"Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay" di Michael Chabon (BUR, traduzione di Luciana e Margherita Crepax)

 

La mattina dopo, barcollante, indolenzito, quasi pazzo per un fastidioso fischio nelle orechie, tornò al Pierre e fece una ricerca minuziosa nella sala da ballo. La settimana successiva tornò a chiedere varie volte al Mount Sinai Hospital e si mise in contatto con l'Hack Bureau, l'ufficio oggetti perduti in taxi. Molto tempo dopo, quando il mondo era stato lacerato in due e il mago Cavalieri e la sua marsina blu ormai esistevano solo sulle pagine dal taglio dorato dei lussuosi album di fotografie sui tavolini dei caffè dell'Upper West Side, Joe si ritrovava qualche volta a pensare alla lettera azzurra arrivata da Praga. Cercava di imamgginare quello che c'era scritto, quali notizia, sentimenti, istruzioni. Era in quelle occasioni che cominciava a capire, dopo tanti anni di studi e spettacoli, di avvenimenti, prodigi e sorprese, la natura della magia. Il mago sembrava promettere che qualcosa andato in pezzi si poteva aggiustare senza bisogno di giunture, che ciò che era svanito poteva rapparire, che uno stormo di colombe o una manciata di polvere sparsi nell'aria si potevano ricomporre con una sola parola, che una rosa di carta bruciata da una fiamma poteva ricomparire sotto un mucchietto di cenere. Ma tutti sapevano che era solo un'illusione. La vera magia di un mondo fatto a pezzi stava nel contenere in sé cose capaci di svanire, di disperdersi totalmente come se non fossero mai esistite neanche all'inizio.” (pag. 441)

Ottocento pagine che ogni volta che le rileggo scorrono via rivelarndo nuove magie che non avevo colto precedente. Ottocento pagine è lungo “Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay” di Michael Chabon (Bur, traduzione di Luciana e Margherita Crepax e vincitore del Premio Pulitzer nel 2001) ma è una lettura così emozionante, ricca di avventure, spunti, tristezza che le pagine letteralmente volano via e si arriva al finale con la voglia di andare avanti all'infinito. È un romanzo che è un vero e proprio negozio delle meraviglie dove si mescolano, con una scrittura malinconica e struggente, un affresco memorabile del mondo dei fumetti (con supereroi immaginari come l'Escapista inventato dai due protagonisti e cugini ebrei Sam Clayman e Joe Kavalier e tutti gli altri che conoscete come Superman e Batman quando ancora non volavano, Capitan America e tantissimi altri), la ruggente New York in perenne trasformazione, l'emigrazione, una storia d'amore e d'amicizia (impossibile non perdere la testa per Rosa Sacks), l'Olocausto, la Seconda Guerra Mondiale, Praga, il Golem (il suo trafugamento da Praga per mano di Joe e l'escapista Kornblum contengono anche una raffinatissima e glaciale anticipazione dello sterminio degli ebrei), l'Antartide (forse la parte del romanzo meno riuscita), il maccartismo, la Cabala, il denaro, Orson Welles, Houdini, l'escapismo, il Pulp, la radio, le luci di Hollwood, l'omosessualità, il femminismo, Terezin (ogni volta che leggo o sento parlare di questo luogo mi salgono i brividi e ripenso a W. G. Sebald). Uno straordinario e commovente atto d'amore dedicato a tutti coloro che non smettono mai di sognare, di amare, d'inventare, che non si fanno incatenare, che non si vergognano di quello che fanno e che sono, che hanno il coraggio di guardare, di trasformarsi, di non abbandonarsi al dolore e alla morte. 

 

(Spiderman)

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