Nessuno tocchi Caino - CARCERI: NESSUNO TOCCHI CAINO, POSITIVA LA RICONFERMA DI ELISABETTA ZAMPARUTTI A COMPONENTE IL CPT PER CONTO DELL’ITALIA

Nessuno tocchi Caino news

Anno 23 - n. 42 - 02-12-2023

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : CARCERI: NESSUNO TOCCHI CAINO, POSITIVA LA RICONFERMA DI ELISABETTA ZAMPARUTTI A COMPONENTE IL CPT PER CONTO DELL’ITALIA
2.  NEWS FLASH: IN ISOLAMENTO PER UN TERZO DELLA MIA VITA, DENUNCIO LA PENNSYLVANIA PER TORTURA
3.  NEWS FLASH: AL 41-BIS SI STA AD ASCOLTARE IL SILENZIO E AD ASPETTARE IL NIENTE
4.  NEWS FLASH: IRAN: GIOVANE DI 17 ANNI GIUSTIZIATO PER OMICIDIO
5.  NEWS FLASH: PAKISTAN: UCCISA DAI PROPRI FAMILIARI IN UN ‘DELITTO D’ONORE’
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


CARCERI: NESSUNO TOCCHI CAINO, POSITIVA LA RICONFERMA DI ELISABETTA ZAMPARUTTI A COMPONENTE IL CPT PER CONTO DELL’ITALIA
L’associazione Nessuno tocchi Caino esprime soddisfazione per la riconferma, quasi all’unanimità, da parte del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa di Elisabetta Zamparutti nel suo terzo mandato di componente il Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT) per conto dell’Italia.

Il successo del voto a Strasburgo è stato l’esito di una valutazione ampia e corale per la quale ringraziamo la delegazione parlamentare al Consiglio d’Europa che all’unanimità ha espresso una terna di nomi su cui poi tanto l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, il Bureau del CPT che il Comitato dei Ministri, con il suo voto finale di ieri, si sono espressi. Vogliamo ringraziare anche il Ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha pienamente condiviso e sostenuto le valutazioni volte a dare continuità a un mandato svolto in modo serio e a garanzia del rispetto dei diritti umani fondamentali nei luoghi di privazione della libertà personale dove sono maggiormente in pericolo.
La durata del mandato di Elisabetta Zamparutti è la forma di un vissuto dedito ininterrottamente, per trent’anni, alla chiusura dei bracci della morte e a quell’opera laica di misericordia corporale del “visitare i carcerati” volta a far vivere la speranza nei luoghi dove questa è negata e a prevenire la tortura e i trattamenti inumani e degradanti.
Proprio quest’anno si celebrerà il X Congresso di Nessuno tocchi Caino nel carcere di Opera a Milano il 14 15 e 16 dicembre anche per celebrare il trentennale di vita associativa.

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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

IN ISOLAMENTO PER UN TERZO DELLA MIA VITA, DENUNCIO LA PENNSYLVANIA PER TORTURA
Montana Bell* su L’Unità del 26 novembre 2023

