"Ultimo giro" di Graham Swift (Feltrinelli, traduzionedi Grazia Gatti) + Drab City

 


 

"Ma Jack non è speciale, non è speciale per niente. Vorrei dire solo questo, se non vi dispiace. Vorrei solo farvelo notare , da professionista e da amico. Adesso non è che uno dei tanti. Da vivi le differenze ci sono, si fanno delle distinzioni, d'ora in poi per me sarà il sedile dietro. Ma i morti sono morti, li ho guardati bene, sono tutti uguali. E li commemori tutti o te li dimentichi. Non si può ricordarne uno senza ricordarne gli altri. Dempsey, Richards. E ricordando gli altri non si può non dedicare un pensiero anche a quelli che non ha mai conosciuto. È la cosa che rende tutti gli uomini sono uguali, sempre e in eterno. C'è un solo mare." (pag. 133)

 Credo di aver letto per la prima volta intorno ai vent'anni "Ultimo giro" di Graham Swift (Feltrinelli, traduzione di Grazia Gatti). L'ho riletto in questi giorni ritrovandolo un gioiellino dimenticato e scritto da un grande romanziere non troppo noto nel nostro paese. 

Un romanzo polifonico con quattro uomini (Ray, Lenny, Vince e Vic) e un'urna con le ceneri di un altro, Jack, stretti in una Mercedes che da Bermondsey, Londra, si dirige verso lo splendido litorale dove le ceneri verranno disperse. L'occasione per riannodare il filo dei ricordi, per riflettere su errori e tragedie, sul valore dell'amicizia, sui tradimenti, sui sogni traditi, sugli errori, sulla solitudine. Un romanzo delicato che alterna capitoli di poche righe ad altri che al massimo di qualche pagina, commovente, struggente con uno Swift magistrale nel descrivere, utilizzando  dialoghi perfetti e una varietà estrema di toni e scelte stilistiche, un'amicizia che dura da una vita, nel far brillare sulla pagina la psicologia di questi uomini e delle loro donne (che sono forse i personaggi piu' dolorosi dell'intero romanzo), nel restituire le atmosfere dei pub e il sapore delle ferite che ci portiamo dentro da anni e che fatichiamo a curare, dimenticare, lasciar andare. 

Con le ultime righe che sono letteralmente devastanti.

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Che bel disco questo.

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