Nessuno tocchi Caino - ITALIA-USA: SERGIO D'ELIA, 'BENE FORTI, ORA STESSA DETERMINAZIONE PER SALIS'

Nessuno tocchi Caino news

Anno 24 - n. 10 - 09-03-2024

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : ITALIA-USA: SERGIO D'ELIA, 'BENE FORTI, ORA STESSA DETERMINAZIONE PER SALIS'
2.  NEWS FLASH: ESECUZIONI IN PIAZZA E FUSTIGAZIONI: I TALEBANI SONO TORNATI TALEBANI
3.  NEWS FLASH: ‘CHIUSO AL 41BIS, MI VIETANO DI ISCRIVERMI A NTC E ASCOLTARE RADIO RADICALE’. PERCHÉ?
4.  NEWS FLASH: PENNSYLVANIA (USA): DANIEL GWYNN PROSCIOLTO E RILASCIATO DOPO 30 ANNI NEL BRACCIO DELLA MORTE
5.  NEWS FLASH: EGITTO: CONDANNATI A MORTE I LEADER DEI FRATELLI MUSULMANI
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


ITALIA-USA: SERGIO D'ELIA, 'BENE FORTI, ORA STESSA DETERMINAZIONE PER SALIS'


"Siamo felicissimi della decisione sul rientro in Italia di Chico Forti e complimenti a chi ha portato a termine una lunga, lunga campagna che non è partita evidentemente con questo governo ma con i governi precedenti, ma va sicuramente ringraziata Giorgia Meloni per averla conclusa positivamente. E vorrei che vi fosse la stessa determinazione anche nei confronti dell'Ungheria perché sia riportata in Italia, seppure in custodia cautelare, la nostra connazionale Ilaria Salis". Lo ha detto all'Adnkronos Sergio D'Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino, commentando l'annuncio del trasferimento in Italia di Chico Forti dopo 24 anni di carcere in Florida.
"Non sono pochi i detenuti italiani all'estero, quindi spero che il caso Forti apra una nuova stagione di attenzione e di impegno da parte del governo sui cittadini italiani detenuti all'estero perché ci siano le condizioni per un trasferimento in Italia sia se si trovano in custodia cautelare o che debbano scontare la pena", ha aggiunto D'Elia sottolineando "la determinazione della moglie di Chico Forti nella lunga campagna per il suo trasferimento in Italia".
"E' un atto di civiltà quello di far scontare la pena nel paese di origine, al di là del processo e della condanna, sulla quale noi nutriamo tutti i dubbi possibili, al di là della regolarità delle indagini e sul fatto che il processo abbia rispettato le regole minime delle convenzioni internazionali", ha concluso D'Elia.
(Fonte: Adnkronos, 02/03/2024)

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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

ESECUZIONI IN PIAZZA E FUSTIGAZIONI: I TALEBANI SONO TORNATI TALEBANI
Sergio D’Elia su L’Unità del 2 marzo 2024

