NESSUNO TOCCHI CAINO - LA TERRIBILITÀ DEL CARCERE RISERVATA AI PIÙ DEBOLI, MIGRANTI, MENDICANTI E RIVOLTOSI, ANCHE PASSIVI, CONDANNATI ALL’INFERNO SENZA SPERANZA
NESSUNO TOCCHI CAINO – SPES CONTRA SPEM |
Associazione Radicale Nonviolenta |
Anno 25 - n. 9 - 01-03-2025 |
LA STORIA DELLA SETTIMANA LA TERRIBILITÀ DEL CARCERE RISERVATA AI PIÙ DEBOLI, MIGRANTI, MENDICANTI E RIVOLTOSI, ANCHE PASSIVI, CONDANNATI ALL’INFERNO SENZA SPERANZA NEWS FLASH 1. “MIO PADRE STA MORENDO IN CARCERE. CHIEDO SOLO CHE VENGA CURATO” 2. IRAN: RISCHIO DI IMMINENTE ESECUZIONE PER I PRIGIONIERI POLITICI BEHROUZ EHSANI E MEHDI HASSANI 3. OKLAHOMA (USA): ANNULLATE COLPEVOLEZZA E CONDANNA A MORTE DI RICHARD GLOSSIP 4. TUNISIA: OTTO CONDANNATI A MORTE PER L'OMICIDIO DEL LEADER DELL'OPPOSIZIONE BRAHMI I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA TREVISO: NESSUNO TOCCHI CAINO, SABATO VISITA AL CARCERE MINORILE E DIBATTITO LA TERRIBILITÀ DEL CARCERE RISERVATA AI PIÙ DEBOLI, MIGRANTI, MENDICANTI E RIVOLTOSI, ANCHE PASSIVI, CONDANNATI ALL’INFERNO SENZA SPERANZA Angelo Scuderi* Ci sono frasi e concetti che ti rimangono nella mente più di molti altri soprattutto se pronunciate da “maestri” del nostro diritto che, senza sconti verso i potenti, definiscono l’operato degli stessi come irriducibile “ostentazione della disumanità”. Parto, quindi, dalle parole del prof. Luigi Ferrajoli, per analizzare come lo svilimento del concetto di umanità sia, ormai da tempo, la pietra miliare sulla quale si fonda il nostro ordinamento giuridico penale con particolare riferimento alla fase esecutiva dello stesso. La pena che diventa, quindi, ipertrofica e crudele a causa dello stravolgimento del concetto stesso di correzione e riabilitazione che viene abbandonato, volontariamente, per mostrare i muscoli di un “mostro” che regge su piedi di argilla. L’implementazione, ormai a catena, del novero dei reati cosiddetti “ostativi” verso i quali lo Stato ha abbandonato, di fatto, ogni compito assegnatogli dalla Costituzione circa la riabilitazione e il reinserimento del condannato è la cartina di tornasole del giustizialismo, a prescindere, che si vuole mostrare nell’esecuzione della pena da parte di uno Stato che preferisce nascondere la polvere sotto il tappeto piuttosto che favorire il naturale e doveroso accompagnamento dei condannati al di fuori del circuito carcerario ormai lastricato, anche e soprattutto per i detenuti comuni, da immonda invivibilità. Chi vive il carcere sa quanto esso sia un posto pieno di rigide regole inutili, al cospetto della palese illegalità di fondo sulla quale si regge. Eppure sono strutture appartenenti allo Stato, vissute da persone in palese stato di “minorata difesa”, di debolezza e di abbandono. Se si trattasse di scuole, ospedali o case di cura per anziani sarebbero già state chiuse d’imperio, con successivi titoli in prima pagina su quegli stessi giornali che incitano a “gettare le chiavi” e a promuovere il motto del “fine pena mai”. Ogni argomento, istituzionale, sul carcere finisce sempre per risolversi con il collaudato sistema delle “grandi opere”: faremo altre carceri, useremo le caserme dismesse. Mai una parola sulle politiche di sistema per l’uscita dal carcere, e neanche doverose prese di coscienza sulla improcrastinabile esigenza di provvedimenti d’indulto e amnistia; gettare, doverosamente, la spugna in senso di resa significherebbe ostentare debolezza e non carità, benevolenza e non disumanità, così tradendo lo scellerato patto con il crudele consenso. È doveroso uscire dalla omertosa cappa di silenzio che avvolge il “male del carcere” e tradurre l’inumana condizione del sovraffollamento senza uscita con pochi concetti: si vive, si dorme, si mangia, si defeca, ci si lava e si socializza in sei o anche otto persone, in una cella con meno di tre metri quadrati a disposizione per ogni detenuto. E poi la catena infinita di suicidi, naturale conseguenza del disumano stato di abbandono e disinteresse verso chi è costretto, senza orizzonti, a vivere questa tortura: “Accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere sé stesso” diceva Primo Levi parlando di chi viveva nei lager. Non che possa creare conforto a chi deve espiare la sua pena, ma è necessario conoscere come gran parte di queste persone siano all’“inferno” senza esserselo nemmeno “meritato”, in assenza di condanna e in attesa di giustizia nel posto più ingiusto che ci sia. Così accade che nonostante l’indice della commissione dei reati nel nostro Paese si sia abbassato, gli ergastoli da scontare siano triplicati e la fabbrica dei reati sia sempre in costante evoluzione, con un occhio particolare verso l’afflizione dei più deboli identificati per genere e non per individuo: migranti, mendicanti e rivoltosi, anche passivi in virtù del sadico ossimoro del legislatore, e occupanti di alloggi popolari. A loro, i più poveri, toccherà forse a breve dover sperimentare la “terribilità” del nostro carcere con la speranza, almeno, che la possano raccontare senza farla finita prima. Ostentare è meglio che curare. * penalista del Foro di Trani NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH “MIO PADRE STA MORENDO IN CARCERE. CHIEDO SOLO CHE VENGA CURATO” Paolo Coppola Buongiorno, mi chiamo Paolo, ho 17 anni e sono il figlio di Danilo Coppola. Vi scrivo con il cuore in mano, perché mio padre sta morendo in carcere. Quello che sta accadendo oggi non è un caso isolato, ma l’ennesimo episodio di una persecuzione giudiziaria che dura da vent’anni. Mio padre è stato uno dei protagonisti del mercato immobiliare e finanziario italiano nei primi anni 2000, con investimenti e operazioni che hanno coinvolto istituti come Mediobanca e BNL. Poi, nel 2005, è iniziato il suo calvario giudiziario: prima il tentativo, del tutto infondato, di accostarlo alla Banda della Magliana, basato su dossier costruiti ad arte. Questo ha creato attorno a lui un vuoto istituzionale, infliggendogli un danno irreparabile sul piano umano e professionale. La smentita, arrivata un anno dopo dalla Direzione Distrettuale Antimafia, non ha mai ricevuto la stessa eco mediatica delle accuse. La macchina del fango aveva già fatto il suo lavoro, e da quel momento è iniziata la persecuzione. Nel 2007 mio padre è stato arrestato per la prima volta. È rimasto in custodia cautelare per due anni e, in quel periodo, gli è stato persino negato di vedermi nascere. Due anni della sua vita strappati via senza motivo, con conseguenze devastanti sotto ogni punto di vista: umano, professionale, psicologico. E anche in quel caso, alla fine, è stato assolto con formula piena. Purtroppo, non è finita lì. Da allora, papà ha subito una trentina di processi. Ogni volta che veniva assolto, arrivava una nuova accusa. Per vent’anni è stato sottoposto a una pressione giudiziaria costante, fino a quando, dopo decine di tentativi, si è arrivati a un’unica condanna. Una condanna che oggi lo sta uccidendo. Al di là delle vicende giudiziarie – sulle quali chiunque si informi può capire la verità – qui la questione è un’altra: papà sta morendo. Oggi sta scontando la sua pena nel carcere di Viterbo, ma negli ultimi mesi la sua salute è crollata. Una perizia medica ufficiale, redatta da esperti nominati dal Tribunale di Sorveglianza di Roma, ha certificato che mio padre è incompatibile con il regime carcerario e carcerario-ospedaliero. Già a dicembre 2024, i medici legali avevano riscontrato condizioni di salute estremamente gravi, sottolineando che in carcere il suo stato non poteva che peggiorare e indicando la necessità di un ricovero immediato in una struttura sanitaria, in regime di arresti domiciliari. Anche il Procuratore Generale, dopo aver letto la perizia, e dopo aver compreso la gravità, ha espresso parere favorevole agli arresti domiciliari. Va inoltre ricordato che già in tre occasioni precedenti, per detenzioni poi concluse con un’assoluzione, mio padre era stato dichiarato incompatibile con il regime carcerario. Tale incompatibilità è dovuta a patologie acclarate più volte, che lo affliggono sin dalla