Nessuno tocchi Caino - A SALVARE VITE NELLE CARCERI SONO GLI STESSI CHE LE ABITANO

Nessuno tocchi Caino news

Anno 24 - n. 14 - 06-04-2024

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : A SALVARE VITE NELLE CARCERI SONO GLI STESSI CHE LE ABITANO
2.  NEWS FLASH: SPAZI ANGUSTI, DEGRADO, MORTIFICAZIONE: LA CELLA È UNA PRIGIONE NELLA PRIGIONE
3.  NEWS FLASH: SOMALIA: NELLO STATO DI GALMUDUG DUE GIUSTIZIATI PER OMICIDIO
4.  NEWS FLASH: USA: DUE DETENUTI EVITANO L’ESECUZIONE PER LE LORO CONDIZIONI MENTALI
5.  NEWS FLASH: INDIA: ASSOLTO E LIBERATO DAL BRACCIO DELLA MORTE DOPO 11 ANNI
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA : UMBRIA 2024 - FORZA DELLA VERITÀ SULLA CONDIZIONE DELLE CARCERI


A SALVARE VITE NELLE CARCERI SONO GLI STESSI CHE LE ABITANO
Sergio D’Elia su L’Unità di sabato 30 marzo 2024

Anche quest’anno la nostra compagnia di giro ha ripreso a “visitare i carcerati”, opera di misericordia corporale che dovrebbe sentirsi impegnato a fare almeno una volta nella vita – come il battesimo, la prima comunione e la cresima – ogni bravo “cristiano”, detto in senso confessionale ma anche più semplicemente e laicamente nel senso che dalle mie meridionali parti vuol dire persona, uomo o donna di buona volontà. L’anno scorso ne abbiamo visitate 120 su 189 con Rita, Elisabetta, avvocati delle camere penali e anche magistrati, iscritti e simpatizzanti di Nessuno tocchi Caino o semplici cittadini convinti che per farsi un’idea del carcere occorreva seguire Piero Calamandrei e il suo “bisogna aver visto”.
La pena che si vede, si respira e si tocca con mano, contagia e imprigiona tutto e tutti: il carcere, i detenuti e i “detenenti”. Le carceri fanno davvero pena. La pena non è solo quella del detenuto e dell’internato. La pena è anche quella del “detenente” che opera in un luogo di lavoro – spesso forzato fino a un tempo di straordinario obbligatorio – malsano, pericoloso e usurante che al confronto la più folle catena di montaggio di una fabbrica fordista può sembrare un posto di villeggiatura. Nelle carceri manca personale, mancano risorse finanziarie, mancano educatori, mancano scuole, mancano medici, psicologi, psichiatri, manca lavoro, mancano rapporti affettivi, manca il rispetto umano, l’amore e contatti umani significativi. A cosa può condurre una struttura carente di questi bisogni essenziali se non alla violenza? In questo stato, atti di autolesionismo, aggressioni al personale, pestaggi nei confronti dei detenuti, sono all’ordine del giorno.
Sono sempre più convinto dell’urgenza di liberarsi, hic et nunc, della necessità del carcere, di questo carcere sempre più divenuto – tant’è che così è comunemente denominato – “luogo di pena”, “istituto penitenziario”. Tali sono le celle di isolamento, le sezioni di osservazione, ordine e sicurezza, i reparti di transito e di assistenza detta “sanitaria”, dove sono cumulati e tumulati “tossici”, minorati fisici, malati terminali e malati mentali