NESSUNO TOCCHI CAINO - UN’ASSEMBLEA IN MEMORIA DI FRANCESCO LENA, UOMO D’ALTRI TEMPI E IMPRENDITORE VITTIMA DEL BARBARICO REGIME ITALIANO DELLA PREVENZIONE

 

NESSUNO TOCCHI CAINO – SPES CONTRA SPEM

Associazione Radicale Nonviolenta
Transnazionale Transpartitica

Anno 24 - n. 46 - 07-12-2024

 

LA STORIA DELLA SETTIMANA

UN’ASSEMBLEA IN MEMORIA DI FRANCESCO LENA, UOMO D’ALTRI TEMPI E IMPRENDITORE VITTIMA DEL BARBARICO REGIME ITALIANO DELLA PREVENZIONE

NEWS FLASH

1. APPELLO DI NTC PER I SEI PRIGIONIERI POLITICI CONDANNATI A MORTE IN IRAN PER APPARTENENZA AL PMOI
2. ROMA: 12 DICEMBRE PRESIDIO CONTRO KHAMENEI
3. TRANTINO. NESSUNO TOCCHI CAINO RICORDA UN UOMO D’ALTRI TEMPI IMPEGNATO IN PRIMA LINEA NELLA LOTTA CONTRO LA PENA DI MORTE
4. ARABIA SAUDITA: PIÙ DI 300 ESECUZIONI FINORA NEL 2024

I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA

PRATO: 7 DICEMBRE VISITA AL CARCERE E CONFERENZA




UN’ASSEMBLEA IN MEMORIA DI FRANCESCO LENA, UOMO D’ALTRI TEMPI E IMPRENDITORE VITTIMA DEL BARBARICO REGIME ITALIANO DELLA PREVENZIONE


Sabato 14 dicembre a Palermo, dalle 9:30 alle 13:30, presso lo Spazio Lab Eventi (ex Scalea Club), in via Faraone 2, insieme all’Osservatorio Misure di Prevenzione, Nessuno tocchi Caino terrà un’assemblea nel corso della quale presenterà il suo ultimo libro, “La fine della pena”, che racconta storie di pena di morte, di morte per pena, di pena fino alla morte. In tale occasione, sarà reso conto anche della visita al Carcere Pagliarelli di Palermo che, il giorno prima, Nessuno tocchi Caino avrà effettuato insieme agli avvocati della camera penale.
Oggi, Nessuno tocchi Caino guarda oltre i sistemi capitali ormai superati nella cultura accademica e nel diritto internazionale. Affronta anche i regimi giudiziari, penali e penitenziari che sono, come la pena di morte, fuori dal tempo e fuori dal mondo. E, per la prima volta, nel libro di quest’anno Nessuno tocchi Caino propone anche storie e riflessioni che riguardano usi e costumi altrettanto mortiferi come quelli del regime italiano della prevenzione che, talvolta, è più distruttivo di quello punitivo. Nell’ultimo trentennio, nel nome della guerra alla mafia, ai processi e ai castighi penali sono stati affiancati e spesso preferiti processi sommari e castighi immediati. Quelli delle misure di prevenzione, dei sequestri e delle confische personali e patrimoniali. Quelli delle interdittive prefettizie e dello scioglimento dei Comuni per mafia. Così, imprenditori estranei alla mafia sono stati “condannati” da misure di prevenzione “antimafia” e comuni dove la mafia no n esiste sono stati sciolti per mafia.
Il libro di Nessuno tocchi Caino del 2024 è dedicato alla sua fondatrice Mariateresa Di Lascia, nel trentennale dalla sua morte. La giornata del 14 dicembre a Palermo è dedicata a Francesco Lena, imprenditore edile e celebre signore del vino dell’Abbazia Sant’Anastasia di Castelbuono. Un uomo d’altri tempi che ci ha lasciati il 13 settembre scorso, dopo anni di persecuzione giudiziaria nella sua doppia versione, quella del processo penale inquisitorio e quella non meno distruttiva del processo di prevenzione. Lo ricordano in questa pagina la moglie, compagna straordinaria della sua vita e della sua impresa, e un altro imprenditore che gli è stato vicino fino alla fine, vittima anch’egli delle barbariche misure antimafia.


