NESSUNO TOCCHI CAINO - IRAN: 800 GIUSTIZIATI IN 7 MESI, SULLA FORCA FINISCONO POVERI E IGNORANTI SENZA FAMIGLIA

 

NESSUNO TOCCHI CAINO – SPES CONTRA SPEM

Associazione Radicale Nonviolenta
Transnazionale Transpartitica

Anno 25 - n. 29 - 23-08-2025

LA STORIA DELLA SETTIMANA

IRAN: 800 GIUSTIZIATI IN 7 MESI, SULLA FORCA FINISCONO POVERI E IGNORANTI SENZA FAMIGLIA

NEWS FLASH

1. BENNARDO BOMMARITO, CIECO E SULLA SEDIA A ROTELLE, CHE PERICOLO COSTIUSCE PER LA NOSTRA SICUREZZA?
2. ARABIA SAUDITA: 17 GIUSTIZIATI IN TRE GIORNI
3. MYANMAR: PENE PIÙ SEVERE IN VISTA DELLE ELEZIONI VOLUTE DALLA GIUNTA
4. FLORIDA (USA): KAYLE BATES GIUSTIZIATO




IRAN: 800 GIUSTIZIATI IN 7 MESI, SULLA FORCA FINISCONO POVERI E IGNORANTI SENZA FAMIGLIA
Valerio Fioravanti

L’Iran ha 90 milioni di abitanti, e il 3 agosto ha compiuto l’esecuzione n° 804. Nel mese di luglio, ha calcolato Iran Human Rights e la cifra coincide perfettamente con i dati di Nessuno tocchi Caino, sono state messe a morte 110 persone. L’anno scorso nel mese di luglio le esecuzioni erano state “solo” 48. Secondo le Ong dei dissidenti iraniani, è evidente che la cosiddetta “guerra dei 12 giorni” con Israele ha messo paura al regime degli Ayatollah, e il regime a sua volta vuole mettere paura (di più, se ce ne fosse bisogno) alla popolazione, che non si faccia venire in mente di rivoltarsi. Questa è una teoria molto diffusa tra tutti gli analisti, ma stride con un altro dato. Il rapporto di Iran Human Rights appena citato dice che “delle 110 esecuzioni, solo 8 sono state pubblicate sui media interni all’Iran, il 7%”. Questo sta a sottolineare una forte opacità del regime, certo, ma se le esecuzioni non vengono riportate dai giornali o dalla televisione, com e si fa a dire con certezza che sono compiute per tenere la popolazione in uno stato di paura? Confidando sul semplice “sentito dire” o sul “passaparola”? Può essere.
Eccezionale il lavoro di più di una Ong di dissidenti, che scrivono, trovano notizie, riportano arresti, hanno fonti nelle carceri da cui riescono a far uscire le informazioni su quel 93% di esecuzioni di cui il Governo non vuole dare notizia. Svolgono davvero un lavoro enorme, e sicuramente anche pericoloso. Non sono d’accordo con loro su un punto: quando, nel fare la “distinta” dei vari impiccati, li dividono in “prigionieri politici” e no. A luglio, ad esempio, 2 dei giustiziati erano detenuti politici, 5 erano accusati di stupro, 59 di reati legati alla droga, e 44 di omicidio.
