Nessuno tocchi Caino - IDAHO: HANNO PROVATO A GIUSTIZIARE UN 73ENNE DOPO 50 ANNI DI GALERA

 Nessuno tocchi Caino news

Anno 24 - n. 11 - 16-03-2024

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : IDAHO: HANNO PROVATO A GIUSTIZIARE UN 73ENNE DOPO 50 ANNI DI GALERA
2.  NEWS FLASH: CHINIAMOCI DI FRONTE AI POVERI E AGLI EMARGINATI
3.  NEWS FLASH: IRAQ: SEI CONDANNE A MORTE PER TERRORISMO E DROGA
4.  NEWS FLASH: IRAN: MOEIN SALAHVARZI GIUSTIZIATO DOPO 32 ANNI NEL BRACCIO DELLA MORTE
5.  NEWS FLASH: TRINIDAD: RILASCIATI OTTO EX DETENUTI DEL BRACCIO DELLA MORTE
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA : ADRANO: 16 MARZO CONFERENZA PUBBLICA


IDAHO: HANNO PROVATO A GIUSTIZIARE UN 73ENNE DOPO 50 ANNI DI GALERA
Valerio Fioravanti su L’Unità del 9 marzo 2024

Negli Stati Uniti in una settimana sono successi due fatti particolari, ma non rari.
Hanno cercato di giustiziare un uomo detenuto da 50 anni, e non ci sono riusciti. E hanno prosciolto, e scarcerato, un uomo che era rimasto 30 anni nel braccio della morte. Due errori, evidentemente. Gli errori sono cose importanti, o meglio, è importante quando degli errori si riesce a parlare apertamente. Dagli errori, dall’emersione degli errori, si capiscono molte cose.
Thomas Creech oggi ha 73 anni, ed è bianco. Arrestato a 23 anni, e sottoposto a “interrogatorio chimico” (siero della verità, ossia Pentothal, all’epoca negli Usa si poteva), aveva confessato circa 50 omicidi, che in gran parte non vennero presi sul serio in quanto “troppo simili a sceneggiature di film”. Non venne condannato a morte fino a quando, nel 1981, riempiendo un calzino con delle batterie, ha picchiato a morte il compagno di cella. Gli omicidi in carcere negli Stati Uniti portano automaticamente a una condanna a morte, perché vuol dire che proprio non ne vuoi sapere di calmarti. Sta di fatto che sono passati 50 anni. Uno vorrebbe dire: che senso ha uccidere un uomo dopo 50 anni di carcere?
Addirittura il direttore del penitenziano, Josh Tewalt, si è lasciato intervistare, e insieme a un agente di custodia hanno spiegato che l’uomo è cambiato, da molto tempo si comporta più che bene, aiuta gli altri detenuti, scrive poesie. “Non voglio disconoscere ciò che ha fatto”, ha detto Tewalt. “Allo stesso tempo, non si può nemmeno ignorare l’effetto che avrà sulle persone che hanno stabilito un rapporto con lui. Giovedì Tom non sarà lì. Sapere che non tornerà in quel reparto… Sarebbe davvero difficile non provare una qualche emozione al riguardo”.
Tre giorni dopo questa dichiarazione, il 28 febbraio, Tewalt, chiamato a dirigere l’esecuzione di Creech, ha ordinato che la procedura di iniezione letale venisse sospesa. Da 58 minuti tre agenti “volontari” con un’approssimativa formazione da paramedici stavano cercando di inserire gli aghi per i farmaci velenosi, e non ci riuscivano. In passato, in altri Stati, i direttori hanno accettato anche due ore di tentativi. Tewalt si è fermato prima.
Cosa succederà ora? Dal 1977 a oggi, secondo uno studio della Università del Colorado, sono state 61 le esecuzioni “problematiche”, ma già diverse volte la Corte Suprema ha stabilito che un tentativo abortito non pregiudica il diritto dello Stato di perseguire una seconda esecuzione. Alcuni Stati hanno compiuto una seconda esecuzione, l’ultima in ordine di tempo è avvenuta a gennaio in Alabama, contro Kenneth Smith. Altri governatori hanno avuto un atteggiamento diverso: non hanno preso decisioni formali, ma si sono limitati (e non è poco) a non emettere nuovi mandati di esecuzione, aspettando che i detenuti morissero di morte naturale. Cosa succederà in Idaho? Nessuno tocchi Caino “sospetta” che se un governatore decide di giustiziare un uomo che ha già scontato 50 anni, sta pensando alle elezioni. Brad Little è del Partito Repubblicano, e si sta portando avanti con il lavoro pensando che Trump a novembre vincerà le Presidenziali, e Trump, si sa, nel giro di pochi mesi fece compiere ben 13 esecuzioni. NtC teme quindi che, senza nemmeno aspettare troppo tempo, l’esecuzione di Creech verrà ripetuta.
Il secondo fatto è avvenuto a Philadelphia. Un uomo di colore, Daniel Gwynn, 54 anni, è stato scagionato e rilasciato il 28 febbraio dopo aver trascorso 30 anni nel braccio della morte. Era accusato di un incendio che aveva causato la morte di una donna. Gwynn è stato prosciolto su richiesta del procuratore distrettuale Larry Krasner, bianco, 62 anni, associato al Partito Democratico, che di sé stesso dice di essere “un pubblico ministero progressista”. Krasner ha disposto che venissero riesaminati 41 casi che lui ha considerato “sospetti”, in cui i suoi predecessori potrebbero aver “nascosto” elementi favorevoli alla difesa. Ha già ottenuto altri proscioglimenti, ma quello di Gwynn è il primo caso di un condannato a morte.
Dice giustamente il procuratore Krasner: “Quando arrestiamo, perseguiamo e condanniamo ingiustamente gli innocenti, i colpevoli rimangono liberi, e sono incoraggiati a fare più male”.
Sia i governatori che i procuratori sono “cariche politiche”, e come abbiamo visto, alcuni esercitano la giustizia in una direzione, altri nella direzione opposta. Sembra una stravaganza americana. Ma forse no: esistono davvero sistemi giudiziari in cui le condanne non siano “anche politiche”?

