"M31. Una saga di famiglia" di Stephen Wright (Fanucci, traduzione di Simona Fefè)

 


"La porta era spalancata. Nessuno all'interno. C'era una tale quiete che riuscì a sentire l'acciottolio di catene di bicicletta mentre un gruppo di ragazzini abbronzati in divise da baseball malassortite pedalavano solennemente oltre, scimmiottando gli sguardi sfrontati dei più grandi. E ovviamente adesso le era chiaro di che cosa si trattasse. Aveva sentito già parlare di città come queste. C'era stato tutto un seminario in proposito all'ultima Assemblea di Fort Smith - le Idemlandie, l'idea etheriana delle cittadine americane prodotte in massa su enormi piattaforme spaziali e trasportate sulla Terra per venire erette istantaneamente in località remote, su terreni abbandonati. Si riteneva che ce ne fossero a centinaia in tutto il paese, abitate da una popolazione abilmente integrata di collaboratori umani e copie etheriane di veri terrestri. Se fai jogging a Idemlandia rischi di incrociare te stesso." (pag. 145)

Adorai la collana AvantPop della Fanucci. Avevo vent'anni allora e lentamente recuperai il maggior numero di opere presenti nella collana. Nomi, fra gli altri, come Steve Erickson, Harlan Ellison, Matt Ruff, Carlos Chernov, William T. Vollman, Tommaso Pincio e quello Stephen Wright del quale sono andato a rileggere in questi giorni "M31. Una saga di famiglia" (Fanucci, traduzione di Simona Fefè). In realtà è un romanzo a cui sono tornato spesso in questi anni per riassaporare le sue atmosfere psicotiche, aliene, complottiste violente. Per sentire ancora in testa rimbombare la voce/levoci/gli spettri di un'America profondissima e ferita, di famiglie distrutte, di cibo spazzatura che ti rovina lo stomaco ma ti allieta le giornate, di fondamentalismo sistematico, di rovine accumulate a costruire schermi su cui proiettare la propria angoscia, di confezioni di birra da consumare prima di respiare, di stupri, di M31 - Costellazione di Andromeda, di tv sempre accesa in loop come sottofondo a qualsiasi discussione possibile, di astronavi assemblate in cantina, di rapimenti alieni, di esperimenti, di gravidanze indesiderate, di sofferenza estrema. Finendo sempre per specchiarmi in queste atmosfere, in queste ossessioni, in questi strappi, in queste pagine mai accomodanti, in questa comunità di sballati, in questi ragazzini e ragazzine fragilissimi e dolcissimi e in fuga dall'universo casalingo e diretti verso la morte, la vita, l'oceano, lo spazio sfinito.

Indimenticabile la piccola Zoe.

Un vero peccato che questo straordinario sia finito fuori  catalogo.


(Tungsteno)

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