giovane età. Eppure, l’8 febbraio, i giudici hanno deciso di ignorare tutto. Hanno ignorato la perizia, i referti medici, il parere del Procuratore Generale, e hanno scritto nell’ordinanza che, secondo loro, non sussiste alcuna incompatibilità con il carcere. Una decisione arbitraria, crudele, ingiustificata. Com’è possibile? Come è possibile che un tribunale chieda una perizia medica per poi non tenerne conto? Come è possibile che i giudici si siano sostituiti agli esperti, smentendoli completamente? Come si può restare indifferenti davanti alla sofferenza di un uomo che ha già avuto due arresti cardiaci e ha perso 25 chili in pochi mesi? I periti del tribunale, basandosi su una visita del 17 dicembre 2024, hanno certificato la gravità della situazione e depositato la perizia a fine gennaio. Oggi siamo a fine febbraio e la sua salute è ancora peggiorata. Papà sta morendo. Io chiedo solo che venga curato. Chiedo solo che riceva le cure di cui ha bisogno. Questo è un diritto fondamentale, garantito dalla legge e dalla nostra Costituzione. Il tempo sta scadendo. Questo accanimento gli sta costando la vita. Mi rivolgo a chiunque possa fare qualcosa: ai media, alle istituzioni, all’opinione pubblica. Vi chiedo di non restare in silenzio. Vi chiedo di non permettere che decisioni arbitrarie, prese in spregio alle evidenze mediche e ai pareri degli esperti, trasformino la giustizia in uno strumento di sofferenza invece che di tutela dei diritti fondamentali. IRAN: RISCHIO DI IMMINENTE ESECUZIONE PER I PRIGIONIERI POLITICI BEHROUZ EHSANI E MEHDI HASSANI La sezione 39 della Corte Suprema iraniana ha respinto la richiesta di nuovo processo per i prigionieri politici Behrouz Ehsani e Mehdi Hassani, condannati a morte con l'accusa di baghy (ribellione armata), moharebeh (inimicizia contro Dio), efsad-fil-arz (corruzione sulla terra) per appartenenza all'Organizzazione Mojahedin del Popolo dell'Iran, e raccolta di informazioni classificate. Esprimendo seria preoccupazione per l'eventualità di una loro esecuzione, IHR considera l'emissione e l'attuazione delle condanne a morte come parte della politica di diffusione della paura della Repubblica islamica. L'organizzazione invita la società civile iraniana, le istituzioni per i diritti umani e la comunità internazionale a intensificare gli sforzi per abolire la pena di morte e porre fine alle esecuzioni in Iran. Secondo la figlia di Mehdi Hassani, Maryam Hassani, l'appello del padre è stato respinto dalla sezione 39 della Corte Suprema. L'agenzia HRANA ha riferito che anche l'appello di Behrouz Ehsani è stato respinto. Behrouz e Mehdi sono stati condannati a morte con l'accusa di baghy (ribellione armata) e moharebeh (inimicizia contro Dio) per “appartenenza all'Organizzazione Mojahedin e raccolta di informazioni classificate” dalla sezione 26 del Tribunale rivoluzionario di Teheran. All'inizio di gennaio è stato comunicato loro che la sentenza era stata confermata dalla Corte Suprema. Il 26 gennaio sono stati trasferiti dalla prigione di Evin a quella di Ghezelhesar, facendo temere un'imminente esecuzione. All'epoca, i loro avvocati avevano dichiarato di aver fatto appello alla decisione che aveva temporaneamente bloccato la loro esecuzione. Behrouz e Mehdi erano membri della campagna abolizionista “No Death Penalty Tuesdays” (I martedì senza pena di morte) quando hanno ricevuto loro stessi la pena di morte nella 34a settimana della campagna. In uno spazio Twitter (X) ospitato da IHR per celebrare il primo anniversario del movimento, Maryam Hassani ha parlato delle torture a cui è stato sottoposto suo padre per estorcere false confessioni autoincriminanti. (Fonte: IHR, 24/02/2025) OKLAHOMA (USA): ANNULLATE COLPEVOLEZZA E CONDANNA A MORTE DI RICHARD GLOSSIP La Corte Suprema degli Stati Uniti il 25 febbraio 2025 ha annullato 5-3 il verdetto di colpevolezza e la successiva condanna a morte di Richard Glossip, un uomo che ha sostenuto con fermezza la propria innocenza e ha evitato molteplici tentativi di esecuzione da parte