Se c'è una cosa che mi ha sempre fatto schifo del Ferragosto e dell'estate (che adoro) è il profumo della carne che griglia. Delle bocche piene di costine, salamelle, bratwurst, salsiccia. Mi ha sempre messo la nausea anche solo sentirne l'odore. Ricordo che da piccolo a Ferragosto mentre la mia famiglia e il resto dei corpi al sole banchettavano con la carne seduti sulle panche del Bagno io preferivo restarmene in acqua dopo aver mangiato un piatto di pasta in bianco.
Lo stesso disgusto lo provo quando accendo la tv e finisco sui programmi di merda politica italiana: Rai3, Rete4 e soprattutto La7. La sera se mi capita di vedere le facce della Gruber o di Telese e dell'Aprile o Tiziana Ferrario o di Parenzo o del resto della combriccola mi sale il vomito. La stessa cosa che mi capita quando incappo nelle pagine del Fatto Quotidiano o de La Verità. Il vomito che mi mette questo Campo Largo è qualcosa che mi toglie il fiato. Al momento voterei alle prossime elezioni italiane solo facendo uno sforzo immane o in cambio di una casa a Creta ma con scheda bianca o nulla.
E riporto integralmente questo bel post di Marco Setaccioli sulla situazione:
"C’è questa parola che ai pacifinti nostrani provoca una forma di alterazione sensoriale, quasi un’eccitazione e che per questo motivo dispensano a volontà. La parola “realtà”. Perché la presa d’atto dello status quo, ci dice anche
oggi sul salva vite umane.
Se non si trattasse del capo della propaganda russa in Italia, che ha giustificato e supportato la guerra di Putin fin dal primo momento, arruolando filorussi e fascisti duginiani nelle file del suo giornale per soddisfare l’inesauribile fame di manipolazioni complottiste e antioccidentali dei suoi lettori, si potrebbe provare ad intavolare un ragionamento, confidando nella buona fede di chi ti ascolta, ma con chi ripete fin nei dettagli la narrazione del Cremlino sulla guerra già da due giorni prima che scoppiasse (“invasione? Fake news”), non c’è storia.
Va detto che il concetto di realtà per Travaglio non è necessariamente collegato al criterio di verità. Si potrebbe magari parlare di realtà aumentata o, piuttosto, “diminuita”. Nei suoi racconti di fantasia c’è ad esempio la “guerra civile del Donbass” che fu “civile” solo per lui e quattro autocrati amici di Putin, mentre gli stessi consiglieri dello zar al telefono e per email nel 2014 la chiamavano “destabilizzazione”, mentre assoldavano e pagavano gruppi armati per provocare insurrezioni in un’Ucraina che si stava riappropriando del proprio futuro. Ci sono poi i due “golpe bianchi” subiti da Yanukovich, che lui definisce “neutralista”, anziché filorusso, dimenticando che nel 2004 il presidente più corrotto della storia del paese il golpe lo fece e non lo subì (con macroscopici brogli elettorali pilotati da Mosca) e che dieci anni dopo fu destituito solo dopo essere scappato… in Russia, con un bel po’ di miliardi rubati agli ucraini.
Nel Donbass c’è anche la mitica e ormai mitologica “strage dei russofoni”, che secondo il “Solovyev de’ noantri” avrebbe spinto Mosca caritatevolmente ad intervenire per salvarli. Una puttanata smentita da pile di rapporti internazionali dell’epoca e dai fatti anche di questi anni di guerra, quando per “salvare” i russofoni che per Travaglio non vedevano l’ora di essere sottratti alle grinfie dei nazisti di Kyiv, Putin li ha dovuti bombardare, massacrare, torturare, stuprare e rapire (preparandosi a deportare chi non accetta il passaporto russo tra poche settimane), sventrando intere città prima di poter piazzare su cumuli di macerie (nelle regioni russofone) e cadaveri (di russofoni) la bandiera russa.
C’è soprattutto il mito della neutralità, “com’era nei patti del 90-91”, scrive oggi nel suo editoriale. Un argomento che per il direttore è ben più di ossessione. Anche qui omettendo di dire che quei “patti” erano in realtà conversazioni tenute non con il leader russo, ma con quello sovietico, cioè il capo di una nazione che di lì a breve non sarebbe nemmeno più esistita. Dire a Gorbaciov di non voler consentire l’allargamento della NATO ad est, come fece il Segretario del Dipartimento di Stato americano James Baker nel 1990, significava semplicemente assicurare all’URSS che nessuno degli stati sovietici o del Patto di Varsavia sarebbe mai entrato nell’Alleanza Atlantica, perché formalmente legati a Mosca. Ma dall’anno successivo, ciascuno di quegli stati era libero e sovrano e non perché lo dica io, ma perché lo dice lo statuto dell’ONU e pure la Carta di Parigi, sottoscritta proprio nel 1990, anche da Gorbaciov. Erano semmai quelli i patti, scritti e firmati, che non potevano essere violati.
Oggi la realtà, secondo Travaglio, è quella sul campo, e cioè l’occupazione di fatto del 20% dell’Ucraina e l’evidente accordo tra un dittatore criminale di guerra ed un aspirante tale, entrambi a capo di potenze atomiche, il che non lascerebbe margini di manovra a Zelensky e ai leader dell’odiata UE. Nel gongolare per l’ignobile presunto patto, c’è il senso della sua idea di pace, che è nulla più che sopraffazione e legittimazione dell’uso della forza, cioè tutto ciò che venne sconfitto nel ‘45 e che consente anche a lui oggi di raccontare favole ai suoi lettori senza imbattersi in quelle censure che invece in Russia comportano arresti e omicidi. Nessuno si aspetti di leggere appelli ad una reazione per far valere il diritto internazionale (quello vale solo per Gaza), il diritto alla vita, la libertà, la democrazia o i principi di sovranità ed inviolabilità dei confini, che sono l’architrave dell’ordine mondiale. C’è anzi la difesa a spada tratta del sacrosanto diritto del bullo di pretendere terre non sue, ma anche di decidere quando e come un’altra nazione debba votare, quante e quali armi debba avere e quali alleanze sia autorizzata a sottoscrivere. Che è poi la prova della coerenza del personaggio, che per anni ha sfornato libri e articoli contro la trattativa Stato-mafia e ora supporta, come ho scritto anche ieri, le trattative mondo-mafia.
C’è però un fatto che io non sottovaluterei. Che ha a che fare in parte con il presunto acume di Travaglio e in parte con la scaramanzia. E cioè che le cose quasi mai vanno come il direttore prevede che andranno, ed anzi, diciamolo, in genere porta anche un po’ sfiga. Da Bossi, a Di Pietro, Ingroia, De Magistris, fino a Grillo gli amori di Travaglio sono sempre stati anche degli straordinari fallimenti politici. Persino Conte, con l’endorsement del Fatto, è passato dal 33 al 10% scarso. Fossi un lettore della Pravda, darei quindi agli editoriali di questo sedicente interprete della “realtà” il peso che merita, cioè più o meno quello di un oroscopo. Fossi Putin, che tra i suoi amori è sicuramente il più grande, toccherei pure ferro." ...
Questi due dischi di Cassandra Jenkins sono bellissimi:
https://cassandrajenkins.bandcamp.com/album/my-light-my-destroyer https://cassandrajenkins.bandcamp.com/album/my-light-my-massage-parlor...
Ultimo giorno di vacanze e domani si torna al lavoro e subito a correre e poi esami clinici a fine settembre e la vita che lentamente se ne va.
E stamattina a rileggere tutto bellissimo romanzo di Denis Johnson. Da brividi.
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