Quando ho approfondito il caso di un giovane uomo di 20 anni impiccato per stupro, si è aperto un mondo: il ragazzo era fuggito di casa con la sua fidanzata, erano riusciti a convivere per qualche settimana, e quando i familiari di lei li hanno rintracciati, lui è stato accusato di stupro, e condannato, e anche rapidamente impiccato. Questo non è stupro, è quello che noi oggi chiameremmo “tentativo di sottrarsi alle ataviche leggi del patriarcato”, per cui è il padre della ragazza che decide di chi lei può innamorarsi, non la ragazza medesima.
Ma a crearmi problemi di catalogazione sono anche i condannati a morte “per reati legati alla droga”. Sono molte centinaia ogni anno. A meno di non voler essere razzisti, e pensare che chi nasce in Iran ha un quoziente intellettivo molto basso, chi mai spaccerebbe droga sapendo che si viene condannati a morte?
La risposta che mi viene in mente è una sola: chi è molto povero, e non sa proprio come portare il pane a casa. Scrivo “pane” perché le Ong di esuli iraniani scrivono in inglese, e usano il termine “breadwinner”, che letteralmente sarebbe “colui che porta a casa il pane” quando vogliono dire che una persona è l’unica fonte di reddito per l’intera famiglia, che spesso va dagli anziani genitori non coperti da un praticamente inesistente sistema pensionistico (soprattutto nelle aree rurali), agli adulti, fino ai figli. Vedi le foto che le Ong diffondono degli “spacciatori” condannati, e ogni tanto ne trovi uno che si fa riprendere con un cappellino di Gucci o una maglietta di Armani (cappellini e magliette, non Rolex e Porsche), ma tutti gli altri sono basici, poveri, non hanno neanche un taglio di capelli alla moda. Davvero li possiamo assimilare ai nostri ricchi spacciatori occidentali? Quando uno è costretto a commettere crimini perché il proprio paese (che pure aggira agilmente le sanzioni e vende petrolio in mezzo mondo) investe tutto solo in armamenti, apparati repressivi, e guerriglie da esportare, è un criminale, o, come vorrebbe dire Nessuno tocchi Caino, un “prigioniero politico” seppure sui generis?
Anche gli assassini creano a noi qualche problema di catalogazione. La legge islamica prevede che il condannato possa chiedere il perdono dei parenti della vittima versando un risarcimento che viene parametrato ogni anno aggiornandolo con l’inflazione. In questo periodo è l’equivalente di circa 18.000 euro per una vittima uomo “musulmano”, e 9.000 euro per una vittima donna “musulmana”. Per i non musulmani non è previsto un “valore”. Le Ong stimano che ogni anno, su 5 condannati per omicidio 4 riescano a pagare il “prezzo del sangue”, e a essere rilasciati. Quanto è povera, e ignorante, e priva di relazioni, la restante parte degli assassini che non riesce a raccogliere, facendosi aiutare dai familiari, o anche dal clan, come succede spesso, 18.000 euro? Forse considerare anche loro “prigionieri politici” è troppo. Ma non è neanche del tutto sbagliato.



NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

BENNARDO BOMMARITO, CIECO E SULLA SEDIA A ROTELLE, CHE PERICOLO COSTIUSCE PER LA NOSTRA SICUREZZA?
Emiliano Silvestri

Ha 89 anni, da 33 è rinchiuso in carcere e ora si trova nella Casa di reclusione di Opera, alle porte di Milano; i compagni di pena lo chiamano “Zio Bennardo”. Da otto anni è assiduo frequentatore dei laboratori di Nessuno Tocchi Caino – luogo di dialogo tra detenuti e “liberi”; spazio di ricerca, individuazione e ricostruzione – per gli uni, non di rado anche per gli altri – della propria identità.
Gli esseri umani rinchiusi nelle carceri italiane patiscono trattamenti inumani e degradanti. Questo ha certificato, l’8 gennaio 2013, la sentenza-pilota (pilota perché non si limitava a giudicare la fondatezza delle doglianze dei ricorrenti ma allargava il suo giudizio all’intero sistema penitenziario italiano) della Corte europea dei diritti dell’uomo. Nella Causa “Torreggiani e altri contro Italia”, infatti, la Corte riscontrava che, in particolare a causa del sovraffollamento nei suoi istituti di pena (148% nel 2012), l’Italia violava l’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Per questo ricordava che: “lo Stato è tenuto a organizzare il suo sistema penitenziario in modo tale che la dignità dei detenuti sia rispettata” ed esortava lo Stato italiano: “ad agire in modo da ridurre il numero di persone incarcerate, in particolare attraverso una maggiore applicazione di misure punitive non privative della libertà”. Al 30 maggio 2025 (relazion e del Garante Nazionale delle persone private della libertà personale) la situazione pare altrettanto disumana e incivile: sovraffollamento medio al 134%; in 10 penitenziari tra 236,84% e 187,34%.
A dispetto della sua inciviltà, il carcere può divenire tempo e spazio di conversione dalla violenza alla nonviolenza, dalla barbarie alla civiltà. È anche per innescare e accompagnare questo percorso che l’associazione concepì i suoi laboratori, oggi sono diventati quattro, nelle sezioni di alta sicurezza. Li chiamò: “Spes contra spem”; un richiamo all’originale interpretazione che del motto paolino faceva Marco Pannella quando esortava tutti, in particolare i carcerati, a “essere” e non ad “avere” speranza.
Bennardo Bommarito questo cammino di speranza – quando ogni speranza sembra razionalmente essere preclusa – lo ha intrapreso e per i compagni di pena è divenuto: “uno che non dice mai una parola fuori posto ma che, per tutti, ha sempre una parola di conforto e di pace”. Venerdì 8 agosto è arrivato nella sala del teatro del carcere di Opera in carrozzina, spinto dal suo compagno di cella Antonio D’Alì, ultrasettantenne, che lo accudisce amorevolmente ogni giorno. Perché carità, empatia e fraternità sopravvivono anche in questi luoghi. Chi ha partecipato negli anni ai laboratori di Opera e lo ha visto sempre vitale, allegro, sorridente, ha scoperto con sgomento che “zio” Bennardo all’improvviso è diventato cieco. Non vede più perché dopo trentatré anni, tutto il suo essere rifiuta di continuare a vedere le sbarre, le celle, i corridoi, il cemento che lo contorna e lo sovrasta? Perché ormai non vuole vedere più nulla, nemmeno chi partecipa ai laboratori? Per ché ha vissuto trentatré anni in spazi angusti dove l’occhio non può spaziare ed è ridotto a orizzonti di pochi metri? Questo non lo sappiamo.
Quello che sappiamo è che un uomo di quasi novant’anni in carrozzina e cieco rimane segregato in una cella. Si dirà che vi è rinchiuso in forza di una sentenza e di una pena irrogata regolarmente da un Tribunale della Repubblica. Ma il punto sembra non essere questo. Il punto sembra essere: in che Stato viviamo? La nostra Costituzione proclama che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato: quale rieducazione ci aspettiamo possa produrre il mantenere quest’uomo nelle patrie galere? Direttrice del carcere di Opera, Provveditore Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria e Tribunale di Sorveglianza di Milano sono a conoscenza delle condizioni di Bennardo Bommarito. Agiranno? Quando? Come?
Lo Stato – molti dicono – siamo noi. La domanda perciò diventa: in che stato siamo ridotti? Un ottantanovenne cieco e in carrozzina rappresenta un pericolo per la nostra vita? Cosa ci guadagniamo oggi dal suo essere privato delle cure e della libertà? Pensiamo davvero che diventerà un uomo migliore se continuerà a “marcire in galera”? L’ardua sentenza non spetterà ai posteri ma a noi. Oggi. Alle personalità delle istituzioni, della politica. E dell’informazione. Perché la situazione di “zio Bennardo” grida perdono, non vendetta.



ARABIA SAUDITA: 17 GIUSTIZIATI IN TRE GIORNI
Le autorità saudite hanno giustiziato 17 persone il 2, 3 e 4 agosto 2025, secondo quanto riportato dai media statali.
Il 4 agosto, due cittadini sauditi sono stati giustiziati per "crimini di terrorismo", ha dichiarato l'agenzia di stampa ufficiale saudita.
Nei due giorni precedenti, altre 15 persone, per lo più straniere, sono state giustiziate per reati di droga.
Si tratta della frequenza più rapida di esecuzioni capitali da marzo 2022, quando 81 persone furono giustiziate in un solo giorno per reati legati al terrorismo.
Tredici delle persone messe a morte il 2 e 3 agosto erano state condannate per contrabbando di hashish e un'altra per contrabbando di cocaina.
L'Arabia Saudita ha finora eseguito 239 condanne capitali quest'anno. Il Paese è sulla buona strada per superare i 338 casi dell'anno scorso, il numero più alto da quando negli anni ’90 le esecuzioni nel Regno vengono conteggiate.
(Fonte: France 24, 04/08/2025)