dello Stato. I giudici hanno stabilito che il processo di Glossip ha violato i suoi diritti costituzionali perché i pubblici ministeri non hanno consegnato prove che avrebbero potuto rafforzare la sua difesa. “Glossip ha diritto a un nuovo processo”, ha scritto il giudice Sonia Sotomayor per la maggioranza. I giudici Clarence Thomas e Samuel Alito hanno dissentito, votando per confermare la condanna e la pena di morte, mentre il giudice Amy Coney Barrett avrebbe permesso a una corte d'appello statale di decidere come procedere. Il giudice Neil Gorsuch non ha preso parte al caso, presumibilmente perché vi ha partecipato in una fase precedente, quando era giudice della corte d'appello. I giudici hanno ascoltato le argomentazioni in ottobre in un caso che ha prodotto una rara alleanza in cui gli avvocati di Glossip e dello Stato hanno sostenuto che l'Alta Corte dovrebbe annullare la condanna di Glossip perché non ha avuto un processo equo. I parenti della vittima avevano detto all'Alta Corte di voler vedere Glossip giustiziato. La massima corte d'appello penale dell'Oklahoma aveva ripetutamente confermato la condanna e la sentenza, anche dopo che lo Stato si era schierato dalla parte di Glossip. Glossip, ora 61enne, bianco, è stato condannato a morte per l'uccisione nel 1997 a Oklahoma City del suo ex capo, il proprietario di un motel Barry Van Treese, in quello che i pubblici ministeri hanno sostenuto essere un omicidio su commissione. Glossip ha sempre sostenuto la sua innocenza. Un altro uomo, Justin Sneed, ha ammesso di aver rapinato Van Treese e di averlo picchiato a morte con una mazza da baseball, ma ha testimoniato di averlo fatto solo dopo che Glossip gli aveva promesso di pagarlo 10.000 dollari. Sneed ricevette l'ergastolo in cambio della sua testimonianza e fu il testimone chiave contro Glossip. Nel 2023, il procuratore generale dello Stato Gentner Drummond, repubblicano, ha dichiarato che nuove prove lo hanno convinto che il processo a Glossip non è stato equo. Drummond ha dichiarato di non credere che Glossip sia innocente e ha suggerito che potrebbe subire un nuovo processo. Se Glossip dovesse essere processato di nuovo, la pena di morte sarebbe esclusa, ha dichiarato il procuratore distrettuale della contea di Oklahoma Vicki Zemp Behenna. Tra le preoccupazioni di Drummond c'è il fatto che i pubblici ministeri sapevano che Sneed aveva mentito al banco dei testimoni sulle sue condizioni psichiatriche e sul motivo per cui aveva assunto il farmaco stabilizzatore dell'umore, il litio. Drummond, un democratico, ha anche citato una scatola di prove del caso che è stata distrutta, tra cui ricevute di motel, una tenda da doccia e nastro adesivo che, secondo l'avvocato di Glossip, Don Knight, avrebbe potuto dimostrare l'innocenza di Glossip. L'anno scorso almeno cinque giudici hanno votato per bloccare i tentativi di giustiziare Glossip mentre il suo caso era in corso. Questa è stata solo l'ultima tregua per un detenuto nel braccio della morte che ha consumato tre “ultimi pasti” e si è sposato due volte in attesa dell'esecuzione. L'Oklahoma ha fissato le date di esecuzione per Glossip 9 volte. La corte ha affrontato due questioni legali: se i diritti di Glossip siano stati violati perché le prove non sono state consegnate e se la decisione del tribunale dell'Oklahoma che confermava la condanna e la sentenza, raggiunta dopo che la posizione dello Stato era cambiata, debba essere lasciata in vigore. I giudici hanno emesso l'ultimo ordine che blocca l'esecuzione di Glossip l'anno scorso. In precedenza avevano fermato la sua esecuzione nel 2015, poi si erano pronunciati contro di lui con un voto di 5 a 4, confermando il processo di iniezione letale dell'Oklahoma. Glossip ha evitato l'esecuzione solo a causa di un errore nei farmaci che dovevano essere utilizzati. Glossip era stato inizialmente condannato nel 1998, ma aveva ottenuto un nuovo processo ordinato da una corte d'appello statale. È stato nuovamente condannato nel 2004. (Fonte: Associated Press, 