Nessuno tocchi Caino - LABORATORIO E CONSIGLIO DIRETTIVO DI NTC NEL CARCERE DI OPERA
NESSUNO TOCCHI CAINO – SPES CONTRA SPEM
Associazione Radicale Nonviolenta |
Anno 24 - n. 48 - 21-12-2024 |
LA STORIA DELLA SETTIMANA
LABORATORIO E CONSIGLIO DIRETTIVO DI NTC NEL CARCERE DI OPERA
NEWS FLASH
1. PENA DI MORTE. NESSUNO TOCCHI CAINO, UN ALTRO PASSO VERSO L’ABOLIZIONE MONDIALE
2. CARCERI, NESSUNO TOCCHI CAINO: A NATALE ‘ACCENDI LA SPERANZA’ CON LA TESSERA E IL LIBRO ‘LA FINE DELLA PENA’
3. LA ‘GUERRA ALLA DROGA’ IN ARABIA SAUDITA FA STRAGE DI DIRITTI E DI DETENUTI
4. IL REINSERIMENTO SOCIALE, LAVORATIVO E ABITATIVO DEI DETENUTI, UNICA MISURA PER AUMENTARE LA SICUREZZA
LABORATORIO E CONSIGLIO DIRETTIVO DI NTC NEL CARCERE DI OPERA
Si è svolto il 20 dicembre il Consiglio direttivo di Nessuno tocchi Caino nel corso del laboratorio Spes contra spem che l'associazione tiene mensilmente nel carcere di Opera a Milano.
Hanno partecipato detenuti di media e alta sicurezza, militanti iscritti e dirigenti di Nessuno tocchi Caino insieme a oltre cento studenti dell'Università statale di Milano allievi del Prof Davide Galliani.
Dopo gli interventi introduttivi di Sergio D'Elia, Segretario, Rita Bernardini Presidente ed Elisabetta Zamparutti Tesoriere si sono alternati interventi di detenuti e non con testimonianze molto emozionanti sul vissuto di persone che hanno conosciuto anche il carcere duro del 41bis e che una volta uscite hanno intrapreso un percorso di cambiamento esemplare.
Sergio D'Elia ha ricordato il percorso di una associazione nata per abolire la pena di morte che poi si è battuta per il superamento della pena fino alla morte e che ora è impegnata sul superamento del carcere stesso.
Rita Bernardini ha illustrato la battaglia in corso di Nessuno tocchi Caino con l'Unione Camere Penali Italiane volta a, attraverso un massiccio accesso agli atti, indagare sul disastro della sanità penitenziaria causa di morte che in particolare quest'anno ha battuto tutti i record con 243 decessi di cui 88 suicidi.
Elisabetta Zamparutti ha ricordato il successo che la storica battaglia di Nessuno tocchi Caino continua a riscuotere sul piano internazionale con il recente voto della risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali da parte della Assemblea Generale dell’ONU e gli oltre 2800 iscritti a Nessuno tocchi Caino che dobbiamo far arrivare a 3000.
(Fonte: Nessuno tocchi Caino, 20/12/2024)
NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
PENA DI MORTE. NESSUNO TOCCHI CAINO, UN ALTRO PASSO VERSO L’ABOLIZIONE MONDIALE
L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 2024 ha approvato la sua decima Risoluzione per una moratoria universale delle esecuzioni capitali.
Hanno votato a favore 130 Paesi, si sono astenuti 22, mentre i contrari sono stati solo 32. Un enorme progresso se comparato ai voti della prima risoluzione approvata, che nel 2007 ebbe 104 voti a favore, 54 contrati, 29 astenuti, ma anche se comparato al voto precedente del 2022 quando l’esito fu di 125 voti a favore, 37 contrari, 22 astenuti (con 9 assenti).
Sergio D'Elia, Segretario di Nessuno tocchi Caino, ha così commentato la notizia: "Il voto di oggi segna un ulteriore passo verso l’abolizione mondiale della pena di morte e certifica che la pena capitale è ormai una pratica fuori dalla storia, un ferro vecchio dell’umanità di cui occorre liberarsi. Segna altresì l’affermazione del principio che l'abolizione della pena di morte attiene ai diritti umani. Questa è una consapevolezza che, non solo gli abolizionisti come noi ma anche la comunità internazionale, la cultura giuridica e la coscienza civile dell’umanità hanno maturato. Occorre ora - ha proseguito Sergio D'Elia- guardare oltre la pena di morte e vedere la nuova frontiera dei diritti umani nel campo delle pene. Questo vuol dire che dobbiamo impegnarci per la fine, non solo della pena di morte, della pena fino alla morte ma anche della fine della pena del carcere perché la grande tragedia della civiltà umana oggi non è il numero dei giustiziati dei bracci dell a morte ma quella del numero dei morti per pena delle carceri."
