NESSUNO TOCCHI CAINO - LA RUSSIA CONDANNA UNA PRATICANTE DEL FALUN GONG, MENTRE AUMENTANO I LEGAMI CON PECHINO
NESSUNO TOCCHI CAINO – SPES CONTRA SPEM |
Associazione Radicale Nonviolenta |
Anno 25 - n. 28 - 02-08-2025 |
LA STORIA DELLA SETTIMANA
LA RUSSIA CONDANNA UNA PRATICANTE DEL FALUN GONG, MENTRE AUMENTANO I LEGAMI CON PECHINO
NEWS FLASH 1. I PAZIENTI DETENUTI DOVREBBERO ESSERE SCARCERATI E CURATI A CASA 2. ONU: L’AUMENTO DELLE ESECUZIONI IN IRAN È ‘PROFONDAMENTE INQUIETANTE’ 3. INDIA: CORTE SUPREMA COMMUTA CONDANNA CAPITALE 4. FRANCIA: EX CONDANNATO A MORTE IN INDONESIA LIBERO DOPO VENT’ANNI DI CARCERE LA RUSSIA CONDANNA UNA PRATICANTE DEL FALUN GONG, MENTRE AUMENTANO I LEGAMI CON PECHINO Elisabetta Zamparutti “Il carcere non è la cosa peggiore che possa capitare a una persona. Perché è molto peggio perdere sé stessi rinunciando ad agire secondo coscienza”. Questo ha scritto Natalya Minenkova, praticante del movimento spirituale Falun Gong, che è stata condannata lo scorso 23 giugno a quattro anni di carcere da un tribunale a Mosca, rea di aver condotto attività per una “organizzazione indesiderata”. Questa la definizione introdotta nel 2015 con cui si limitano, se non proibiscono, le organizzazioni non governative impegnate a tutela dei diritti umani e la libertà di espressione. È dunque attività indesiderata in Russia la promozione dei principi della verità, della compassione e della tolleranza promossi dal Falun Gong, pratica spirituale, ormai entrata a far parte della vita di milioni di persone in tutto il mondo e che è radicata nella tradizione buddista. Una pratica millenaria cinese che si caratterizza per due componenti principali: il miglioramento personale, attraverso delicati esercizi che ricordano il qigong e la meditazione. Questa donna di 47 anni, vicedirettrice di un centro odontoiatrico, pratica il Falun Gong da oltre un decennio e ne aveva tratto giovamento rispetto ai suoi problemi di stomaco, al mal di gola e alla tonsillite cronica di cui soffriva. Anche il suo carattere era migliorato perché meno litigiosa e più in armonia con gli altri. Aveva così deciso di partecipare a forum medici e ad altri eventi per testimoniare questi benefici e per richiamare l’attenzione sulla persecuzione in corso del Falun Gong, compreso il prelievo forzato di organi, in Cina, ai danni dei detenuti in ragione della loro pratica spirituale. Perché nel 1999 il regime cinese proibì questa pratica considerandola nemica del Partito comunista. “Non potevo – ha detto Natalya Minenkova – rimanere in silenzio di fronte a tanta violenza.” E quando è giunta la notizia del suo arresto, Natalya ha detto che per lei era molto doloroso vedere che il suo Paese, invece di proteggerla dalla persecuzione del regime cine se e di aiutarla a denunciare la tortura e il prelievo forzato di organi in Cina, si dimostrava uno strumento nelle mani di quel regime e persecutore dei suoi stessi cittadini. In effetti anche su questo si gioca l’allineamento di Mosca con Pechino. La repressione contro i praticanti del Falun Gong in Russia è aumentata nell’ultimo anno: da marzo 2024, altri sette praticanti sono finiti in carcere. A essere condannati per meditazione di recente non c’è solo Natalya. A fine giugno, anche il cittadino russo Zhu Yun è stato condannato a tre anni di carcere in base alla stessa legge e, nel novembre 2024, Oksana Shchetkina, della città russa meridionale di Pyatigorsk, è stata condanna a due anni di carcere per gli stessi motivi. Il fatto che la Minenkova sia stata condannata tre giorni dopo il 26° anniversario dell’inizio della persecuzione in Cina del Falun Gong può essere una coincidenza. Ma penso che non vi sia nulla di più certo che le coincidenze, quando si tratta di regimi. Tant’è che il suo arresto è avvenuto nel maggio 2024, due settimane prima di un incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e il leader cinese Xi Jinping, culminato con la