che in altri tempi tenevamo in luoghi di cura, non di pena. Detto questo, aggiungo con altrettanta convinzione: beati i “costruttori di pace” nelle carceri, quei detenuti e quei “detenenti” che tutti i santi giorni sono impegnati nell’opera anch’essa di misericordia corporale di riduzione del danno connaturato a una struttura violenta, mortifera, patogena che infligge vere e proprie pene corporali, quelle che usavano nel medioevo e che poi abbiamo abolito perché inumane e degradanti.
Mutilazioni fisiche, menomazioni mentali, perdita dei fondamentali sensi umani, sono la cifra della condizione carceraria. Non riuscire a volgere lo sguardo oltre le sbarre di una finestra spesso oscurata da una rete fitta o dalla “bocca di lupo” e al di là del muro di cinta per vedere l’infinito, l’azzurro del cielo e del mare, il verde di una collina e il rosso di un tramonto, rende ciechi.
“Occhio per occhio” è la pena, non solo la privazione della libertà. L’assenza di rilevanti contatti umani, il denegato bisogno di riconoscimento in quanto persona, la mancanza di amore, affettività, sessualità, altera il battito cardiaco, rallenta la circolazione del sangue, fa impazzire il cuore e le cellule di organi vitali. La morte di crepacuore o di cancro è la pena, non solo la privazione della libertà.
Il fine pena mai, una pena senza speranza, il pensiero fissato per sempre al male arrecato, il pregiudizio del reato e del danno irreparabile, fa perdere il senso della vita e anche il senno. La pazzia è causa ed effetto della pena, non solo la privazione della libertà.
Il direttore di Venezia Santa Maria Maggiore, che abbiamo visitato di recente, ha detto che ben altro ci vorrebbe che una liberazione anticipata speciale, che con Rita Bernardini e Roberto Giachetti stiamo proponendo al parlamento per ridurre il carico intollerabile di corpi e di dolore che grava sulle carceri. Come premio minimo per la buona condotta che hanno tenuto i carcerati nella condizione di degrado cui sono stati costretti non per un giorno, non per un mese, non per un semestre ma per anni!
Ripeto: beati i costruttori di pace e di speranza nelle carceri. Non solo i detenuti, ma anche i detenenti. Formati sui principi e le regole della riforma carceraria, direttori, educatori e poliziotti penitenziari si sono votati a fare di più del proprio mestiere: non solo sorvegliare ma anche curare, non solo custodire ma anche confortare, essere pure un po’ infermieri, un po’ medici, un po’ psicologi, un po’ psichiatri.
“Despondere spem munus nostrum”, è il motto del corpo della polizia penitenziaria. “Spes contra spem”, è il motto nostro. La loro e nostra semina di speranza in un istituto dove regna la disperazione, la loro e nostra opera di misericordia corporale nei luoghi dove si infligge la pena corporale, ha sicuramente contribuito in questi anni nelle carceri del nostro Paese a salvare molte vite. Dalla solitudine e dal crepacuore, dall’angoscia e dall’impiccagione.