Il sistema dei Talebani è autarchico in tutto e per tutto. Vivono e governano nel proprio piccolo mondo fuori dal mondo e nel loro tempo sospeso fuori dal tempo. Tutti intorno – da Hamas a Hezbollah, dagli Houthi ai Pasdaran – guerreggiano e incutono timore, minacciano la pace e la sicurezza dei propri vicini, violano il diritto e l’ordine internazionali.
I Talebani, invece, sono ciechi, sordi e muti nei confronti del mondo intero. La loro guerra e il loro terrore sono rivolti all’interno dei confini afghani, la pace e la sicurezza minate sono quelle dei propri cittadini, il diritto di cui si curano è solo quello islamico, l’ordine che seguono è quello morale, religioso e politico della loro Guida Suprema.
Da quando sono tornati al potere nel 2021 non hanno sparato un colpo oltre confine: non un missile, non un drone, non una parola ostile verso quelli che sono i nemici giurati molto comuni nell’area: gli imperialisti americani e i sionisti israeliani. Tutta la loro attenzione è dedicata al loro autarchico piccolo mondo antico alimentato da un’unica, primordiale fonte del diritto: la sharia. La legge islamica funge da codice di vita per i musulmani di tutto il mondo, indica una linea di condotta su questioni come il pudore, la famiglia, la finanza, la criminalità. Le sue interpretazioni variano a seconda degli usi locali, della cultura e delle scuole di pensiero religiose.
In Afghanistan, invece, gli studiosi talebani hanno adottato una delle interpretazioni più estreme del codice, inutilizzate dalla maggior parte dei moderni stati musulmani.
Centinaia di milioni di dollari erano stati spesi per costruire in Afghanistan un nuovo sistema giudiziario, una combinazione di legge islamica e secolare con pubblici ministeri, avvocati difensori e giudici qualificati. Ma questo sforzo non è servito a niente. Gli investitori hanno abbandonato il campo a metà dell’opera.
Tornati al potere, i Talebani hanno volto lo sguardo al passato, ai principi originari e alle pratiche consuete della loro storia. Sono tornate in voga punizioni corporali e pene capitali: le amputazioni per furto, le fustigazioni per adulterio e consumo di alcol, le esecuzioni pubbliche per omicidio.
I Talebani hanno anche vietato alle donne di frequentare le scuole superiori e le università, bandito loro l’accesso ai parchi, ai luna park e alle palestre e ordinato di coprirsi in pubblico.
In risposta, molti governi, organizzazioni internazionali e agenzie umanitarie hanno tagliato o ridotto drasticamente i loro finanziamenti per l’Afghanistan, provocando un duro colpo all’economia già in difficoltà. Il loro leader supremo, Hibatullah Akhundzada, ha reagito da Talebano. Ha subito ordinato ai giudici di applicare integralmente gli articoli del codice islamico, compresa la “retribuzione in natura”, la punizione “occhio per occhio” nota come “qisas”. Sono così tornate di moda anche le esecuzioni pubbliche, molto comuni nella seconda metà degli anni 90 durante il primo regime talebano.
Il 22 febbraio scorso, sono stati giustiziati due uomini condannati per aver accoltellato a morte due persone. Migliaia di uomini si sono radunati nello stadio di Ghazni per assistere all’esecuzione di Syed Jamal e Gul Khan. Un funzionario della Corte Suprema ha letto ad alta voce la sentenza e l’ordine di esecuzione firmato dal capo supremo.
Sugli spalti urlava la folla di tifosi della sharia, in mezzo al campo tremavano i condannati a morte. C’erano anche i familiari delle vittime. All’ultimo minuto, gli è stato chiesto se volevano concedere il perdono, ma hanno rifiutato. I due sono stati uccisi a colpi di fucile alla schiena. A sparare sarebbero stati proprio i parenti delle vittime.
Il 26 febbraio, i Talebani sono tornati allo stadio per l’esecuzione di un altro condannato per omicidio. L’esecuzione è avvenuta sotto una forte nevicata nella città di Shibirghan davanti a migliaia di spettatori. Il fratello dell’uomo assassinato avrebbe sparato al condannato cinque colpi di fucile. È la quinta esecuzione pubblica da quando i Talebani sono tornati al potere.
Nel fine settimana, tra un’esecuzione e l’altra, un uomo e una donna condannati per adulterio sono stati frustati 35 volte nella provincia di Balkh. Altre due persone hanno ricevuto 30 frustate nella provincia di Laghman per aver commesso “atti immorali”.
Da quando le forze del “mondo libero” hanno lasciato in fretta e furia il Paese abbandonando gli afghani al loro destino, i Talebani sono tornati a fare i talebani, tali e quali, violenti e spietati come sempre. Il governo di Kabul non è stato ufficialmente riconosciuto da nessun altro governo, ma i Talebani non si sono offesi per questo mancato riconoscimento internazionale. Anzi, hanno accolto sanzioni e isolamento dal mondo come un omaggio alla loro vocazione autarchica, al loro essere unici e irripetibili sulla faccia della terra.

