni con iniezioni letali e che, se mai fosse necessario, intraprenderebbe le azioni necessarie. Estendere il divieto dell'uso dei loro prodotti alle apparecchiature mediche potrebbe essere più difficile da fare, come pensa Lawrence Gostin, direttore dell'O'Neill Institute for National and Global Health Law della Georgetown University: "Sarà difficile per le aziende tenere traccia di tutti i passaggi commerciali dei propri prodotti e avere una mappa aggiornata di chi ha accesso ai suoi prodotti”.
(Fonte: DPIC, 15/09/2023)

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