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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

SPAZI ANGUSTI, DEGRADO, MORTIFICAZIONE: LA CELLA È UNA PRIGIONE NELLA PRIGIONE
Cesare Burdese* su L’Unità di sabato 30 marzo 2024

Da alcuni mesi, con Nessuno tocchi Caino visito le carceri. Lo faccio con lo sguardo dell’architetto, nella convinzione della possibilità, seppure remota, di dare dignità alle persone e ai luoghi che appartengono al carcere, attraverso il costruito. Osservare i muri del carcere, misurarli, disegnarli e descriverli non è cosa vana, se il fine è una maggiore consapevolezza del carcere per superarlo.
Lo scorso 22 marzo ho visitato le carceri di Forlì e di Ravenna, risalenti al periodo della prima riforma penitenziaria del 1889 dopo l’Unità d’Italia e architettonicamente concepite secondo l’innovativa tipologia del carcere cellulare. Da allora esse hanno funzionato in base alla ricorrente pendolarità tra spinte umanitarie e restaurazioni rigoriste che appartiene alla nostra vicenda penitenziaria e non sono mutate. Quei muri rimandano alla pena delle loro origini, afflittiva anche se finalizzata alla rieducazione e all’emenda del condannato, attraverso il lavoro, la religione e lo studio.
L’attualità continua a restituirci la storica centralità della cella nell’edificio carcerario e analogamente del suo uso nella quotidianità detentiva, nonostante la pomposa espressione camera di pernottamento che l’Ordinamento penitenziario del 1975 ha introdotto. La cella, da sempre carcere nel carcere, è il luogo dove le persone detenute – da sole o in compagnia – permangono più a lungo per libera scelta o costrette nel corso delle 24 ore. Tale circostanza addensa luci e ombre: la cella è casa, dove vivere la detenzione nella dimensione più personale e intima, condividere o isolarsi, ma è anche il luogo di ozio e di convivenza forzata in condizioni di inciviltà inaccettabile.
Il recente dibattito e i provvedimenti dell’Amministrazione sul regime e sul trattamento penitenziari, hanno significativamente riguardato anche i tempi e le modalità di utilizzo della cella. L’apertura e la chiusura delle celle, continuano a essere argomento divisivo in tema di modalità gestionale delle persone detenute. Le caratteristiche architettoniche, le dotazioni impiantistiche e gli arredi delle celle visitate, smentiscono moniti, raccomandazioni e programmi in un quadro desolante di disumanità. Esse sono troppo piccole, non rispettano le prescrizioni igienico-edilizie minime delle abitazioni civili, sono male arredate e fatiscenti. Anche se rispettano la soglia minima dei 3 metri quadrati di pavimento libero pro capite, esse mortificano immotivatamente la condizione abitativa ed esistenziale di chi le utilizza. La cella, dove si esauriscono in uno spazio minimo tutte le funzioni dell’abitare domestico, non viene equiparata a una camera da letto di civile abitazione. Nello spazio ridotto delle celle visitate, l’invadenza degli arredi fissi e mobili, preclude di fatto ogni possibilità alternativa al giacere distesi sul letto. In esse l’uso di cucinare e conservare alimenti (a volte nel servizio igienico), e di consumare pasti, tradisce ogni buona regola igienica e rimanda all’uso inopportuno che se ne fa, in quanto la norma la destina al sonno e al riposo. L’inadeguatezza e la miseria degli arredi presenti obbligano a usi impropri i vani finestra (già di per sé troppo piccoli e tamponati con reti metalliche oltre le inferriate che pregiudicano la visuale verso l’esterno), utilizzati all’occorrenza per stendere indumenti e depositare calzature maleodoranti. Il cattivo stato di manutenzione delle celle visitate fa il pari con tutto il resto, ed è particolarmente rilevante per la vetustà e la precarietà degli infissi esterni, degli intonaci, dell’impianto elettrico…
Le nostre 189 carceri in funzione, indistintamente, sono luoghi disumani e inadeguati ai fini risocializzativi, afflittivi oltremodo, anche per la loro natura architettonica, indipendentemente dall’ineluttabilità della sofferenza che la condizione detentiva determina. Il nostro carcere costruito non è mai stato adeguato né concepito secondo i valori morali e culturali della Costituzione e del dettato normativo in essere; si tratta in ogni caso di palese insipienza istituzionale. Certamente rendere umane e dignitose le nostre 189 carceri richiederebbe un investimento miliardario, ma anche altre sensibilità, fuori da ogni logica afflittiva.
* Architetto, esperto di architettura penitenziaria

SOMALIA: NELLO STATO DI GALMUDUG DUE GIUSTIZIATI PER OMICIDIO
Un tribunale dello stato federato somalo di Galmudug il 28 marzo 2024 ha fucilato due uomini per omicidio, in due casi distinti.
Le due esecuzioni sono avvenute nella regione di Galgadud.
Abdihakin Ahmed Egal è stato messo a morte per l'omicidio del giornalista Abdikarin Ahmed Bulhan, avvenuto nel distretto di Abudwak il 13 marzo 2024.
Egal avrebbe confessato di aver ucciso intenzionalmente Bulhan, un noto reporter che lavorava presso la stazione televisiva nazionale somala ed era noto per il suo impegno umanitario e pacifista ad Abudwak e in tutto lo stato di Galmudug.
Egal avrebbe sparato e ucciso Bulhan all'interno di un orfanotrofio, dove la vittima lavorava.
Hanno assistito all’esecuzione sia parenti della vittima che dell’omicida.
Il tribunale ha anche giustiziato Ahmed Abdi Mohamed per l'omicidio di un uomo di nome Bashir Hure Abdi, avvenuto nel distretto di Abudwak.
(Fonte: Hiiran, 29/03/2024)