Paola Moriconi Lena

Francesco Lena, mio marito, ha avuto la disgrazia di aver incontrato lo Stato nelle sue forme peggiori. Quelle che ti prendono una mattina, ti schiaffano in carcere, ti tolgono il progetto di una vita e, poi, dopo anni di processi e tre assoluzioni fino alla Cassazione, e dopo una causa risarcitoria per ingiusta detenzione, in cui ti danno degli spiccioli, alla fine ti restituiscono una delle aziende vitivinicole e agrituristiche più belle d’Italia in uno stato di dissoluzione.
La vicenda avviene nel 2010, quando viene arrestato con altre 19 persone. L’accusa è grave e infamante: mafia. I contorni riguardanti la sua posizione sono poco chiari fin dall’inizio. Lui è l’unico assolto del gruppo di coimputati in primo grado, tra l’altro con la formula più ampia e liberatoria “per non aver commesso il fatto”. La procura insiste in appello e riparte. Nel 2016 la Cassazione rigetta il definitivo e pervicace ricorso. Ma nel 2011 subentrano le Misure di Prevenzione per tutte le società del Gruppo Lena e siccome evidentemente non c’è dialogo fra le diverse sezioni del Tribunale, d’altro canto la legge non impone l’immediato dissequestro dei beni, così accade che un imprenditore, giudicato innocente è costretto a stare con le mani in mano e a sopportare le angherie di una giustizia ingiusta. Tant’è che devono essere procurate prove a dimostrazione dell’innocenza dell’imprenditore e non il contrario.
Dopo una lunga serie di rinvii, nel 2018, dopo otto anni, finalmente ci restituiscono l’azienda e tutte le società. L’amministrazione giudiziaria in tutti questi anni non ha mai approvato bilanci e non pagando i contributi ai lavoratori non è riuscita a incassare nessun spettante finanziamento regionale, avendo il DURC irregolare. Da 750.000 bottiglie l’anno di vino si è passati a 150.000 bottiglie. Sono stati abbandonati ettari di vigneti. La rete di vendita, il portafoglio clienti faticosamente conquistato negli anni, perso irrimediabilmente.
L’azienda ha smesso di produrre l’olio dei suoi 40 ettari di uliveto. Il Resort, realizzato ristrutturando un’Abbazia del XV Secolo, lasciato senza manutenzione. Tasse e contributi non versati e, nonostante gli incassi che sfioravano i 2 milioni di euro, nessun pagamento a rate del mutuo di Banca Nuova. L’Istituto di Zonin, assorbito a zero euro da Banca Intesa, ha ceduto a basse percentuali i propri crediti a una full-service credit management company, la Amco Spa. Quest’ultima, adesso, vuole l’intero credito, più gli interessi di mora maturati per il mancato versamento delle rate da parte dell’Amministrazione giudiziaria. Inoltre, i creditori, non potendosi rivalere sull’azienda negli anni delle Misure di prevenzione, hanno proceduto con azioni legali rivolte alla persona fisica di mio marito.
In sintesi, tre sentenze di assoluzione, nove giudici che hanno accertato la sua estraneità a condotte illecite, 1.352 giorni di calvario, dall’arresto alla pronuncia della Cassazione, di cui 23 in carcere e 492 ai domiciliari. Sono i numeri che ha valutato la quinta sezione della Corte d’appello di Palermo per la “custodia ingiustamente sofferta” da Francesco Lena. Il Collegio presieduto dal Giudice Maria Patrizia Spina gli ha riconosciuto una somma riparatoria pari a euro 53.285,90.
Quando l’incredibile si interseca con la realtà è allora che nascono storie come questa che ha coinvolto mio marito in prima persona. Raccontarla non è semplice per me ma penso sia doveroso farlo. Non si dimenticano i titoli della grande stampa a poche ore dall’arresto, non si dimentica l’indifferenza, la diffidenza, la sofferenza e la solitudine. È sempre stato un uomo libero mio marito. Libero nel fare impresa, libero da legami equivoci, libero di realizzare quello in cui ha sempre creduto anche lontano da casa sua e adesso rimane solamente l’ombra della sua “creatura”.