promessa da parte dei due di una “nuova era” di partenariato. Un copione che è andato in scena anche in Serbia e Malesia nell’ultimo anno, con arresti di praticanti il Falun Gong in vista dell’arrivo di Xi in questi Paesi. Espressione di una tendenza alla repressione transnazionale legata all’influenza di Pechino, come ha commentato Levi Browde, direttore esecutivo del Falun Dafa Information Center. Repressione che, al di là delle detenzioni temporanee registrate in Serbia e Malesia, in Russia è più grave. Mosca ha dichiarato illegali sette organizzazioni legate al Falun Gong e ha vietato diverse pubblicazioni legate a questo movimento. Nel 2017, alcune città russe hanno vietato una mostra d’arte che esponeva dipinti che raffiguravano casi di tortura e persecuzione del Falun Gong in Cina. Un tribunale locale ha fatto riferimento all’opportunità di “preservare buone relazioni internazionali” a giustificazione della decisione di censura. E allora, nell’assenza di uno Stato di Diritto, potere politico e giudiziario si fondono e confondono, usando la repressione come valuta diplomatica, al prezzo della verità, della compassione e della tolleranza. La storia di Natalya Minenkova, della sua dolce tenacia, diventa metafora della forza della verità e della conoscenza. Quella che rende liberi anche se detenuti, quella in cui è insita la forza del cambiamento. Quella che ci deve far esigere il rispetto, in Russia come in Cina, del diritto umano a esercitare la libertà di religione o di credo come forma di tutela della nostra stessa libertà. NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH I PAZIENTI DETENUTI DOVREBBERO ESSERE SCARCERATI E CURATI A CASA Federico Zanon* Pare che finalmente il ministro Nordio e il suo ministero abbiano preso atto che il grave sovraffollamento carcerario si può risolvere solo liberando persone detenute. La scelta dovrebbe ricadere sui circa 10.000 detenuti con pene inferiori a due anni, che saranno destinati a misure alternative. Si calcola che tra questi il 25% siano dipendenti da sostanze, e per loro il Ministro immagina la comunità terapeutica. Ora, la comunità terapeutica è un trattamento sanitario, che deve rispondere a un criterio di appropriatezza clinica valutato da equipe sanitarie. Non è detto che per tutti i dipendenti da sostanze detenuti la comunità sia l’intervento clinicamente più appropriato: per molti di loro potrebbe essere più appropriato un programma ambulatoriale o diurno, con collocazione presso la propria abitazione. Inoltre, le cure devono essere disponibili: è inutile prospettare a un paziente italiano l’ultimo farmaco d’avanguardia per una patologia tumorale, se è disponibile solo negli USA. Sappiamo benissimo che i posti in comunità terapeutica sono largamente inferiori al fabbisogno. Appropriatezza e disponibilità impattano sull’equità: in una sanità con risorse limitate, è importante dare a ciascun paziente solo la cura adatta, per non sottrarre cure ad altri che potrebbero beneficiarne o averne più bisogno. Tutto questo conduce a una sola conclusione: la scarcerazione dei dipendenti da sostanze detenuti per seguire programmi terapeutici in misura alternativa dovrebbe avvenire senza preconcetti, sulla base di valutazioni cliniche, considerando la possibilità di programmi ambulatoriali e diurni con rientro al domicilio. Non si dovrebbe proporre la comunità terapeutica a un paziente dipendente da sostanze che sta in carcere, quando mai la proporremmo se non fosse detenuto. Questa attitudine cautelativa di proporre in modo non appropriato la comunità terapeutica a pazienti detenuti, è purtroppo diffusa anche fra gli operatori dei SerD. Ma non risponde a logiche di cura, bensì di controllo sociale, a cui un sanitario non dovrebbe prestarsi. Questo tipo di atteggiamento nasconde, a mio avviso, un pregiudizio verso le persone dipendenti da sostanze e verso le comunità: che il dipendente da sostanze detenuto debba