Nessuno tocchi Caino - NEGLI USA, DUE SENTENZE STORICHE CONTRO L’ISOLAMENTO NEL BRACCIO DELLA MORTE: GRAVEMENTE COMPROMESSA LA SALUTE MENTALE. IN ITALIA, INVECE, IL 41 BIS NON SI TOCCA…

 Nessuno tocchi Caino news

Anno 24 - n. 38 - 12-10-2024

LA STORIA DELLA SETTIMANA

NEGLI USA, DUE SENTENZE STORICHE CONTRO L’ISOLAMENTO NEL BRACCIO DELLA MORTE: GRAVEMENTE COMPROMESSA LA SALUTE MENTALE. IN ITALIA, INVECE, IL 41 BIS NON SI TOCCA…

NEWS FLASH

1. NOSTRO FIGLIO CON PROBLEMI DI SALUTE MENTALE RIDOTTO IN CARCERE A UNO STATO DI STORDIMENTO E SONNOLENZA CONTINUA…
2. IRAN: GIUSTIZIATE PIÙ DI 250 PERSONE DA QUANDO MASSOUD PEZESHKIAN È DIVENTATO PRESIDENTE
3. ROMA: DAL 22 AL 27 OTTOBRE ‘PETRICORE’ AL TEATRO COMETA OFF
4. SUDAN: 19 OPPOSITORI CONDANNATI A MORTE




NEGLI USA, DUE SENTENZE STORICHE CONTRO L’ISOLAMENTO NEL BRACCIO DELLA MORTE: GRAVEMENTE COMPROMESSA LA SALUTE MENTALE. IN ITALIA, INVECE, IL 41 BIS NON SI TOCCA…
Valerio Fioravanti

Per poter chiedere una condanna a morte il pubblico ministero negli Stati Uniti deve dimostrare due cose: che il reato sia “tra i più gravi dei gravi” e che l’imputato, finché resta in vita, rappresenti ancora un pericolo per la società. Ovviamente tutti gli avvocati difensori argomentano che se una persona viene condannata all’ergastolo, e messa in un supercarcere, non può più essere “un pericolo per la società”. Ma, con un pizzico di ipocrisia, la Corte Suprema (che negli Usa è un misto di Corte di Cassazione e Corte Costituzionale) autorizza da sempre i pubblici ministeri a considerare “società” anche un reparto di massima sicurezza, quindi il condannato potrebbe essere pericoloso per gli altri condannati.
È un corto circuito: gli assassini, a cui potrebbe essere risparmiata la vita “accontentandosi” dell’ergastolo, vengono tutti uccisi perché se no potrebbero uccidersi loro l’uno con l’altro. E siccome lo Stato, applicando quel pizzico di ipocrisia di cui sopra, ci tiene molto che qualcun altro non possa uccidere il suo reo prima che possa farlo lui, la soluzione è tenerli tutti in isolamento.
Chi segue le pagine di Nessuno tocchi Caino, sa che sul tema “pena di morte” gli Stati Uniti sono divisi quasi perfettamente a metà. Metà degli Stati l’ha abolita, e della metà che l’ha ancora in vigore, solo metà la usa veramente, e della metà della metà che la usa, solo metà ne fa un uso regolare, e non sporadico. Sostanzialmente le circa 20 esecuzioni annue vengono effettuate solo da alcuni Stati del Sud: Texas, Oklahoma, Florida, Missouri, Georgia, Alabama.
Negli Stati che usano la pena capitale poco o nulla, si crea una situazione paradossale: le persone non vengono giustiziate, ma rimangono comunque nel braccio della morte a tempo indefinito. E nel braccio della morte si sta quasi sempre in totale isolamento: 22 ore al giorno chiusi in cella, e 2 ore in un cortile interno dove camminare, e qualche volta a settimana in un cortile vero e proprio, uno da cui si possa vedere il cielo, ed eventualmente (non sempre) calpestare dell’erba, e non il solito cemento.
