NESSUNO TOCCHI CAINO - CARCERI, NESSUNO TOCCHI CAINO: A NATALE ‘ACCENDI LA SPERANZA’ CON LA TESSERA E IL LIBRO ‘LA FINE DELLA PENA’

 

NESSUNO TOCCHI CAINO – SPES CONTRA SPEM

Associazione Radicale Nonviolenta
Transnazionale Transpartitica

Anno 24 - n. 47 - 14-12-2024

 

LA STORIA DELLA SETTIMANA

CARCERI, NESSUNO TOCCHI CAINO: A NATALE ‘ACCENDI LA SPERANZA’ CON LA TESSERA E IL LIBRO ‘LA FINE DELLA PENA’

NEWS FLASH

1. ‘TRASFORMARE LA PAURA DELLE CONDANNE A MORTE IN AUDACIA PER PORRE FINE AL REGIME IRANIANO’. UNA LETTERA DALL’INFERNO DI EVIN
2. LA VIOLENZA NON SI COMBATTE CON LE PENE. UNA LEZIONE DI UMANITÀ DI GINO CECCHETTIN, BUONA PER DELMASTRO E ANCHE PER PAUSINI
3. IL MAROCCO VOTERÀ A FAVORE DELLA MORATORIA ONU SULLE ESECUZIONI CAPITALI
4. USA: PAPA FRANCESCO E MOLTI ALTRI ESORTANO BIDEN A COMMUTARE TUTTE LE CONDANNE A MORTE FEDERALI

I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA

PALERMO: 14 DICEMBRE TAVOLA ROTONDA E PRESENTAZIONE DE ‘LA FINE DELLA PENA’




CARCERI, NESSUNO TOCCHI CAINO: A NATALE ‘ACCENDI LA SPERANZA’ CON LA TESSERA E IL LIBRO ‘LA FINE DELLA PENA’
In occasione delle festività natalizie l'Associazione Radicale Nonviolenta Nessuno Tocchi Caino - Spes contra Spem vuole ricordare e sensibilizzare la popolazione sull'importanza delle attività a sostegno delle persone fragili, vulnerabili, dimenticate, in una parola, gli ultimi, della nostra società.

Sarà possibile, contattando l'Associazione partecipare all'iniziativa “Accendi la speranza” per donare un futuro e un presente di maggiore speranza alle comunità di detenuti e detenenti che vivono negli istituti penitenziari italiani.
Oggi, a poche settimane dalla fine del 2024, risultano 86 i suicidi in carcere: l’ultimo, quello di Amir Dhouioui, un giovane di origini magrebine di 21 anni, impiccatosi nel carcere di Marassi, in Liguria; 7 i suicidi di agenti penitenziari mentre risultano oltre 230 persone morte quest’anno in un istituto penitenziario italiano, vale a dire in una condizione di custodia da parte dello Stato che dovrebbe garantire la sicurezza di detenuti e detenenti nel proprio percorso di recupero e reinserimento.
Chi lo desidera potrà in questi giorni acquistare e donare la tessera di Nessuno Tocchi Caino che offre dodici mesi di esperienze straordinarie, umane e civili, da vivere grazie alle attività in carcere dell’Associazione, insieme al libro "La Fine della Pena", evoluzione del "rapporto sulla pena di morte", pubblicato annualmente. Il libro raccoglie e racconta storie di pena di morte e di morte per pena, accadute nel mondo. Le immagini che corredano il libro sono tratte dal calendario 2024 dedicato a Mariateresa Di Lascia, realizzato dalla stamperia Grafica 080 di Vito e Rosanna Poliseno e donato a chi l'ha conosciuta, ascoltata, letta, amata. “Donare speranza significa innanzitutto condividere, porsi in una condizione di non giudizio, di apertura verso il prossimo, di ascolto e di comprensione di chi abbiamo davanti e quindi, più profondamente, anche di noi stessi” commenta Elisabetta Zamparutti, tesoriere di Nessuno Tocchi Caino. “Il Natale può essere un’occasione per donare a chi amiamo, ma anche a noi stessi, il diritto a questa apertura di speranza, seguendo la traccia del motto, Spes contra spem, dalla Lettera di San Paolo ai Romani (4, 18) e dal passaggio relativo all’incrollabile fede di Abramo che ebbe fede sperando contro ogni speranza”.