‘CHIUSO AL 41BIS, MI VIETANO DI ISCRIVERMI A NTC E ASCOLTARE RADIO RADICALE’. PERCHÉ?
C. V.* su L’Unità del 2 marzo 2024

Un detenuto al 41-bis scrive al deputato di Italia Viva Roberto Giachetti lamentando il fatto che gli viene impedito di iscriversi a Nessuno tocchi Caino, vedere alcuni canali TV nazionali, ascoltare Radio Radicale. Inoltre, denuncia che durante le perquisizioni alla sua cella gli viene imposto di non essere presente.
Ci chiediamo. Quali ragioni di sicurezza possono giustificare il divieto di iscriversi a un’associazione come Nessuno tocchi Caino che si batte per l’abolizione della pena di morte nel mondo, per scongiurare la pena “fino alla morte” degli ergastolani ostativi e per i diritti dei detenuti ispirandosi alla più rigorosa nonviolenza pannelliana, allo stato di diritto e ai principi democratici?
Quali ragioni preventive possono giustificare il divieto di ascoltare Radio Radicale alla quale sono riconosciuti contributi statali per il “servizio pubblico” che svolge da cinquant’anni con la trasmissione dei lavori parlamentari, delle riunioni del CSM, della Corte costituzionale e di eventi pubblici di partiti e associazioni di ogni ispirazione politica?
Roberto Giachetti porrà al Ministro Nordio queste e altre domande sollecitate da un essere umano che si vorrebbe sepolto al 41-bis, ma che è capace di richiamare le istituzioni al rispetto dei sacri principi costituzionali e convenzionali europei, principi che non possono essere sacrificati sull’altare della ragion di Stato in spregio dello stato di diritto.

‘Onorevole Roberto Giachetti,
non so se si ricorda di me, sono C. V., attualmente detenuto in regime di 41 bis, con fine pena mai, in prigione dal 2003 e al 41 bis dal 2006. Ho avuto modo di conoscerla in una sua precedente visita qui dove mi trovo. Le scrivo perché ho cercato di fare la tessera all’Associazione Nessuno tocchi Caino in modo tale da partecipare e sostenere chi da anni si batte per noi detenuti, ma mi hanno risposto che non è previsto dalla norma, quindi non posso tesserarmi.
Tale risposta del DAP e della direzione non corrisponde al vero, infatti non hanno indicato nessuna norma che lo impedisca, mentre l’art. 18 della Costituzione consente a tutti di associarsi liberamente, la Legge 4 agosto 1955 n.848 di ratifica della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo all’art. 11 afferma il diritto di ogni persona alla libertà di associazione e, se leggerà le raccomandazioni dei ministri agli stati Membri sulle Regole Penitenziarie Europee dell’11 gennaio 2006, all’art. 24 punto 11 scrive che sia assicurata la partecipazione ad aspetti della vita pubblica. Invece, pur non essendoci leggi o norme che lo vietino, mi si impedisce di tesserarmi a Nessuno tocchi Caino: le chiedo se può aiutarmi a veder riconosciuto questo diritto a tesserarmi.
Poi non è l’unica limitazione che si fa al di fuori delle regole penitenziarie europee dell’11 gennaio 2006, per citarne alcuni, l’art. 24 al punto 10 è previsto che le limitazioni a quotidiani, trasmissioni radio, o tv, possono essere imposte solo da autorità giudiziaria (che in verità vieta di acquistare solo giornali con cronaca locale), noi invece abbiamo limiti sui canali tv nazionali, sulle radio nazionali; pensi che mi si vieta di ascoltare Radio radicale, così come i canali tv come già scritto, non perché un’autorità giudiziaria l’ha deciso, ma in base ad una circolare del DAP che anche se non è un’autorità giudiziaria, fa queste limitazioni al di fuori della Costituzione Italiana (Art.21).
Oppure l’art. 54, al punto 8, dove si scrive che il detenuto deve essere presente quando si perquisiscono i loro effetti personali: noi invece veniamo fatti uscire dalla cella e gli agenti hanno così accesso alle lettere che sono in cella, agli atti processuali, ai certificati medici, frugano e manipolano la proprietà privata e noi non possiamo assistere anche se non ci sono i motivi di sicurezza che lo impediscono… ma se vengono i carabinieri dall’esterno, mi dissero che dovevo essere presente alla perquisizione (carcere di Benevento 2005, credo) quindi i carabinieri rispettano le leggi e la penitenziaria non ha regole?
Sa, si fa un gran parlare delle regole penitenziarie europee che altri paesi dovrebbero rispettare, giusto, ma anche l’Italia dovrebbe farlo, e io potrei scrivere pagine e pagine di articoli e violazioni delle regole europee in materia di detenzione, ma sono 41 bis e nessuno se ne preoccupa, o almeno molti.
Onorevole Roberto può fare qualcosa per farmi fare il tesseramento, o farmi presenziare alla perquisizione in cella che fanno due volte a settimana, o farmi sentire Radio Radicale e altre radio nazionali?
In attesa, le porgo i miei saluti e grazie di cuore per il vostro impegno nel difendere i diritti dei detenuti, credo che Marco sarebbe contento di lei e della Bernardini che avete raccolto il suo testimone’. (11 febbraio 2024)
* Ergastolano, detenuto al 41bis