Recentemente due sentenze “federali” (ossia di corti importanti, non quelle locali; i giudici federali vengono nominati dal governo, quelli locali quasi sempre sono eletti dalla comunità) hanno “colpito” la pratica dell’isolamento a tempo indeterminato. Voglio dirlo subito: queste due sentenze sono state sollecitate dalla “società civile”, ossia da associazioni che si occupano del disagio mentale e della malattia mentale. In collaborazione con associazioni di avvocati che perseguono il rispetto dei diritti civili di ogni cittadino, e quindi anche del cittadino-detenuto, e anche del cittadino “da giustiziare”, hanno preso le linee guida del trattamento psichiatrico dei pazienti “normali”, e ne hanno chiesto l’applicazione, modificando quello che c’è da modificare, anche ai condannati a morte.
Quando si tratta di cittadini normali, tutti sono d’accordo su uno dei protocolli terapeutici: “l’isolamento può causare disturbi cognitivi dopo anche pochi giorni in una persona senza una malattia mentale preesistente. Ovviamente se tale confinamento viene prolungato, l’esito è particolarmente nocivo per una persona con salute mentale gravemente compromessa”.
C’è voluto del tempo, si sono dovuti superare gli iniziali dinieghi delle amministrazioni penitenziarie locali e delle corti locali, ma nelle scorse settimane, quasi contemporaneamente, in Tennessee e Pennsylvania, nei casi rispettivamente di una donna, Christa Pike, tenuta in isolamento per 28 anni, e Roy Williams, isolato da 26, le corti hanno stabilito che a queste persone, entrambe “gravemente compromesse dal punto di vista psicologico, cognitivo ed emotivo”, deve essere consentito di lavorare, e socializzare con altri detenuti della “popolazione generale” e, se vogliono, “partecipare a programmi educativi o religiosi”.
A fondamento di queste due decisioni sono stati messi l’Ottavo Emendamento della Costituzione (contro pene inusuali e crudeli), la legge ADA (Americans with Disabilities Act) contro la discriminazione delle persone con disabilità, e la Raccomandazione delle Nazioni Unite secondo cui l’uso dell’isolamento “dovrebbe essere proibito nel caso di prigionieri con disabilità mentali o fisiche, quando le loro condizioni sarebbero esacerbate da tali misure”.
Nei bracci della morte USA ci sono 2.200 detenuti, e per 2 di loro sta scattando ora un minimo di meccanismo di protezione. Può sembrare poco.
In Italia, nei dati diffusi ad aprile, abbiamo 721 detenuti in 41 bis, anche loro in isolamento quasi totale, verosimilmente tutti, chi più e chi leggermente meno “gravemente compromessi dal punto di vista psicologico, cognitivo ed emotivo”. Sembra però che non abbiamo una ‘società civile’ sufficientemente civile da occuparsene.



NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

NOSTRO FIGLIO CON PROBLEMI DI SALUTE MENTALE RIDOTTO IN CARCERE A UNO STATO DI STORDIMENTO E SONNOLENZA CONTINUA…
Massimiliano D’Agostino

Sono il padre di un detenuto del carcere di Trapani, dove mio figlio è stato trasferito a inizio giugno da Enna per sovraffollamento. Dalla padella alla brace perché, a quanto leggo dall’ultima visita di Nessuno tocchi Caino, la stessa situazione si ripete nella Casa Circondariale di Trapani.
Sono sconcertato. A mio figlio è stato diagnosticato un ritardo mentale da due perizie del tribunale di Siracusa, le quali sostenevano la necessità di un ricovero presso una Comunità o in alternativa una detenzione domiciliare per essere seguito dal Centro Salute Mentale di riferimento.
Abbiamo proposto ricorso al Tribunale di Sorveglianza di Caltanisetta per ottenere la detenzione domiciliare per motivi di salute.
Nella sentenza di rigetto i giudici hanno scritto che nonostante ci fosse un “granding suicidario medio” era sottoposto a cure farmacologiche, cosa che le perizie di Siracusa sconsigliavano fortemente. Invece, “Brintellix 15 gocce al dì; Trittico 25 gocce; Lexotan 30 gocce”, in tutto 70 gocce di tranquillanti che riducevano mio figlio per gran parte delle giornate in uno stato di stordimento e sonnolenza continua con una percezione della realtà distorta. Abbiamo sporto denuncia ai Carabinieri per capire come mai le perizie dei due periti d’ufficio nominati dal tribunale di Siracusa e le nostre perizie di parte sono state ignorate, ribadisco per ben due volte.
Nella decisione di rigetto del Tribunale di Caltanissetta spiccano due anomalie abbastanza inconsuete. La prima è che il tribunale si basa su una “informativa” della questura di Siracusa secondo la quale il domicilio indicato non sarebbe una residenza idonea.
Peccato solo che, pur essendo una casa di campagna, è effettivamente il luogo dove mio figlio ha la residenza e dove per ben 13 mesi di arresti domiciliari i Carabinieri sono venuti a fare i controlli di rito trovando sempre mi figlio e senza che ci sia mai stata una violazione alle prescrizioni imposte.
La seconda incongruenza, mi pare, è che la figura del magistrato di sorveglianza e quella del presidente del tribunale di sorveglianza siano nel caso di mio figlio la stessa persona, quando di norma dovrebbero essere due distinti magistrati. Ragion per cui le istanze presentate sono state rigettate.
La stessa Azienda Sanitaria Provinciale di Enna, rispondendo ai quesiti posti dal Tribunale di Sorveglianza di Caltanisetta, indicava per ben due volte di sottoporre mio figlio a perizia per accertarne la compatibilità o meno con il regime carcerario. Così ha scritto: “riguardo al quesito posto nella rinovellata nota di codesto ufficio, si precisa che questo servizio ha competenze clinico-diagnostiche, pertanto ai fini della valutazione sulla incompatibilità con l’attuale misura custodiale, necessita di eventuale indagine peritale volta a verificarne le condizioni”. Cosa che naturalmente né la direzione sanitaria del Carcere di Enna né il Tribunale di Sorveglianza di Caltanisetta hanno mai provveduto a fare.
Abbiamo ripresentato al Magistrato di sorveglianza di Trapani la stessa istanza di detenzione domiciliare, richiesta di permesso premio, la legge 199 del 2010, cosiddetta “svuotacarceri”, visto che ormai di pena residua da scontare a mio figlio rimangono solo 7 mesi, ben al di sotto dei fatidici 18 mesi di pena residua. Ma anche da Trapani abbiamo ottenuto un rigetto: la inammissibilità della richiesta perché manca ancora la relazione di sintesi, che dovrebbero aver fatto ma ancora non abbiamo. Relazione di sintesi in notevole ritardo, dopo 10 mesi trascorsi a Enna, non si capisce se sia voluto o meno da parte della casa circondariale.
Il nostro avvocato ha sollecitato con delle PEC di avere al più presto il verbale di chiusura di detta relazione ma unica risposta che abbiamo ottenuto è stato il silenzio totale dell’aerea educativa di Enna. Sarà la normalità?
Mi chiedo come sia possibile tenere un soggetto con un ritardo mentale in un posto sovraffollato quando avrebbe il diritto di uscire per essere curato adeguatamente in una comunità apposita. Il trasferimento al carcere di Trapani rende poi le nostre visite e i colloqui ancora più difficoltosi per la notevole distanza dal luogo di residenza e di lavoro della famiglia. Un lungo viaggio davvero: ci vogliono sei ore in auto per andare e altre sei per tornare. Il trasferimento a Trapani lo abbiamo vissuto come una punizione nei nostri confronti e nei confronti di nostro figlio, un soggetto fragile che non ha mai creato problemi in tutti i suoi mesi di detenzione.