NESSUNO TOCCHI CAINO – SPES CONTRA SPEM

Nessuno Tocchi Caino è la lega internazionale laica di cittadini e parlamentari che opera per l’abolizione della pena di morte nel mondo e per i diritti delle persone che vivono le carceri (detenuti e “detenenti” come li chiamava il fondatore di Nessuno Tocchi Caino, Marco Pannella). La banca dati del sito di Nessuno Tocchi Caino pubblica quotidianamente i numeri delle esecuzioni che avvengono nel mondo. Il 98% delle esecuzioni nel mondo avviene in paesi autoritari e illiberali come Cina, Iran, Arabia Saudita. La soluzione definitiva del problema sta proprio qui e, prima che l’abolizione della pena di morte, riguarda l’affermazione della democrazia, lo Stato di diritto e quindi il rispetto dei diritti umani.

Per prenotare il dono natalizio di Nessuno tocchi Caino: 335 8000577



NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

‘TRASFORMARE LA PAURA DELLE CONDANNE A MORTE IN AUDACIA PER PORRE FINE AL REGIME IRANIANO’. UNA LETTERA DALL’INFERNO DI EVIN
Virginia Pishbin

I primi cinque mesi di presidenza di Masoud Pezeshkian hanno registrato una pesantissima impennata nelle esecuzioni capitali in Iran. Solo in ottobre si sono registrate 161 impiccagioni, il 20 per cento delle quali di detenuti di etnia curda. Delle 126 esecuzioni di novembre, solo 2 sono state rese note dai media statali e 5 sono avvenute senza neanche avvertire le famiglie e permettere l’ultima visita. Il totale di quest’anno è di 851 impiccagioni al 10 dicembre, giornata mondiale dei diritti umani che il regime dei mullah festeggia a suo modo.
Dalla fine di novembre è iniziata la campagna internazionale per salvare la vita di sei prigionieri politici: Seyyed Abolhassan Montazer, 65 anni, Pouya Ghobadi, 32, Vahid Bani-Amrian, 32, Babak Alipour, 33, Shahrokh (Akbar) Daneshvarkar, 57, e Mohammad Taghavi, 58. Sono accusati di “collusione e cospirazione contro la sicurezza nazionale”, “ribellione armata contro il governo” e “appartenenza all’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo Iraniano (OMPI)”. Nessuno tocchi Caino ha espresso profondo allarme per l’aumento delle esecuzioni in Iran nel 2024 e ha lanciato un appello urgente all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, e al Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Iran, Mai Sato, per salvare la vita ai sei prigionieri accusati di appartenere ai Mojahedin del popolo. Anche la tesoriera di Nessuno tocchi Caino Elisabetta Zamparutti ha aderito alla campagna di sciopero della fame denominata “Ma rtedì contro le esecuzioni”, promossa dai prigionieri politici condannati a morte.
Le sentenze, emesse dal giudice Iman Afshari della Corte rivoluzionaria di Teheran, sezione 26, evidenziano ciò che Nessuno tocchi Caino ha descritto come persecuzione sistemica dei membri e dei simpatizzanti dell’OMPI. Queste sentenze riflettono i crimini in corso contro l’umanità, come osservato nel rapporto delle Nazioni Unite del luglio 2024 intitolato “Crimini di atrocità”, che documenta decenni di persecuzione contro questo gruppo. Nessuno tocchi Caino ha chiesto un’azione urgente per salvare la vita di questi sei prigionieri e garantire il rilascio di tutti i detenuti politici in Iran. Facciamo appello alla comunità internazionale affinché condanni queste violazioni e rinnovi le richieste per una moratoria su tutte le esecuzioni capitali in Iran.
Pubblichiamo qui di seguito la lettera aperta di Seyyed Abolhassan Montazer, Babak Alipour, Shahrokh (Akbar) Daneshvarkar, Vahid Bani-Amrian e Pouya Ghobadi, arrivata dalla famigerata prigione di Evin il 2 dicembre scorso.