comunque espiare la pena chiuso da qualche parte, e che la comunità possa essere un luogo coercitivo. Non piace l’idea del dipendente da sostanze in misura alternativa che viene curato ambulatorialmente, che può andare a farsi la spesa da solo al supermercato e che sconta la pena a casa propria, magari socializzando con i vicini e facendo volontariato alla parrocchia dove giocano i nost ri bambini. Che lo pensi il ministro della giustizia è però nell’ordine delle cose: quello si occupa di giustizia. Il dramma è quando lo pensano i sanitari, che invece dovrebbero occuparsi solo di salute e non impicciarsi dei fatti della giustizia né, tantomeno, vestire i panni del giudice. Partendo dall’assunto che nessun sanitario può essere favorevole al carcere, perché nessun sanitario può concordare con un sistema che espone i propri pazienti a un ambiente iatrogeno, credo sia ora che come professionisti della salute ci riappropriamo della nostra funzione politica e non ci limitiamo a fare i tecnici della sopravvivenza del condannato. Il che significa accogliere con favore la possibilità prospettata dal ministro Nordio di liberare i nostri pazienti dall’ambiente iatrogeno in cui sono trattenuti, ma prospettare che la cura e il recupero non passano necessariamente dalla coercizione, né tantomeno occupando posti in comunità terapeutica in modo inappropriato, e che si può fare cura e recupero anche tornando a casa, svolgendo programmi diurni e ambulatoriali che prevedano la partecipazione sociale e non prolunghino irragionevolmente l’isolamento. Mi spingo oltre: come sanitari dovremmo avere il coraggio di dire che nessun paziente dovrebbe restare in carcere, perché è luogo che ammala e non cura. E che se le cure ambulatoriali sono le più appropriate per la maggior parte dei dipendenti da sostanze non detenuti – queste sono le statistiche della popolazione seguita dai SerD – non si vede perché la stessa statistica non debba valere per i nostri pazienti detenuti. L’epidemiologia non discrimina. Sono le persone a farlo. * dirigente psicologo SerD ONU: L’AUMENTO DELLE ESECUZIONI IN IRAN È ‘PROFONDAMENTE INQUIETANTE’ Le Nazioni Unite il 28 luglio 2025 hanno esortato l'Iran a porre fine alla pena di morte, citando un “preoccupante aumento delle esecuzioni” che ha causato la morte di almeno 612 persone dall'inizio dell'anno. “Le notizie secondo cui quest'anno in Iran ci sono state diverse centinaia di esecuzioni sottolineano quanto sia diventata profondamente preoccupante la situazione e l'urgente necessità di una moratoria immediata nel Paese sull'uso della pena di morte”, ha affermato in una dichiarazione Volker Turk, il capo dei diritti umani delle Nazioni Unite. In risposta alla richiesta dell’Onu di sospendere le esecuzioni, l'Iran ha difeso il ricorso alla pena di morte, affermando che essa viene applicata solo ai reati più gravi. “La pena di morte è riconosciuta dalle leggi nazionali iraniane per una serie di reati più gravi”, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri Esmaeil Baqaei, aggiungendo che Teheran “si sta impegnando per limitare l'uso di questa pena solo ai crimini più gravi”. (Fonti: bssnews.net, AFP) INDIA: CORTE SUPREMA COMMUTA CONDANNA CAPITALE La Corte Suprema dell'India il 16 luglio 2025 ha commutato in ergastolo senza possibilità di liberazione la condanna a morte di un uomo in un caso di stupro e omicidio di una minorenne. Un collegio composto dai giudici Vikram Nath, Sanjay Karol e Sandeep Mehta ha osservato che il tribunale di primo grado e l'Alta Corte dell'Uttarakhand si sono limitati a constatare la "brutalità del crimine" nell’emettere la pena di morte. Nel verdetto, il collegio ha affermato: "Nessun'altra circostanza è stata presa in considerazione dai tribunali per giungere alla conclusione che il caso rientri nella categoria dei “più rari tra i rari”. Un simile approccio, a nostro avviso, non può essere sostenuto". Il condannato ha