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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

CHINIAMOCI DI FRONTE AI POVERI E AGLI EMARGINATI
Marco Maria Freddi* su L’Unità del 9 marzo 2024

L’Associazione “La Corte dei Miracoli di Parma” è stata fondata tre anni fa con l’obiettivo di dare voce a una fascia di popolazione spesso dimenticata: i poveri senza rappresentanza. Queste persone sono definite “degrado urbano” e, dopo l’allontanamento dalle strade (Daspo), si ritrovano nelle carceri, sottoposte a pesanti trattamenti farmacologici fino al rilascio. Senza tetto e senza tutto, finiscono nuovamente per strada, trovando rifugio nelle stazioni ferroviarie e sotto i ponti delle città, fino al successivo Daspo.
Persone senza rappresentanza, così denominate poiché il tessuto sociale ha cancellato il loro nome e la loro esistenza, sono italiani autoctoni e migranti, accomunati dalla stessa sorte di vulnerabilità e dalla lotta quotidiana per la sopravvivenza. Persone che vivono in condizioni di estrema povertà, senza fissa dimora, affette da malattie psichiatriche o dipendenze, persone dall’identità sospesa e documenti scaduti, il loro passato si dissolve nel vuoto dell’anonimato.
Senza residenza né status, diventano ombre nelle nostre città dove i cittadini si stupiscono del loro vagare. L’ignoranza cittadina collettiva ritiene che siano loro stessi a scegliere di avere la strada come dimora ma vivere per strada non è normale, vedere un uomo o una donna vivere per strada dovrebbe scandalizzarci quanto vedere vivere per strada un bambino o un disabile. I servizi e il terzo settore fanno ciò che possono per far sentire bene chi è per strada ma il punto è e rimane ciò che si deve fare per non lasciarli per strada.
L’Associazione “La Corte dei Miracoli di Parma” si ispira alla frase di Luigi Pintor: “Non c’è in un’intera vita cosa più importante da fare che chinarsi perché un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi”. Questa frase esprime il profondo significato dell’umanità che si china per aiutare chi è caduto, che si abbassa per raggiungere chi non può avvicinarsi, che si piega per dire “ti vedo, non sono indifferente”. Ispirati dalle esperienze di accoglienza e inclusione di Don Luigi di Liegro, Don Luciano Scaccaglia, Mimmo Lucano, Simone Strozzi e Don Massimo Biancalani, lavoriamo affinché la visione di Luigi Pintor possa essere condivisa anche dalle istituzioni, dallo Stato, dai Comuni e da ciascuno di noi. Siamo convinti che i veri cambiamenti nascono dall’unione e dalla marcia comune di donne e uomini che perseguono la stessa direzione.
I poveri senza rappresentanza sono sempre più emarginati e additati al pubblico disprezzo. Le città militarizzate, invece di politiche di inclusione, aumentano la loro sofferenza, i poveri hanno bisogno di soluzioni che superino la logica emergenziale delle mense e dei dormitori e la nostra esperienza dimostra che è possibile riscattare dalla strada chi è privo di tutto, essere speranza e dare a loro stabilità e dignità.
C’è chi ancora scommette su di loro. Chi crede che possano rialzarsi. Questa scommessa però è un’ardua sfida, la strada cancella l’identità, priva di intimità, costringe a esporre le proprie debolezze a ogni passante. C’è chi ce la fa, c’è chi trova la luce nel tunnel grazie a progetti che vanno oltre la semplice sopravvivenza. Ma sono pochi, troppo pochi e le istituzioni pubbliche e private dovrebbero agire prima che la marginalizzazione diventi irreversibile.
Il 20 aprile a Parma organizzeremo un convegno per discutere della situazione dei poveri senza rappresentanza, i “dimenticati” di cui si parla solo in chiave pietistica durante le festività natalizie o in relazione alla sicurezza urbana. Vogliamo condividere la nostra esperienza e confrontarci con le istituzioni, le Regioni, i Comuni e i distretti sociosanitari per promuovere iniziative di inclusione e accoglienza per i poveri senza rappresentanza. È fondamentale integrare le soluzioni esistenti con nuove proposte, che funzionano e sono in
linea con l’imperativo umanitario di uguaglianza e inclusione per tutti i cittadini, soprattutto per quelli fragili e figli della povertà.
Questo approccio rispecchia i principi fondamentali che sono alla base dei valori umani universali, è una risposta volta a proteggere il benessere collettivo promuovendo simultaneamente una coesione sociale fondata sulla fiducia reciproca, dove la sicurezza possa essere percepita come tale dalla comunità. Non possiamo lasciare indietro nessuno, proprio nessuno.
* Volontario della Corte dei Miracoli di Parma