Pietro Cavallotti

Fino alla fine ha provato a salvare la sua azienda dal fallimento. Fino alla fine ha chiesto alle Istituzioni di intervenire per aiutare gli imprenditori vittime di ingiusti sequestri. Con la morte di Francesco Lena, perdiamo non solo un imprenditore visionario. È stato molto di più di questo. Perdiamo un convinto combattente per la libertà e la giustizia.
È stato proprio con lui che nel 2015 ci siamo ritrovati. Eravamo ancora tutti sotto processo e al Tribunale di Palermo era ancora radicato il regime Saguto. Eppure, con lui, abbiamo deciso di denunciare pubblicamente un problema gravissimo e di intraprendere un percorso che ci ha portato a scrivere proposte di legge, ad audizioni in Parlamento, a decine di convegni in tutta Italia, a trasmissioni televisive di rilievo nazionale.
Non posso dimenticare le conversazioni chilometriche in cui mi ripeteva una storia che io ho imparato a conoscere a memoria. In apparenza me la raccontava per rendermi partecipe del dramma che aveva vissuto ma in realtà lo faceva per sfogarsi o, forse, per cercare di chiarire a se stesso qualcosa che, fino alla fine, non ha mai capito.
Come può in imprenditore, scappato dalla Sicilia per sfuggire alle estorsioni, essere arrestato quarant’anni dopo per complicità con la mafia? Come può un imprenditore onesto, riconosciuto tale da Falcone, essere accusato da colui che è considerato l’erede di Falcone? Perché, dopo un’assoluzione, non vengono restituiti subito i beni? E perché, dopo che vengono restituiti, nessuno deve pagare per i danni che sono stati fatti?
È stato colpito a un’età in cui un uomo dovrebbe vivere gli anni che gli rimangono godendosi la famiglia e il frutto di una vita di lavoro. Combattere quando si è sicuri di vincere o quando, almeno, si ha abbastanza tempo per arrivare alla fine della battaglia è meritorio. Ma combattere, come ha fatto lui, anche quando è affiorata la tremenda consapevolezza che il tempo non gli sarebbe bastato, è eroico. Credo che lo ha fatto per dimostrare a sé stesso di non essere un uomo finito. Lo ha fatto come ultimo atto di amore nei confronti dei figli: assicurare ai figli e ai nipoti un’opportunità, questa era la sua preoccupazione che non mancava mai di confidarmi.
Inutile dire, senza troppa ipocrisia, che c’è molta amarezza perché in Italia una vita intera non basta per avere giustizia. La paura di arrivare alla fine di una vicenda giudiziaria perdendo per strada persone importanti è reale e insopportabile. E questo non è degno di in Paese civile. Lo ricorderò sempre come una persona che non si è mai arresa, che ha avuto la forza di mostrarsi fragile in televisione. Che ha parlato quando tutti tacevano. Una persona che ha perdonato i suoi carnefici. Un uomo che, sino alla fine, ha sperato nel cambiamento facendosi artefice del cambiamento.
Che lo Stato abbia il buon senso di fare adesso ciò che avrebbe dovuto fare da molto tempo: salvare l’Abbazia e intervenire al più presto per evitare la devastazione di altre persone per bene. Abbraccio con affetto i figli e la moglie e li invito a proseguire una delle opere più belle intraprese dall’ingegnere: la battaglia per la libertà e la giustizia.



NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

APPELLO DI NTC PER I SEI PRIGIONIERI POLITICI CONDANNATI A MORTE IN IRAN PER APPARTENENZA AL PMOI
Alla c.a.
Volker Turk
Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani
e
Mai Sato
Special Rapporteur sulla situazione dei diritti umani in Iran

Nessuno tocchi Caino, l’associazione internazionale che ha promosso e portato al successo la campagna per una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite per una moratoria universale delle esecuzioni capitali esprime la sua preoccupazione per il crescente numero di esecuzioni registrate nel 2024 in Iran e per le recenti condanne a morte pronunciate nei confronti di sei prigionieri politici appartenenti all’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo dell'Iran (PMOI).
Attraverso il nostro monitoraggio quotidiano delle notizie sulla pena di morte possiamo documentare che almeno 818 esecuzioni sono state compiute quest’anno e che la magistratura iraniana ha condannato a morte sei prigionieri politici - Abolhassan Montazer, Pouya Ghobadi, Vahid Bani-Amrian, Babak Alipour, Ali Akbar Daneshvarkar e Mohammad Taghavi - dopo mesi di interrogatori e torture. Le accuse contro di loro includono “appartenenza all'Organizzazione dei Mojahedin del Popolo dell'Iran (PMOI/MEK)”, “collusione e cospirazione contro la sicurezza nazionale”, “ribellione armata contro il governo”, “formazione di un gruppo per turbare la sicurezza nazionale” e “distruzione di proprietà pubbliche con l'uso di un lanciagranate”. Queste condanne sono state emesse dal giudice Iman Afshari, capo del Tribunale rivoluzionario, sezione 26, di Teheran. Lo stesso tribunale ha condannato anche Mojtaba e Ali Taghavi, fratelli di Mohammad Taghavi, alla reclusione e all'esilio.
Abolhassan Montazer, 65 anni, laureato in architettura e prigioniero politico dagli anni '80, è stato arrestato e incarcerato più volte, anche nel 2018 e nel 2020. È stato arrestato l'ultima volta nel gennaio 2024 e soffre di malattie cardiache, polmonari, renali e di artrite;
Pouya Ghobadi, 32 anni, ingegnere elettrico, è stato arrestato nel marzo 2024. In precedenza era stato arrestato due volte;
Vahid Bani-Amrian, 32 anni, con un master in management, è stato arrestato nel gennaio 2024. Ha trascorso un totale di 4 anni in carcere in seguito a diversi arresti dal 2017;
Babak Alipour, 33 anni, laureato in legge, è stato arrestato nel gennaio 2024. In precedenza era stato arrestato nel novembre 2018 a Rasht e aveva scontato 4 anni di carcere;
Ali Akbar Daneshvarkar, 57 anni, ingegnere civile, è stato arrestato nel gennaio 2024;
Mohammad Taghavi, 58 anni, prigioniero politico degli anni '80 e '90, è stato precedentemente arrestato nel 2020 e incarcerato per 3 anni con l'accusa di associazione con il PMOI/MEK.
Mojtaba e Ali Taghavi sono stati condannati solo perché fratelli di Mohammad Taghavi.
Nessuno tocchi Caino è a conoscenza dei crimini commessi dalle autorità iraniane contro la popolazione civile e in particolare contro i membri e simpatizzanti dell'Organizzazione dei Mojahedin del Popolo dell'Iran (PMOI), noti anche come Mujahedin-e Khalq (MEK), che sono stati vittime, come riconosciuto anche dal Rapporto ONU intitolato “Atrocity Crimes” e pubblicato sul sito dell'OHCHR il 22 luglio 2024, di crimini contro l'umanità commessi in passato. Tuttavia, come cita anche il Rapporto, da tre decenni e mezzo – da più di 35 anni – la persecuzione nei loro confronti continua e coloro che hanno responsabilità penali per queste gravissime violazioni dei diritti umani e crimini di diritto internazionale rimangono al potere e al controllo.
Per queste ragioni, Nessuno tocchi Caino si appella a voi per chiedervi di agire immediatamente per salvare la vita di questi sei prigionieri e garantire il rilascio di tutti i prigionieri politici, nonché di ribadire la richiesta di introdurre una moratoria delle esecuzioni capitali in Iran.