impugnato la sentenza dell'Alta Corte del gennaio 2020 che confermava la sua colpevolezza e la pena capitale. Secondo l'accusa, l'uomo ha violentato e ucciso una bambina di 10 anni nel luglio 2018, dopo averla attirata nella sua capanna con il pretesto di comprarle dei dolci. "Il desiderio più innocente di una caramella o di un giocattolo è stato sfruttato nel modo peggiore possibile dall'imputato", ha dichiarato la Corte Suprema. L'uomo ha attirato bambini innocenti nella sua abitazione, ha "scelto tra loro" e ha lasciato andare gli altri. La Corte Suprema ha osservato che l'accusa si basava sul ritrovamento del corpo della vittima nella baracca del condannato, sull’ultimo avvistamento e sulle prove del DNA. Rifiutandosi di interferire con le conclusioni sulla colpevolezza dell’uomo, affermando che le accuse contro di lui sono state dimostrate oltre ogni ragionevole dubbio, la Corte Suprema si è detta "consapevole della brutalità del crimine". "Per nascondere le prove del suo crimine, la bambina è stata strangolata con le mani, essendo indifesa", ha aggiunto. La Corte Suprema ha tuttavia affermato che i tribunali di grado inferiore non hanno fatto alcun riferimento dettagliato alle circostanze aggravanti e attenuanti, concentrandosi solo sulla brutalità dell'accaduto. La Corte Suprema ha fatto riferimento ai rapporti del funzionario responsabile della libertà vigilata, dell'amministrazione carceraria e alla valutazione psicologica dell'imputato. Ha affermato che, secondo il rapporto del funzionario della libertà vigilata distrettuale di Ayodhya, le condizioni della famiglia del condannato erano "molto pietose". Ha affermato che la perizia psicologica affermava che l'imputato non aveva potuto frequentare la scuola a causa delle condizioni socio-economiche della famiglia e che aveva iniziato a lavorare all'età di 12 anni. "Tenendo conto delle circostanze attenuanti di cui sopra e della soglia della categoria dei casi 'più rari tra i rari', riteniamo opportuno condannare l’imputato all'ergastolo senza remissione, estendendolo a tutta la sua vita naturale, in luogo della pena di morte", ha concluso la Corte Suprema. (Fonte: Jammu Links News, 17/07/2025) FRANCIA: EX CONDANNATO A MORTE IN INDONESIA LIBERO DOPO VENT’ANNI DI CARCERE Serge Atlaoui, 61 anni, il 18 luglio 2025 è uscito dal carcere di Meaux, vicino Parigi. Cittadino francese, Atlaoui ha trascorso quasi 20 anni nel braccio della morte indonesiano per traffico di droga. Lo scorso febbraio l'uomo era stato trasferito in Francia, nel carcere di Meaux. La pena di Atlaoui era stata commutata dal diritto francese in trent’anni di detenzione dal tribunale di Pontoise, il che ha ora reso possibile la sua liberazione condizionale. Atlaoui era stato arrestato nel 2005 nei pressi di una fabbrica a Giacarta dove erano stati rinvenuti diverse decine di chili di droga. Il francese era stato accusato di essere un chimico che produceva stupefacenti. Atlaoui si era difeso affermando di aver semplicemente installato delle macchine industriali nella fabbrica credendo che fosse uno stabilimento per la produzione di acrilico. Doveva essere giustiziato insieme ad altre otto persone nel 2015, ma gli è stata concessa una sospensione dopo che Parigi ha fatto pressione e le autorità indonesiane hanno permesso che un appello pendente procedesse. “La pressione esercitata dal governo francese è stata fondamentale per il rilascio di mio marito”, ha affermato Sabine Atlaoui. "È chiarissimo che gli sforzi diplomatici compiuti in tutti quegli anni hanno permesso a mio marito di tornare", ha aggiunto. (Fonte: Agenzia Nova, AFP, 18/07/2025) I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS è un servizio di informazione gratuito distribuito dalla associazione senza fini di lucro Nessuno Tocchi Caino - Spes contra spem. Per maggiori informazioni scrivi a info@nessunotocchicaino.it |
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