Votto - Panbauletto

 


Era il 1997. Io e mia sorella Anna eravamo in interrail in Inghilterra. E quanto panbauletto abbiamo mangiato dato che i soldi erano già volati via nel biglietto. Avevo 18 anni, ero al liceo. Mia sorella 22 e studiava all'università. Lei sognava di diventare l'egittologa che poi è diventata. Ogni giorno contavamo i soldi da spendere. Ricordo che ci ero finito per caso in quel viaggio. Tirato dentro per non so quale motivo. Ma ci ho perso il cuore fra Londra, Scozia, Lincoln, Cornovaglia. Quanto panbauletto abbiamo mangiato insieme a tonno in scatola e formaggio a fette. Ogni giorno. Per trenta giorni. Per anni ho avuto la nausea di sentire quell'odore, di trovarmi quel sapore in bocca. Poi un'amica ha provato a spiegarmi che il paunbaletto è una roba che puoi preparare anche in casa. E io volevo solo baciarla. E lei mi parlava di cucina. Ma mi dava da mangiare sempre e soltanto panbauletto confezionato.

La premessa è lunga perché quando c'era un disco autoprodotto dei Votto che si intitolava Panbauletto non è che avessi poi molta voglia di ascoltarlo  ma poi già da “Come riconoscersi” sono tornato a respirare perché questo gruppo che vive fra Lantern, Mineral, La Quiete, And So Your Life Is Ruined, Fine Before You Came, Raein, American Football, Vasco Brondi, emocore, screamo, piglio declamatorio mi ha fatto brillare di emozioni dure, di stanze vuote e piene che ho conosciuto, del peso mio corpo ridotto a ossa e poi gonfiato a colpi di alcool, di una ragazza che dopo anni mi dice Ma lo sai che eri veramente matto al liceo e che mi hai fatto paura? E poi tutte le strade percorse per soffocare il dolore, la sigaretta accesa fuori dai bar e vista lago e poi abbandonata per una promessa a mia madre che sarebbe poi morta e gli abbracci della mia compagna e i ricordi di quando me ne andai via e tornai con una bottiglia da un litro di vino bianco e mi misi a berla mentre lei parlava e io piangevo e lei mi confidava i suoi segreti e poi la baciai senza fiato e fuori suonavano le sirene di un'operazione di polizia e le cicatrici che mi porto sulle braccia e la mia voglia di tagliarmi la carne ogni giorno da anni e la mia solitudine che non ho voglia di riempire se non di urla e il mio girovagare per non incontrare nessuno e gli incubi che mi rovinano le notti e il cuore sbattuto contro le pareti per farlo a pezzi e le pareti che diventavano l'unico specchio accettabile per poter sopportare questa mia faccia e l'amore che mi esplode addosso quando guardo lei.

E ho 41 anni e ci sono dischi, di appena quattro pezzi, tanto dilanianti, pieno di esplosioni sonore e stati di quiete apparenti da mettermi ancora a nudo.

Perché il domani non è mai arrivato.

Ma oggi è già domani.

Un disco da vivere.

Con un pezzo da incorniciare come “Tuffo di testa".

Davvero bravi.

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