Ho tentato il suicidio il primo giorno di isolamento facendo un cappio con la maglietta e legandolo a una presa d’aria della cella. Quando ho informato le guardie delle mie idee suicide, hanno detto: “Vai avanti e ucciditi”. Ho provato altre tre volte quella notte.
Ero stato messo in questa unità di isolamento in una prigione di una remota città della Pennsylvania insieme ad altri 40 uomini. Siamo rimasti chiusi nelle nostre celle, da soli, per 22-24 ore al giorno, sotto luci che non venivano mai spente, con le guardie che bussavano alle pareti per assicurarsi che non potessimo dormire. La privazione del sonno è stata condannata dalle Nazioni Unite, che hanno invitato gli Stati Uniti a vietare questa pratica. Il Dipartimento penitenziario afferma che l’unità è destinata a ospitare membri di bande, ma io non ero un membro di una banda. Era solo per isolarci, abusare di noi e controllarci con il pretesto di sicurezza per un periodo di tempo indefinito.
Gli esperti di salute mentale hanno dimostrato che l’isolamento ha effetti dannosi e di lunga durata, tra cui tassi più elevati di suicidio, depressione e ansia. L’isolamento può essere una condanna a morte: uno studio del 2019 ha dimostrato che un periodo di tempo trascorso in isolamento aumenta il rischio di morte del 24% entro un anno dall’uscita, soprattutto per suicidio.
Ho 31 anni, sono in carcere dal 2013 e ho già trascorso in isolamento un terzo della mia vita. Quando sono entrato, mi sono stati diagnosticati ansia, disturbo antisociale di personalità, depressione e disturbo da stress post-traumatico. Avevo bisogno di un trattamento di salute mentale competente, invece, appena arrivato alla prigione di Fayette, sono stato messo in isolamento nella Security Threat Group Management Unit dove i miei problemi mentali sono peggiorati in modo esponenziale. Ho iniziato a comportarmi come le vittime di tortura: restavo sveglio per due o tre giorni, sperimentando deliri e allucinazioni. Ho sbattuto la testa contro le pareti della cella e mi sono tagliato il polso e le caviglie.
L’Unità di gestione dei gruppi di minaccia alla sicurezza era così riservata che persino gli altri detenuti nel carcere non sapevano come venivamo trattati, tanto meno il mondo esterno. Con altri prigionieri – Ronnie Johnson, Kareem Mazyck, Angel Maldonado, Xavier Pagan e altri – abbiamo iniziato a provare a comunicare gridando di cella in cella. Poi, abbiamo deciso di intentare una causa per contestare la punizione crudele e inusuale che abbiamo dovuto affrontare nell’Unità. Facevamo a turno, sfruttando il nostro tempo limitato fuori dall’isolamento, andando alla biblioteca giuridica della prigione, spesso perdendo la nostra unica opportunità di vedere la luce del sole, per leggere la giurisprudenza. Nel frattempo, molti di noi hanno tentato il suicidio. Abbiamo cercato di incoraggiarci a vicenda.
Lottando contro l’insonnia e le allucinazioni, ho completato la bozza della nostra istanza, scrivendola scrupolosamente a mano fino ad arrivare a 23 pagine. Con le nostre prove legali, l’intera causa era lunga 300 pagine. Abbiamo affermato che la tortura e gli abusi da parte dell’Unità nei confronti di persone con gravi malattie mentali costituiscono una punizione crudele e inusuale, una violazione dell’Ottavo Emendamento della Costituzione americana.
Abbiamo spedito la nostra argomentazione legale scritta a mano fuori dal carcere a un amico, Tyree Little, un ex detenuto che l’ha presentata al tribunale nell’ottobre 2022. Da quando abbiamo intentato la nostra causa, il Dipartimento penitenziario ha ridotto l’Unità di gestione dei gruppi di minaccia alla sicurezza a meno di 10 persone, ma ci sono ancora più di 1.000 detenuti nelle carceri della Pennsylvania che soffrono in altre unità di isolamento. Io, ad esempio, anche se a maggio sono stato trasferito dal carcere di Fayette, mi trovo in isolamento in un’altra prigione statale. Il luogo può cambiare, ma la tortura e l’abuso dell’isolamento indefinito rimangono gli stessi.
Il Dipartimento penitenziario della Pennsylvania può porre fine a questa tortura oggi stesso, risparmiando denaro, quasi 75 milioni di dollari all’anno se chiudono l’Unità di isolamento. Possono seguire le regole “Nelson Mandela” delle Nazioni Unite sul trattamento dei prigionieri, che vietano più di 15 giorni consecutivi in isolamento. New York, New Jersey e Connecticut hanno preso l’iniziativa di limitarlo ed è stato introdotto un disegno di legge federale per vietarne la pratica nelle carceri federali di tutta la nazione.
Abbiamo intentato questa causa per porre fine alla tortura che stavamo subendo. Abbiamo lottato per la nostra libertà. Dall’interno di queste mura carcerarie, esortiamo la Pennsylvania a cessare gli abusi, le torture e le violenze sulle migliaia di detenuti in isolamento.

* Montana Bell ha trascorso 12 anni in prigione, da 10 anni è in isolamento ed è il primo firmatario della causa contro il Department of Corrections della Pennsylvania (pubblicato il 15 novembre 2023 su The Inquire)
Per saperne di piu' :

AL 41-BIS SI STA AD ASCOLTARE IL SILENZIO E AD ASPETTARE IL NIENTE
Maria Brucale su L’Unità del 26 novembre 2023