IRAN: GIUSTIZIATE PIÙ DI 250 PERSONE DA QUANDO MASSOUD PEZESHKIAN È DIVENTATO PRESIDENTE
L’Iran ha giustiziato più di 250 persone da quando lo scorso luglio Massoud Pezeshkian si è insediato come presidente.
Mentre il regime iraniano continua ad aumentare le esecuzioni, l'8 ottobre 2024 la campagna “No alle esecuzioni del martedì” è entrata nella sua 37a settimana, con l'adesione dei detenuti di 22 carceri in tutto il Paese, in coincidenza con la prossima Giornata mondiale contro la pena di morte.
Le carceri che partecipano alla 37esima settimana della campagna includono Evin (reparto femminile, reparti 4 e 8), Ghezel Hesar (unità 3 e 4), Karaj centrale, Greater Tehran Central Penitentiary (anche nota come prigione di Evin, o Fashafouyeh), prigione di Khorramabad, prigione di Arak, carcere di Asadabad a Isfahan, carcere di Nezam a Shiraz, carcere di Bam, carcere di Mashhad, carcere di Lakan a Rasht, carcere di Qaemshahr, carcere di Ardabil, carcere di Tabriz, carcere di Urmia, carcere di Salmas, carcere di Khoy, carcere di Naqadeh, carcere di Saqqez, carcere di Baneh, carcere di Marivan e carcere di Kamyaran.
I prigionieri che hanno partecipato alla campagna hanno dichiarato che: “Nel tentativo di impedire le proteste pubbliche, il regime ha giustiziato 30 persone in varie prigioni del Paese il 1° e il 2 ottobre, tra cui tre donne. Un prigioniero del braccio della morte di nome Mahmoud Dehmordeh è morto per un attacco di cuore nella prigione di Zabol a causa della mancanza di cure mediche”.
Il comunicato aggiunge: “La scorsa settimana, un prigioniero politico di nome Hamid Hosseinnejad Heidaranloo è stato condannato a morte dal Tribunale rivoluzionario di Urmia. È stato arrestato nell'aprile 2023 e condannato a morte con l'accusa di 'ribellione', e la sua vita è in pericolo”.
La dichiarazione ha inoltre sottolineato che: “Alla vigilia della 'Giornata mondiale contro la pena di morte', stiamo assistendo alla più grave violenza da parte di questo regime medievale, che giustizia pubblicamente i prigionieri e detiene il più alto tasso di esecuzione al mondo”. Dall'inizio dell'anno 1403 del calendario persiano (marzo 2024), sono state giustiziate quasi 450 persone.
La campagna “No alle esecuzioni del martedì” invita le organizzazioni politiche, civili e per i diritti umani indipendenti, sia nazionali che internazionali, a sostenere la campagna per salvare le vite dei condannati a morte in Iran. Esorta inoltre la comunità globale a ritenere i leader di questo regime responsabili di oltre quattro decenni di crimini contro l'umanità, tra cui il massacro e l'esecuzione di prigionieri”.
La 37esima settimana della campagna “No alle esecuzioni” si è svolta mentre il regime non mostra segni di rallentamento nell'uso della pena di morte.
Il numero di esecuzioni registrate da luglio, quando Massoud Pezeshkian si è insediato come presidente del regime, ammonta ad almeno 255.
Pezeshkian, che è stato presentato come un riformista dagli apologeti del regime e dai sostenitori della politica di appeasement nei confronti di Teheran, ha dimostrato che le condizioni dei diritti umani non potranno che peggiorare sotto la sua presidenza.
Maryam Rajavi, presidente eletto del Consiglio Nazionale della Resistenza iraniana, ha dichiarato che finché questo regime sarà al potere, non cesseranno né le torture e le esecuzioni in Iran né la guerra e il terrore nella regione, che non vedrà pace e tranquillità. Alla vigilia della Giornata mondiale contro la pena di morte, ha invitato la comunità internazionale a sostenere la campagna contro le esecuzioni e a subordinare le relazioni diplomatiche e commerciali con il regime alla cessazione delle torture e delle esecuzioni. Ha affermato che i leader del regime dovrebbero affrontare la giustizia per quattro decenni di crimini contro l'umanità e genocidio.
(Fonte: english.mojahedin.org, 08/10/2024)



ROMA: DAL 22 AL 27 OTTOBRE ‘PETRICORE’ AL TEATRO COMETA OFF
Scritto da Licia Amendola & Simone Guarany, Regia di Licia Amendola

Cosa succederebbe se in Italia reintroducessero la pena di morte? Cosa farebbero due guardie penitenziarie di Rebibbia se si trovassero tra le mani il primo condannato a morte dopo 70 anni?
Petricore cerca di rispondere a queste e ad altre domande con la delicatezza che ci impone l’argomento. Marco e Claudio, due guardie penitenziarie messe a capo di un nuovo braccio del carcere, si ritrovano a dover gestire il primo condannato a morte in Italia dopo circa 70 anni, Valerio, accusato di un crimine terribile, quasi impronunciabile. Saranno proprio loro a doversi occupare del detenuto e a dover mettere in atto la condanna per iniezione letale. Marco, il più belligerante e sempliciotto dei due, prenderà di buon grado la notizia mentre Claudio, leggermente più sofisticato, manifesterà fin da subito il suo disappunto.
Nel corso dei mesi, però, Valerio riuscirà ad instillare il dubbio che possa esserci di mezzo un errore giudiziario e che potrebbero ritrovarsi a giustiziare un innocente. Così, lentamente, i due carcerieri inizieranno a vacillare nelle proprie sicurezze fino a domandarsi se sia davvero rilevante una distinzione tra “colpevole” e “innocente”, là dove la morte è privazione di vita per qualunque essere umano e non ha nulla a che vedere con il senso più profondo di “giustizia”.
Petricore è un racconto in chiave ironica di una tragedia che ancora troppo spesso si consuma in diverse parti del mondo. Il testo, attraverso una scrittura brillante e curata, si preoccupa di non essere mai pesante riuscendo di tanto in tanto a strappare un sorriso allo spettatore che si ritroverà dapprima in un luogo senza tempo, una prigione nera, uno spazio quasi claustrofobico dove “non c’è più nemmeno giorno e notte e tutto è identico”, per poi essere catapultato all’interno di una camera per le esecuzioni per assistere all’iniezione letale.

Lo spettacolo è patrocinato dall’Associazione “Nessuno Tocchi Caino” e da “Calabria Movie”. Media Partner: “Rai News”.