(Fonte: Nessuno tocchi Caino, 17/12/2024)
CARCERI, NESSUNO TOCCHI CAINO: A NATALE ‘ACCENDI LA SPERANZA’ CON LA TESSERA E IL LIBRO ‘LA FINE DELLA PENA’
In occasione delle festività natalizie l'Associazione Radicale Nonviolenta Nessuno Tocchi Caino - Spes contra Spem vuole ricordare e sensibilizzare la popolazione sull'importanza delle attività a sostegno delle persone fragili, vulnerabili, dimenticate, in una parola, gli ultimi, della nostra società. Sarà possibile, contattando l'Associazione partecipare all'iniziativa “Accendi la speranza” per donare un futuro e un presente di maggiore speranza alle comunità di detenuti e detenenti che vivono negli istituti penitenziari italiani.
Oggi, a poche settimane dalla fine del 2024, risultano 86 i suicidi in carcere: l’ultimo, quello di Amir Dhouioui, un giovane di origini magrebine di 21 anni, impiccatosi nel carcere di Marassi, in Liguria; 7 i suicidi di agenti penitenziari mentre risultano oltre 230 persone morte quest’anno in un istituto penitenziario italiano, vale a dire in una condizione di custodia da parte dello Stato che dovrebbe garantire la sicurezza di detenuti e detenenti nel proprio percorso di recupero e reinserimento.
Chi lo desidera potrà in questi giorni acquistare e donare la tessera di Nessuno Tocchi Caino che offre dodici mesi di esperienze straordinarie, umane e civili, da vivere grazie alle attività in carcere dell’Associazione, insieme al libro "La Fine della Pena", evoluzione del "rapporto sulla pena di morte", pubblicato annualmente. Il libro raccoglie e racconta storie di pena di morte e di morte per pena, accadute nel mondo. Le immagini che corredano il libro sono tratte dal calendario 2024 dedicato a Mariateresa Di Lascia, realizzato dalla stamperia Grafica 080 di Vito e Rosanna Poliseno e donato a chi l'ha conosciuta, ascoltata, letta, amata. “Donare speranza significa innanzitutto condividere, porsi in una condizione di non giudizio, di apertura verso il prossimo, di ascolto e di comprensione di chi abbiamo davanti e quindi, più profondamente, anche di noi stessi” commenta Elisabetta Zamparutti, tesoriere di Nessuno Tocchi Caino. “Il Natale può essere un’occasione per donare a chi amiamo, ma anche a noi stessi, il diritto a questa apertura di speranza, seguendo la traccia del motto, Spes contra spem, dalla Lettera di San Paolo ai Romani (4, 18) e dal passaggio relativo all’incrollabile fede di Abramo che ebbe fede sperando contro ogni speranza”.
NESSUNO TOCCHI CAINO – SPES CONTRA SPEM
Nessuno Tocchi Caino è la lega internazionale laica di cittadini e parlamentari che opera per l’abolizione della pena di morte nel mondo e per i diritti delle persone che vivono le carceri (detenuti e “detenenti” come li chiamava il fondatore di Nessuno Tocchi Caino, Marco Pannella). La banca dati del sito di Nessuno Tocchi Caino pubblica quotidianamente i numeri delle esecuzioni che avvengono nel mondo. Il 98% delle esecuzioni nel mondo avviene in paesi autoritari e illiberali come Cina, Iran, Arabia Saudita. La soluzione definitiva del problema sta proprio qui e, prima che l’abolizione della pena di morte, riguarda l’affermazione della democrazia, lo Stato di diritto e quindi il rispetto dei diritti umani.
Per prenotare il dono natalizio di Nessuno tocchi Caino: 335 8000577
LA ‘GUERRA ALLA DROGA’ IN ARABIA SAUDITA FA STRAGE DI DIRITTI E DI DETENUTI
Marco Perduca
Negli ultimi anni una delle maggiori fonti di finanziamento del regime siriano è stata la produzione ed esportazione del captagon, una droga sintetica ampiamente utilizzata anche da parte dei jihadisti, che ha arricchito le casse di Assad grazie alle esportazioni verso sud. Captagon è il marchio registrato d’un medicinale psicoattivo prodotto negli anni ‘60 dalla tedesca Degussa Pharma Gruppe che veniva prescritto per il disturbo da deficit di attenzione, la narcolessia e come stimolante del sistema nervoso centrale. Le compresse contengono fenetillina, una sintesi della fenetilamine a cui appartiene anche l’amfetamina.