USA: DUE DETENUTI EVITANO L’ESECUZIONE PER LE LORO CONDIZIONI MENTALI
Due detenuti hanno di recente evitato l’esecuzione in Oklahoma e Texas per le loro condizioni mentali.
Un giudice della Corte distrettuale nella contea di Pittsburg, in Oklahoma, il 28 marzo 2024 ha stabilito che James Ryder sia “non competente” per essere giustiziato, a causa della sua grave malattia mentale.
“Non competente” riguarda le condizioni mentali di un imputato, un termine che in italiano corrisponde a “incapace di intendere e di volere”.
Ryder, ora 61enne, bianco, è stato condannato a morte per aver ucciso a botte, nel 1999, Daisy Hallum, 70 anni, e all'ergastolo senza condizionale per l'uccisione a colpi di fucile del figlio di lei, Sam Hallum, 38 anni.
La sentenza è stata emessa dal giudice Michael Hogan della contea di Pittsburg.
L'esecuzione di Ryder era prevista per il 1° febbraio, ma la data è stata sospesa nel dicembre 2023 quando la Corte d'Appello dell'Oklahoma ha stabilito che Ryder aveva presentato prove sufficienti per giustificare un'udienza di competenza.
Il caso era stato segnalato dal direttore del carcere, che durante un colloquio aveva avuto la netta impressione che Ryder non fosse in grado di comprendere né la gravità di quello che aveva fatto, né la gravità della punizione che lo attendeva.
Il 25 marzo si è tenuto un processo in tribunale in cui due esperti hanno testimoniato che Ryder soffre di schizofrenia.
Il tribunale ha preso in considerazione le prove fornite da vari esperti psichiatrici e ha concluso che Ryder ha "sollevato un dubbio sostanziale sulla sua capacità di comprendere la prossima esecuzione".
La corte ha osservato: "Ci sono pochissime prove di dichiarazioni competenti da parte del signor Ryder, a parte la sua comprensione fattuale dei suoi crimini passati contro gli Hallum e della sua condanna e del fatto che ha ricevuto la pena di morte per la morte di Daisy Hallum".
Uno dei medici ha espresso l'opinione che Ryder non "comprende la gravità di ciò che sta per accadere".
La Corte ha dichiarato: "La Corte è del parere che (per quanto riguarda la questione limitata al caso in questione) è sufficiente che il signor Ryder abbia una condizione mentale che lo rende incapace di comprendere razionalmente e concretamente il motivo della sua esecuzione, che l'esecuzione è imminente e che sarà giustiziato. Il signor Ryder ha una comprensione fattuale della sua esecuzione che non è razionale".
Infatti, gli esperti hanno testimoniato che "Ryder crede che la sua condanna a morte sia il risultato di un'ampia cospirazione che coinvolge politici, procuratori e la 'Banca Centrale Mondiale' in relazione alla fornitura di farmaci per le esecuzioni".
Inoltre, "Ryder ritiene che la sua esecuzione non comporterà una "morte permanente", ma piuttosto la sua collocazione in un "corpo alieno", dopo il quale continuerà a vivere "nel Cosmo"".
Le prove dell'udienza sulla competenza hanno anche dimostrato che il Dipartimento di Correzione dell'Oklahoma ha classificato il signor Ryder come uno dei suoi prigionieri più gravemente malati di mente e che un giudice federale aveva precedentemente ritenuto Ryder incompetente durante il suo procedimento di habeas corpus.
Sulla base di queste prove, la corte ha concluso che Ryder non ha una comprensione razionale delle basi per la sua esecuzione, rendendolo incompetente per essere giustiziato secondo la Costituzione degli Stati Uniti e la legge dell'Oklahoma.
Emma Rolls, avvocato di Ryder, ha risposto: "Apprezziamo la considerazione approfondita che la corte ha dato a tutte le prove che James Ryder è incapace di intendere e di volere e siamo sollevati dal fatto che la corte abbia raggiunto l'unica conclusione logica da quelle informazioni".
Rolls ha aggiunto: "James non ha alcuna comprensione razionale del motivo per cui l'Oklahoma intende giustiziarlo. James soffre di schizofrenia da quasi 40 anni e ha pochi collegamenti con la realtà oggettiva. Le sue condizioni sono peggiorate significativamente nel corso degli anni e continueranno a peggiorare".
Rolls ha concluso: "Come ha stabilito la corte, l'esecuzione di James sarebbe incostituzionale. Esortiamo lo Stato a cessare ogni ulteriore tentativo di giustiziarlo".
In Texas, la Corte d'Appello il 27 marzo 2024 ha ridotto la condanna a morte di Randall Mays, 64 anni, bianco, all'ergastolo senza condizionale, dopo che un esperto dello Stato ha confermato in tribunale la sua disabilità intellettiva.
Mays era stato condannato a morte nel 2008 con l’accusa di aver ucciso, il 17 maggio 2007, gli agenti di polizia Tony Price e Paul Habelt, dopo che gli stessi avevano risposto a una chiamata di disturbo domestico nella sua proprietà a Payne Springs.
Negli anni successivi il suo team legale ha presentato diversi appelli sostenendo che a causa della sua disabilità intellettiva rientrasse nella categoria di detenuti per i quali la condanna a morte è considerata incostituzionale. "Le prove della disabilità intellettuale di Randall sono schiaccianti. Ha un QI di 63. I suoi deficit intellettivi sono stati riscontrati, e osservati da altri, per tutta la sua vita, dall'infanzia al servizio militare, e per tutta l'età adulta", ha dichiarato il 27 marzo Benjamin Wolff, direttore del Texas Office of Capital and Forensic Writs (agenzia statale che coordina le perizie psichiatriche a fini giudiziari) in un comunicato, aggiungendo che un esperto assunto dallo Stato ha ulteriormente confermato questi risultati.
L'ufficio del difensore pubblico dello Stato, che rappresenta le persone nel braccio della morte nei procedimenti post-condanna, rappresenta Mays dal 2015.
Mays è rappresentato anche dallo studio legale Haynes and Boone e dall'Ufficio del difensore pubblico federale di Dallas.
Il procuratore distrettuale della contea di Henderson non ha contestato la disabilità intellettiva di Mays.
(Fonti: Texas Tribune, 27/03/2024; davisvanguard.org, 29/03/2024)