“Noi, cinque prigionieri politici condannati a morte, sostenitori dell’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo Iraniano (PMOI/MEK), oggi facciamo lo sciopero della fame insieme a molti prigionieri in tutto il paese in concomitanza con la 45° settimana della campagna “No to Execution Tuesdays”, e comunichiamo questo nel momento in cui la sesta persona, il nostro fratello Mohammad Taghavi, testimone e sopravvissuto al massacro del 1988, è stato riportato nelle celle del reparto 209 quattro mesi fa e ora non rendono noto il suo stato di salute, solo perché ha dichiarato che il processo al quale è stato sottoposto è privo di legittimità e di valore giuridico e si è rifiutato di parteciparvi. La natura del regime del velayat-e faqih (la sovranità del giureconsulto della legge coranica) è troppo chiara perché si debbano spiegare le torture e le centinaia di violazioni dei nostri diritti umani fondamentali dal momento del nostro arresto fino a oggi e le accuse infondate ch e sono state mosse contro di noi. Naturalmente non ci si può aspettare altro dagli assassini di Reza Rasai e Mohammad Ghobadlou, dagli assassini di migliaia di giovani di questa terra e dagli usurpatori della sovranità del popolo iraniano!
Inoltre, quale legittimità può avere questo regime, la sua magistratura, i suoi tribunali e i suoi investigatori, che sono fondamentalmente illegittimi e disumani?! Pertanto, noi e tutti i prigionieri politici condannati a morte stiamo solo cercando giustizia per il popolo oppresso dell’Iran, le eroiche Unità di Resistenza e le coscienze risvegliate, e naturalmente, questo è sufficiente per noi ed è fonte di orgoglio!
La nostra richiesta di giustizia non è per salvare le nostre vite e non è rilevante solo per oggi, quando vediamo i cappi di fronte a noi, ma è un invito a opporsi alla pena di morte – nella sua essenza e nella sua interezza – e per tutti i prigionieri, politici e non politici. È possibile e necessario trasformare la disperazione e la paura causate dalle condanne a morte di massa in audacia, ribellione e fuoco rivoluzionario per sradicare questo regime!
Sì! È così che vince la rivoluzione democratica del popolo iraniano.”



LA VIOLENZA NON SI COMBATTE CON LE PENE. UNA LEZIONE DI UMANITÀ DI GINO CECCHETTIN, BUONA PER DELMASTRO E ANCHE PER PAUSINI
Vincenzo Di Paolo

Durante una data del suo tour al Forum di Assago a Milano, Laura Pausini ha lanciato dal palco un messaggio contro la violenza sulle donne. “Dare l’ergastolo a un uomo che ha ucciso una donna è un gesto importante” ha detto la cantante, aggiungendo: “non si può lasciare a casa un essere umano che essere umano non è”. Pochi giorni prima, a far discutere erano state le parole del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro che aveva espresso la sua “intima gioia” nel sapere che le auto blindate della Polizia penitenziaria per il trasporto di detenuti al 41-bis non lasciano respirare chi sta dietro il vetro oscurato.
Sono dichiarazioni provenienti da persone appartenenti a mondi così distanti, un rappresentante delle istituzioni e un’esponente del mondo della cultura e dello spettacolo, ma riflettono un pensiero largamente diffuso, perché ogni giorno nel dibattito pubblico e tra le nostre conversazioni sentiamo affermazioni di questo tenore.
Gettare in carcere, chiudere in cella e buttare via la chiave, è il ritornello che viene ripetuto soprattutto a commento dei fatti più spietati che la cronaca ci propone.
Sono i segni e gli effetti di una società pervasa da un giustizialismo punitivo e vendicativo che ci sta trascinando sempre più in basso, lontano da quel “senso di umanità” che dovrebbe essere proprio di uno stato di diritto e che le nostre madri e i nostri padri costituenti hanno voluto fissare nell’art. 27 della Costituzione come elemento imprescindibile rispetto alla funzione della pena.
Così anche nel lancio di un messaggio positivo, quello contro la piaga sociale della violenza sulle donne, può annidarsi la truculenza di un pensiero ingiusto.
È difficile, certo, soprattutto quando parliamo di determinati tipi di crimini e reati. C’è una fatica maggiore quando ci troviamo di fronte a vicende che mostrano un male efferato e spietato. Però mai, nei confronti di nessuno, dovrebbe venir meno la domanda su cosa ci rende uomini, cosa fa di noi un essere umano. Siamo soltanto ciò che abbiamo commesso? No, non siamo nemmeno la peggiore delle cose che abbiamo commesso.
Possiamo davvero permetterci di catalogare le persone, classificando chi è un essere umano e chi non lo è? Dove ci porterebbe questo discorso?
L’utopia repressiva e la visione punitiva ci allontanano da quello che dovrebbe essere il fine della pena, il reinserimento sociale e la rieducazione del condannato.
La nostra società ha smesso di crederci, il giudizio e la condanna morale sovrastano qualsiasi altro tipo di ragionamento o valutazione. Non c’è reinserimento nell’ergastolo. Non c’è rieducazione nel carcere. C’è soltanto afflizione, degrado, sofferenza. C’è soltanto la morte, con quella speciale misura di liberazione anticipata concessa ai detenuti, il suicidio. Il numero impietoso di persone che scelgono di togliersi la vita in carcere continua a salire. Nel 2024 contiamo ad oggi 83 suicidi. Non so se per qualcuno questa possa essere “un’intima gioia”, ma la notizia di persone a cui è strappato il respiro lascia ormai molti, troppi, nell’indifferenza totale. Per questo, dopo la pena di morte, dobbiamo continuare a combattere contro la pena fino alla morte e contro la morte per pena.
Il giusto sdegno provato di fronte ai delitti più atroci non può condurci a invocare l’ergastolo come pena esemplare. Occorre disarmare certi pregiudizi e chiedersi quale sia il tempo sufficientemente lungo per maturare una piena coscienza della gravità di un reato ma non così lungo da impedire la concretezza di un recupero sociale. L’ergastolo come gesto importante, l’ergastolo come valore è il segno dell’irredimibilità del male che nega ogni speranza.
Il femminicidio è realmente una piaga che va combattuta anzitutto sul piano culturale. Dal palco del Forum di Assago sarebbero potute arrivare altre parole di condanna contro un impianto sociale che continua a generare una cultura che legittima possesso, violenza, disparità. È un problema radicato nei comportamenti, nei linguaggi, nelle azioni quotidiane, che coinvolge tutti, per questo serve portare avanti un’azione pedagogica volta alla prevenzione della violenza di genere, educando al rispetto, contro le discriminazioni.
“Come essere umano mi sento sconfitto”. Sono le affermazioni di Gino Cecchettin dopo la pronuncia della sentenza di condanna per il femminicidio di sua figlia Giulia. La sua è la testimonianza più forte, l’insegnamento più prezioso. Separare il dolore dall’odio. Separare il reato – che rimane, in tutta la sua brutalità ed efferatezza, così come resta il dolore – dall’uomo. Separare il male dalla speranza. Abbiamo perso tutti come società, ci ha ricordato Cecchettin: la violenza non si combatte con le pene.