C’è un non luogo dove il diritto non entra. Dove la vocazione costituzionale di ogni pena al trattamento, alla rieducazione e alla restituzione sono sospesi con un provvedimento ministeriale per un tempo indeterminato, infinito. Uno spazio liquido e informe in cui la sanzione è mera afflizione e il detenuto interrompe la sua essenza di uomo, veste i panni del suo crimine, è il suo crimine e nient’altro. Non incontra educatori, psicologi, criminologi. Nessun operatore del carcere predispone per lui una relazione di sintesi né un magistrato di sorveglianza approva il programma trattamentale. Non c’è proiezione di futuro al 41 bis tanto più a fronte della nuova legge, n. 199 del 2022, che esclude per chi è ristretto in quel regime ogni accesso a misure alternative o a benefici premiali.
Nel tempo la Corte costituzionale ha ribadito più volte che le limitazioni e la sospensione del trattamento intramurario sono ammissibili solo se finalizzate in concreto alla sicurezza sociale.
Il Comitato di prevenzione della tortura del Consiglio europeo, già nel novembre 2013 aveva intimato all’Italia di adottare le misure necessarie per assicurare che tutti i detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41 bis potessero usufruire di una più vasta gamma di attività mirate, trascorrere almeno 4 ore al giorno al di fuori delle proprie celle, insieme agli altri detenuti presenti nella stessa sezione; accumulare le ore di colloquio a loro spettanti di diritto e non utilizzate; telefonare con maggiore frequenza, indipendentemente dal fatto che avessero o meno effettuato il colloquio mensile. Ancora, aveva censurato la frequente soggezione a videosorveglianza permanente; l’esistenza di ulteriori restrizioni nelle c.d. sezioni di area riservata rispetto alla possibilità di incontro con altri detenuti; la mancanza di luce e aria adeguate in ragione della apposizione alle finestre di schermature in plexiglass.
Le raccomandazioni del C.P.T. rinnovate di anno in anno sono però rimaste pressoché inattuate e la carcerazione in regime derogatorio rimane un trattamento inumano e degradante che lede la dignità della persona. Dignità, un bene che a tutti appartiene, che è al cuore del sistema ordinamentale e che non può esistere in una vita sottratta alla progettualità, all’aspettativa di un domani, del recupero, della restituzione.
Il regime derogatorio si applica indistintamente anche a persone in custodia cautelare. Indagati o imputati e, dunque, presunti innocenti che magari verranno assolti e torneranno in libertà spezzati, dopo aver subito una carcerazione di massima afflizione.
I ristretti in regime di 41 bis sono collocati in luoghi sempre distanti dal loro contesto di origine. Incontrano i propri congiunti per un’ora al mese, dietro a un vetro divisorio antiproiettile a tutta altezza, in ambienti piccoli e angusti, spesso sporchi. Possono sostituire il colloquio con una telefonata di dieci minuti per effettuare la quale i familiari devono recarsi in un carcere.
I minori di dodici anni possono toccare il genitore recluso al di là del vetro. Il passaggio avviene allontanando i familiari che lo accompagnano. Sono momenti di grave trauma emotivo per il fanciullo che vive con orrore e paura l’incontro con il proprio congiunto in carcere. Uno strazio senza fine che nega ai bambini ogni continuità di amore.
È contratto l’accesso alla lettura, all’informazione, alla cultura. Non solo perché il detenuto deve utilizzare, per acquistare libri e giornali attraverso l’amministrazione penitenziaria, il denaro di cui dispone personalmente all’interno dell’istituto rinunciando ad altri piccoli generi di conforto ma anche perché spesso si vede opporre un rifiuto per l’asserita irreperibilità di quanto richiesto.
La corrispondenza è soggetta a censura. Le lettere dei propri cari sono tutto in 41 bis, il solo mezzo per parlarsi, per restare vicini, in contatto, per non perdere del tutto l’approccio alla quotidianità del proprio ambito familiare. Ma si deve prestare attenzione a non usare espressioni non immediatamente leggibili, che possano essere fraintese. Contenere l’anima, la distanza, le emozioni in parole povere, accorte, spoglie, mancanti di immagini e colori.
Così il filo si spezza e nelle lettere si scrive il meno possibile, ci si limita a comunicazioni minime e si lascia fuori il racconto, la storia, il vissuto e l’amore si relega alla dimensione del ricordo, al concetto sempre più astratto di famiglia, se resiste. E chi è in carcere, in 41 bis, resta solo ad ascoltare il silenzio, ad aspettare il niente.

IRAN: GIOVANE DI 17 ANNI GIUSTIZIATO PER OMICIDIO
Un giovane di 17 anni è stato giustiziato il 24 novembre 2023 in Iran, nel carcere di Sabzevar.
Hamidreza Azari era nato il 1° agosto 2006 e al momento dell’omicidio di cui era stato accusato aveva 16 anni e 8 mesi.
È importante notare che nella confessione forzata trasmessa in televisione, e nella notizia data dai media filogovernativi, la sua età è stata indicata come 18 anni. Si tratta di un tentativo deliberato di eludere le responsabilità per aver violato le leggi internazionali che vietano esplicitamente l'uso della pena di morte contro i minori autori di reati.
Azari era accusato di aver ucciso un altro uomo durante una lite in strada. La sua confessione forzata era stata precedentemente trasmessa assieme a quella del suo coimputato di 16 anni, che ha ricevuto una pena detentiva.
In Iran è diffusa la pratica di trasmettere in televisione le “confessioni” dei criminali o presunti tali, soprattutto nei casi in cui nei processi c’è scarsità di prove concrete.
Tutti gli osservatori indipendenti concordano che tali “confessioni” vengano ottenute minacciando sia gli imputati, che i loro familiari.
Le persone accusate in Iran di "omicidio volontario" sono condannate a “qisas” (punizione in natura), un termine che ricorre nel Corano. Poichè il Corano non accenna a eventuali circostanze che possano risultare “attenuanti”, la legge sugli omicidi viene applicata senza sfumature, e comporta una condanna a morte indipendentemente dall'intenzione o dalle circostanze. Una volta che l'imputato è stato condannato, i familiari della vittima, in qualità di querelanti, devono scegliere tra la morte come punizione, la diya (“prezzo del sangue”, ossia un risarcimento) o il perdono.
(Fonte: IHR)

