"In stato di ebbrezza" di James Franco (Minimum Fax, traduzione di Tiziana Lo Porto)


Non puoi lottare contro il Pupazzo di Pece, perché fai solo il suo gioco. Dai un pugno al Pupazzo di Pece e lui ti risucchia. Una volta che rimani intrappolato nel Pupazzo di Pece, lui perde la forma, diventa un mostro e appiccicoso e ti avviluppa tutto. Più combatti, e più lo allunghi, e lotti, più lui ti avviluppa, ed ecco che non riesci più a muoverti e sei solo un mucchio di pece. Dopo un po', sei tu il Pupazzo di Pece. Invece degli occhi di bottone, hai ancora i tuoi occhi veri, che sbucano fuori da sotto la pece.” (dal racconto "Il pupazzo di pece" pp. 164-165)

Cercando di sistemare i libri nelle nostre librerie (non abbiamo alcun tipo di metodo nel riporli sugli scaffali) per non farle crollare ho ritrovato la bellissima raccolta di racconti dell'ormai straconosciuto James Franco “In stato diebbrezza” (Minimum Fax, traduzione di Tiziana Lo Porto). L'ho riletta fra una pausa e l'altra del Congresso e ho trovato questi racconti migliori rispetto alla prima volta che li lessi. Anche proprio per come l'intera raccolta è strutturata. Mi sono perso in queste storie ambientate in una Palo Alta desolata, fra feste alcoliche e tossiche, risse, bullismo, sesso, college che sembrano la parodia dei peggiori programmi televisivi, libri per bambini, paura, ore di servizi sociali, case per anziani, stupri, Tag, musica rap, bong, Boyz N the Hood, Nella giungla di cemento, William Faulkner, famiglie assenti e con questi e queste adolescenti con addosso tanta voglia di morire e oltrepassare qualsiasi limite ma anche di amare e farsi amare e di trovare la felicità e un modo per stare al mondo. C'è molta più delicatezza di quanto uno non si possa aspettare. Sono proprio dei flash improvvisi che illuminano le pagine. Ferite aperte sulla pagina che ci fanno provare empatia per questi adolescenti alla deriva. Racconti letteralmente bellissimi.

Questi racconti mi hanno fatto ripensare alla mia adolescenza e a tanti ragazzi e ragazze che ho conosciuto e che non ho più rivisto. Mi sono ricordato di una festa dove andai con l'intenzione di baciare una ragazza e mi trovai invischiato in una serata alcolica talmente devastante che la mattina dopo mi svegliai abbracciato a una poltrona. Facevo fatica a respirare per quante sigarette avevo fumato. Vomitai nel water e nella vasca affianco c'era una ragazza che dormiva con una bottiglia di vodka in grembo. Stavamo in una mansarda che puzzava di muffa. Sul tetto trovai la sorella del ragazzo che viveva lì. Era in pigiama, con gli anfibi. Non era ancora sorto il sole. Stava bevendo del vino rosso e fumando una canna. Ci conoscevamo di vista. Ricordo che mi disse: Hai proprio dei tagli di merda sulle braccia. Eh sì. Poi si voltò e mi disse: Vuoi scopare? La guardai terrorizzato e lei scoppiò a ridere. Sei proprio un bambino Andrea. Arrivarono altri fantasmi della festa e rimanemmo lì a bere caffè e quel poco di alcolici rimasto dalla serata. Prima di andarmene quella ragazza mi abbracciò e mi disse che la proposta era ancora valida. Non l'ho più rivista.

A quel punto ho lasciato perdere Pam. La vedevo nei corridoi, ma era un'altra persona. Era come se non la conoscessi. Diventati grandi, io ho fatto cose nella vita e lei ha fatto cose nella vita.” (dal racconto “Chinatown” pag. 96) 

 

(Angeles)

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