ROMA: 12 DICEMBRE PRESIDIO CONTRO KHAMENEI
E’ prevista per giovedì 12 dicembre a Roma la presentazione dell’autobiografia dell’ayatollah Khamenei.
L’associazione Ponte Atlantico rivolge un appello a tutti i partiti democratici: “Manifestiamo civilmente all’esterno dell’evento, con le donne iraniane di Woman Life Freedom Europa”.

Giovedì 12 dicembre, alle 17, presso il Centro congressi di via Cavour 50, è prevista la presentazione dell’autobiografia di Alì Khamenei, la “Guida suprema” della Repubblica Islamica dell’Iran, dal titolo “Cella n.14 – I semi della rivoluzione”. Presenteranno il libro i professori Franco Cardini e Demetrio Giordani, unitamente al giornalista Giorgio Bianchi.
“E’ davvero vergognoso che si pubblicizzi un libro di questo sanguinario tiranno – afferma Alessandro Litta Modignani, coordinatore dell’associazione liberale “Ponte Atlantico” – La Repubblica islamica è un regime totalitario, da 45 anni in guerra contro lo stesso popolo iraniano. Si tratta di una teocrazia fondata sull’apartheid di genere nei confronti delle donne, sottomesse con l’imposizione obbligatoria del velo; che pratica sistematicamente la tortura nei confronti degli oppositori; che vanta il maggior numero di esecuzioni capitali al mondo, in rapporto alla popolazione; che fomenta la guerra in tutto il Medio Oriente, direttamente e attraverso le sue varie diramazioni libanesi, palestinesi e yemenite.
“La Repubblica islamica dell’Iran – aggiunge Litta - organizza da decenni il terrorismo internazionale attraverso il famigerato Corpo dei Guardiani della Rivoluzione (IRGC) e altri organismi di regime, e fornisce regolarmente alla Russia di Putin i droni con cui perpetrare stragi quotidiane di civili nelle città ucraine.
“Per questi e molti altri motivi – conclude Litta – giovedì prossimo dalle 16.00 saremo a Roma in via Cavour, per manifestare vibratamente il nostro sdegno contro questa scandalosa iniziativa di propaganda del regime degli ayatollah. Saremo al fianco dell’associazione iraniana Woman Life Freedom Europa, che promuove con noi il presidio, e ci appelliamo a tutti i partiti democratici e ai movimenti della società civile – in particolare al movimento femminista – per non lasciare sole le donne e i dissidenti iraniani in questa occasione”.



TRANTINO. NESSUNO TOCCHI CAINO RICORDA UN UOMO D’ALTRI TEMPI IMPEGNATO IN PRIMA LINEA NELLA LOTTA CONTRO LA PENA DI MORTE
Roma, 5 dicembre 2024