IRAQ: SEI CONDANNE A MORTE PER TERRORISMO E DROGA
Sei persone sono state condannate a morte in Iraq di recente, in due casi distinti.
Il 12 marzo è stato condannato a morte un sospetto membro dello Stato Islamico (ISIS) nella provincia di Anbar, hanno riferito le Forze di Mobilitazione Popolare (PMF).
La Direzione della sicurezza preventiva e indagini delle PMF aveva annunciato l’arresto di un sospetto membro della sicurezza dell’ISIS nella città di Fallujah ad Anbar. L’uomo è accusato di essersi specializzato nell’”omicidio di agenti e membri della sicurezza e nella preparazione di autobombe” durante il controllo della provincia da parte del gruppo.
L’imputato è stato condannato a morte in conformità con l'articolo 4 della Legge antiterrorismo, aggiunge la dichiarazione del PMF.
L'articolo 4 della Legge antiterrorismo irachena del 2005 stabilisce che chiunque partecipi a un "atto terroristico", come definito dalla legge, sarà condannato a morte, mentre coloro che vengono giudicati colpevoli di aver nascosto intenzionalmente un atto terroristico o di aver dato rifugio all’autore di tale atto saranno condannati all'ergastolo.
Il 27 febbraio, un tribunale iracheno ha condannato a morte cinque persone per traffico di droga, tra cui tre stranieri.
"La Corte penale centrale ha emesso cinque condanne capitali per il traffico di pillole narcotiche Captagon", si legge in un comunicato dell'ufficio stampa del Consiglio supremo della magistratura, che non precisa la nazionalità dei tre stranieri.
La dichiarazione aggiunge che i condannati trasportavano stupefacenti dalla provincia centrale di Najaf alla provincia meridionale di Muthanna, prima di trafficarli nei Paesi vicini.
Nel frattempo, la direzione narcotici del ministero dell'Interno ha dichiarato che le forze antidroga hanno sequestrato 80 kg di pillole di Captagon nella provincia occidentale irachena di Anbar.
Sono stati arrestati quattro spacciatori, che avevano nascosto le sostanze sottoterra, hanno aggiunto le autorità.
Il caos e i conflitti che hanno travolto il Paese dall’invasione statunitense del 2003 hanno impedito ai successivi governi iracheni di affrontare efficacemente la minaccia della droga, hanno detto le autorità di Baghdad.
Nel maggio 2023, il primo ministro iracheno Mohammed Shia' al-Sudani ha sottolineato l'importanza di intraprendere "una guerra alla droga", affermando che lo spaccio di droga rimane uno dei modi principali per finanziare il terrorismo e che la circolazione della droga prospera all'ombra del terrorismo.
(Fonti: Rudaw, 13/03/2024; Xinhua, 28/02/2024)