Nel 1986, la fenetillina è inclusa nella Tabella II della Convenzione dell’Onu sulle sostanze psicotrope del 1971 e la maggior parte dei paesi ha interrotto l’uso medico di Captagon.
Nel 2011 l’International Narcotics Control Board ha reso noto che nessun paese aveva prodotto fenetillina dal 2009. Come spesso accade la proibizione non ha funzionato e il mercato illegale ha visto un boom negli anni successivi alla “primavera araba” in Siria del 2011 diventando una delle forme di finanziamento di aggressori, aggrediti, al Qaeda e Stato islamico.
Ora che il regime siriano è caduto, e gli insorgenti si stanno sistemando a Damasco, la domanda interna di captagon potrebbe diminuire ampliando l’offerta verso l’estero, in particolare l’Arabia saudita. Qualche giorno prima della fuga di Assad a Mosca, le guardie di frontiera saudita hanno sequestrato più di 300.000 compresse di captagon in uno dei valichi tra Arabia e Giordania. In quegli stessi giorni, nel sud-ovest del paese vicino allo Yemen, le autorità hanno giustiziato sei persone per aver tentato di contrabbandare hashish e anfetamine.
Come da oltre 60 paesi in tutto il mondo, anche in Arabia saudita l’allarme sull’uso di droga ha innescato un drastico cambiamento nelle tattiche di repressione prevedendo un ampio utilizzo di punizioni severissime fino alla pena di morte. Nel 2024 il regno ha eseguito quasi 100 esecuzioni per reati legati alla droga sulle 304 registrate in totale, l’anno scorso erano state due. Le confische e le esecuzioni di questi ultimi giorni fanno parte dell’inasprimento della guerra alla droga saudita. Il Regno è da tempo un obiettivo primario per i trafficanti di droga nella regione sia per il potere d’acquisto delle sue classi più abbienti sia per i lunghi confini desertici con Giordania e Yemen e la costa disabitata che facilitano il narcotraffico. I dati ufficiali sul consumo di droga in quel paese sono scarsi, ma lo scorso anno il ministero della Salute ha stimato più di 200.000 “tossicodipendenti compulsivi” sui 32 milioni di abitanti del regno – in Italia, che ha quas i il doppio della popolazione ce ne sono poco più di 120.000.
All’inizio di dicembre gli esperti dell’Onu sulle esecuzioni extragiudiziali hanno pubblicato un rapporto in cui si esprime allarme a seguito di tre esecuzioni chiedendo al governo saudita di fermare immediatamente quella imminente degli egiziani Rami Gamal Shafik al-Najjar e Ahmed Zeinhom Omar e del giordano Adnan al-Shraydah. I due egiziani, parte dei 28 connazionali attualmente nel braccio della morte nella prigione di Tabouk, sarebbero stati trasferiti in una cella di esecuzione il 27 novembre 2024 e sono stati costretti ad assistere all’esecuzione di altri detenuti mentre attendevano il loro turno. Il giordano, che ha gravi problemi di salute, non ha ricevuto cure adeguate in prigione.
Per il rapporto sembra che “L’Arabia Saudita abbia revocato una moratoria, non ufficiale, annunciata nel 2021 per reati legati alla droga [...]; le esecuzioni di cittadini stranieri sembrano avvenire sempre più senza previa notifica ai condannati a morte, alle loro famiglie o ai loro rappresentanti legali [...] I cittadini stranieri si trovano spesso in una situazione di vulnerabilità e hanno bisogno di misure specifiche per garantire l’accesso alle tutele legali al momento dell’arresto, durante gli interrogatori e tutto il procedimento giudiziario, incluso l’accesso all’assistenza consolare”.
L’applicazione discriminatoria della pena di morte nei confronti dei non sauditi, il 75% di tutte le esecuzioni per reati di droga, ha fatto lanciare un appello a Ryad affinché “riveda le decisioni giudiziarie contro individui nel braccio della morte, al fine di commutare le loro condanne nel rispetto dei requisiti del giusto processo e dei principi di proporzionalità, equità e giustizia nella condanna”. Gli esperti hanno inoltre invitato il governo saudita ad “adottare senza indugio le misure legislative necessarie per abolire la pena di morte per reati che non comportano l’omicidio intenzionale”. Oltre a non esserci alcuna prova che la pena di morte sia efficace nel dissuadere dal crimine c’è l’aggravante di un paese che investe miliardi in campagne di pubbliche relazioni per dimostrarsi in fase di ammodernamento ma che nelle sue galere insiste con gravissime violazioni dei diritti umani.