Sergio D’Elia ed Elisabetta Zamparutti, segretario e tesoriere di Nessuno tocchi Caino, con Rita Bernardini Presidente, Sabrina Renna e Antonio Coniglio del Consiglio Direttivo, ricordano così Enzo Trantino nel giorno della sua dipartita.
Nessuno tocchi Caino ricorda oggi Enzo Trantino nella sua veste di Sottosegretario agli Affari Esteri nel 1994 e Vice Presidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati nel 1999 sostenitore della battaglia di Nessuno tocchi Caino per la moratoria universale delle esecuzioni capitali e iscritto per molti anni alla associazione. Pronto ad intervenire anche con atti parlamentari di fronte ai rischi di una ripresa delle esecuzioni, come fu nelle Filippine o di estradizione di cittadini verso regimi come quello cinese e sempre a tutela degli italiani che all’estero rischiavano la pena di morte.
In rappresentanza della Camera dei Deputati, accompagnò Sergio D’Elia ed Elisabetta Zamparutti, nella missione che facemmo nel luglio del 1999 in una regione, quella caraibica, dove ostinatamente i governi si opponevano alla proposta tanto ragionevole quanto salvifica di vite umane qual è la moratoria universale delle esecuzioni capitali.
Enzo Trantino, uomo, giurista, politico d’altri tempi, infondeva una sorta di timore reverenziale negli incontri istituzionali che avemmo e rendeva possibile rispetto all’obbiettivo che ci eravamo dati, una missione che per altri sarebbe stata impossibile. Il successo dell’approvazione da parte dell’Assemblea Generale dell’ONU della risoluzione pro moratoria nel 2007 è stato anche il frutto di ciò che con Enzo Trantino seminammo in terre lontane, difficili dove la dura legge dell’occhio per occhio ancora prevaleva.
Volle venire con noi in quei paesi caraibici che dal ’97 avevano dichiarato di voler denunciare i trattati internazionali in materia di diritti umani che consentono ai condannati a morte ulteriori possibilità di ricorso. Chiedeva con noi ai Capi di Governo e ai Ministri della Giustizia e degli Esteri che incontrammo a Barbados, Santa Lucia, Grenada, Trinidad e Tobago e Giamaica, di sospendere le esecuzioni annunciate; scongiurare la denuncia dei fondamentali trattati a tutela dei diritti umani e di sostenere quantomeno con l’astensione la risoluzione per la moratoria in Assemblea Generale.
Amante della vita e del Diritto, con la D maiuscola, non mancava di incontrarci ogni qualvolta andavamo a Catania e di regalarci sempre una positiva energia. Faremo della sua mancanza una sua presenza nella prosecuzione della battaglia di Nessuno tocchi Caino contro la pena di morte, la pena fino alla morte e la morte per pena.



ARABIA SAUDITA: PIÙ DI 300 ESECUZIONI FINORA NEL 2024
L'Arabia Saudita ha giustiziato oltre 300 persone finora nel 2024, secondo un conteggio dell'AFP, dopo che quattro esecuzioni annunciate il 3 dicembre hanno portato il totale nel Regno a un livello che supera di gran lunga le cifre degli anni passati.
La pena di morte è stata eseguita nei confronti di tre persone che erano state riconosciute colpevoli di traffico di droga e di una quarta per omicidio, ha riferito l'agenzia di stampa ufficiale saudita, citando il Ministero degli Interni.
Giunge così a 303 il numero di esecuzioni praticate nell’anno in corso, secondo il conteggio basato su resoconti dei media statali.
La monarchia del Golfo aveva applicato la pena di morte già 200 volte entro la fine di settembre 2024, segnando un alto numero di esecuzioni nelle ultime settimane.
L'Arabia Saudita ha giustiziato il terzo numero più alto di prigionieri al mondo nel 2023 dopo Cina e Iran.
In precedenza, il numero record di esecuzioni in un singolo anno nel Paese era stato di 196 nel 2022, secondo Amnesty International, che ha iniziato a registrare le cifre annuali nel 1990.
Taha al-Hajji, direttore legale dell'Organizzazione saudita europea per i diritti umani (ESOHR), con sede a Berlino, ha condannato la "velocità fulminea" delle esecuzioni nel 2024, definendola "incomprensibile e inspiegabile".
Gli attivisti per i diritti umani avevano precedentemente avvertito che l'Arabia Saudita avrebbe potuto superare le 300 esecuzioni quest'anno, con un'esecuzione registrata quasi ogni giorno.
(Fonte: AFP, 03/12/2024)



I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA

PRATO: 7 DICEMBRE VISITA AL CARCERE E CONFERENZA

Ore 10.30 Visita al Carcere

Ore 16.00 Conferenza
“Tutela dei diritti: in carcere come fuori?”
Sala Consiliare della Provincia di Prato
Palazzo Banci Buonamici (via Ricasoli)

La conferenza è aperta a tutti e si potrà anche seguire in streaming dai canali social di Nessuno tocchi Caino

Info 377 5421722





NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS è un servizio di informazione gratuito distribuito dalla
associazione senza fini di lucro Nessuno Tocchi Caino - Spes contra spem.
Per maggiori informazioni scrivi a info@nessunotocchicaino.it

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