IL MAROCCO VOTERÀ A FAVORE DELLA MORATORIA ONU SULLE ESECUZIONI CAPITALI
Il ministro della Giustizia Abdellatif Ouahbi il 9 dicembre 2024 ha affermato che il Marocco voterà a favore della decima risoluzione delle Nazioni Unite sulla moratoria sull'applicazione della pena di morte.
La risoluzione sarà votata nei prossimi giorni dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha detto il ministro ai membri del parlamento marocchino.
La decisione segna un cambiamento importante poiché il Paese si era astenuto dal voto in occasione delle precedenti nove risoluzioni.
Il ministro ha sottolineato che questa decisione rappresenta una pietra miliare nella politica penale del Marocco e rientra nel rafforzamento della tutela del diritto alla vita, in conformità con l'articolo 20 della Costituzione.
Ha aggiunto che l'imminente voto riflette il desiderio del Regno di rafforzare la sua politica a favore dei diritti umani e di consolidare la sua posizione di Paese avanzato nel campo della giustizia, preservando al contempo le specificità nazionali. Il ministro ha inoltre ricordato che il Marocco osserva una moratoria di fatto sull'applicazione della pena di morte dal 1993, evidenziando un impegno continuo nella protezione del diritto alla vita.
(Fonte: North Africa Post, 10/12/2024)