PENNSYLVANIA (USA): DANIEL GWYNN PROSCIOLTO E RILASCIATO DOPO 30 ANNI NEL BRACCIO DELLA MORTE
Daniel Gwynn è stato scagionato e rilasciato il 28 febbraio dalla prigione di Stato della contea di Montgomery dopo aver trascorso quasi 30 anni nel braccio della morte.
Gwynn era stato condannato a morte nella contea di Philadelphia nel 1995 per l'incendio doloso del 1994 che aveva causato la morte di una donna, Marsha Smith, e il ferimento di altre persone.
Il 27 febbraio 2024, la giudice Barbara A. McDermott ha accolto una richiesta dell'ufficio del procuratore distrettuale di Filadelfia per archiviare le accuse di omicidio di primo grado, incendio doloso e aggressione aggravata nei confronti di Gwynn, 54 anni, nero, condannato a morte.
Gwynn è la 197esima persona scagionata dopo essere stata condannata a morte dal 1973, secondo l'Innocence Database del DPIC.
"Oggi per noi è soprattutto un giorno di enorme sollievo e tristezza, perché un ragazzo come lui, un'anima innocente, ha trascorso tutto questo tempo in attesa della sua esecuzione languendo in prigione", ha dichiarato l'avvocato difensore di Gwynn, Karl Schwartz, a CBS News Philadelphia.
Secondo l’Innocence Databese, la Pennsylvania è ora il quarto stato con più casi di proscioglimenti, 13, di detenuti condannati a morte in primo grado e in appello, che sono riusciti ad ottenere il proscioglimento solo dopo che la loro sentenza era diventata definitiva, e Philadelphia è la seconda contea a guidare gli esoneri dal braccio della morte negli Stati Uniti dal 1973.
"L'esonero di Daniel Gwynn oggi libera un uomo probabilmente innocente. Purtroppo, è anche l'esempio di un'epoca di polizia e procedimenti giudiziari inesatti e a volte corrotti che hanno incrinato la fiducia delle nostre comunità fino ad oggi", ha dichiarato il procuratore distrettuale Larry Krasner, il cui ufficio ha sostenuto l'esonero di 41 persone condannate ingiustamente.
"L'opinione pubblica si aspetta le giuste conseguenze per chi commette crimini violenti, e vuole che gli innocenti siano liberi. Quando le forze dell'ordine arrestano, perseguono e imprigionano ingiustamente gli innocenti, i colpevoli sono liberi e sono incoraggiati a fare più male".
L'ingiusta condanna di Gwynn nel 1994 per la morte di Marsha Smith si basava su una falsa confessione e su un'errata testimonianza oculare. L'assistente procuratore distrettuale David Napiorski, che ha condotto l'indagine federale, spiega che i dettagli chiave della confessione di Gwynn contraddicono le prove fisiche, tra cui come e dove è iniziato l'incendio e quale uscita della casa è stata utilizzata.
Gwynn ha anche spiegato che la sua confessione è stata forzata, scrivendo su Art for Justice che "Durante l'interrogatorio, mentre mi stavo disintossicando dalla cocaina, i detective hanno approfittato del mio cervello assuefatto. Hanno mentito, manipolato le informazioni e minacciato a gesti di farmi del male. Essendo stato picchiato dalla polizia in passato, sentivo che le loro minacce erano reali".