PAKISTAN: UCCISA DAI PROPRI FAMILIARI IN UN ‘DELITTO D’ONORE’
Una ragazza di 18 anni è stata uccisa in Pakistan dalla sua stessa famiglia dopo essere stata condannata a morte dagli anziani del villaggio per aver ballato con dei ragazzi in un video virale sui social media.
L'omicidio sarebbe avvenuto il 26 novembre 2023 nel villaggio di Barsharyal, nella regione montuosa del Kohistan.
Quello che sembrerebbe un “delitto d’onore” è attualmente indagato dalla polizia pakistana.
Anche un’amica della ragazza, comparsa nel filmato virale, è stata condannata a morte ma è stata salvata dalla polizia prima che potesse essere uccisa.
Masood Khan, vice sovrintendente della polizia del distretto di Kolai-Palas, ha dichiarato: "Hanno sparato uccidendo una di loro mentre la polizia ne ha salvata una seconda.
"Abbiamo avviato un'indagine per risalire a coloro che hanno ucciso la ragazza e che hanno convocato una jirga (consiglio degli anziani del villaggio) e l'hanno condannata a morte."
Ha aggiunto che nessuno è al di sopra della legge e che tutte le persone coinvolte nel brutale omicidio saranno assicurate alla giustizia ad ogni costo.
La seconda ragazza, che è stata salvata dalla polizia dopo essere stata minacciata di morte, è stata riportata a casa da suo padre poco dopo, dal momento che un giudice ha stabilito che la sua vita non fosse in pericolo.
Anche i ragazzi comparsi nei video si sono dati alla macchia, temendo ritorsioni.
Come da tradizione locale, la jirga ha dichiarato 'chor' (ladri) coloro che apparivano nelle immagini che circolavano sui social e ha emanato un decreto per la loro uccisione.
Ogni anno, centinaia di donne nel Pakistan musulmano sono vittime di delitti d'onore, perpetrati da parenti che dichiarano di agire in difesa dell'onore della famiglia, spesso in aree rurali profondamente conservatrici, affermano i gruppi per i diritti umani.
La dott.a Farzana Bari, attivista per i diritti umani, ha espresso a Geo.tv la sua preoccupazione per la sicurezza della seconda ragazza.
Teme che prima o poi potrebbe essere uccisa e resta comunque seriamente minacciata.
"Probabilmente è stata fuorviata dalla sua famiglia. Conoscendo il tipo di mentalità che esiste nella zona, penso che questa ragazza verrà uccisa”, ha aggiunto Bari
Il primo ministro della provincia di Khyber Pakhtunkhwa, Syed Irshad Hussain Shah, ha detto di aver ordinato alla polizia di arrestare i responsabili.
"Stiamo indagando", ha detto Khan, aggiungendo che si ritiene che i parenti maschi della giovane donna siano coinvolti nell'omicidio, poiché le immagini pubbliche delle donne sono considerate tabù nella zona.
Questo tipo di omicidi vengono spesso commessi a seguito di fughe d’amore, contatti con uomini al di fuori del matrimonio o altre violazioni dei valori religiosi e culturali relativi alla riservatezza femminile, nonostante le campagne di gruppi per i diritti e leggi più severe.
L’anno scorso, una corte d’appello ha assolto un uomo che aveva ucciso la sorella, la star dei social media Qandeel Baloch, avvenuto nel 2016. Il crimine aveva suscitato indignazione in tutto il Paese e cambiamenti nelle leggi sui delitti d’onore.
Un altro incidente si è verificato nel 2011, quando un video di ragazze che tifavano per un ragazzo che ballava è diventato virale.
Tutte e cinque le ragazze riprese nel video sarebbero state uccise, insieme ai quattro fratelli del ragazzo, per ordine di una jirga locale.
Le persone coinvolte negli omicidi del caso del 2011 sono state recentemente rilasciate.
(Fonte: Daily Mail, 27/11/2023)

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