USA: PAPA FRANCESCO E MOLTI ALTRI ESORTANO BIDEN A COMMUTARE TUTTE LE CONDANNE A MORTE FEDERALI
In lettere diffuse il 9 dicembre 2024, centinaia di soggetti interessati hanno esortato il Presidente Joe Biden a commutare tutte le condanne a morte federali prima della scadenza del suo mandato, citando pregiudizi razziali, arbitrarietà sistemica e l'incapacità della pena di morte federale di migliorare la sicurezza pubblica. Questa richiesta collettiva riflette un ampio riconoscimento bipartisan dei difetti del sistema della pena capitale e si allinea con la tendenza nazionale alla diminuzione del sostegno alla pena di morte, ora ai minimi storici. 40 uomini sono ancora nel braccio della morte federale. Qualsiasi concessione di clemenza comporterebbe per queste persone nuove condanne all'ergastolo senza condizionale.
Più di 200 leader di fede neri e indigeni della Faith Leaders of Color Coalition (FLOCC) hanno detto al Presidente Biden che la commutazione federale “riconoscerebbe e aiuterebbe a rimediare al pregiudizio razziale incorporato nel sistema federale della pena di morte, consentirebbe di reindirizzare vaste risorse governative verso politiche che migliorano effettivamente la sicurezza pubblica e permetterebbe alle famiglie delle vittime e delle persone incarcerate di concentrarsi sulla guarigione invece di vivere in un limbo legale”.
La Catholic Mobilizing Network (CMN), un'organizzazione nazionale impegnata con più di 30.000 cattolici in tutti gli Stati Uniti per porre fine alla pena di morte, ha chiesto al Presidente Biden di porre “fine a ogni forma di pena di morte... nello spirito della riconciliazione”.
Facendo eco a questi sentimenti, domenica 8 dicembre Papa Francesco, durante il consueto Angelus, la benedizione ai fedeli, ha pregato pubblicamente affinché queste condanne a morte siano commutate, chiedendo ai fedeli di “pregare per i detenuti nel braccio della morte negli Stati Uniti... affinché le loro sentenze siano commutate”.
Anche un gruppo di 29 professionisti penitenziari in pensione si è unito allo sforzo di esortare il presidente Biden a commutare il braccio della morte federale, citando il danno che le esecuzioni comportano per il personale penitenziario. Apprezzando l'opposizione del Presidente Biden alla pena capitale, il gruppo ha dichiarato di “conoscere in prima persona il devastante tributo che le esecuzioni hanno non solo sugli operatori penitenziari direttamente coinvolti nel processo, ma anche sulle loro famiglie e sulla comunità penitenziaria in generale”. L'eliminazione del braccio della morte a livello federale consentirebbe al Bureau of Prisons di raggiungere “importanti obiettivi politici” e “libererebbe milioni di dollari federali per altre priorità, tra cui il miglioramento della sicurezza del personale carcerario attraverso la formazione e il miglioramento delle infrastrutture”.
I “pro life”, sottolineando il loro impegno a favore di questo valore dal concepimento alla morte naturale, hanno detto al Presidente Biden che “la vita umana, indipendentemente dalle circostanze, è degna di essere protetta. Non c'è processo giudiziario che possa superare la verità che la pena di morte è l'uccisione intenzionale della vita di un essere umano”.
Durante la sua campagna presidenziale per il 2020, il Presidente Biden aveva dichiarato che avrebbe lavorato per eliminare la pena di morte a livello federale. Durante il mandato del Presidente Biden, il Dipartimento di Giustizia ha sospeso le esecuzioni, ma nei tribunali federali ha continuato a difendere le condanne a morte già emesse, e ha autorizzato un nuovo processo capitale. Le lettere sollecitano il Presidente Biden ad andare oltre la moratoria sulle esecuzioni e a mantenere la promessa fatta in campagna elettorale.
Biden aveva fatto questa promessa sulla scia delle esecuzioni effettuate durante gli ultimi sette mesi del primo mandato del Presidente Trump, quando il governo federale ha giustiziato 12 uomini e una donna nel bel mezzo di una pandemia globale e nonostante le gravi preoccupazioni riguardanti la disabilità intellettuale, l'incompetenza mentale, i pregiudizi razziali, la cattiva condotta dell'accusa e altro ancora.
(Fonte: DPIC, 09/12/2024)



I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA

PALERMO: 14 DICEMBRE TAVOLA ROTONDA E PRESENTAZIONE DE ‘LA FINE DELLA PENA’

14 dicembre 2024
Spazio Lab (ex Scalea Club)
Via Faraone, 2
Palermo

Ore 9:30 - 11:30
Tavola rotonda “Le misure di prevenzione tra costituzione e diritto convenzionale europeo"
Intervengono
Sonia SOMMACAL I Antonello CRACOLICI I Raffaello MAGI I Baldassare LAURIA I Emilio MICELI I Vincenzo ZUMMO I Luigi MICELI I Pietro CAVALLOTTI


Ore 11:30 – 13:30
Presentazione de "La fine della pena"
Intervengono
Sergio D'ELIA I Rita BERNARDINI I Santi CONSOLO I Gigi Omar MODICA I Stefano GIORDANO I
Lia ZARCONE I Antonio CONIGLIO I Donatella CORLEO I Massimo NICETA I Sabrina RENNA I Elisabetta ZAMPARUTTI

Info 335 6153305





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