MYANMAR: PENE PIÙ SEVERE IN VISTA DELLE ELEZIONI VOLUTE DALLA GIUNTA
Il capo della giunta birmana Min Aung Hlain ha imposto nuove e severe pene per chi tenti di ostacolare le elezioni previste per dicembre, inclusa la pena di morte, mentre il regime cerca di reprimere il dissenso prima del voto.
La nuova legge elettorale è stata introdotta il 29 luglio 2025, cinque mesi prima delle previste elezioni, in un contesto di crescenti preoccupazioni per la sicurezza dopo una serie di omicidi di alto profilo che hanno preso di mira sostenitori dell'esercito e funzionari in pensione in aree controllate dalla giunta come Yangon.
Gli analisti affermano che la legge mira ad alleviare le preoccupazioni dello staff elettorale e dei partiti politici registrati per le elezioni volute dalla giunta, soffocando al contempo il dissenso.
La nuova legge prevede pene detentive da 3 a 5 anni per sabotaggio elettorale; da 5 a 10 anni per danneggiamento di urne, seggi elettorali o macchine per il voto (o l'ergastolo se commesso in gruppo); e da 10 a 20 anni per lesioni gravi a elettori, membri dello staff elettorale, candidati o funzionari elettorali.
Qualsiasi reato che porti a un decesso è punibile con l'esecuzione. La sicurezza elettorale sarà supervisionata da una commissione centrale presieduta dal Ministro degli Interni, con il Vice Ministro della Difesa che fungerà da Vicepresidente e il Capo della Polizia Nazionale come Segretario. La commissione ha il compito di monitorare le attività delle organizzazioni nazionali e internazionali durante le elezioni, di intervenire contro chiunque interferisca con le elezioni e di formare commissioni locali.
Il Ministero degli Interni garantirà la sicurezza personale dei candidati eletti ove necessario, mentre la polizia locale avrà il compito di proteggere il personale elettorale e i candidati.
Un membro dello staff elettorale della Divisione Autogestita di Wa, un'enclave autonoma controllata dall'Esercito Unito dello Stato di Wa, nello Stato settentrionale di Shan, ha affermato di non aver ricevuto istruzioni dalla Commissione Elettorale dell'Unione in merito ai preparativi per le elezioni.
I critici affermano che la nuova legge richiama quella promulgata dall'ex leader della giunta Than Shwe, che vietava qualsiasi sfida alla Convenzione Nazionale – un processo fittizio per consolidare il regime militare sotto le mentite spoglie di una riforma democratica.
La pena più alta prevista da tale legge era di 20 anni di carcere. Min Aung Hlaing ha innalzato la pena all'ergastolo o addirittura alla morte.
Mentre il regime sostiene che la legge contribuirà a garantire elezioni pacifiche, gli analisti avvertono che verrà utilizzata per intimidire l'opinione pubblica – la maggior parte della quale è contraria alle elezioni proposte – e ridurla al silenzio.
Oltre alla Legge sulla Protezione Elettorale, la giunta ha modificato le regole elettorali per il Pyithu Hluttaw (Camera Bassa), l'Amyotha Hluttaw (Camera Alta) e per i parlamenti regionali e statali. Il 28 luglio ha anche aggiunto un secondo emendamento alla Legge sulla Registrazione dei Partiti Politici.
Sebbene i preparativi stiano prendendo forma e si preveda che la campagna elettorale inizi entro la fine di settembre, la giunta non ha ancora fissato un giorno per le elezioni, affermando solo che le votazioni si terranno in più fasi da dicembre a gennaio.
Il regime ha perso il controllo di oltre 80 città, molte delle quali negli stati etnici di Rakhine, Chin e Shan, mettendo seriamente in dubbio la pretesa della Commissione elettorale di poter organizzare le votazioni in 267 delle 330 township del Paese. L'affermazione ha anche alimentato speculazioni sul fatto che il regime utilizzerà coscritti per sorvegliare i seggi elettorali nelle zone di conflitto.
Il piano elettorale è stato denunciato dalle democrazie occidentali, dal Governo di Unità Nazionale del Myanmar e da numerosi gruppi pro-democrazia, come una manovra politica volta a consolidare il regime militare sotto le mentite spoglie di una transizione democratica.
Nel frattempo, l'attuale presidente dell'ASEAN, la Malesia, afferma che le ostilità devono cessare prima che si possa svolgere un'elezione credibile.
Al contrario, i Paesi vicini, tra cui Cina, India e Thailandia, così come la Cambogia, membro dell'ASEAN, e i principali fornitori di armi della giunta, Russia e Bielorussia, hanno espresso sostegno al piano elettorale.
(Fonte: The Irrawaddy, 30/07/2025)