25/02/2025) TUNISIA: OTTO CONDANNATI A MORTE PER L'OMICIDIO DEL LEADER DELL'OPPOSIZIONE BRAHMI Un tribunale tunisino il 25 febbraio 2025 ha condannato a morte otto imputati per l'omicidio, avvenuto nel 2013, del leader dell'opposizione di sinistra Mohamed Brahmi, hanno riportato i media locali. Le accuse formulate includevano il "tentativo di cambiare la natura dello Stato" e "incitamento al conflitto armato", mentre tre degli imputati hanno ricevuto ulteriori condanne a morte per "partecipazione a omicidio premeditato", hanno riportato i media. Un nono imputato, attualmente latitante, è stato condannato a cinque anni di prigione per "non aver denunciato i crimini terroristici alle autorità". Si tratta delle prime sentenze nel caso dell'omicidio di Brahmi, avvenuto fuori casa sua il 25 luglio 2013, nel turbolento periodo post-rivoluzionario della Tunisia. La Tunisia continua a emettere condanne a morte, in particolare nei casi di "terrorismo", nonostante una moratoria di fatto osservata dal 1991 porti alla commutazione delle pene capitali in ergastoli. Brahmi, un politico nazionalista di sinistra e membro dell'Assemblea costituente tunisina, era un aperto critico del governo di ispirazione islamista dell'epoca. Il suo omicidio, che sconvolse la nazione, avvenne meno di sei mesi dopo l'uccisione di un'altra importante figura della sinistra, Chokri Belaid, anche lui ucciso a colpi di arma da fuoco fuori casa sua. Eletto a Sidi Bouzid, il luogo di nascita della rivoluzione del 2011 che rovesciò l'ex presidente Zine El Abidine Ben Ali, Brahmi fu colpito 14 volte con proiettili da 9 mm da due aggressori di fronte alla moglie e ai figli, secondo le autorità. La sua famiglia accusò il partito islamista al potere, Ennahdha, di essere dietro l'omicidio, un'accusa che il partito negò con veemenza. I jihadisti affiliati allo Stato islamico (IS) hanno rivendicato la responsabilità degli omicidi di Brahmi e Belaid. (Fonte: AFP, 25/02/2025) I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA TREVISO: NESSUNO TOCCHI CAINO, SABATO VISITA AL CARCERE MINORILE E DIBATTITO Il viaggio di Nessuno Tocchi Caino negli istituti penitenziari nazionali continua sabato 1° Marzo a Treviso, dove l'associazione organizza dalle 16 il dibattito 'Rieducare o punire': percorsi riparativi con l'Istituto penale minorile' presso il Museo Santa Caterina. In uno scenario di aggravamento del sovraffollamento ormai strutturale degli istituti penitenziari, infatti, continua ad aumentare il numero dei detenuti minori o carcerati per reati minorili. Al 15 settembre del 2024 erano 569 i ragazzi detenuti – su 516 posti occupabili - nei 17 istituti penali per minorenni (Ipc): il numero più alto mai registrato nel nostro paese. Proprio all'interno della popolazione minorenne detenuta o sottoposta a provvedimenti restrittivi si rileva un aumento dell'abuso di psicofarmaci e dei casi di disturbo dell'umore, ansia, depressione e autolesionismo. Proprio il carcere minorile di Treviso presenta il più alto livello di sovraffollamento tra gli Ipc, con oltre il 183% di posti occupati. Prenderanno parte al dibattito, oltre a Rita Bernardini, Sergio D'Elia ed Elisabetta Zamparutti, dirigenti di Nessuno Tocchi Caino, Lorenzo Gazzola, garante dei detenuti di Treviso, Barbara Fontana, direttrice dell'Istituto penale minorile, Don Otello Bisetto, cappellano dell'Istituto penale minorile, Luca Bosio, delegato funzione pubblica Cgil Treviso polizia penitenziaria, Enrico Marignani, presidente dell'Unione giuristi cattolici italiani di Treviso. Il dibattito sarà moderato da Carlotta Bazza, consigliera comunale Pd di Treviso. Porterà un saluto anche Giovanni Zorzi, segretario provinciale del Partito democratico. (Fonte: Adnkronos, 26/02/2025) NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS è un servizio di informazione gratuito distribuito dalla associazione senza fini di lucro Nessuno Tocchi Caino - Spes contra spem. Per maggiori informazioni scrivi a info@nessunotocchicaino.it |
Commenti
Posta un commento