INDIA: ASSOLTO E LIBERATO DAL BRACCIO DELLA MORTE DOPO 11 ANNI
Un uomo che nel Madhya Pradesh era stato condannato a morte tre volte in un caso di stupro e omicidio di una bambina di 9 anni, è stato assolto dopo 11 anni, ha riferito Law Trend il 30 marzo 2024.
Il caso è giunto a una svolta quando le prove del DNA hanno rivelato che lo sperma trovato sulla vittima non corrispondeva a quello dell'accusato, portando al suo rilascio.
Anokhilal, un bracciante agricolo di Khandwa, era stato inizialmente condannato a morte da un tribunale speciale ai sensi della Legge sulla Protezione dei Bambini dai Reati Sessuali (POCSO) il 4 marzo 2013, quando aveva 21 anni.
Il caso, caratterizzato da indagini della polizia e processo molto rapidi, portò alla condanna capitale dell’imputato.
Nonostante i test del DNA indicassero la presenza dello sperma di un altro uomo, Anokhilal fu condannato a morte. La decisione del tribunale del 4 marzo 2013 si basava sui seguenti elementi: Anokilal era stata l'ultima persona vista con la bambina, i suoi capelli erano stati trovati nella mano della vittima e il tessuto cutaneo sotto le unghie della bambina. Macchie di sangue della bambina furono trovate anche sulla biancheria intima di Anokilal.
Il 19 marzo 2024, il giudice Prachi Patel del tribunale speciale ha tuttavia riscontrato diverse discrepanze nel rapporto degli esami del DNA, nel corso di una revisione, portando all’assoluzione di Anokhilal.
Il giudice ha sottolineato errori nella raccolta del campione, nella sigillatura e nel rapporto stesso.
Il tribunale ha osservato che lo sperma apparteneva a un altro individuo e ha stabilito che fosse necessaria un'indagine approfondita prima di condannare Anokhilal, considerando che le prove del DNA suggerivano il coinvolgimento di un'altra persona nel crimine.
Il tribunale ha anche respinto la teoria della polizia secondo cui l’allontanamento di Anokhilal fosse una prova fondamentale, affermando che sarebbe potuto andar via semplicemente per riscuotere il suo stipendio.
Il caso fu aperto il 31 gennaio 2013, quando un uomo denunciò la scomparsa della figlia di 9 anni. Il suo corpo fu ritrovato il giorno successivo nel campo di un uomo di nome Raghunath Gurjar. L'autopsia ha rivelato sodomizzazione, stupro e strangolamento. Anokhilal, precedentemente condannato per sesso con un minore e furto, fu accusato sulla base dei precedenti.
(Fonte: Law Trend, 30/03/2024):

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I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA


GRANDE SATYAGRAHA 2024
forza della verità sulla condizione delle carceri
UMBRIA 2024

Martedì 9 aprile
Ore 11:00 visita al carcere di Orvieto

Mercoledì 10 aprile
Ore 11:00 visita al carcere di Terni

Giovedì 11 aprile
Ore 11:00 visita al carcere di Perugia

Venerdì 12 aprile
Ore 10:00 visita al carcere di Spoleto
Ore 14.30 carcere di Spoleto, conferenza conclusiva

Info 335 6153305

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