Due righe intorno a "La donna che scompare" di Ling Ma (Codice Edizioni, traduzione di Anna Mioni)

 

“Il gelato è il mio cibo preferito. Scrivo queste parole nel diario che mi dà mia madre per documentare i primi giorni in America. Per me l'inglese è solo una lingua giocattolo, le parole sono legate al significato grazie a collegamenti vaghissimi e inconsistenti. Quindi è facile mentire. Dico la verità in cinese, mi invento storie in inglese. Non lo prendo così seriamente. Quando finalmente mi iscrivono alla prima elementare, racconto ai compagni di scuola che abito in una casa con l'ascensore, e i daini nel giardino sul retro. È la lingua in cui non ho niente da perdere, anche se non credono a una parola di quello che dico.” (pag. 164)

Sono nove i racconti della raccolta “La donna che scompare” (CodiceEdizioni, traduzione di Anna Mioni) della scrittrice Ling Ma e pubblicati in forma diversa su Atlantic, Granta, New Yorker, Unstuck, Virginia Quarterly Review e Zoetrope. Nove racconti che mi hanno travolto. Messo al muro. Ne avevo letti due, i primi due, nei giorni scorsi e li avevo amati sin dalle prime righe. Il resto li ho letti stamattina uno dietro l'altro visto che ero libero dal lavoro. Sveglia alle 3 e 30. E con la compagnia di una Moka da sei, una tazza di latte, quattro biscotti e le gatte che si muovevano sul tavolo per poi mettersi a russare li ho letti precipitando in uno stadio quasi narcolettico. Scomparendo da tutto come se avessi assunto la droga G del racconto omonimo. Una droga che permette di perdere per strada il proprio corpo e diventare invisibili. Ma che se assunta in una dose troppo forte trasforma il consumatore in un fantasma per il resto della sua vita. E non mi dispiacerebbe affatto prendere una pasticca del genere e scomparire per sempre da questo mondo. Sono nove racconti che non mi hanno dato scampo. Che mescolano elementi fantastici, surrealismo, critica sociale in maniera mirabile e toccante, quasi magica. Che affrontano il tema dell'identità, del razzismo, (fantastico tutto quello che c'è nel racconto e dentro al racconto “Anatra alla pechinese”), delle relazioni tossiche e della violenza sessuale senza mai essere consolanti, anzi conducendo il lettore in territori inesplorati dove mettersi a nudo in tutti i propri fallimenti, segreti, silenzi, insuccessi e nelle proprie debolezze, incertezze, falsità, meschinità. Nove racconti strepitosi, perfetti fino alle ultime righe che hanno lasciato strascichi dolorosissimi nel mio cuore. Ma le cose stanno così. E speriamo che l'inverno passi in fretta. Anche se non passa mai.

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