IL REINSERIMENTO SOCIALE, LAVORATIVO E ABITATIVO DEI DETENUTI, UNICA MISURA PER AUMENTARE LA SICUREZZA
Erika Giuriato
Marco Vincenzi
Samuele Vianello
Nel 2024 sono state 12 le visite agli istituti penali del Veneto svolte dalle associazioni radicali Venete e da Nessuno tocchi Caino, con la partecipazione del Movimento Forense, delle cellule dell’associazione Luca Coscioni e diversi amministratori locali, consiglieri comunali e regionali. In un anno di incessante attività, sempre con la convinzione di dover insistere per svelare la verità, abbiamo constatato le mancanze strutturali della sanità penitenziaria veneta, insieme ad altre criticità ben radicate nella “istituzione” carceraria.
Abbiamo osservato un sistema sanitario al collasso, che fronteggia una situazione precaria e inumana: in alcuni istituti la percentuale di persone che fa uso di psicofarmaci rasenta il 100%, il 40% dei detenuti soffre di patologie croniche e il 20% è dichiarato “tossicodipendente”. Allarmante è l’assenza di personale sanitario di base, specialistico e infermieristico, al di sotto dei criteri che la regione Veneto stessa ha stabilito nel 2021; personale poi costretto a condizioni di lavoro inaccettabili e a turni massacranti, il tutto per reggere l’insostenibilità delle condizioni carcerarie. Oltre alla precaria situazione sanitaria, rileviamo la carenza di personale educativo, di operatori, di agenti, di interpreti, di residenze idonee per fare ottenere ai detenuti a fine pena le misure alternative; lo scenario è di un tasso regionale di sovraffollamento del 140%, con picchi del 190% a Verona e del 170% a Venezia Santa Maria Maggiore e Treviso. Non sorprende dunque che 9 persone si siano tolte la vita nelle carceri venete nel 2024, in particolare 4 a Verona e 3 a Venezia.
Per segnalare la tragica situazione sono state depositate diverse interrogazioni alla Giunta regionale da parte dei consiglieri Camani, Ostanel, Lorenzoni, Masolo e Baldin, ignorate e calendarizzate per non vedere mai risposta. A fine ottobre il Senatore Andrea Martella, nella replica alla risposta all’interrogazione presentata a luglio di quest’anno – a seguito dell’ennesimo suicidio in Veneto – denunciava il dramma che si consuma negli istituti veneti, elogiando gli sforzi sovraumani del personale a fronte delle irrisorie risorse. A fine novembre le associazioni radicali venete, con le cellule dell’associazione Luca Coscioni, hanno inviato una lettera a tutti i consiglieri regionali del Veneto, richiedendo l’apertura di un dibattito in merito alle politiche penitenziarie nelle materie di competenza regionale, attraverso la costituzione di un Intergruppo consiliare, promosso dai consiglieri Camani e Lorenzoni. A distanza di un mese dall’invio della missiva, non è gi unta risposta alcuna dalla maggioranza.
Per quanto riguarda le politiche abitative per le persone private della libertà, l’amministrazione comunale di Venezia fomenta una retorica discutibile.
È eclatante il caso dell’assessore Venturini, che cassa in toto la proposta di Paolo Ticozzi, consigliere comunale di Venezia, che proponeva l’assegnazione di case a cooperative per detenuti a fine pena coinvolti in progetti di reinserimento sociale. Istanza “impensabile” e “stravagante” secondo Venturini, che ha descritto l’idea come di una “sottrazione del patrimonio abitativo”.
È rilevante il caso di Treviso, dove le consigliere Bazza e Tocchetto hanno dovuto richiedere all’amministrazione comunale di audire il Garante dei detenuti perché potesse esporre la relazione annuale durante una seduta del Consiglio, così da consentire ai consiglieri di affrontare, nella sede istituzionale preposta, le criticità
risolvibili a livello locale. Le consigliere hanno altresì chiesto, e parzialmente ottenuto, che le attività del Garante dei detenuti siano adeguatamente finanziate per non addossare i costi del ruolo al medesimo.
Dopo un anno di iniziative, il 20 dicembre si è tenuta la prima conferenza veneta sulle politiche penitenziarie territoriali. Diversi relatori, fra i quali il Senatore Martella e il portavoce dell’opposizione in consiglio regionale, Arturo Lorenzoni, hanno discusso le proposte che le amministrazioni dovrebbero avanzare per attenuare la situazione mortifera e criminogena degli istituti veneti. Non c’è più tempo: la Regione Veneto deve ottemperare alle sue stesse leggi in materia sanitaria, ponendo fine a questa situazione di illegalità, implementando misure straordinarie per il reinserimento sociale, lavorativo e abitativo dei detenuti, unica misura efficace per aumentare realmente la sicurezza.
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