IRAN: MOEIN SALAHVARZI GIUSTIZIATO DOPO 32 ANNI NEL BRACCIO DELLA MORTE
Secondo informazioni ottenute da IHR, l'11 marzo 2024 un uomo è stato giustiziato nella prigione centrale di Ilam. La sua identità è stata accertata: si tratta di Moein Salahvarzi, 63 anni, che aveva trascorso 32 anni nel braccio della morte per omicidio.
Suo figlio in precedenza aveva dichiarato a IHR: "Avevo due anni quando è successo. Quel giorno mio padre stava lavorando alla fattoria, aveva lavorato duramente su quella terra per un anno. Mio zio paterno intimò a mio padre che doveva consegnargli il raccolto di grano e paglia di quell'anno. Mio padre rifiutò. Mio zio venne e usò un linguaggio volgare contro mia madre davanti al villaggio e mio padre gli sparò con un fucile da caccia. Non voleva uccidere suo fratello, voleva sparargli alla sua gamba, ma mio zio si fece avanti. Mio zio è morto durante il tragitto verso l'ospedale cittadino".
La famiglia di Moein Salahvarzi era stata informata dai funzionari della magistratura che il suo caso era stato perso.
"Abbiamo seguito il suo caso tante volte. A Teheran ci hanno detto che il suo caso era stato perso alla Corte Suprema. Nessuno ci risponde", aveva dichiarato il figlio a IHR nel novembre 2019, quando Moein era nel braccio della morte da 28 anni.
Al momento in cui scriviamo, la sua esecuzione non è stata riportata dai media nazionali in Iran.
(Fonte: IHR)

TRINIDAD: RILASCIATI OTTO EX DETENUTI DEL BRACCIO DELLA MORTE
Otto ex detenuti nel braccio della morte di Trinidad e Tobago sono stati rilasciati dopo 22 anni di reclusione, ha riferito il 4 marzo 2024 lo studio legale Doughty Street Chambers.
Nel 2001, nel caso Stato v Maharaj, 10 coimputati furono giudicati colpevoli di omicidio e condannati a morte. Nel 2006 il Privy Council ha annullato le loro condanne a morte sostituendole con condanne all’ergastolo, con unico mezzo di rilascio a discrezione del Presidente.
Nel 2017, i ricorsi dei detenuti sono stati riesaminati dalla Corte d’Appello, dopo che erano emerse nuove prove che dimostravano come l’unico testimone contro di loro avesse mentito durante il processo. Il testimone non si è presentato all'udienza e non è stato possibile rintracciarlo.
La Corte d'Appello ha respinto i loro ricorsi e il Privy Council ha confermato la decisione per i 9 detenuti su 10 che avevano presentato ricorso.
È stato portato avanti anche un ricorso contro la condanna all'ergastolo precedentemente comminata dal Privy Council.
Nel 2023 il Privy Council ha rimesso i casi alla sezione penale dell'Alta Corte di Trinidad e Tobago per un'udienza accelerata per una nuova sentenza.
Il 1° marzo 2024, otto detenuti hanno ricevuto condanne a tempo determinato che danno loro diritto al rilascio immediato. (Un nono detenuto rimane in carcere per un reato non correlato.)
Edward Fitzgerald KC e Amanda Clift-Matthews hanno rappresentato i 9 detenuti davanti al Privy Council, incaricati da The Death Penalty Project presso Simons Muirhead Burton LLP.
(Fonte: DSC, 04/03/2024)

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I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA


ADRANO: 16 MARZO CONFERENZA PUBBLICA
GRANDE SATYAGRAHA 2024
Forza della verità sulla condizione delle carceri

ADRANO
Sabato 16 marzo 2024
Ore 17:00
Conferenza Pubblica
Palazzo Bianchi- sala Emanuela Loi
Piazza Umberto

Saluti istituzionali
Fabio MANCUSO, Sindaco di Adrano
Salvo ITALIA, Assessore alla cultura

Presiede e modera
Sabrina RENNA, Consiglio Direttivo Nessuno tocchi Caino

Intervengono
Rita BERNARDINI, Presidente di Nessuno tocchi Caino I Antonio CONIGLIO, Consiglio Direttivo Nessuno tocchi Caino I Francesco MESSINA, Avvocato I Sergio D'ELIA, Segretario Nessuno tocchi Caino I Elisabetta ZAMPARUTTI,
Tesoriera Nessuno tocchi Caino

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