FLORIDA (USA): KAYLE BATES GIUSTIZIATO
Kayle Bates, 67 anni, nero, è stato giustiziato in Florida il 19 agosto.
Si tratta della decima esecuzione nello Stato nel 2025.
Bates è stato dichiarato morto alle 18:17, dopo l'iniezione di tre farmaci nella prigione statale della Florida vicino a Starke.
Alex Lanfranconi, portavoce del governatore DeSantis, ha riferito che Bates ha risposto “no” quando gli è stato chiesto se avesse ultime parole da dire poco prima che iniziassero a somministrargli i farmaci.
Le esecuzioni in Florida vengono eseguite mediante un'iniezione letale di tre farmaci: un sedativo, un paralizzante e un farmaco che arresta il cuore.
Il Dipartimento di Correzione ha dichiarato che Bates si è svegliato alle 5:15 del 19 agosto mattina e ha ricevuto tre visite, da sua figlia, sua sorella e suo cognato. Ha rifiutato l'ultimo pasto e non ha incontrato un assistente spirituale, ha detto il portavoce del dipartimento Ted Veerman.
Da quando la Corte Suprema degli Stati Uniti ha ripristinato la pena di morte nel 1976, il numero più alto di esecuzioni in Florida era stato di otto nel 2014. La Florida ha giustiziato più persone di qualsiasi altro stato quest'anno, mentre il Texas e la South Carolina sono al secondo posto con quattro esecuzioni ciascuno. L'Alabama ha giustiziato tre persone, l'Oklahoma due, mentre l'Arizona, l'Indiana, la Louisiana, il Mississippi e il Tennessee ne hanno eseguita una ciascuno.
DeSantis ha firmato almeno 20 mandati di esecuzione da quando è entrato in carica nel 2019 e non ha mai tenuto un'udienza di clemenza per un detenuto nel braccio della morte, secondo il DPIC.
Bates è stato condannato a morte il 25 luglio 1995 per omicidio di primo grado, rapimento, rapina a mano armata e tentata violenza sessuale per l'omicidio di Janet White, 24 anni, avvenuto il 14 giugno 1982 nella contea di Bay. Il marito della donna, Randy White, era presente all’esecuzione.
Gli avvocati di Bates avevano presentato ricorso alla Corte Suprema della Florida e alla Corte Suprema degli Stati Uniti, oltre a una causa federale sostenendo che il processo di firma dei mandati di esecuzione da parte di DeSantis fosse discriminatorio. L’argomento è stato recentemente respinto da un giudice che ha riscontrato dei problemi nell'analisi statistica dei difensori.
La Corte Suprema della Florida ha recentemente respinto le richieste pendenti di Bates, comprese le argomentazioni secondo cui le prove di danni cerebrali organici non erano state adeguatamente prese in considerazione durante il processo.
La corte ha stabilito che Bates ha avuto tre decenni di tempo per sollevare tali richieste. E nel pomeriggio del 19 agosto, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha respinto gli ultimi ricorsi di Bates per bloccare l'esecuzione.
Bates diventa il decimo detenuto giustiziato quest'anno in Florida e il 116° in totale da quando la Florida ha ripreso le esecuzioni nel 1979. Solo il Texas (595) e l'Oklahoma (129) hanno compiuto più esecuzioni da quando la Corte Suprema degli Stati Uniti ha permesso agli Stati di riprendere le condanne a morte con la sentenza Gregg v Georgia del 2 luglio 1976.
Bates diventa il 29° condannato a morte giustiziato quest'anno negli Stati Uniti e il 1.636° in totale da quando la nazione ha ripreso le esecuzioni il 17 gennaio 1977, quando Gary Gilmore è stato giustiziato da un plotone di esecuzione nel penitenziario statale dello Utah. Almeno altre 10 esecuzioni sono attualmente previste negli Stati Uniti entro la fine dell'anno.
(Fonti: CBS News & Rick Halperin, 19/08/2025)



I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA




NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS è un servizio di informazione gratuito distribuito dalla
associazione senza fini di lucro Nessuno Tocchi Caino - Spes contra spem.
Per maggiori informazioni scrivi a info@nessunotocchicaino.it

Commenti