Il cast si compone di alcune giovanissime eccellenze del teatro italiano: Matteo Cirillo (“Che Disastro di Commedia”, “Che Disastro di Peter Pan”, “I Nasoni Raccontano” e numerosi film); Leonardo Bocci, noto al pubblico da diversi anni per aver scritto diretto e interpretato diverse Comedy del web e protagonista di numerosi spettacoli teatrali; Simone Guarany, attore, regista e autore di numerosi successi a teatro.
La regia è sapientemente guidata dall’attrice, autrice e regista Licia Amendola, che insieme a Guarany ne ha curato anche la scrittura. Entrambi vengono direttamente dal loro ultimo successo “Caso, Mai - L’imprevedibile Virtù della Dignità” del quale sono anche registi e attori e che sarà presto trasposto al Cinema. Completa il cast la prestigiosa voce di Giorgio Gobbi, il famoso Ricciotto del capolavoro “Il Marchese del Grillo”.
Aiuto Regia: Giulia Bornacin Assistente Regia: Filippo Gentile Scenografia: Francesca Meloni Costumi: Jenni Altamura Musiche/Effetti: Simone Martino
Disegno Luci: Giulia Bornacin - Licia Amendola

Lo spettacolo si propone come uno spaccato della società moderna. Si raccontano le paure e le gioie dei lavoratori più giovani ma anche più ampiamente ciò che turba o rende felice un essere umano. Con un linguaggio fresco e vicinissimo alle nuove generazioni, lo spettacolo vuole porsi il grande obiettivo di riportare le persone a teatro per riscoprire la vera poesia del palcoscenico donando loro spunti di riflessione profondi da custodire e portare con sé una volta lasciata la porta del Teatro alle spalle.
Il tema trattato, che unisce la violenza di genere al giustizialismo fino ad arrivare ad una critica più profonda di quello che è il modo di vivere oggi, cerca di parlare in maniera trasversale a tutti, perfino ai giovanissimi, prestandosi di gran lunga ad essere rappresentato oltre che nei teatri, anche in matinée per le scuole.
La pena di morte, tema centrale dello spettacolo e arguta escamotage per poter raccontare il tema del carcere e del giustizialismo, è un fatto tristemente noto di cui si parla pochissimo soprattutto in Italia; con il nostro spettacolo speriamo di poter portare sensibilità a tutti quelli che lo vedranno, perché siamo certi che una delle principali missioni del Teatro, così come del Cinema e delle Arti in generale, sia quella di scuotere l’animo umano fornendogli una fonte d’ispirazione utile a porsi quelle domande esistenziali che sono spesso occasione di cambiamento e crescita umana.
I biglietti sono disponibili direttamente presso il Teatro Cometa Off in via Luca della Robbia, 47 (angolo Piazza Testaccio). Il costo è di €20,00 comprensivo di prevendita.
Lo spettacolo va in scena dal 22 al 27 ottobre, con inizio alle ore 21.00, tranne domenica 27 ottobre, con lo spettacolo che inizia alle 18:00
Per informazioni e prenotazioni telefonare al numero 06.57284637, oppure scrivere a cometa.off@cometa.org



SUDAN: 19 OPPOSITORI CONDANNATI A MORTE
Diciannove oppositori politici sono stati condannati a morte in Sudan in casi distinti, ha riportato il Sudan Tribune il 4 ottobre 2024.
La prima condanna capitale è stata emessa il 3 ottobre dal tribunale generale di Port Sudan nei confronti di un uomo accusato di aver sostenuto i ribelli delle Rapid Support Forces (RSF).
L'uomo, identificato solo come M.J.M., è stato riconosciuto colpevole di "cooperazione con le forze ribelli, indebolimento del sistema costituzionale e incitamento alla guerra contro lo Stato", ha detto la Sudan News Agency (SUNA).
Diciassette membri delle RSF e un civile sono stati condannati a morte a settembre da un tribunale di Dongola, capitale dello stato federato del Nord, in relazione a un attacco contro l’aeroporto di Merowe.
Il conflitto in corso tra l'esercito sudanese e le RSF ha alimentato un'ondata di procedimenti giudiziari, con le autorità di Khartum che utilizzano sempre più il sistema giudiziario per colpire coloro che sono considerati come simpatizzanti del gruppo paramilitare.
(Fonte: Sudan Tribune, 04/10/2024)



I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA




NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS è un servizio di informazione gratuito distribuito dalla
associazione senza fini di lucro Nessuno Tocchi Caino - Spes contra spem.
Per maggiori informazioni scrivi a info@nessunotocchicaino.it

Commenti

Post più popolari