Si è poi scoperto che un presunto “riconoscimento fotografico” consegnato dalla polizia alla pubblica accusa non era mai avvenuto. Quando i nuovi difensori di Gwynn avevano chiesto di visionare su quale serie di fotografie fosse stato fatto il riconoscimento, per anni la polizia ha sostenuto che quella parte dell’incartamento era andata smarrita. Quando alla fine, con l’inchiesta federale in corso, il fascicolo è stato “ritrovato”, si è scoperto che tra le foto mostrate ai testimoni quella di Gwynn non c’era, e quindi il riconoscimento era falso. L'accusa inoltre non aveva condiviso con la difesa che esistevano alcuni elementi che indicano un altro sospettato.
"Questo è un caso piuttosto assurdo. Il signor Gwynn è stato in prigione per 30 anni per qualcosa che non siamo certi abbia fatto. Ci sono molte prove che non sono state divulgate e che, a nostro avviso, indicano un sospetto alternativo convincente per questo crimine: un uomo che è stato condannato per omicidio e sta scontando una condanna all'ergastolo", ha dichiarato il procuratore Napiorski a CBS News Philadelphia.
Nella dichiarazione dell'ufficio del procuratore distrettuale, il sostituto procuratore Napiorski identifica l'ingiusta condanna e "l'ingiusta detenzione" del signor Gwynn come "una storia della visione a tunnel della polizia e dell'azione penale".
(Fonte: DPIC, 28/02/2024)
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EGITTO: CONDANNATI A MORTE I LEADER DEI FRATELLI MUSULMANI
Un tribunale egiziano il 4 marzo 2024 ha condannato a morte i leader dei Fratelli Musulmani Mohamed Badie, Mohamed El-Beltagy e altri 6, nel caso n. 72 del 2021, noto anche come il caso degli "Incidenti della Piattaforma".
Il tribunale ha inoltre condannato all'ergastolo altri 37 imputati, alla reclusione per 15 anni altri 6 imputati e alla reclusione per 10 anni altri 7 imputati. I restanti 21 imputati sono stati assolti.
Gli otto condannati a morte sono: “Muhamad Badie, Mahmoud Ezzat, Muhamad al-Beltagy, Amr Zaki, Osama Yassin, Safwat Hegazy, Essam Abdel Majed e Muhamad Abdel Maqsoud”.
Erano tutti accusati di diversi reati, ovvero di aver aderito a un gruppo costituito in violazione delle disposizioni di legge, partecipato ai reati di assembramento, violenza e omicidio, nonché tentato omicidio di poliziotti sulla al Nasr Road e preparazione di armi da fuoco per tale scopo.
Durante le udienze precedenti, la Procura ha presentato un rapporto ufficiale dell’Autorità per i trasporti pubblici riguardante i danni riportati nei luoghi in cui si sono verificati atti di violenza, comprese le stazioni di Al-Nasr Street.
L’articolo 12 della Legge Antiterrorismo definisce la pena per la formazione e gestione di un gruppo terroristico, e quando tale reato comporti la pena di morte, stabilendo che “Chiunque costituisce, organizza o gestisce un gruppo terroristico, o ne assume la direzione, sarà punito con la morte o l’ergastolo”.
(Fonte: Egypt Today, 04/03/2024)

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